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Figura 1.1: parti di un velivolo dell’aviazione generale
• Cabina (cockpit)
• Fusoliera (fuselage)
• Ipersostentatori del bordo d’entrata (slats)
• Diruttore (spoiler)
• Alettoni (ailerons)
• Ipersostentatori del bordo d’uscita (flaps)
• Timone di profondità o equilibratore (elevator)
• Timone di direzione (rudder)
• Piano fisso verticale o deriva (vertical stabilizer)
• Piano fisso orizzontale o stabilizzatore (horizontal stabilizer)
• Ala (wing)
• Motore a getto (jet engine).
Non sono visibili i carrelli ed altre parti minori.
La principale funzione dell’aeroplano è costituita dal trasporto veloce di cose e
di persone. L’aeroplano deve essere quindi in grado di trasportare il suo peso e
quello del carburante, dei passeggeri e/o della merce e dell’eventuale equipaggio.
In volo deve essere quindi generata una forza che bilancia il peso totale. Il gruppo
motopropulsore deve generare una forza, detta spinta (o trazione) che in volo serve
ad equilibrare la resistenza aerodinamica. A terra durante il rullaggio vi è anche la
resistenza di attrito fra pneumatici e suolo. La fusoliera è una delle sorgenti di
maggior resistenza aerodinamica insieme ai carrelli se o quando esposti alla
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corrente. Nei velivoli più veloci i carrelli vengono retratti in volo o nell’ala o nella
fusoliera. Tra la grande varietà di sistemi motopropulsivi creati o comunque ideati
per l’utilizzazione sui velivoli, i più attuali sono:
1. motore a getto
2. motoelica
3. turboelica
4. turbofan
I sistemi motopropulsivi di tipo motoelica sono i primi ad essere stati utilizzati
forse perché si tratta di un motore a due tempi o a quattro tempi, ampiamente
impiegati anche nel campo automobilistico. Gli organi principali del motore sono:
presa d’aria, compressore, camera di combustione, turbina e cono di scarico. L’aria
durante l’attraversamento della presa d’aria divergente trasforma in pressione parte
dell’energia cinetica acquistata grazie alla velocità dell’aeroplano. Nel compressore
l’aria viene ulteriormente compressa e mandata nella camera di combustione dove
insieme al carburante iniettato interviene appunto nella combustione. I gas prodotti
dalla combustione attraversano la turbina, fornendole l’energia necessaria per
azionare il compressore. I gas infine si espandono nel cono di scarico trasformando
la restante energia di pressione in energia cinetica. L’aria che era entrata con una
certa velocità uscirà ad una velocità maggiore. Per il teorema della quantità di moto
la differenza di velocità moltiplicata per la massa di fluido interessata risulta
proprio uguale alla spinta che il motore produce. I sistemi propulsivi di tipo
turboelica sono motori alternativi, ovvero deve esserci una trasformazione da moto
rotazionale a moto traslazionale. Nelle automobili la trasformazione avviene
facendo ruotare delle ruote con pneumatici connessi all’albero motore sul suolo.
Nel caso di un velivolo la trasformazione avviene attraverso l’impiego di un’elica
connessa all’albero motore. Si arriva così al concetto della motoelica. Tale sistema
funziona energizzando una massa d’aria. La differenza notevole, con il motore a
getto, consiste nel fatto che la motoelica interessa una massa d’aria di maggiori
dimensioni a pari velocità e a bassa velocità presenta un rendimento migliore. Non
è adatta, però, per il funzionamento alle velocità più elevate. Le eliche possono
essere a passo fisso ed a passo variabile. Il passo dell’elica è funzione
dell’inclinazione con cui la sezione dell’elica incontra la corrente fluida. Tale
inclinazione può essere resa ottimale alle varie combinazioni di velocità e di
numero di giri in modo da ridurre i consumi. Per questa ragione vengono impiegate
eliche a passo variabile. I gas di scarico del motore alternativo cedono la loro
energia ad una turbina che fa ruotare un compressore. Si riesce così ad aumentare
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la pressione d’alimentazione del motore. L’effetto dei gas di scarico risulta quindi
avere un effetto propulsivo. Riscaldando i gas di scarico si aumenta la velocità di
efflusso e quindi la reazione. Anche la turboelica, come la motoelica, trasforma il
moto rotatorio dell’asse di una turbina in moto di traslazione, impiegando un’elica
montata appunto sull’asse. Il turbofan può essere considerato una versione con
elica intubata della turboelica. Se si intuba un motopropulsore la velocità dell’aria
che giunge all’elica viene rallentata. Viene così ad essere aumentato il rendimento
dell’elica. I motori raramente sono montati direttamente sul modello: normalmente
sono fissati ad un supporto che a sua volta viene fissato al modello. La struttura
portante della maggior parte dei moderni aerei dell’aviazione generale è costituita
da elementi in lega leggera uniti fra di loro per saldatura, molto utilizzata è la TIG,
per chiodatura o con bulloneria. Gli elementi portanti della struttura alare sono i
longheroni, fissati alla fusoliera, ai quali sono applicate le centine. La struttura
della fusoliera è costituita da elementi trasversali di forma anulare chiamati
ordinate di fusoliera, uniti fra di loro da elementi longitudinali chiamati listelli o
longheroni di fusoliera. La struttura portante è generalmente rivestita di lamiera di
alluminio, fissata tramite rivettatura. Prima di essere unite fra di loro, le varie parti
dell’aereo vengono sottoposte a trattamenti particolari volti a prevenire il
pericoloso fenomeno della corrosione, e quindi vengono ricoperte con una apposita
vernice protettiva. Anche la superficie esterna dell’aereo viene verniciata, sia per
motivi estetici, sia, soprattutto, per motivi di protezione contro l’ossidazione
dell’alluminio da parte degli agenti atmosferici. La parte anteriore della cabina dei
monorotori è separata dal vano motore da una paratia parafiamma, volta a
proteggere gli occupanti da eventuali incendi che si dovessero verificare nel vano
motore. Applicato alla paratia parafiamma c’è il castello motore, che ha appunto lo
scopo di sorreggere il gruppo motoelica ed inoltre assorbe una parte delle
vibrazioni prodotte dal motore, vibrazioni che altrimenti potrebbero danneggiare la
struttura. In molti casi la paratia antifiamma, porta anche la gamba di forza del
ruotino anteriore. Le gambe di forza delle due ruote principali vengono invece
fissate alla struttura della fusoliera o alla struttura alare: quest’ultima soluzione è la
più diffusa quando il carrello è retrattile. Il movimento del ruotino anteriore dei
carrelli tricicli, o di quello posteriore dei carrelli bicicli, necessario per dirigere
l’aereo al suolo durante il rullaggio, è quasi sempre comandato dalla pedaliera. La
trasmissione del moto dei comandi al ruotino e alle superfici mobili è in genere
ottenuto mediante cavi metallici che scorrono su carrucole, o mediante aste rigide.
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Nel particolare si esamina la fattibilità di realizzare il castello motore del
velivolo P68C-Jet, prodotto dalla Vulcan Air, da Acciaio AISI (American Iron and
Steel Institute) 4130 in una lega di Titanio, o meglio la lega Ti-6Al-4V. Elemento
assai interessante di tale velivolo è certamente il motore, si tratta di un SMA SR
305-230. Il ciclo su cui si basa questo propulsore è un ciclo Diesel; al contrario di
quanto si pensi, il tangibile interesse evidenziato dal mondo aeronautico per questo
tipo di motori non è un evento inedito. Il P68C-Jet ha un’ala di tipo “a sbalzo” e il
suo rivestimento è di tipo collaborante. Nelle ultime serie il velivolo si avvale di
estremità alari del tipo “up turned”, a tutto vantaggio della riduzione di resistenza
aerodinamica. Il bordo di uscita dell’ala è formato da alettoni, di costruzione
tradizionale con le masse di bilanciamento a scomparsa dentro le estremità alari, e
da flaps azionabili elettricamente. Il trim, dispositivo che annulla gli sforzi sul
comando longitudinale, ovvero il volantino, è costituito, essenzialmente, da
un’appendice metallica fissa che può essere regolata solo a terra dallo specialista e
non in volo dal pilota, come per gli aerei per trasporto passeggeri o merci. Gli
impennaggi sono composti da una deriva, un timone di direzione e uno
stabilizzatore. Le superfici mobili (timone di direzione e stabilizzatore) sono
asservite da trim di tipo elastico, azionabili dal pilota.
Di seguito è possibile vedere tre viste del velivolo ed il relativo castello
motore:
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Figura 1.2 : tre viste di un velivolo bimotore
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Figura 1.3 : Castello motore P68C-Jet
Il Castello Motore è collocato al di sotto dell’ala, nella figura, in blu si vedono
gli attacchi per il motore, da una parte, dall’altra tale incastellature è tenuta alla
paratia, inoltre risulta, ovvio, che l’albero motore attraversa in lungo il telaio
suddetto.
Capitolo 2
Classificazione, Proprietà e Caratteristiche dei
Materiali
2.1 Classificazione e Proprietà dei Materiali
I materiali costituiscono la materia prima della progettazione. Nuovi materiali
ispirano i progettisti ma, ancor più, la progettazione spinge lo sviluppo di materiali.
È vero che gli sviluppi più incoraggianti di materiali strutturali sono derivati dalla
ricerca scientifica sulla struttura della materia e sulle interazioni della materia con
campi-forza di natura meccanica, elettrica, magnetica e nucleare, con radiazioni di
ogni tipo e con specie chimiche diverse. Si usa classificare i materiali per
l’ingegneria nelle sei ampie classi: metalli, polimeri, elastomeri, ceramici, vetri e
compositi. I componenti di una classe hanno elementi in comune: proprietà simili,
procedure di elaborazione simili e, spesso, applicazioni simili.
I metalli hanno valori relativamente elevati dei moduli elastici. Essi possono
essere rinforzati mediante alligazione e con trattamenti termici e meccanici, e
tuttavia restano duttili consentendo di formarli con processi di deformazione
plastica. Alcune leghe ad alta resistenza hanno duttilità basse fino al 2%, ma anche
questo valore è sufficiente a garantire che il materiale si snervi prima di fratturarsi
e che la frattura, quando avviene, sia di tipo tenace, duttile. In parte a causa della
loro duttilità, i metalli vanno soggetti a fatica e, tra tutte le classi di materiali, sono
i meno resistenti alla corrosione.
Ogni materiale può essere visto come titolare di un insieme di caratteristiche:
le sue proprietà.
Non è un materiale di per se che il progettista cerca, ma una combinazione
specifica di caratteristiche: un profilo di proprietà.
Il nome del materiale è l’identificatore di un particolare profilo di proprietà.
Le proprietà stesse sono standard: densità, modulo elastico, resistenza,
tenacità, conducibilità termica, e così via .
La Densità, ρ (unità:kg/m
2
) è il peso per unità di volume.
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Si misura oggi come fece Archimede: per pesata in aria e in un fluido di
densità nota.
Il Modulo Elastico (unità: GPa oppure GN/m
2
) è definito come la pendenza
della parte lineare elastica della curva sforzo-deformazione.
Il Modulo di Young, E, riguarda trazione o compressione, il Modulo di
Taglio G riguarda le sollecitazioni tangenziali mentre il modulo di Bulk, K,
descrive l’effetto di una pressione idrostatica.
Il Coefficiente di Poisson, ν, è adimensionale: nel caso di sollecitazione
assiale, esso è il rapporto tra la deformazione laterale e quella assiale. In verità, le
misure dei moduli dalle pendenze delle curve sforzo deformazione sono imprecise
(spesso più basse di un fattore due o più rispetto al valore vero) a causa del
contributo alla deformazione da parte di anelasticità, scorrimento viscoso e di altri
fattori. Misure accurate sono effettuate con tecniche dinamiche: eccitando le
vibrazioni naturali di una trave o di un filo, oppure misurando la velocità d’onde
sonore nel materiale.
In un materiale isotropo, sussistono le seguenti relazioni tra i moduli elastici:
Di solito
ν ≈ 1/3 , per cui G ≈ (3/8)E , K ≈ E
Gli elastomeri fanno eccezione. Per essi
ν ≈ 1/2 , per cui G ≈ (1/3)E , K >> E
La Resistenza di un Solido, σ
f
(unità: GPa oppure MN/m
2
) richiede una
definizione accurata. Per i metalli, la identifichiamo con il carico di snervamento
allo 0.2% di deformazione permanente (plastica), (σ
y
)
0.2
, ossia la tensione normale
alla quale la curva sforzo-deformazione sotto carico assiale si scosta dello 0.2% dal
tratto lineare-elastico. Nei metalli rappresenta la tensione in corrispondenza alla