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La presenza del pericolo, in realtà, è stato sempre un aspetto presente nella
vita individuale e collettiva, come lo è stata, allo stesso tempo, la ricerca di
fonti di rassicurazione materiale e simbolica. Detto ciò, però, bisogna
riconoscere che, come osserva Baumann
(tr. it. 1999, p. 99), “ogni epoca
della storia si è differenziata dalle altre per aver conosciuto forme
particolari di paura; o piuttosto, ogni epoca ha dato un nome di propria
invenzione ad angosce conosciute da sempre”.
Da questo punto di vista, la nostra epoca postmoderna non fa in alcun
modo eccezione: essa conosce forme di pericolo sconosciute in passato (si
pensi ai rischi derivanti dalla minacce terroristiche o dalle manipolazioni
genetiche) e, allo stesso tempo, quando il rischio assume forme ben note
anche alle società del passato, offre modalità inedite di rappresentarlo e
comunicarlo.
Esso, infatti, si manifesta oggi in un contesto sociale ed economico
contrassegnato da forti cause d’incertezza, quali i forti movimenti
migratori, i processi di globalizzazione economica e comunicativa, che
fanno comparire nuove popolazioni, modalità di comportamento e stili di
vita prima sconosciuti.
Si potrebbe allora affermare che nella fase attuale i rischi della vita urbana,
quando non dotati di un carattere inedito, si inseriscono quantomeno in
uno scenario particolarmente adatto ad amplificarne la portata, e la presente
tesi si propone l’obiettivo di verificare, almeno in parte, quale ruolo
svolgano i mezzi di comunicazione di massa all’interno di questo contesto
mistificatorio.
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Nel primo capitolo si discuteranno le principali teorie e i contributi
scientifici sugli effetti dei media cui faccio riferimento, nel secondo si
analizzeranno le consuetudini e le routines produttive vigenti all’interno
delle redazioni giornalistiche e nel terzo si espliciterà l’ipotesi guida
dell’indagine, con un approfondimento sulla “cultura della paura” come
strumento di riproduzione del consenso e sulle ricerche empiriche
precedenti a sostegno della mia ipotesi.
Nella seconda parte della tesi, poi, si presenterà la ricerca vera e propria:
nel quarto capitolo la concettualizzazione del problema d’indagine, la
predisposizione dello strumento di rilevazione (intervista faccia a faccia
con questionario standardizzato) e l’individuazione delle unità di
rilevazione, nel quinto ed ultimo capitolo, invece, l’elaborazione dei dati
ottenuti dalla matrice dei casi per variabile e l’esposizione dei risultati con
le considerazioni finali.
Allo scopo di circoscrivere al massimo l’indagine si è preferito il
riferimento a una sola categoria sociale particolarmente rappresentativa del
sentimento di insicurezza, e, dopo aver consultato i dati forniti dall’ISTAT
in precedenti ricerche, la scelta è ricaduta sulla delicata categoria degli
anziani, che si presenterebbero, secondo i risultati di questi studi, come i
“portatori” privilegiati del sentimento di insicurezza.
Concludo questa prefazione ringraziando la prof.ssa Lucia Ciampi per
avermi accordato la sua fiducia, Harold Innis e Walter Benjamin per
l’ispirazione, ed infine, naturalmente, i miei splendidi e infaticabili genitori,
senza i quali tutto questo non sarebbe mai stato possibile.
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Introduzione
Negli ultimi due secoli e mezzo, in virtù del vertiginoso sviluppo della
scienza e delle tecnologie, il genere umano ha vissuto un processo di
graduale riduzione degli spazi e del tempo. Le generazioni, le culture dei
popoli dalle diverse parti del mondo sono entrate in contatto, forse si
incontrano di nuovo dopo essere state divise un tempo, e comunicano, in
un’esperienza senza precedenti.
La rivoluzione industriale costituisce la più fondamentale trasformazione
della vita umana in tutta la storia universale tramandata da documenti scritti
e la società dell’informazione, quella in cui viviamo oggi, ne è la naturale
evoluzione.
Considerata da Beck (1986) e molti altri autorevoli studiosi come la logica
estensione della società post-industriale del secondo dopoguerra, quella
dell’informazione se ne distingue e si caratterizza per la supremazia del
terziario e per il controllo dei mezzi di comunicazione di massa come
fondamento del potere.
Agendo direttamente sulle rappresentazioni e sulla circolazione delle idee,
infatti, e come collettori tra potere politico, economico e sociale, i mezzi di
comunicazione determinano il destino e la stabilità delle istituzioni,
svolgendo un ruolo primario nella costruzione del clima sociale e nella
diffusione di immagini e valutazioni, soprattutto nelle società complesse.
Il rapporto tra comunicazione e poteri, in realtà, è stato da sempre
caratterizzato da relazioni di stretta interdipendenza. Tale rapporto, però,
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prima affidato in esclusiva ai riti religiosi, all’iconografia e alla tradizione
orale, con l’avvento delle comunicazioni di massa (invenzione della stampa
nel xv sec., ma effettivamente nel xx sec. con cinema, radio e tv) è andato
gradualmente a concentrarsi sui mass-media stessi.
La relazione tra poteri e comunicazione diventa quella che oggi chiamiamo
“comunicazione politica”.
Essa, nella nuova strutturazione sociale, non è che l’insieme degli strumenti
atti a diffondere messaggi di contenuto politico (partiti, sindacati, chiese,
scuole, media e industria culturale in genere) e, in questa complessa rete di
processi e alleanze, delle strategie che contribuiscono alla formazione del
consenso.
La velocità e la leggerezza dei supporti con cui si veicola oggi cultura, poi,
ha fatto sì che si sviluppassero sistemi più decentrati, democratici e liberali
(Innis, 1950), in cui la comunicazione politica ha assunto un’importanza
fondamentale anche per consentire al popolo, nuovo depositario della
sovranità, di controllare l’esercizio del potere da parte di coloro che a ciò
sono delegati.
L’accesso al sapere si è così allargato praticamente ad ogni strato della
società favorendo l’alfabetizzazione, la maturazione di una coscienza
collettiva, e presi tutti insieme, questi elementi, ci dimostrano quanto
decisive e positive siano state e sono ancora le tecnologie e la
comunicazione nel determinare l’idea che le masse hanno del mondo e di
se stesse.
9
I sistemi d’informazione, però, nel fornir loro questo sapere e questa
finestra affacciata sul mondo, devono, per necessità di spazi, attuare
un’operazione di selezione e di sintesi.
In un processo di scrematura e di riduzione della complessità, essi
ritagliano da tutta una serie di immagini e avvenimenti alcune loro parti, e
propongono, in questo modo, una trasposizione, una rappresentazione della
realtà, che non è la realtà stessa… Rifiutando una deriva piattamente critica
od apocalittica, non si può dimenticare, tuttavia, quanto i media,
selezionando le notizie e ricorrendo a tecniche narrativo-retoriche che
amplificano (o minimizzano) determinati fenomeni, siano importanti nel
trasmettere immagini, stereotipi, opinioni e pregiudizi.
Diffondendo certi tipi di messaggi a scapito di altri, i media influiscono in
modo rilevante sulla percezione degli eventi, soprattutto quelli non
immediatamente verificabili dai singoli individui, e propongono una
visione del mondo per forza di cose parziale e latentemente distorta.
E’ all’interno di questa dinamica che si inserisce l’interesse del presente
lavoro.
I media seguono, nell’effettuare la selezione, criteri di pertinenza che si
sedimentano nel tempo, a seconda dei contesti e delle culture.
Questi criteri riguardano il livello generale di interesse di un evento, il suo
impatto sulla nazione ed altre caratteristiche che esaminerò più avanti; ma
tutti sono comunque orientati, con particolare riferimento alla tradizione
giornalistica italiana, alla vendibilità della notizia stessa, al massimo
impatto e all’enfasi sull’eccezionalità, che in termini pratici si traducono
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nella divulgazione prioritaria delle notizie allarmanti e nella loro trattazione
sensazionalistica.
Nella presente indagine ci si propone, appunto, di verificare se e quanto
questa “tendenza dei sistemi d’informazione a dare per scontata
l’invarianza e ad enfatizzare la novità e tutti i momenti di lacerazione della
norma”
(Morcellini, Avallone, 1978; p. 28), comporti la disseminazione
negli individui di un senso di allarme e di insicurezza sociale diffusi.
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Capitolo І
Gli effetti sociali dei media
Sommario: 1.1. Teoria dell’interdipendenza tra media e società e teoria della
dipendenza dal sistema dei media. 1.2. Paradigmi sugli effetti sociali dei media. 1.3. Gli
effetti nel tempo. 1.4. Mass-media e costruzione sociale del significato: teoria della
coltivazione e teoria dell’agenda setting. 1.5. Conclusioni
1.1. Teoria dell’interdipendenza tra media e società e teoria della
dipendenza dal sistema dei media
Quel ramo della sociologia che si occupa precipuamente di comunicazione
e che si è consolidato nel tempo come campo disciplinare autonomo, viene
comunemente definito “Comunication research”.
Nata durante gli anni ‘30 negli Stati Uniti principalmente in risposta alla
crescente complessità di quella società, imbrigliata in una molteplicità di
culture e problemi razziali, la comunication research andò poi
sviluppandosi in Europa occidentale soprattutto in seguito agli inquietanti
interrogativi suscitati dai regimi totalitari e dai loro sistemi di propaganda,
in cui i mezzi di comunicazione di massa giocarono un ruolo di primaria
importanza.
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Da subito gli studi e le risorse per finanziare la ricerca (da parte di
inserzionisti, educatori, dirigenti di stazioni radiofoniche) si concentrarono
nell’analisi sugli effetti della comunicazione persuasoria.
Fino a che punto i media siano strumenti di condizionamento e quanto
invece essi si limitino a segnalare avvenimenti e cambiamenti già prodotti
nella società per ragioni complesse, è infatti questione antica, oltre ad
essere quella tuttora dominante nella ricerca sulle comunicazioni.
Volendo dare una cornice teorica coerente alla mia tesi devo prima di tutto
manifestare, in riferimento alla mappa
1
delle varie teorie su “media e
società” nate in seno a questa disciplina, l’aderenza della mia impostazione
all’assunto dell’”interdipendenza”, quello secondo cui società e mass-
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Questa mappa (McQuail, 1983) sintetizza le varie teorie sui rapporti tra cultura e
società, formulate all’interno di diverse correnti di pensiero, sociologiche e filosofiche.
Secondo le classiche impostazioni di queste discipline, la società va intesa come la base
materiale di una collettività (risorse, potere, rapporti sociali), mentre la cultura, di cui
farebbe parte anche il sistema dei media, è l’insieme delle pratiche e dei significati
maturati dentro di essa (costumi sociali, abitudini). Dall’incrocio di tutti i possibili
rapporti di dipendenza tra questi due elementi, a seconda che sia la società ad
influenzare la cultura o viceversa, scaturiscono, quindi, quattro visioni differenti di tale
relazione, rappresentabili come punti sugli assi cartesiani:
- La struttura sociale influenza la cultura
SI NO
- La cultura SI Interdipendenza Idealismo
influenza la (influenza reciproca) (forte influenza dei media)
società
Materialismo (i media Autonomia
sono dipendenti) (nessun legame causa-effetto)
NO
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media, in un complesso rapporto di conflitti e cooperazioni, si
influenzerebbero vicendevolmente.
In questo flusso continuo di interazioni, però, le risorse controllate e gli
obiettivi da raggiungere sposterebbero, a seconda della circostanza, il
rapporto di dipendenza da una parte all’altra. Per conseguire, cioè, i propri
obiettivi, seguendo il sentiero tracciato dalla “teoria della dipendenza dal
sistema dei media” di M. De Fleur
(Wolf, 2001) possiamo affermare che i
media si affidino a fonti (risorse) controllate da altri individui o gruppi
(sistema politico, economico, religioso) e che questo rapporto possa essere,
in base all’obiettivo e al detentore della risorsa, di volta in volta rovesciato.
Gli individui, in quest’ottica, possono per esempio essere necessari al
sistema dei media per soddisfare bisogni di ascolto o di utenza e allo stesso
tempo essere legati ad essi per acquisire competenze, informazioni o
intrattenimento.
Proprio quest’ultima relazione, però, sembra essere squilibrata.
Soprattutto in situazioni di minaccia, ambiguità o cambiamento sociale,
infatti, il potere del pubblico pare svolgere un ruolo ancillare rispetto a
quello rafforzato dei mass-media, che, controllando le fondamentali risorse
informative (raccolta, trattamento e distribuzione delle informazioni)
generano con gli individui stessi un rapporto di dipendenza asimmetrica
(paradigma dell’interazionismo simbolico).