Ora, il fenomeno delle I.R.C. spesso utilizzato come termine di
paragone richiede innanzitutto una duplice precisazione. In primo
luogo, il termine Regulation non indica la totale eliminazione
dell’intervento statale in economia ma, in senso ampio, qualunque
intervento amministrativo caratterizzato dal potere dell’agente di
modificare le disposizioni di legge con proprie disposizioni formali o
informali1. In secondo luogo, l’indipendenza non è un tratto distintivo
poiché della stessa libertà d’azione delle I.R.C. godono anche le
Agencies che tuttavia non possiedono le loro garanzie2 e vengono
istituite ad hoc dal legislatore per la regulation di determinati settori.
La stessa indipendenza delle I.R.C., d’altro canto, non è assoluta
poiché sono soggette sia a forme di controllo giurisdizionale
nell’esercizio dei loro poteri che ad influenze politiche per
l’attribuzione dei mezzi finanziari3. Si tratta, quindi, di
un’indipendenza relativa che, da un lato, si spiega con le funzioni
paralegislative e paragiurisdizionali esercitate dalle I.R.C., e dall’altro
con l’assetto costituzionale statunitense, ove il mantenimento della
balance tra Presidente e Congresso richiede una continua tensione tra
questi, dimodoché l’amministrazione possa occupare gli spazi lasciati
liberi da tali soggetti ed agire in posizione indipendente da entrambi.
Al momento della istituzione delle I.R.C., si scelse di dotarle di
poteri autoritativi4 anziché di semplice influenza o moral suasion,
1
Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, Milano, 1994, 56.
2
Esse consistono, in pratica, nella nomina dei membri a “termine fisso”, nella
revocabilità solo per giusta causa, nella durata del mandato superiore a quella
presidenziale, nell’obbligo di composizione bipartisan. In dottrina vedi Tesauro, Le
Indipendent Regulatory Commissions, Napoli, 69 ss., e Greco, Dal Regulatory state
all’adminisrtative state, in Greco (a cura di), L’intervento pubblico nell’economia,
Roma, 1977, 1 ss.
3
Infatti l’attribuzione passa al vaglio dell’Office of Management of Budget (OMB)
che dipende dal Presidente. Il Congresso controlla lo stanziamento dei fondi delle
agenzie tramite il General Accounting Office.
4
Al fondo del riconoscimento, alle Commissioni, di poteri autoritativi, stava anche
la convinzione che in tal modo avrebbero potuto esercitare un’azione più penetrante
nei confronti dei settori di competenza. L’obbiettivo di fondo era quello di evitare la
capture delle I.R.C. da parte dei interessi fatti valere, tramite il Lobbyng, dai gruppi
di pressione operanti nei settori regolati. In realtà dotandole di poteri autoritativi il
rischio si aggravava, dal momento che se si fosse verificata la capture, avrebbero
avuto a disposizione poteri autoritativi. Il rischio era accresciuto dal riconoscimento
nonostante si producesse, in questo modo, una formale lesione del
principio di libertà economica. Lesione aggravata dalla circostanza
che nel momento in cui si derogava al principio della libertà di
iniziativa economica privata non si fissavano i limiti della deroga e il
legislatore finiva per assegnare così un compito ampio e
indeterminato all’autorità amministrativa, ossia era costretto a
ricorrere ad una broad delegation, la quale costituiva un potenziale
strumento di arbitrio nelle mani del delegato. Da qui l’idea di
introdurre garanzie di imparzialità ed indipendenza per i membri onde
rafforzare la loro qualità di tecnici ed esperti, ossia di soggetti
neutrali.
Il problema, però, sorgeva soprattutto a livello costituzionale dal
momento che era necessario individuare la legittimazione dei poteri
riconosciuti, il cui tratto caratterizzante era costituito dall’ampia
delega (broad delegation) legislativa che non definiva
minuziosamente i poteri delle I.R.C., in violazione del principio di
legalità. In particolare, la delega si scontrava frontalmente con la
Costituzione la quale concentra tutto il potere legislativo nelle mani
del Congresso (art. 1, sez. I) senza far menzione di deleghe, e appunto
per questo il riconoscimento alle commissioni di un potere di dettare
norme generali a disciplina della materia appariva illegittimo. Tutto
questo ha però prodotto due sole pronunce da parte della Corte
Suprema, nel 19355, per l’eccessiva ampiezza della delega mentre
di garanzie di imparzialità ed indipendenza ai membri, finalizzate a rafforzare le
loro qualità di tecnici ed esperti. Senza tenere conto del fatto, che in questo modo, il
rischio diveniva quello di un esercizio tecnocratico del potere, ed in quanto tale
sindacabile solo dagli appartenenti al settore di provenienza dei tecnici. Come
vedremo, al controllo sull’esercizio del potere si arriverà solo nel 46, grazie
all’approvazione dell’Administrative Procedure Act, che procedimentalizzando
l’attività delle I.R.C., consentirà ai giudici di fruire di un parametro di legittimità.
Un ruolo importante nel ridurre le influenze esterne è svolto, oltre che
dall’organizzazione interna delle I.R.C., anche dalle leggi federali, che stabiliscono
incompatibilità per i titolari degli uffici di vertice, ad esempio vietando, per un certo
numero di anni, agli ex dirigenti delle autorità di assumere la guida di imprese
prima soggette al loro controllo.
5
Si tratta delle pronunce, relative ai casi Panama Refining Co. v. Ryan e A.I.A.
Schechter Poultry Co. v. U.S., emesse nel periodo del New Deal, segnato dallo
scontro tra la Corte Suprema e il Presidente Roosevelt. Entrambe le sentenze della
Corte Suprema riguardavano l’incostituzionalità del National Industry Recovery
successivamente la Non delegation doctrine, derivata da quelle
sentenze, è rimasta lettera morta, per i mutati rapporti tra la Corte ed
il Presidente ma soprattutto perché la stessa riteneva che la scelta del
Congresso di delegare fosse politica (political question) e perciò non
sindacabile. Per evitare abusi, fino all’86 quando venne abolito dalla
Corte Suprema6, il Congresso poteva ricorrere al Legislative Veto che
gli consentiva di invalidare gli atti di molte amministrazioni qualora
non conformi allo spirito della legge7. Ora, invece, l’unico rimedio
potrebbe essere quello di precisare meglio la delega oppure le Sunset
Laws che istituiscono l’agenzia a tempo determinato in modo da
valutarne l’attività prima di confermarla, anche se tale strumento ha
avuto limitata applicazione da parte del governo federale8.
Si sostenne, allora, che le Commissioni fossero legittimate da
un’investitura giurisdizionale sulla base del fatto che le leggi
rimettevano loro non solo l’attuazione di nuove discipline ma
concentravano in esse anche il relativo contenzioso per sfruttare il
vantaggio di una giustizia specializzata, rapida ed economica a
differenza di quella delle Corti ordinarie. Questo era l’unico
argomento per giustificare la loro indipendenza dal Presidente vista la
dubbia costituzionalità della delega di funzioni legislative. Tale tesi
venne successivamente ripresa dalla Corte Suprema che affermò la
Act, per violazione dell’art. 1, sez. 1, che attribuisce tutti i poteri legislativi,
“conferiti dalla Costituzione, al Congresso”. La legge prevedeva un’ampia delega a
favore del Presidente, poteri di intervento nell’economia, alcuni diretti a recepire la
regolamentazione adottata, in materia di concorrenza sleale, da una commissione di
datori di lavoro e lavoratori. Cfr. Manetti, Poteri Neutrali e Costituzione, Milano,
1994, 64 ss.; per una dettagliata descrizione delle fattispecie vedi Patrono, Sistema
dei regulatory powers e corte suprema federale, Milano, 1974, 167 ss.
6
Sentenza sul caso Immigration National Service versus Chanda.
7
In realtà, il potere del Congresso di porre nel nulla, a propria discrezione, gli atti
amministrativi appariva un potere arbitrario più che un contrappeso dell’eventuale
arbitrio amministrativo. A parere della dottrina, la Corte Suprema annullandolo
avrebbe sancito una riserva di amministrazione superabile solo con la legge, la
quale importa soprattutto il rispetto del principio del bicameralismo, che il
legislative veto non rispetta, e inoltre, l’obbligo di presentare il progetto al
Presidente che può opporre il veto. In proposito, Manetti, op. cit., 68.
8
In realtà il Congresso preferisce ricorrere a strumenti analoghi al Legislative veto
come i Vetoes che seppur non vincolanti giuridicamente le Autorità non osano
sfidare e le risoluzioni che sono atti politici ma in grado di raggiungere lo scopo.
natura quasi giurisdizionale dei loro poteri9. Tuttavia, il prefisso
“quasi” impedì di rintracciarne un fondamento costituzionale nel
potere, non esplicitamente attribuito ma desumibile, del Congresso di
istituire giudici speciali. Potere che si fonda sulla c.d. implied powers
clause (art. 1 sez. 8.), la quale autorizza il Congresso ad adottare tutte
le leggi necessarie per l’esercizio dei propri poteri, e che il Congresso
ha impiegato per istituire giudici speciali, denominati “legislative
tribunals”10. La reticenza della Corte a sostenere il carattere
giurisdizionale delle I.R.C. si spiegava, in concreto, con l’assenza in
esse dei requisiti formali e procedimentali della giurisdizione visto
che i ricorsi venivano decisi senza garanzie tranne quella
dell’indipendenza dei commissari.
Solamente con l’Administrative Procedure Act del ’46 si
applicheranno alla funzione giustiziale le garanzie del procedimento
giurisdizionale e verrà riconosciuta la sindacabilità degli atti da parte
delle Corti ordinarie.
Infatti, da un lato esso prevede il rispetto del principio del
contraddittorio, mentre dall’altro il rispetto delle procedure diviene il
parametro sul quale le corti possono basare il giudizio di legittimità.
Quest’ultimo aspetto risulta particolarmente interessante. L’A.P.A.
scarta, infatti, l’ipotesi di affidare il sindacato degli atti amministrativi
ad un’apposita Corte amministrativa, optando per il controllo da parte
del giudice ordinario e tutelando al tempo stesso la posizione
dell’amministrazione, sia prevedendo la possibilità che le leggi
escludano del tutto il sindacato, sia sottraendo a questo gli atti rimessi
dalla legge alla discrezionalità delle agenzie. Per tale via, la
giurisdizionalizzazione del procedimento mantiene ferma la necessità
9
La tesi venne avanzata dalla Corte nel caso Humphrey’s Executor versus United
States (1935), dove in opposizione al Presidente dichiarò infondata la sua pretesa di
revocare per incompatibilità politica (non per giusta causa come voleva la legge
istitutiva) uno dei commissari della Federal Trade Commission. La Corte affermò
che la FTC era titolare di poteri quasi-giurisdizionali (non esecutivi) e appariva
come un corpo di esperti “indipendenti dal potere esecutivo, salvo che per la sua
formazione, e libero in quanto tale di esercitare le sue valutazioni fuori
dall’influenza di qualsiasi altro potere”.
10
Di recente, la Corte ha opposto a questa prassi la riserva di giurisdizione a favore
delle Corti prevista dall’art. III della Costituzione.
per il giudice di rispettare un ambito di valutazioni tecnico-
amministrative, riservate all’amministrazione. Di conseguenza, grazie
alla disciplina del procedimento si sviluppa la funzione
amministrativa e verrà meno la possibilità di ritenere tali autorità
legittimate da investitura giurisdizionale.
In seguito, grazie all’A.P.A. il procedimento assurge a principale
strumento di risoluzione dei conflitti nel rispetto del principio del
contraddittorio e le I.R.C. assumono il ruolo di arbitro riempiendo di
contenuti i parametri elastici indicati dal legislatore, superando così il
vizio insito nella broad delegation, ossia il mancato bilanciamento
degli interessi in via generale ed astratta ad opera del legislatore. In
tal modo, seppure l’interesse pubblico non viene più definito dal
legislatore, esso è comunque il risultato della composizione degli
opposti interessi fatti valere nel procedimento, dal che discende la
funzione politica dello stesso.
Per comprendere tale conclusione bisogna rifarsi alla tesi sostenuta
dalla dottrina statunitense11 sulla natura del processo politico come
competizione tra una pluralità di gruppi di interesse; competizione
che può aver luogo non solo nelle sedi istituzionali ma anche davanti
alle corti a condizione che il procedimento giurisdizionale consenta di
dar voce, e parità di armi, ai gruppi di interesse che in quelle sedi
risultano esclusi. In base, quindi, all’interest representation model of
administrative law il procedimento non ha più la funzione di
individuare l’interesse pubblico in concreto ma la funzione politica di
consentire ai gruppi coinvolti dalla regulation di contrattare in forma
pubblica e sotto il controllo dell’autorità il contenuto delle formule
legislative.
Modello, questo, al quale si tenta di dare un fondamento
costituzionale col richiamo alla due process clause, sostenendo,
pertanto, l’obbligo, gravante sui pubblici poteri, di seguire un
procedimento analogo a quello giurisdizionale ogni volta che debbano
adottare decisioni influenti sulle libertà del cittadino. Il che comporta
che gli stessi poteri adottino procedimenti tanto più rigorosi quanto
11
Schumpeter, Capitalismo, Socialismo, Democrazia, trad. it., Milano, 1964 e
Dahl, Pluralist Democracy in the U.S., Chicago, 1967.
maggiore risulta il numero dei partecipanti, sino al vertice dato dalla
decisione giurisdizionale, che è quella assistita dalle maggiori
garanzie di partecipazione, dirigendosi a destinatari individuati.
Pertanto, al contraddittorio tra le forze politiche succede quello tra
i soggetti coinvolti dall’attività amministrativa prima e tra le parti del
giudizio poi in una crescente specificazione del comando legislativo,
ed alla legittimazione dall’alto o normativa si aggiunge una
legittimazione dal basso o partecipativa. In definitiva, con
l’emanazione dell’Administrative Procedure Act non viene più
contestata la legittimità dell’intervento amministrativo sia da parte
delle I.R.C. che delle semplici agencies in economia e nella società, e
si viene altresì a riconoscere il ruolo politico dell’amministrazione
all’interno del sistema statunitense come “fourth branch”, il cui
fondamento costituzionale risiederebbe nella due process clause.
In ultima analisi, il ricorso alle I.R.C. è il prodotto della crisi del
modello weberiano di amministrazione, il quale da un lato suppone
l’investitura legislativa per l’esercizio della funzione amministrativa e
dall’altro l’esistenza di regole tecniche dirette a limitare l’uso della
discrezionalità12. Crisi che esplode nel momento in cui il legislatore
non è più in grado di disciplinare compiutamente l’esercizio del
potere amministrativo in seguito alla crisi della politica, ossia
all’inadeguatezza della stessa a fronte della crescente complessità e
del pluralismo della società moderna, ed è costretto ad affidarlo ad
altri soggetti, i quali si trovano investiti di una funzione politica. La
legittimazione di tale funzione è una legittimazione procedimentale,
in cui il procedimento ha il ruolo di selezionare gli interessi coinvolti,
da cui scaturirà l’interesse pubblico, tramite la presentazione diretta
da parte dei titolari. Si tratta di una funzione analoga a quella del
procedimento legislativo13 dal quale, però, si allontana sia per le
modalità di acquisizione degli interessi, presentati direttamente dagli
12
Weber, Economia e società, I, Teoria delle categorie sociologiche, (1922), 212
ss.; II, 271, ss., trad. it. Milano, 1981.
13
Cassese, Il procedimento amministrativo tra modello partecipativo e modello
neoclassico, in Torchia (a cura di), Il procedimento amministrativo: profili
comparati, Padova, 1993, collega il procedimento partecipativo ad una concezione
della p.a. come potere politico.
interessati14, sia per il rispetto delle forme e delle garanzie del
contraddittorio, ed infine perché la decisione va motivata e ciò
consente il sindacato giurisdizionale del giudice. In tal modo, si
compensa la delegittimazione delle istituzioni politiche creando dei
canali diretti con la società che di conseguenza assume un ruolo da
protagonista.
Tale esperienza viene presa a modello anche in Europa a partire
dagli anni ’70, soprattutto in Francia dove si è avuto uno sviluppo
particolarmente ricco di tali autorità, la Commission des operations de
bourse, il Conseil de la concurrence, il Conseil Superior de
l’audiovisuel e diverse altre. L’indipendenza deriva, in tale
esperienza, dalle procedure di nomina che in genere prevedono
l’ingerenza del Parlamento o la designazione da parte della alte corti
o di organismi professionali. Non è prevista la subordinazione
gerarchica o la sottoposizione a direttive amministrative, inoltre i loro
poteri sono sia di natura amministrativa che regolamentare e
paragiurisdizionale, anche se non così marcati come nel modello
statunitense. Caratteristica peculiare la partecipazione in tutte di
magistrati, vista dal legislatore come un fattore irrinunciabile per
assicurare l’indipendenza e l’imparzialità. Tuttavia, le modalità di
nomina di questi comportano una certa influenza del Governo
soprattutto quando la scelta cade per legge sui capi delle supreme
magistrature o su soggetti designati da questi, che a loro volta sono
nominati dal potere politico. Secondo la dottrina l’obbiettivo
dovrebbe essere non quello di un’indipendenza come qualità
intrinseca di determinate categorie ma come risultante di
un’investitura più ampia possibile15. Il che d’altro canto, si scontra
con la precarietà della situazione politica che spinge le forze di
maggioranza ad usare appieno del loro potere ed a riprenderselo non
appena le autorità indipendenti ne facciano un uso sgradito.
Maggiore, invece, l’assimilazione da parte del sistema legale che
ha portato all’abbandono del modello della moral suasion ed alla
14
Secondo la Manetti, op. cit., 89, il vantaggio è quello di poter controllare il
lobbyng che viene così sottoposto alle forme del contraddittorio.
15
Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, op. cit., 224
attribuzione di poteri provvedimentali. Il Conseil d’Etat ha, infatti,
inquadrato tali autorità nella pubblica amministrazione al fine di
assicurare il sindacato giurisdizionale per eccesso di potere mentre il
Conseil Costitutionel ha riconosciuto la legittimità del potere
regolamentare e sanzionatorio dettando precisi limiti e modalità
riguardanti l’importanza del procedimento ed il rispetto delle regole
del contraddittorio. Con questi interventi si è affrontata la questione
della natura ibrida delle autorità indipendenti e la si è risolta
riconducendola ai criteri propri del sistema legale.
Anche in Gran Bretagna le autorità in questione hanno conosciuto
un notevole sviluppo, nonostante una lunga tradizione di
amministrazioni indipendenti o semi-indipendenti dotate di poteri
quasi-giudiziali e ricondotte alla categoria degli Administrative
Tribunals. Si tratta dei QUANGOS (Quasi Autonomus Non
Governmental Organisations), termine che indica organismi spesso
diversi, aventi in comune una responsabilità indiretta e limitata nei
confronti delle autorità politiche e per i quali la responsabilità
ministeriale è molto attenuata limitandosi, nel caso specifico, agli
indirizzi generali ed ai bilanci delle singole autorità. I più rilevanti
sono i Tribunals, ritenuti indipendenti grazie ad uno statuto simile a
quello dei giudici anche se mancante di alcune garanzie come
l’inamovibilità. Ciò in quanto si ritiene sufficiente la tradizione di
imparzialità del Governo nelle nomine e la soggezione alla vigilanza
di un organo neutrale (Council of Tribunals). Diverso il caso dei
“Policy Oriented Tribunals“ i quali devono sviluppare, con propria
disciplina, gli obbiettivi indicati dal legislatore per la tutela di
determinati interessi pubblici e quindi sono titolari di decisioni, latu
sensu, politiche, avvicinandosi al modello delle Agencies statunitensi.
In realtà, tali organismi di regolazione sono diversi dal modello di
riferimento per due motivi: in primo luogo sono titolari di poteri di
sola proposta rimanendo la decisione finale al Governo ed in ogni
caso sono sottoposti a controlli ministeriali abbastanza penetranti.
L’unica peculiarità del loro status è la possibilità per i direttori
generali di derogare alle c.d. osmotherly rule, esprimendo opinioni
politiche diverse da quelle del Governo. In secondo luogo sono
insufficienti i controlli azionabili dai cittadini sia nelle forme del
procedimento sia tramite il ricorso al giudice poiché il sindacato non
è escluso ma ha carattere episodico e limitato.
Le autorità indipendenti si sono radicate meno in Germania. Ciò è
dovuto alla presenza di istituzioni tradizionalmente forti, in questo
caso la stessa pubblica amministrazione, per cui è meno sentita
l’esigenza di tutela nei confronti del potere politico. La dialettica
delle authorities, si sviluppa, in questo caso, all’interno di un sistema
in cui l’amministrazione è vista, tradizionalmente, come la struttura
portante dello Stato ma dotata di propria capacità decisionale, a
prescindere dalle influenze politiche. Questa visione si riflette nella
Costituzione che, da un lato prevede la garanzia istituzionale
dell’impiego pubblico professionale, e dall’altro forme di auto-
amministrazione ed organi amministrativi statali indipendenti.16
La stessa dottrina contrappone al concetto di attività
amministrativa vincolata a direttive, funzioni imputate alla pubblica
amministrazione ma sottratte a tali direttive e poste nello spazio libero
da responsabilità ministeriale (come esempio di indipendenza
dell’amministrazione nei confronti del potere politico si richiama
quello della Bundesbank). A questo quadro si aggiunge la preventiva
neutralizzazione dell’economia, favorita dal sistema tedesco, il quale
da un lato prevede interventi statali in economia, ma dall’altro
contempla limiti a questi interventi, ponendo un vincolo
costituzionale all’equilibrio economico. Questo ha permesso di
attuare le privatizzazioni già a partire dagli anni 60, di applicare una
normativa antitrust, e, quindi, di ottenere una minor presenza dello
Stato a livello economico.
Da questa breve disamina sulla nascita e lo sviluppo della figura
delle authorities si possono sottolineare alcuni aspetti che appaiono
come rilevanti. Anche in Europa, le autorità indipendenti, presentano
i tratti caratteristici delle autorità sorte negli Stati Uniti ossia la
regolazione di settori per tutelare gli interessi di individui o di gruppi
nei confronti dei poteri forti, l’autonomia dal governo e dai soggetti
regolati, la commistione dei poteri. Tuttavia, emergono anche delle
16
Art 33, commi 4 e 5; art. 87, commi 2 e 3, GG.
differenze. Anzitutto, mentre nell’esperienza statunitense la
regolazione riguarda imprese private in Europa si rivolge anche nei
confronti di soggetti pubblici. Inoltre, mentre negli Stati Uniti, le
I.R.C., sono ormai connaturate al sistema amministrativo, in Europa
costituiscono delle eccezioni rispetto al sistema ministeriale e questo
determina delle interferenze tra le funzioni dei ministeri e quelle
affidate alle autorità. Infine, i loro poteri non sono così penetranti
come quelli delle autorità statunitensi.
In ogni caso, si tratta di differenze che non escludono che pur nella
varietà dei diversi sistemi costituzionali stia nascendo e si stia
affermando il modello delle autorità indipendenti.
1.2. LE AUTORITÀ IN ITALIA: MODALITÀ DI ISTITUZIONE, LEGITTIMA-
ZIONE, CARATTERI
CONSOB, Garante per l’attuazione della legge sull’editoria,
Garante per la radiodiffusione e l’editoria, Autorità Antitrust,
Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero,
Garante della privacy, Autorità per le garanzie nelle
telecomunicazioni sono tutti nuovi organi sorti anche in Italia come
nel resto d’Europa a partire dagli anni 70. Da questo momento, si
assiste anche nel nostro paese allo sviluppo di soggetti incaricati di
particolari funzioni in settori specifici ed il reiterarsi degli interventi
del legislatore in materia ha portato la dottrina ad ammettere anche
nel nostro paese l’esistenza di un nuovo modello di amministrazione,
quello cioè delle autorità amministrative indipendenti. Il ricorso alla
figura dei poteri neutrali si può spiegare alla luce della crisi di fiducia
nei confronti dello Stato, crisi dovuta al concorso di una serie di
fattori.
Al riguardo, viene innanzitutto in considerazione l’incapacità dello
Stato, e quindi della pubblica amministrazione, di offrire adeguata
tutela ai diritti emersi dalla nascita e dallo sviluppo del modello dello
Stato sociale. L’affermarsi, in altre parole, dei diritti sociali ha
prodotto il moltiplicarsi del numero degli interessi che lo Stato deve
tutelare e parallelamente ha portato ad un ampliamento dimensionale
della macchina amministrativa deputata alla protezione di quegli
interessi. Nonostante l’aumentata mole, l’amministrazione si è , però,
dimostrata incapace di assicurare una tutela efficace verso quelli ed
ha trasformato il proprio intervento in un sinonimo di squilibrio e di
spreco. In questo quadro, si inserisce un altro fattore, ossia il processo
di specificazione che coinvolge i diritti sociali contemplati dalla
Costituzione. Specificazione che ne investe sia la titolarità (diritti del
consumatore, diritti dell’utente di servizi pubblici) che il contenuto
(diritto all’ambiente, diritto alla riservatezza, diritto ai dati ecc.), e che
determina il formarsi di una nuova categoria di diritti dal contenuto
indefinito ed indefinibile collocabile nello spazio dei diritti sociali.
Quindi, nuovi diritti che sono diretta emanazione di istanze espresse
dalla società, di fronte ai quali il legislatore è spesso impreparato,
cosicché essi si muovono in un ambito dominato dal vuoto legislativo
o caratterizzato da testi legislativi inadeguati17.
Infine, alla mancanza di efficacia imputabile all’azione del
complesso statale ed alla difficoltà dello stesso di adattarsi alle nuove
esigenze manifestate dalla società si è associato un difetto
d’imparzialità, ossia l’incapacità dell’attività pubblica di proteggere
gli interessi affidati alla propria cura dalle pressioni e dai
condizionamenti portati da interessi esterni, espressione di poteri
“forti” di tipo economico e burocratico18. Circostanza questa, che
rileva soprattutto per il fatto che in seguito all’emergere dei nuovi
diritti lo Stato deve intervenire in settori particolari della vita sociale e
definiti, sulla scorta dell’esperienza d’oltralpe, sensibili19, ove è
particolarmente complessa la composizione tra interessi pubblici,
privati, e della collettività vista la potenziale conflittualità tra di essi.
17
Cfr. Vignudelli, Diritto Costituzionale, Torino, 1997, 142.
18
In proposito Franchini, Le autorità indipendenti, in Riv. Trim. dir. pubbl. 1988, 3,
549 ss.
19
Cfr. Guédon, Les Autorités indépendentes, Parigi, 1991, 37 ss.
In altri termini, lo Stato e gli altri organismi pubblici esistenti
appaiono poco adatti ad esercitare un valido controllo sia perché
curano interessi potenzialmente confliggenti con quelli da tutelare in
via particolare, sia perché esposti a diverse pressioni alle quali i
settori sensibles dovrebbero essere sottratti.
La risposta dell’ordinamento ha coinciso con la creazione di
organismi variamente denominati (autorità, garanti, commissioni) di
cui le leggi istitutive hanno messo in evidenza la posizione di
indipendenza rispetto all’organizzazione statale e per le quali è stata
coniata l’espressione “Autorità indipendenti ad alto tasso di
imparzialità”20 o di Autorità Amministrative Indipendenti. Alla base
della diffusione del modello delle autorità indipendenti si pone,
quindi, la difficoltà di adeguamento alle nuove istanze e la
dissociazione tra allocazione formale del potere ed esercizio dello
stesso prodotta da ingerenze di tipo politico, burocratico, economico.
Per cui, le decisioni più che provenire dall’autore formale sono il
risultato di una serie di elementi prodottisi a diversi livelli che
influiscono sulla scelta finale.
Questo, se in alcuni casi si può ricondurre alla normale attività di
acquisizione di notizie, in altri assume una connotazione negativa
potendo concretarsi in un’ingerenza illegittima. Il problema diviene,
allora, quello di disciplinare il fenomeno in modo da garantire
l’efficienza e l’imparzialità dei pubblici poteri e di conseguenza
quello di individuare moduli organizzativi idonei a consentire alle
autorità, operanti in settori socialmente rilevanti, di esercitare la
propria funzione senza condizionamenti di sorta. Da qui la necessità
di attribuire loro una posizione particolare mediante il riconoscimento
di poteri di vario tipo, amministrativi, normativi, paragiurisdizionali,
nonché dell’autonomia nelle sue diverse manifestazioni,
organizzativa, finanziaria, contabile, di gestione, e dell’indipendenza,
sia organica, relativa alla modalità di nomina dell’organo di vertice,
sia funzionale, attinente al modo di svolgimento dell’attività e che
viene assicurata proprio dall’autonomia.
20
Relazione della Commissione Piga, in Riv. Trim. Sc. Amm., 1985, n°3, 85 ss.
In particolare, il concetto di indipendenza21 è diverso e superiore
rispetto a quello di autonomia poiché quest’ultima suppone
l’esistenza di un rapporto tra soggetti posti in posizione di
equiordinazione, che si vuole delimitare. L’indipendenza si riferisce,
invece, alle ipotesi ove è necessario evitare che si sviluppino
interferenze tali da incidere effettivamente sull’esercizio della
funzione condizionandola. L’autonomia risulta essere, in tal caso,
strumentale all’indipendenza ed a sua volta l’indipendenza organica
influisce sullo svolgimento dell’attività ossia sull’indipendenza
funzionale. Difficilmente un organo di vertice composto seguendo
regole di neutralità sarà costretto a svolgere attività vincolata a
modelli normativi, nonostante si possa verificare l’ipotesi opposta
ovverosia che alla nomina non neutrale dell’organo corrisponda lo
svolgimento discrezionale dell’attività, come è accaduto subito dopo
la sua istituzione con la CONSOB.
In Italia non si è seguito un disegno preciso sin dall’inizio ma si è
proceduto in modo episodico, arricchendo progressivamente le
autorità di attributi, poteri, funzioni fino all’Autorità per la garanzia
nelle telecomunicazioni, ultima nata in ordine cronologico (Legge
249/97), anche se non manca chi sostiene esservi stata la graduale
attuazione, sebbene per tentativi, di un disegno intrapreso con la
CONSOB22.
L’assenza di un preciso modello da attuare è riscontrabile nelle
diverse leggi attuative nelle quali l’autonomia non è assicurata in
modo pieno a tutte le autorità. Ad esempio, le modalità di nomina
dell’organo di vertice mutano passandosi dalla semplice nomina
governativa (CONSOB), indicativa della volontà di creare un normale
organo amministrativo, alla nomina esclusivamente parlamentare,
finalizzata alla costituzione di un organo in posizione servente al
Parlamento, per giungere, infine, ad una nomina congiunta Governo-
Parlamento espressione di una legittimazione unificante, unica in
21
Sull’argomento Massera, Autonomia ed indipendenza nell'amministrazione dello
Stato, in Scritti in onore di M.S. Giannini, Milano, 1988, III.
22
Cfr. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, Milano, 1994, 181
grado di assicurare l’indipendenza delle autorità ricavata, in questo
caso, dalla dialettica tra i due organi.
In ogni caso, viene riconosciuta a tutti gli enti l’autonomia di
gestione ed è altrettanto comune l’attribuzione agli organi politici di
un potere di controllo, seppure generico, al fine di assicurare la
conoscenza dell’attività. E’ infatti previsto l’obbligo per tutte le
autorità di presentare periodicamente relazioni sull’attività svolta
contenenti anche informazioni sull’andamento dei settori soggetti a
regolamentazione e suggerimenti relativi agli stessi. La maggior
autonomia risulta riconosciuta all’Autorità Antitrust, all’Autorità per
le garanzie nelle telecomunicazioni ed al Garante della privacy,
godendo la prima anche di potere di segnalazione circa i casi in cui
norme di legge, regolamenti oppure i provvedimenti amministrativi
determinano distorsioni della concorrenza non giustificate da
esigenze di carattere generale
23
e potendo esprimere pareri “sulle
iniziative legislative e sui problemi riguardanti la concorrenza ed il
mercato”
24
. Analogamente, il Garante della privacy si vede
riconosciuto il potere di “segnalare al Governo l’opportunità di
provvedimenti normativi richiesti dall’evoluzione del settore”.
25
Ed,
allo stesso modo, l’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni
può additare all’attenzione dell’esecutivo la necessità di interventi
legislativi in relazione alle innovazioni tecnologiche ed all’evoluzione
anche internazionale del settore.
26
Le authorities godono, inoltre, di autonomia organizzatoria,
limitandosi le leggi istitutive a prevedere gli uffici più importanti,
regolandone il funzionamento, lasciando poi libertà di scelta sugli
altri aspetti interni (strutture, beni, personale).
23
Art. 21, comma 2, legge n.. 287/90.
24
Art. 22, comma 11, legge n. 287/90.
25
Art. 31, comma 1, lett. m , legge n. 675/96.
26
Art. 6, lett. c. n°1, legge n. 249/97.