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molte regioni poco sensibili ai gusti del mercato), sia in termini di competitività
commerciale (politiche di marketing non innovative).
Appare chiaro il rischio della perdita di importanza del “terroir”, concetto francese,
tipico dell’ideologia del Vecchio Mondo, che comprende un mélange di clima,
terreno e paesaggio, ma anche cultura, storia, organizzazione sociale e che
potremmo approssimare (sia pure per difetto) al territorio.
Nei nuovi mercati emergenti, il vino e il suo territorio di origine sono diventati dei
fattori più distanti. In particolare in un mercato ampliato e spesso più massificato,
l’origine del vino è sempre più un elemento per il settore marketing e sempre meno
del settore di produzione. La filosofia imprenditoriale di questi paesi punta al
raggiungimento del maggior numero di consumatori possibili e per far questo deve
proporre prezzi accessibili ed utilizzare canali distributivi che comprendono la
GDO.
A questo proposito si è posto come caso di marketing, quello di Banfi, che è un
esempio emblematico di teoria aziendale del Nuovo Mondo, ma inserita all’interno
del contesto italiano, che si prefigge di realizzare una brand extension al fine di
diventare impresa leader in Italia per quanto riguarda la distribuzione dei vini
importati.
L’altro caso che viene trattato è Biondi Santi, che incarna la mentalità tipica del
Vecchio Mondo, poiché difende con convinzione le tipicità e l’esclusività del
proprio prodotto, nonché la fondamentale importanza dei suoi elementi evocativi. Il
prestigio del proprio Brunello, che viene invecchiato per tanti anni nelle antiche
botti di Slavonia, porta ad avere degli alti costi di produzione, che inevitabilmente
fanno lievitare i prezzi delle bottiglie. Di conseguenza il target di consumo riguarda
solo ristrette fasce di consumatori ed i canali distributivi utilizzati sono i ristoranti e
le enoteche più selezionate, oltre alle aste e al fenomeno del collezionismo.
C'è uno spazio dedicato alla presentazione degli eventi vitivinicoli internazionali,
che rappresentano delle importanti occasioni di promozione aziendale a cui i
produttori non possono mancare. Naturalmente ci si sofferma a descrivere solo le
manifestazioni che suscitano un rilievo a livello mondiale, come il Vinitaly di
Verona e il Vinexpo di Bordeaux. Vi sono dei suggerimenti per allestire uno stand
espositivo, al fine di riuscire ad avere la maggior affluenza possibile di visitatori.
10
All’interno del quarto e del quinto capitolo si realizza una vera e propria indagine
sulla situazione reale del mercato italiano e sulle strategie adottate per promuovere il
proprio prodotto. Viene messo in rilievo la necessità di budget più cospicui per
realizzare una comunicazione più efficace della propria azienda, che dovrebbe
essere concentrata sulla creazione: di siti web più usabili, di campagne pubblicitarie
che pongono in primo piano il consumatore e di nuove figure professionali
maggiormente qualificate, che possano promuovere al meglio l’immagine
dell’impresa. Inoltre è presente un passaggio che mette in risalto la possibilità di
creare delle partnership tra i vari produttori italiani e di utilizzare il consorzio come
strumento di promozione del marchio collettivo, al fine di superare l’eccessiva
frammentazione e il localismo che colpisce un gran numero di PMI italiane. Infine
vi è un’ampia dissertazione sulla progettazione di un enoturismo efficiente, che
analizza i due principali strumenti di richiamo turistico: la cantina aperta al pubblico
e la Strada del Vino. Si parla di come dovrebbero essere realizzate e gestite al fine di
ottimizzare la promozione territoriale e per dare un’idea dell’ampio patrimonio
territoriale italiano sono presenti delle cartine che riportano i loghi delle Strade del
Vino di tutte le regioni del nostro paese.
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Capitolo 1
1 Le politiche di marketing dei competitor del Nuovo Mondo
1.1 L’Australia
Le politiche di marketing
L’Australia è stata capace di trasformare la propria produzione enologica da vini di
bassa e ordinaria qualità a vini di alto valore qualitativo. Questo miracolo enologico
è stato possibile grazie agli ingenti investimenti economici operati dai produttori,
così come all’introduzione e allo sviluppo di tecnologie moderne. La maggior parte
delle aziende vinicole utilizzano strumenti tecnologici molto avanzati e si
avvalgono del lavoro di enologi capaci di applicare tecniche moderne. Non a caso i
più famosi “flying winemaker” (ovvero enologi volanti) del mondo, provengono
appunto dall’Australia e vengono spesso chiamati in aziende vinicole europee ed
americane in modo da avvalersi della loro collaborazione e competenza.
Nel mese di giugno del 1996, il paese si era fatto promotore di un’imponente
strategia di marketing, che prevedeva per il 2025 di raggiungere determinati
obiettivi di vendita, che, invece, sono stati conseguiti nel 2004, quindi con più di
venti anni di anticipo. Mentre in altri paesi vinicoli – in particolare nei paesi
europei – il fattore tradizione e il fattore “Terroir” sembrano svolgere un ruolo
fondamentale nella produzione di vini, spesso condizionando e limitando lo
sviluppo, in Australia, grazie alla recente storia enologica del paese, la tecnologia e
l’innovazione hanno praticamente campo libero. Prevale quindi una cultura
“materiale”, rispetto a quella “immateriale” che è, invece, propria di paesi come la
Francia o l’Italia, che vanno a ricercare i legami simbolici del vino, il desiderio di
dissertare su di esso e la volontà di esplorarne le variazioni regionali. I winemaker
creano quindi una sorta di modello europeo, poiché sono orgogliosi dei loro Terroir
e vogliono produrre il miglior vino possibile, scegliendo i grappoli migliori, in
quanto ritengono che sia il suolo a conferire valore al vino. In questo tipo di
approccio, il progetto, la fonte e la produzione sono raggruppate e non vi è alcuna
strategia di prezzo, perché quest’ultimo dipende dal vino che hanno prodotto e non
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il contrario. Invece, la base della coltura vitivinicola australiana non è né la storia,
né l’arte, ma la scienza. Ciò che immette nel mercato sono vini seducenti di fama
internazionale utilizzando un tipo di approccio che si rivolge al prodotto come
punto di partenza, in quanto si punta a soddisfare il gusto dei consumatori. Le
società allora usano tutte le tecniche disponibili per ottenere il vino che la gente
gradirà.
Come ha ben sottolineato Bertrand Garrigues, manager societario: “Per me, questi
due atteggiamenti non sono così distanti. Nell’approccio Terroir, si selezionano i
componenti e si cerca di fare un vino con cui ci si identifichi. Nell’approccio
Prodotto, si eliminano i componenti indesiderati e si aggiungono ingredienti per
ottenere quei prodotti progettati in anticipo. A mio avviso, entrambi sono necessari,
poiché quando siamo orientati al prodotto, si vorrà comunque trarre il meglio dalle
proprie uve. Ed è vero anche il contrario: quando si vogliono esprimere le
specificità del Terroir del proprio vino, si possono comunque adoperare ingredienti
che aiutino a raggiungere il gusto perfetto”
1
.
Anche le normali pratiche svolte nei vigneti sono condotte in modo automatizzato,
dalla potatura al raccolto. Quello che emerge è lo spirito di sperimentazione che in
questo paese ha larga libertà di spazio. Questo tipo di mentalità è attualmente
favorita dalla mancanza di regolamentazione per la produzione di qualità e ciò
consente la possibilità di esplorare nuove modalità. Molti vini australiani hanno un
costo piuttosto accessibile grazie alla meccanizzazione della produzione e allo
scarsissimo utilizzo della manodopera. I produttori australiani, infatti, utilizzano
come principale arma una spregiudicata politica dei prezzi, ma stanno puntando
anche sul marketing e sulle pubbliche relazioni. A contribuire alla crescita delle
esportazioni, avvenuta soprattutto a partire dal 2003, è stata la capacità di inserire
alla perfezione il vino all’interno di quel concetto di “eclettica modernità” che sta
alla base dello sviluppo di questo paese. Puntare su delle forti strategie commerciali
è necessario proprio perché si produce molto più vino di quanto se ne consumi.
Dalla mentalità americana viene ripreso il culto delle pubbliche relazioni: anche le
piccole aziende hanno la cantina sempre aperta per la degustazione ed un “media
1
Bertrard Garrigues, manager societario di Novozymes/Lamothe-Albiet, al Forum Annuale di Parigi, “Chianti
Classico Magazine”, n°12 marzo 2005, sito web consultato in data 29/03/05: www.chianticlassico.com
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kit” a disposizione dei giornalisti con tanto di CD-rom e spiegazione organolettica
dei vini. Dall’esperienza europea, soprattutto francese, viene preso il gusto
dell’estetica, per cui le vigne spesso appaiono come dei giardini curatissimi e
soprattutto luoghi dove l’arte si coniuga perfettamente con l’ambiente.
Le cantine vengono concepite realmente come luogo d’aggregazione ed ogni giorno
decine di persone vi si fermano, degustano e ovviamente comprano, ma l’aspetto
più interessante è che i vini si possono assaggiare al ristorante della cantina. Quasi
ogni azienda ha infatti il suo ristorante, spesso con nome italiano, che propone i
vini aziendali in abbinamento a dei vini “fusion”. E’ la “modern Australian cusine”,
un misto di alimenti e modi di cultura provenienti da diverse tradizioni culinarie.
L’abbinamento “food and wine” si consuma nel solito posto e si creano piatti che
aiutano a valorizzare la produzione vinicola, accompagnandosi facilmente allo
speziato e difficile Shiraz o ai vari “blended wine” spesso così forti e strutturati.
Non avendo la storia da vendere, si gioca sulle emozioni, sull’amicizia, sul sentirsi
a casa e questo funziona.
Il Sistema di Qualità
L’Australia non prevede alcun sistema di produzione di qualità regolamentato da
norme e da leggi. Non esistono, al momento attuale, norme che indicano ai
produttori quali uve sono permesse per la produzione di determinati vini,
delimitazioni geografiche di aree o pratiche enologiche e viticolturali consentite.
Tuttavia, in Australia è in vigore un sistema che definisce e impone direttive, che
devono essere applicate nella compilazione delle etichette. Questo sistema, che
prende il nome di LIP (Label Integrity Programme) è regolamentato dall’Australian
Wine and Brandy Corporation.
Le zone di produzione
Australia Meridionale
Barossa Valley: E’ certamente l’area vinicola più celebre del paese e da molti
considerata come la migliore zona vinicola dell’Australia. Si trova a nord-est di
Adelaide e il suo clima è generalmente caldo e secco, tuttavia l’area beneficia
anche delle colline che si trovano ad est, capaci di offrire un clima piuttosto fresco
e adatto alla viticoltura. Le uve bianche principali coltivate sono lo Chardonnay,
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generalmente vinificato in botte di rovere americano, esattamente come lo Shiraz, il
Riesling e il Sémillon. A questo si aggiungono il Palomino e il Pedro Ximénez
utilizzate per la produzione di vini fortificati, uno stile di vino che appartiene alla
tradizione e alla storia enologica della Barossa Valley. I vini più celebri di questa
area sono rossi e prodotti principalmente con uva Shiraz.
Clare Valley e Eden Valley: Si trovano a nord-est di Adelaide, sono caratterizzate
da un clima più fresco e pertanto adatta alla produzione di vini bianchi, in
particolare generati da uve Riesling. Esse sono certamente le regioni vinicole nelle
quali si producono fra i migliori Riesling del mondo. A differenza di quelli
tedeschi, questi Riesling hanno un maggior corpo, una minore acidità e una gamma
di qualità organolettiche, sia aromatiche sia gustative, che conferiscono una propria
e spiccata personalità.
Southern Vales e McLaren Vale: La regione vinicola di Southern Vales si trova a
sud della città di Adelaide e comprende alcuni distretti di cui il più famoso è
McLaren Vale. Qui si producono sia vini bianchi sia vini rossi e le principali uve
bianche sono Chardonnay, Riesling e Sauvignon Blanc. Fra le uve a bacca rossa
troviamo Cabernet Sauvignon, Shiraz e Grenache Noir.
Adelaide Hills: Ad est dalla città di Adelaide, e a sud della Eden Valley, si trova
questa area vinicola, una zona di sicuro interesse che deve la qualità dei suoi vini in
larga parte alla posizione collinare in cui si trova. Lo sviluppo di quest'area è
piuttosto recente. Adelaide Hills è fra le aree vinicole più fresche dell'Australia e
qui l'acidità delle uve raggiunge livelli piuttosto elevati tanto che spesso i produttori
devono ricorrere alla fermentazione malolattica in modo da rendere più morbidi i
vini bianchi.
Coonawarra: Questa area vinicola si trova a circa 450 chilometri a sud-est di
Adelaide, vicino alla regione della Victoria. E’ famosa per i suoi vini robusti e
ricchi ricavati da Cabernet Sauvignon e i migliori vigneti sono piantati in una
ristretta fascia di territorio di appena 16 chilometri. La caratteristica principale di
questa piccola area è costituita dal tipo di suolo di natura calcarea nella cui
superficie si trova un terreno poroso e dal colore rossiccio, detto “terra rossa”. Il
successo dei vini di Coonawarra non è determinato solo dal tipo di terreno ma
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anche dal suo clima fresco. I vini più celebri dell'area sono i rossi prodotti con
Cabernet Sauvignon e Shiraz.
Padthaway: Poco a nord di Coonawarra si trova la piccola area vinicola di
Padthaway, una zona che ha affermato il suo successo subito dopo quello di
Coonawarra. L'area è prevalentemente orientata alla produzione di vini bianchi ed è
particolarmente famosa per i suoi vini ricavati da uve Chardonnay.
Nuovo Galles del Sud
Essa rappresenta, di fatto, la seconda zona di produzione dell’Australia. La sua più
celebre area è la Hunter Valley, a nord di Sidney, nota per l’eleganza dei suoi
Chardonnay e per i suoi sorprendenti vini ricavati da uve Sémillon. Un’altra zona
interessante del Nuovo Galles del Sud è Mudgee, che si trova ad ovest della Hunter
Valley, dove si producono, probabilmente, i migliori vini da uve Cabernet
Sauvignon di tutta la zona. Nella parte centrale di questa regione troviamo l’area di
Riverina, che è prevalentemente nota per la sua produzione di vini fortificati oltre
ad una vasta produzione di vini da tavola di largo consumo.
Victoria
Essa è stata fino alla fine del 1960, la più importante zona di produzione di tutta
l’Australia, tuttavia, quando arrivò la terribile fillossera la regione ne risentì così
tanto da non riuscire più a tornare ai fasti precedenti, così dovette lasciare il suo
scettro all’Australia Meridionale. Attualmente è la terza zona vinicola più
importante. Le aree in prossimità dell’oceano sono: Yarra Valley, Geelong,
Mornington Valley, che sono caratterizzate da un clima piuttosto fresco e quindi
vocate alla produzione di vini da uve Chardonnay e Pinot Noir. Nelle aree più
interne della zona, troviamo Central Victoria, Goulburn Valley, Pyrenees e
Grampians, qui il clima è più adatto alla produzione di vini da uve Shiraz e
Cabernet Sauvignon.
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Tasmania
E’ un’isola che si trova a sud dell’Australia ed è fra le aree vinicole emergenti, che
stanno conquistando un posto di interesse fra quelle del paese. La produzione è
prevalentemente incentrata nelle coste settentrionale e meridionali dell’isola. Il suo
clima particolarmente fresco è adatto alla coltivazione di uve rosse, in particolare il
Cabernet Sauvignon e il Pinot Noir, tuttavia troviamo anche la produzione di vini
bianchi da uve Chardonnay e da Riesling. I suoi vini sono famosi per la loro
delicatezza e la loro eleganza e in quest’isola si producono inoltre vini spumanti
creati da uve Chardonnay e Pinot Noir.
Australia Occidentale
Distante dalla zona vinicola principale, a migliaia di chilometri a ovest, troviamo
questa regione che si sviluppa intorno a Perth. L’area più famosa di questa zona è
sicuramente Margareth River, a sud di Perth, prevalentemente nota per i suoi vini
Cabernet Sauvignon, oltre che per le uve Chardonnay e Pinot Noir. Un’altra area
che va ricordata in questa zona è la Swan Valley, ad est di Perth, che è stata la
prima area dell’Australia Occidentale a divenire famosa. Ancora oggi si distingue
per la produzione di vino bianco prodotto con uve Chenin Blanc, Muscadelle e
Chardonnay. Infine, anche la Great Southern Region, all’estremità sud della zona,
ha mostrato buone potenzialità e grazie al suo clima fresco produce buoni vini da
uve Pinot Noir e Riesling.
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Fig. 1. Regioni vitivinicole dell’Australia (elaborazione personale)
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1.2 La Nuova Zelanda
Le politiche di marketing
Dal punto di vista enologico, la Nuova Zelanda può essere considerata come una
sorta di miracolo. Nell'arco di poco più di dieci anni si è trasformata da produttore
di vini mediocri a produttore di vini di qualità, non solo, ma è stata capace di
aggiungere i due suoi più celebri vini, quelli prodotti con Sauvignon Blanc e
Chardonnay, fra i più eccellenti e migliori vini bianchi del mondo. In particolare, i
vini prodotti con Sauvignon Blanc hanno delle caratteristiche così uniche e
straordinarie tanto da fare pensare che sia proprio la Nuova Zelanda la terra
d'elezione di questo vitigno. La storia della viticoltura e dell'enologia nella terra dei
Maori, la locale e antica popolazione della Nuova Zelanda, è un fatto che non ha
nemmeno duecento anni di vita.
Il Sistema di Qualità
Non prevede norme rigide sulla coltivazione delle uve e sulla produzione dei vini,
non esistono indicazioni sulle varietà di uve che possono essere piantate né sulle
zone nelle quali le diverse varietà possono essere coltivate. Non sono nemmeno
previste indicazioni sulle rese per ettaro né sui tempi di maturazione dei vini prima
di potere essere immessi sul mercato. Le norme previste dal sistema regolano
solamente gli aspetti di etichettatura dei vini e, pertanto, alcune regole di
vinificazione. Il sistema di qualità di produzione neozelandese è regolamentato dal
“Food Act and Food Regulations”.
Le zone di produzione
La vocazione della Nuova Zelanda è prevalentemente dedita alla produzione di vini
bianchi dove certamente il Sauvignon Blanc e lo Chardonnay sono le uve
predominanti nello scenario enologico del paese. Il Sauvignon Blanc è stata l'uva
con la quale la Nuova Zelanda si è fatta conoscere al mondo suscitando un notevole
interesse, tuttavia adesso il paese è prevalentemente interessato alla produzione di
vini da Chardonnay che, attualmente, rappresenta anche l'uva più coltivata.
La Nuova Zelanda è divisa in due isole, l'isola Settentrionale e l'isola Meridionale,
e la produzione vitivinicola è presente in specifiche zone di entrambe le isole. Una
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caratteristica della Nuova Zelanda è il suo clima, particolarmente fresco e umido,
grazie anche alla sua forma allungata che risente fortemente dell'influsso
dell'oceano. Il clima neozelandese consente alle uve di maturare in modo
omogeneo, con risultato di produrre vini ricchi di aromi e ricchi di acidità naturale.
Tuttavia il clima del paese è anche caratterizzato da piogge che, di fatto,
costituiscono uno dei problemi principali della viticoltura neozelandese.
Più del 60% dei vigneti neozelandesi si trova nell'isola Settentrionale, in particolare
nelle zone di Gisborne e Hawke's Bay. Gisborne è nota per la produzione di
eccellenti vini da uve Chardonnay, oltre che per una discreta produzione di Müller
Thurgau, mentre Hawke's Bay, grazie anche alle caratteristiche del suo suolo oltre
alle particolari condizioni climatiche, è considerata una delle migliori zone del
paese ed è da questa zona che provengono i migliori Sauvignon Blanc e i migliori
Chardonnay della Nuova Zelanda. In questa zona, inoltre, si ha una buona
produzione di vini rossi prodotti con uve Cabernet Sauvignon e Merlot. Un'altra
zona d'interesse dell'isola Settentrionale è Auckland, dove si registra la maggiore
concentrazione di aziende vinicole. Nella parte meridionale dell'isola Settentrionale
troviamo un'altra zona interessante, Wairarapa/Martinborough, particolarmente
vocata alla produzione di vini da uve Pinot Nero e Cabernet Sauvignon. Anche
l'isola Meridionale è ricca di zone notevoli dal punto di vista enologico. Certamente
la più interessante di queste è Marlborough, l'area vitivinicola più estesa del paese,
situata all'estremità nord dell'isola Meridionale, che, da sola, ha una superficie
piantata a vite che rappresenta quasi il 40% della Nuova Zelanda. Marlborough è
famosa per i suoi eccellenti vini da Sauvignon Blanc che in questa zona rappresenta
l'uva più coltivata. A nord-ovest da Marlborough si trova la piccola zona di Nelson,
un'area prevalentemente collinare dove si producono principalmente vini da uve
Chardonnay, Riesling e Sauvignon Blanc. Più a sud troviamo l'area di Canterbury,
caratterizzata da un clima piuttosto freddo, dove si producono principalmente vini
da uve Pinot Nero e Chardonnay, oltre ai vini Riesling e Sauvignon Blanc. La zona
vitivinicola più a sud del paese è Central Otago, che si trova al di sotto del 45°
parallelo, dove si producono vini da Pinot Nero e da Gewürztraminer.
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Fig..2 Regioni vitivinicole della Nuova Zelanda (elaborazione personale)
21
1.3 California
Le politiche di marketing
Nonostante la produzione del vino sia molto più recente che in Europa, la
California è oggi considerata fra le aree produttive più rilevanti del mondo e i suoi
produttori sono piuttosto aperti alle innovazioni e alla sperimentazione di nuovi
vini e nuove metodologie. Probabilmente questo è dovuto alla mancanza di una
lunga storia enologica, come nel caso dell'Europa, e pertanto non avendo nessun
modello “tradizionale” a cui essere legati, la produzione è generalmente più libera
ed intraprendente. La California può essere definita come “il grande serbatoio del
vino americano”, in quanto è qui che si produce il 90 per cento del vino
statunitense. L'influsso della California nella produzione vinicola degli altri stati
statunitensi è sempre stata, e continua ad essere, un punto di riferimento ed è
proprio qui che vengono creati i vini che influiscono sullo stile della produzione di
tutto il paese. Va ricordato che lo stile californiano è, per molti aspetti, basato su
quello francese, in modo particolare sui vini di Bordeaux, Borgogna e della Valle
del Rodano. La superficie destinata alla coltivazione dell'uva è piuttosto
considerevole, circa 1750 chilometri quadrati, e comprende la maggioranza del
territorio californiano. Ovviamente il boom vitivinicolo della California non è
solamente determinato da scelte produttive ma anche, e soprattutto, dalle favorevoli
condizioni climatiche, geologiche e ambientali.
“Sideways”: un’autentica operazione di marketing
È una pellicola americana con attori quasi sconosciuti e un protagonista
d’eccezione: il vino. Questo film del regista Alexander Payne parla del viaggio di
due amici tra le vigne californiane che si trasforma ben presto nel bilancio della
loro vita. Il vino diventa la metafora del mezzo attraverso il quale ognuno assaggia
la propria esistenza. C’è chi l’assapora nell’aroma e nella ricerca del gusto e chi la
morde da ogni lato per il piacere di assaporare tutto. I due protagonisti vengono
inebriati dalla luce e dal nettare della California, fotografata nell’assolato e
seducente splendore dei suoi vigneti. Solo uno dei due protagonisti in realtà
possiede una particolare sensibilità per i vini: è Miles, che si sente un Pinot, uno
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inizialmente incompreso ma di grande valore. L’altro è Jack, che dei vini gli
importa poco e che è disposto anche a bere il mediocre Merlot (che subisce in
questo film l’aggressione più diretta e pubblicizzata).
Il ruolo del vino in “Sideways” non è marginale, perché i vitigni, le annate e le
etichette sono citate con rigorosa attenzione senza lasciare nulla al caso. Se le
colline californiane e le tenute Mondavi fanno da panorama al viaggio dei due
protagonisti, non è da meno la lunga carrellata di vini che compare sulla scena. Da
un Byron del ’92 a uno Château Cheval Blanc del ’61. Produzioni tutte della
California tra cui però c’è spazio anche per un italiano: un Sassicaia dell’88.
L’inaspettato successo del film ha messo in ombra la supremazia vinicola della
blasonata Napa Valley rendendo famosi i luoghi in cui è stato girato: Santa Ynez
Valley, Buelton, la comunità degli artisti di Los Olivos, Lompoc, la Purisma
Mission e il ristorante “Hitching Post”, diventati meta di veri e propri pellegrinaggi.
Questo film è la testimonianza concreta che il cinema sembra aver preso sul serio il
vino e il mondo intorno ad esso, finendo per creare un vero e proprio genere a sé
stante: il “wine story”.
Sono già un ricordo lontano le bottiglie di Dom Pérignon in mano all’agente 007,
oppure le rarefatte ed evocative atmosfere di “Io ballo da sola”, dove i vigneti
chiantigiani facevano soltanto da sfondo alle vicende dei protagonisti.
Adesso la finzione artistica ha individuato nel vino un “narratore universale” delle
vicende umane, capace di raccontare sia la realtà spicciola e concreta, sia i nessi più
profondi della società moderna.
Viene da chiedersi perché, con l’attuale moda dell’enologia, in Italia nessuno abbia
ancora pensato a un film sull’argomento, lasciando a Hollywood il merito e
l’intelligenza di saper cogliere l’aria dei tempi, nonché la possibilità di fare
un’operazione di marketing estremamente riuscita, che ha portato ad un notevole
incremento delle vendite dei vini californiani.
Il Sistema di Qualità
I vini sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore negli Stati Uniti
d'America in cui si prevede la divisione territoriale delle aree vinicole. Il sistema
prende il nome di AVA (American Viticultural Areas). Il sistema di qualità