lettura di Swedenborg, di moda all’epoca nei salotti vittoriani. Credo che questa tendenza metafisica
sia stata preparata dalle teorie di Newman (p. 24-27) attraverso una sorta di passaggio virtuale dal
filosofo al teologo della teoria di angeli e presenze che circondano i mortali. Burne-Jones è anche
toccato dagli interessi nel campo del paranormale, coltivati dall’amico pittore G.F.Watts, dal
committente del ciclo di Perseo, Balfour, e da Ruskin, iscritti alla Società per la Ricerca Psichica (p.
28-29 e 79). Questi protagonisti e il revival gotico prima e rinascimentale poi (in letteratura come
nel collezionismo) determinano l’iconografia di Burne-Jones. Ne deriva un repertorio di immagini
della memoria, più romanzate che fiabesche, miscela della sensualità e dell’ascetismo medievale
(due contraddizioni sottolineate da Pater ne ‘Two early french stories’ incluso nel saggio ‘Il
Rinascimento’) che conducono ad una nuova corrispondenza tra simbolo e realtà (p. 11-17).
In questo crogiolo di stimoli spicca sempre, per importanza, la letteratura: a questo proposito ho
riportato l’attenzione sul poeta romantico John Keats, che nei poemi ‘La vigilia di San Marco’
(riportato in appendice) e ‘La belle dame sans merci’ anticipa i temi preraffaelliti del ’48 (p. 32-37,
si veda p. 35 per il richiamo ai versi di Keats e agli affreschi dei Nazareni a Roma presente in un
acquerello di Rossetti). Sembra che lo stesso nome ‘Preraffaelliti’ derivi da un apprezzamento
manifestato da Keats per le opere dei maestri italiani prima di Raffaello, documentato da una lettera
che Rossetti conosceva (p. 32). La discendenza che la confraternita vanta dal gusto e dall’opera del
poeta romantico e dai suoi amici (Leigh Hunt e Haydon p. 35-6) è cosa nota nei testi inglesi che ho
consultato durante un soggiorno a Londra, ma poco sottolineata nei saggi italiani. E’ invece
indicativa: 1) della forte unione che si consolida con i Preraffaelliti tra grafica e letteratura,
diventando due aspetti della stessa espressione artistica; 2) del fatto che in Inghilterra il gusto per i
primitivi ha origine sin dall’inizio dell’Ottocento e che, con i saggi di Ruskin, la nascita della
Confraternita, l’Arundel Society e le rivendicazioni dei Tractarians, tocca il suo apice in Europa.
ξ 4. Il ciclo della Briar Rose
I capitoli seguenti affrontano ognuno una diversa tipologia di fonti letterarie: la fiaba (‘La Bella
Addormentata’); la mitologia (le gesta di Perseo, tratte dal poema ‘Il Paradiso Terrestre’ di Morris);
la narrativa inglese (‘I racconti di Canterbury’ di Chaucer); il ciclo cavalleresco (‘Storia di Re Artù’
di Malory a cui sono affiancati, a volte, versi di Tennyson). I vari capitoli sono stati ordinati
secondo la successione cronologica dei cicli (gli arazzi di Birmingham sono esaminati dopo le
illustrazioni per il Kelmscott Chaucer, pur essendo stati cominciati due anni prima, poiché il primo
arazzo è stato tessuto solo tre anni dopo e i lavori proseguono fino alla morte dell’artista). Le tavole
riassuntive di ogni opera analizzata sintetizzano i riferimenti iconografici e letterari spiegati nel
capitolo; le sottolineature nei testi evidenziano i punti di maggior contatto con l’immagine o al
contrario di maggior divergenza.
Nel capitolo sulla serie della Briar Rose, partendo dal brano di Perrault, si è avanzata una lettura
astrologica del quadro principale La bella addormentata: questa ipotesi è nata dall’ interpretazione
esoterica della fiaba (nota già nell’Ottocento) basata sul culto orientale ariano e, in generale, sulle
dottrine filosofiche che si ispirano alle regole della natura, con l’alternarsi del giorno e della notte,
delle stagioni, del clima caldo a quello freddo. L’idea che la figura dormiente nel quadro, accanto al
letto della principessa possa essere Sirio, e che gli altri personaggi della fiaba (la matrigna, i figli
della principessa, il principe) possano avere una loro corrispondenza nel ciclo solare venerato dagli
induisti, ha motivo di essere proposta per l’interesse che Burne-Jones, Rossetti e soprattutto Morris
dimostrano verso le antiche civiltà e verso l’esoterismo. Questo sincretismo della cultura orientale e
occidentale si ritrova anche nel ciclo arturiano, come indagato nel saggio Indagine sul Graal della
Weston (p. 59 e p. 156, si veda oltre).
Per la tela de La bella addormentata propongo la lettura delle tre figure intorno al letto della
fanciulla, personaggi non narati da Perrault, come la cagnolina Pouffe = Sirio e le due figure
rimanenti = i figli della principessa Aurora e Giorno (p. 67-9). La tela Il principe nel bosco è
accompagnata dai versi di Tennyson ‘Day dream’ perché vi si ritrova l’atteggiamento riflessivo e
malinconico del principe, aspetto non suggerito da Perrault. Si suggerisce anche un possibile
rimando alle fiabe popolari magiare, raccolte non molto tempo prima dell’esecuzione dell’opera, in
virtù della nuova attenzione che Kossuth riportò sull’Ungheria e la sua cultura (p. 57). Si propone
infine un rimando iconografico alle illustrazioni di Gustave Doré, poiché alcune iconografie del
disegnatore francese che accompagnano l’edizione consultata dei racconti di Perrault (che è
successiva a quella apparsa a Londra negli anni Sessanta, conosciuta da Burne-Jones), richiamano
indiscutibilmente alcuni dettagli e pose adottati per gli olii in esame (p. 72 e 75). Altre immagini di
Doré sono indicate come possibile precedente iconografico anche in I cavalieri chiamati alla
ricerca da una strana donzella della serie di arazzi di Birmingham (p. 164) e in La nave, in
riferimento all’olio Sirene (p. 181).
ξ 5. Il ciclo di Perseo
Il capitolo che esamina il ciclo di Perseo mette in risalto le differenze e le somiglianze tra il testo
poetico di Morris ‘Il destino di re Acrisio’, incluso nel ‘Paradiso Terrestre’, con i dieci acquerelli
oggi a Southampton. Burne-Jones rispetta, nel complesso, la narrazione proposta da Morris, ma con
delle significative differenze: in Perseo e le ninfe marine e in La morte di Medusa I egli si distacca
dal poema dell’amico, che non fa riferimento a questi momenti del racconto. Sono state perciò
consultate fonti classiche a cui Burne-Jones, e anche Morris, possono aver fatto riferimento con
molta probabilità: ‘Le metamorfosi’ di Ovidio e la ‘Biblioteca’ di Apollodoro (le altre opere dei
tragici greci che fanno riferimento al mito sono scarse e frammentarie, nel caso di Eschilo, o
incentrate su un solo episodio, nel caso di Sofocle ed Euripide). Si tratta delle due maggiori raccolte
di miti dell’antichità, una di origine greca e l’altra latina. Questi autori classici descrivono i
momenti che Burne-Jones trascrive in pittura ove nel poema di Morris non ve ne sia cenno. I due
amici conoscono Ovidio ed è lecito supporre anche Apollodoro per l’importanza del suo testo; ciò
dimostra anche la pluralità di fonti a cui il pittore attinge per la realizzazione di un racconto o di un
mito. Ne risulta che Burne-Jones si ispira esclusivamente ad Apollodoro per Perseo e le ninfe
marine (p. 95); ad Apolldoro e Ovidio per la presenza dei figli di Medusa che nascono alla sua
morte (p. 101-2); Ovidio per l’allontanamento di Perseo dopo la morte di Atlante (p. 108-110).
Sembra quindi prediligere Morris per le ambientazioni e l’interpretazione dei sentimenti di paura e
dolore di Medusa e Andromeda, mentre dagli autori classici ricava maggiori informazioni sugli
avvenimenti e i dettagli. Curiosamente Burne-Jones elimina nel ciclo pittorico ogni elemento
architettonico narrato dagli scrittori (il palazzo delle Graie, i muri che circondano il cortile di
Medusa e le Gorgoni, il palazzo di Atlante). Inoltre il ciclo di Perseo testimonia le sperimentazioni
tecniche che Burne-Jones tenta negli anni ‘70 e ’80 con vari supporti e materiali (p. 79-80). Le
iconografie di riferimento individuate sono quella nota dei vasi attici, dei marmi Elgin del
Partenone (p. 102) e del Mantegna (p. 93) e quella meno nota, e forse altrettanto valida, di un
disegno di Rubens da Giulio Romano, che mostra Perseo nell’atto di togliersi i calzari (p. 95).
ξ 6. Due dei ‘Racconti di Canterbury’ di Geoffrey Chaucer per l’edizione Kelmscott
Nel capitolo sulle illustrazioni per ‘I Racconti di Canterbury’ di Chaucer, editi alla Kelmscott Press,
sono stati presi in considerazione i due racconti prediletti dal pittore, per i quali egli ha eseguito
numerosi disegni preparatori: ‘Il racconto del cavaliere’ e ‘Il racconto della priora’; nel primo
spiccano le virtù laiche degli uomini d’arme, nel secondo quelle cristiane dei puri d’animo. La
rispondenza al testo delle immagini disegnate per il primo racconto è stata a volte sacrificata, nei
particolari degli interni dei templi soprattutto, per la difficoltà di riportare i disegni del pittore sul
supporto ligneo per la stampa. Egli ha però creato delle ambientazioni (specialmente in p.133 ma
anche p. 137 e p. 139) in cui ho riscontrato la vicinanza iconografica con le incisioni del testo
quattrocentesco l’‘Hypnerotomachia Poliphili’, di cui Burne-Jones possiede una copia; un altro
rimando al Polifilo è nel ciclo di Perseo (La testa funesta p. 122). Nella scelta dei momenti da
illustrare si nota che predominano quelli statici e di riflessione. Ritroviamo nelle incisioni l’effetto
di inscatolamento che è anche in La bella addormentata e che testimonia la suddivisione dello
spazio in moduli, secondo l’uso rinascimentale, e lo studio dei borghi delle cittadine del centro
Italia (disegni di angoli di Siena conservati al Fitzwilliam Museum.
Le immagini per il ‘Il racconto della priora’ sono più numerose; Burne-Jones ha realizzato un
armadio, un acquerello e le illustrazioni per la Kelmscott Press riferendosi al racconto. Nel
confronto fra le tre iconografie si evidenzia un cambiamento stilistico, un modello artistico diverso
a seconda dei periodi: nello stipo per Morris c’è un riferimento all’arte medievale e bizantina per la
verticalità e bidimensionalità, nell’acquerello alle volumetrie e agli spazi dell’arte rinascimentale
italiana e nelle illustrazioni una sintesi di spazio rinascimentale e allungamento medievale delle
figure (p. 148-9).
ξ 7. Il ciclo di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda
Il testo di Malory ha trovato una trascrizione pittorica di notevole dimensione e bellezza negli arazzi
con la storia de ‘La ricerca del Santo Graal’, oggi conservati a Birmingham. In essi c’è forse
maggior aderenza alle vicende raccontate dallo scrittore inglese rispetto ai testi finora esaminati,
sebbene non manchino interessanti alterazioni e sintesi. Ho affiancato versi del poeta
contemporaneo Tennyson ed illustrazioni da codici miniati, che i Preraffaelliti conoscevano grazie
alle collezioni presenti nelle biblioteche di Oxford e del British Museum (p. 163-6 e p. 168); alcune
soluzioni compositive derivano dall’aver visto le immagini dei codici (sappiamo con certezza che
Morris aveva consultato testi antichi nella biblioteca del British Museum, per disegnare le armature
e gli scudi dei cavalieri, sia ai tempi degli affreschi di Oxford, 1857, che degli arazzi, 1890 ca.). In
proposito ho individuato il codice alla base dell’acquerello di Rossetti La tomba di Artù : si tratta di
un libro oggi conservato alla Pierpont Morgan Library di New York, appartenuto a Charles Fairfax
Murray, amico di Burne-Jones e Ruskin. Emerge, nell’individuare le fonti letterarie, un equilibrata
sintesi tra la cronaca di Malory e le ambientazioni preziose di Tennyson che confluiscono nelle
iconografie degli arazzi, una fusione tra racconto e interpretazione che Burne-Jones aveva già
attuato con Perrault e Tennyson in Il principe nel bosco. A ciò si aggiunge la lettura esoterica del
ciclo (p. 156-9), che avvalora la mia ipotesi di una analoga chiave interpretativa per la Bella
addormentata.
ξ 7.1. Altre due opere sul ciclo bretone
Ho inserito due opere riferite al ciclo bretone ma non facenti parte della serie degli arazzi:
L’incantamento di Merlino, a cui affianco dei versi di Tennyson che credo siano alla base
dell’opera, poiché risultano rispondenti alla figura demoniaca di Nimue piuttosto che a quella più
dolce presentataci da Malory; ho inserito anche dei versi di Keats da ‘La belle dame sans merci’, un
richiamo, nella letteratura precedente a Tennyson e ai Preraffaelliti, alla figura di una donna
distruttrice (p. 189-194 e 198). Identica annotazione a favore di Tennyson vale per Artù in Avalon,
con cui si esaurisce il ciclo cavalleresco arturiano: i versi di Tennyson suggeriscono a Burne-Jones
la presenza del pergolato che, iconograficamente, si richiama a Botticelli (p. 206).
ξ 8. Opere non facenti parte di una serie
Si è infine imposta alla mia attenzione, durante le ricerche, un poesia di Christina Rossetti ‘La
soglia del convento’ che può essere associata, se non la fonte, de La scala d’oro, per cui non era
stata ancora suggerita una fonte letteraria. Ai versi della Rossetti si affiancano i versi del ‘Paradiso’
dantesco dalla Bibbia proposti per una lettura più convincente dell’opera (p. 214-17).
Le Chant d’amour e Le profondità del mare sono state inserite per un rimando inedito a iconografie
precedenti: la prima presenta un riferimento ad un’incisione di Rossetti per illustrare dei versi di
Tennyson, riportatati anche come possibile fonte letteraria dell’opera in esame; alla base della
stessa incisione e forse di Le Chant d’amour , propongo l’iconografia di un olio, oggi al Victoria &
Albert Museum, di Paul Delaroche (p. 211-12). La scala d’oro e Le Chant d’Amour in particolare
sono due opere normalmente considerate esempi di ‘art for art’s sake’, ma, come spiegato sopra,
tale etichetta non esclude la presenza di riferimenti letterari. La seconda opera ha un’eco ne Il
trittico di Troia, già alla base di La ruota della fortuna, da cui si evidenzia un particolare e la
somiglianza con una pittura di Michelangelo alla National Gallery (p. 223).
ξ 12. Appendice
In appendice, infine, sono riportate altre fonti letterarie che testimoniano il forte connubio tra l’arte
preraffaellita e l’universo narrativo e poetico: la poesia di Keats ‘La vigilia di San Marco’,
incompleta, è proposta perché anticipa sorprendentemente le atmosfere gotiche e preziose ricercate
dai Preraffaelliti della prima generazione, come spiegato nell’introduzione; i due racconti di Burne-
Jones, pubblicati nella rivista fondata con Morris ‘The Oxford and Cambridge Magazine’,
testimoniano dell’impegno del pittore nell’attività narrativa e l’assorbimento degli interessi coltivati
da Ruskin e Morris, il primo per i temi sociali, il secondo per l’epica e la mitologia nordica.
Infine l’articolo pubblicato sul Victorian Web sulle influenze di Keats e Newman come precursori
della visione preraffaellita del Medioevo.