6
d’abbigliamento, verrà introdotta una base teorica del comportamento del consumatore dei
prodotti moda, alla quale è possibile ricondurre i meccanismi di influenza delle azioni di
marketing sul comportamento di acquisto. Si analizzeranno, quindi, le teorie classiche ed
emergenti, presentando un panorama di evidenze empiriche relative ai comportamenti ed
atteggiamenti di consumo, seguite da un analisi delle motivazioni d’acquisto che parte
dalle fasi del processo decisionale fino ad arrivare al ruolo del punto vendita. Sulla base di
quanto detto, viene proposto il modello di Customer-based Franchise Brand Equity che
analizza la brand equity pesata per i benefici (funzionali, simbolici, esperenziali ed
economici) portati dal prodotto (Product-related brand equity) e dallo store (Store-related
brand equity) su basi sia cognitive (notorietà ricordo e immagine percepita) che
comportamentali (fedeltà comportamentale e soddisfazione percepita).
Infine l’elaborato termina con l’analisi longitudinale di due imprese del settore dell’intimo
quali La Perla e Yamamay che è stata sviluppata attraverso indagini di tipo “field” e
“desk”. La “field analysis”, effettuata attraverso interviste in profondità alla dott.ssa
Isabella Cardinali, responsabile di Mixage, l’agenzia per la comunicazione aziendale di
La Perla Group.
La “desk analysis”, invece, è stata effettuata sulla base di alcune analisi del settore intimo-
moda al fine di studiare i contesti competitivi delle imprese esaminate (ricerche sul settore
svolte da AC Nielsen SITA, GPF&A e Pambianco Strategie d’Impresa).
Dopo una introduzione metodologica, qualche rigo sulle caratteristiche dell’ambiente
competitivo in cui le due imprese operano e una descrizione del profilo aziendale, inizia
l’analisi che ha come obiettivi l’esame delle gestione strategica della marca. La ricerca si
basa principalmente su tre fattori d’analisi: gestione del portafoglio delle marche, strategie
di comunicazione e tipologie di distribuzione.
7
Ringraziamenti
Ringrazio il prof. Cantone per avermi dato la opportunità di affrontare un argomento di
così grande interesse e il dott. Risitano che mi ha seguito e supportato con preziosi consigli
durante tutto il lavoro svolto.
Inoltre vorrei ringraziare tutta la mia famiglia: mio padre, che è stato e sarà sempre con me
per darmi forza in ogni momento di difficoltà, la mia splendida madre e mie sorelline
Roberta e Noemi, che mi hanno sempre supportato e “sopportato” in tutto il mio percorso
di studi. E, ancora, i miei stupendi nonni e gli zii per avermi sempre incoraggiato e
stimolato.
Volevo ringraziare, inoltre, i miei amici di sempre con i quali sono cresciuto e grazie ai
quali sono riuscito a superare tutti i momenti più difficili.
Un ringraziamento particolare va, sicuramente, a mia zia Paola per il supporto e i
suggerimenti che mi ha dato durante questi ultimi mesi di lavoro e al prof. D’Andrea per il
materiale inviatomi che mi ha dato ottimi spunti di approfondimento.
8
CAPITOLO 1. Il ruolo della marca nella gestione
strategica delle relazioni con i clienti
1. La definizione di marca: elementi costitutivi e funzioni
“Il prodotto è ciò che viene fabbricato in uno stabilimento; la marca è invece ciò che il
consumatore acquista; il prodotto può essere imitato da un concorrente, la marca è unica; il
prodotto può risultare rapidamente superato, la marca di successo dura nel tempo.”
1
La marca rappresenta una delle più importanti risorse aziendali “market based” ed è
costruita aggregando, intorno a specifici segni distintivi (brand element), un complesso di
componenti cognitive (brand knowledge). I diversi componenti del brand, che lo
identificano e lo differenziano, sono detti “brand element” e sono tradizionalmente
rappresentati da: loghi, simboli, slogan, jingle, nomi, package, etc
2
.
Per essere forte, una marca deve avere brand element forti, distintivi, difendibili
legalmente, facili da ricordare, che risultino simpatici, che richiamino alla mente la
categoria a cui il prodotto appartiene e che evochino le associazioni desiderate. La marca
segnala al cliente l’origine del prodotto e costituisce, sia per il compratore che per il
produttore, una protezione dalla concorrenza, qualora tenti di fornire un prodotto
apparentemente identico
3
. Kapferer
4
sostiene, in proposito, che “la marca è un segno la cui
funzione è rilevare le qualità nascoste del prodotto che sono difficili da trovare”.
Fino a qualche anno fa le marche erano solo una minima parte del processo
dell'introduzione di un prodotto nel mercato. Nell’ultima decina di anni si è avuto un netto
cambiamento della concezione della marca e quindi del modo in cui è intesa e percepita: il
brand, riprendendo una definizione dell’American Marketing Association del 1985,
1
KING, S., in AAKER, D., (1997), Brand Equity. La gestione del valore della marca, Franco Angeli. Titolo
originale: Managing Brand equity. Capitalizing on the value of a brand name, 1991, The Free Press, NY.
2
AAKER, D. (1997), Brand Equity. La gestione del valore della marca, Franco Angeli. Titolo originale:
Managing Brand equity. Capitalizing on the value of a brand name, 1991, The Free Press, NY.
3
AAKER, D. (1997), op.cit.
4
KAPFERER J. N. (1997), Strategic brand management, Kogan Page, Londra.
9
diviene, dunque, “un nome, termine, simbolo, logo, o disegno, o una combinazione di essi,
progettata per identificare le merci ed i servizi di un venditore o gruppo di venditori e per
differenziarli da quelli dei concorrenti”. In proposito Kotler, legato ancora ad una
definizione più tradizionalista della marca, definisce il brand come “nodo importante nella
strategia del prodotto”
5
. Infatti, poiché il brand faceva parte soltanto del prodotto, la
strategia di comunicazione faceva in modo da mettere in evidenza la stessa e quindi creava
la brand image. Aaker e Joachimsthaler
6
sostengono che sviluppare un’immagine di marca
forte sarebbe stato un elemento tattico che avrebbe certamente portato risultati a breve
termine.
La marca, secondo Kapferer
7
, possiede otto funzioni che creano valore per il consumatore
indicate nella Tabella 1.1: le prime due (identificazione e praticità) sono meccaniche ed
interessano l'essenza della marca; le tre seguenti (garanzia, ottimizzazione e descrizione)
tendono a ridurre il rischio percepito; ed le tre finali (continuità, soddisfazione edonistica e
soddisfazione etica) interessano la soddisfazione percepita dall’acquirente della marca.
Tabella 1.1 - Le funzioni della marca per il consumatore
Fonte: Adattato da KAPFERER J. N. (1997), Strategic brand management, Kogan Page, Londra.
Il brand assume, quindi, una “funzione segnaletica”, una “funzione relazionale” e
rappresenta uno “schema cognitivo noto”, cioè esso lega un prodotto a particolari
aspettative da parte dei segmenti di domanda interessati. La “funzione segnaletica” del
brand costituisce l’elemento informativo elementare per il processo di scelta d’acquisto di
un sistema d’offerta; mentre la “funzione relazionale” è costituita da una serie di fattori
5
KOTLER, P., (2000), Marketing Management. The Millennium Edition, Prentice Hall, Upper Saddle River.
6
AAKER D.A., JOACHIMSTHALER E. (2000), Brand leadership, The Free Press, New York.
7
KAPFERER J. N. (1997), Strategic brand management, Kogan Page, Londra.
FUNZIONE VANTEGGI PER IL CONSUMATORE
Identificazione Vedere in modo chiaro il significato dell'offerta ed identificare rapidamente
il prodotto in un secondo momento
Praticità Permettere il risparmio di tempo e di energia nel riacquisto
Garanzia Essere sicuro di ritrovare la stessa qualità
Ottimizzazione Sicurezza di acquisto del prodotto migliore nella relativa categoria
Descrizione Avere conferma della vostra immagine o di quella che presentate agli altri
Continuità La soddisfazione è determinata dalla familiarità ed intimità con la marca
che state consumando per gli anni
Soddisfazione
Edonistica
La soddisfazione è collegata all'attrattività della marca, al relativo marchio,
alla relativa comunicazione
Soddisfazione Etica La soddisfazione è collegata al comportamento responsabile della marca
nel relativo rapporto verso la società
10
(funzionali, simbolici ed esperenziali) che i clienti attribuiscono ad uno specifico sistema
d’offerta
8
.
Zara
9
afferma che il brand è “un’aggregazione, attorno a specifici segni di riconoscimento,
di un complesso di valori, associazioni, aspettative a cui i consumatori attribuiscono un
valore che va oltre gli attributi tecnici e funzionali del prodotto identificato dal brand
stesso”. Il concetto di marca è, quindi, costruito sia su fattori materiali relativi al sistema
dei segni della marca, sia su un elemento immateriale relativo alle associazioni evocate
dalla marca nell’immaginario dei consumatori.
Anche per Keller
10
“la marca è qualcosa che risiede nella mente dei consumatori. È
un’entità percettiva, radicata nella realtà, ma che riflette anche le percezioni e forse anche
le idiosincrasie dei consumatori” e che quindi genera nella mente del consumatore una
serie di emozioni che lo inducono a rispondere o meno al sistema d’offerta. Il potere
evocativo della marca si realizza completamente quando il consumatore “riconosce”
l’essenza del prodotto e il mondo di riferimento da esso richiamato. In pratica, per una
medesima categoria di prodotto ogni brand suscita nel consumatore emozioni diverse
facendolo entrare in quello che possiamo definire “universo della marca”.
Una marca, invece, è un prodotto che utilizza diverse dimensioni per differenziarsi in vario
modo dagli altri prodotti che soddisfano gli stessi bisogni. Le differenze possono essere
razionali e tangibili, collegate alle performance del prodotto del brand, o più simboliche,
emozionali e intangibili, legate a ciò che il brand rappresenta. Un prodotto di marca può
essere un prodotto fisico, un servizio, un negozio, una persona, un posto,
un’organizzazione o un’idea. Molti brand creano un vantaggio competitivo attraverso le
performance di prodotto. Spesso, le associazioni intangibili all’immagine sono l’unico
modo per distinguere i differenti brand in una categoria di prodotto
11
.
Inoltre Keller
12
sostiene che, “tecnicamente parlando ogni volta che un marketer genera
un nuovo nome, marchio, o simbolo per un nuovo prodotto, significa che ha generato una
marca”. Riconosce, tuttavia, che la marca oggi è molto più di questo.
8
BRONDONI, S. (2001), Brand policy and brand equity, ISTEI, Milano.
9
ZARA, C. (a cura di), (1997), La marca e la creazione del valore d’impresa, ETAS Libri, Milano.
10
KELLER, K. (1998), Strategic brand management. Building, measuring, and managing brand equity,
Prentice Hall, Upper Saddle River.
11
KELLER, K. (1998), op.cit.
12
KELLER, K. (2000), “The brand report card”, Harvard Business Review, (January – February), p. 147-
157.
11
2. Il valore della marca per l’impresa
2.1. La prospettiva economica
Il brand offre all’impresa la protezione legale per caratteristiche o aspetti unici del
prodotto. Può segnalare un certo livello di qualità cosicché i consumatori soddisfatti
possano riacquistare il prodotto in maniera più facile.
La marca aiuta a costruire nel tempo una relazione con i consumatori garantendo
all’impresa un premium price rispetto a un prodotto unbranded, ovvero un consumatore è
disposto a pagare un prezzo maggiore per un prodotto di una stessa categoria purché abbia
un brand forte con tutte le caratteristiche ad esso connesse; più il brand è forte e più il
consumatore sarà disposto a spendere per acquistare il prodotto. In questa ottica la marca
rappresenta un vero e proprio valore aggiunto per l’impresa.
Fare brand assume differenti caratteristiche in funzione dei diversi settori. Nei prodotti
industriali e nei servizi, solitamente, il brand svolge un ruolo di identificazione,
differenziazione e garanzia maggiormente correlato agli aspetti più tangibili della filiera.
All’interno dei settori symbol intensive, che offrono prestigio e prodotti di lusso, il brand
esprime benefici e attributi più intangibili. La marca dunque conferisce un valore aggiunto
all’impresa incrementando il profitto in molteplici modi: rafforza l’efficienza e l’efficacia
delle attività di marketing, rafforza la fedeltà alla marca, mantiene i prezzi a livelli
premium, aumenta i margini, accresce la potenzialità di estensione della linea, rafforza
l’influenza sulla distribuzione, incrementa il vantaggio competitivo
13
.
Nel settore della moda, ad esempio, la marca è intesa come “manifesto” dell’identità
stilistica dell’impresa in cui il consumatore si riconosce. “Il prodotto è ciò che l’impresa
produce, la marca ciò che il consumatore compra”
14
.
Lassar, Mittal e Sharma
15
hanno esaminato la brand equity dal punto di vista finanziario,
cioè dalla prospettiva del valore della marca per l’impresa
16
e da una prospettiva
customer-based, il valore della marca per il cliente proveniente dal contesto del sistema
13
AAKER, D. (1997), Brand Equity. La gestione del valore della marca, Franco Angeli. Titolo originale:
Managing Brand equity. Capitalizing on the value of a brand name, (1991), The Free Press, New York.
14
SAVIOLO S., 2001, La crescita attraverso l’estensione della marca, in GIANNELLI B., SAVIOLO S. (a
cura di), Il licensing nel sistema moda. Evoluzione, criticità, prospettive, ETAS Libri, Milano.
15
LASSAR W., MITTAL B., SHARMA A., (1995), “Measuring Customer-Based Brand Equity”, Journal of
Consumer Marketing, vol. 12, pp. 11-19.
16
FARQUHAR, P. (1990), “Managing brand equity”, Journal of Adversting Research, vol. 30, n. 4, pp. 7-
12.
12
d’offerta
17
. La brand equity inoltre è stata definita come “l’aumento dell’utilità percepita
che una marca conferisce ad un prodotto”. Quindi un’alta brand equity è considerata come
un vantaggio competitivo in diversi aspetti della strategia commerciale di un prodotto
come riportato nella Tabella 1.2:
Tabella 1.2 - Vantaggi competitivi creati da una forte Brand Equity
le imprese possono caricare un premium price avendo ugualmente un aumento della domanda da parte dei
clienti
L'estensione della marca diventa più facile
campagne di comunicazione sono più efficaci
un migliore leva commerciale
I margini possono essere più elevati
L’impresa diventa meno vulnerabile alla concorrenza
Fonte: a cura dello studente
La brand equity genera “un effetto differenziale” nel senso che più vi è una “conoscenza
della marca” più grande sarà la “risposta del consumatore”
18
, che normalmente serve per
migliorare le prestazioni della marca, sia da una prospettiva del cliente che finanziaria.
Urde
19
presenta la brand orientation come risorsa strategica per l’impresa. Essa si sviluppa
in un modo attivo e intenzionale, partendo dal concetto di brand identity come piattaforma
strategica. La marca si trasforma quindi in “in una risposta incondizionata ai bisogni e
desideri del cliente”. Tuttavia, bisogna notare che “ciò che è richiesto dai clienti in un dato
momento non è necessariamente ciò che rinforzerà il brand come risorsa strategica”. Il
punto di partenza per un’impresa “brand-oriented” è la relativa mission della marca.
Quindi “in un’organizzazione con predisposizione di orientamento alla marca, l’obiettivo
è generare valore. La marca è una piattaforma strategica per l'interazione con il target
group e così non è limitata ad essere una risposta incondizionata a ciò che è richiesto in
ogni momento dai clienti”
20
.
17
KELLER, K.L., (1993), “Conceptualizing, Measuring, and Managing Customer-Based Brand Equity”,
Journal of Marketing, vol. 57, (January), pp. 1-22.
18
KELLER, K.L., (2000), “The brand report card”, Harvard Business Review, (January – February), pp.147-
157.
19
URDE, MATS, (1999), “Brand Orientation: A Mindset for Building Brands into Strategic Resources”,
Journal of Marketing Management, vol. 15, pp. 117-133.
20
URDE, MATS, (1999), op.cit.
13
2.2. La prospettiva finanziaria
Le tecniche finanziarie value-based estraggono il valore della brand equity dal valore
degli altri beni dell’impresa. Simon e Sullivan
21
, al riguardo, definiscono la brand equity
come “il cash flow incrementale che si ha per i prodotti di marca rispetto al cash flow che
deriva dalla vendita dei prodotti unbranded”. Prendendo il valore del mercato finanziario
di un’impresa come base, viene estratta la brand equity dal valore dei beni materiali ed
immateriali, risultando quindi una valutazione basata sui cash flow futuri dell’impresa.
Seguendo la stessa linea di pensiero, Doyle
22
sostiene che la brand equity è la capacità
delle marche di generare valore come driver importante del cash flow.
Secondo una ricerca di Interbrand, riportata sulla rivista Business Week (Agosto 2005),
nella Tabella 1.3 sono elencati i primi quindici brand del pianeta in base al loro valore
economico e finanziario: la ricerca è basata su leve di mercato, finanziarie e contabili,
evidenziando quale percentuale di fatturato è da accreditare alla marca.
Tabella 1.3 - I 15 top brand
Posizione
2005
Posizione
2004
BRAND
2005
Valore
Band
(milioni di
$)
2004
Valore
Band
(milioni di
$)
Variazione
percentuale
Paese di
appartenenza
1 1 COCA-COLA 67.525 67.394 0% U.S.
2 2 MICROSOFT 59.941 61.372 -2% U.S.
3 3 IBM 53.376 53.971 -1% U.S.
4 4 GE 46.996 44.111 7% U.S.
5 5 INTEL 35.588 33.499 6% U.S.
6 8 NOKIA 26.452 24.041 10% FINLANDIA
7 6 DISNEY 26.441 27.113 -2% U.S.
8 7 McDONALD’S 26.014 25.001 4% U.S.
9 9 TOYOTA 24.837 22.673 10% GIAPPONE
10 10 MALBORO 21.189 22.128 -4% U.S.
11 11
MERCEDES-
BENZ
20.006 21.331 -6% GERMANIA
12 13 CITI 19.967 19.971 0% U.S.
13 12
HEWLETT-
PACKARD
18.866 20.978 -10% U.S.
14 14
AMERICAN
EXPRESS
18.559 17.683 5% U.S.
15 15 GILETTE 17.534 16.723 5% U.S.
Fonte: Business Week (Agosto 2005)
21
SIMON, C. J. E SULLIVAN M. W., (1993), “The Measurement and Determinants of Brand Equity: a
Financial Approach”, Marketing Science, vol. 12, (Winter), pp. 28-52.
22
DOYLE, P. (2001), “Building Value-Based Branding Strategies”, Journal of Strategic Marketing, vol. 9,
pp. 255-268.
14
3. Il valore della marca per il consumatore
Secondo Aaker
23
la marca dà valore al consumatore rafforzandone l’interpretazione e
l’elaborazione delle informazioni, la sicurezza nelle decisioni di acquisto, la soddisfazione
d’uso. Kapferer aggiunge, in proposito, che le marche effettuano una funzione economica
nella mente del consumatore, “il valore della marca viene dalla relativa capacità di
guadagnare un significato esclusivo, positivo e preminente nelle menti di tantissimi
consumatori”
24
. Da un punto di vista economico, quindi, il brand permette al consumatore
di ridurre il costo di ricerca per i prodotti, sia internamente (in termini di quanto deve
pensarci) sia esternamente (in termini di quanto deve cercare); è empiricamente provato
che se, per esempio un consumatore dovesse aver bisogno di una bevanda gasata per una
festa nella maggior parte dei casi andrà quasi istintivamente a scegliere Coca-Cola senza
soffermarsi a selezionare le bevande della stessa categoria di prodotto.
La marca può servire come device simbolica, che dà ai consumatori la proiezione della
propria immagine, essi si sentono quasi protetti da ciò che il mondo di quella marca
rappresenta sia per se stessi sia rispetto agli altri: Nike non è solo il prodotto “scarpe
sportive”, ma rappresenta nella mente del consumatore uno stile di vita a cui egli vuole
appartenere e che vuole trasmettere agli altri.
Nella letteratura dedicata alla psicologia dei consumi vengono formulate svariate ipotesi
sul valore “extrafunzionale” di alcuni beni. Il dibattito riguardante il cosiddetto “significato
sociale degli oggetti” dà continuamente luogo a nuove ipotesi: l’acquirente dei prodotti di
lusso è per definizione un perfezionista, ossia una persona con forte propensione alla spesa
che pretende quindi l’eccellenza qualitativa del prodotto in tutte le sue componenti;
diversamente, l’acquirente dei prodotti ultraeconomici è ossessionato dal desiderio di
contenere la spesa ed è disposto pertanto a rinunciare sia alla qualità che all’immagine;
infine esistono i consumatori che si collocano nella fascia intermedia che hanno
motivazioni d’acquisto differenziate. Possiamo distinguere due diverse tipologie di
consumatore di fascia intermedia: i consumatori razionali, disposti a rinunciare alle
apparenze, cioè ai bisogni di carattere ostentativo per concentrarsi sulle qualità reali, e i
consumatori sensibili ai bisogni di uno status, che sono disposti a tutto pur di entrare a
far parte di un numero elitario di persone che posseggono una determinata marca e quindi
23
AAKER, D. (1997), Brand Equity. La gestione del valore della marca, Franco Angeli. Titolo originale:
Managing Brand equity. Capitalizing on the value of a brand name, (1991), The Free Press, New York.
24
KAPFERER J. N. (1997), op.cit.
15
ad effettuare pesanti sacrifici in termine di qualità reale del prodotto
25
. Quest’ultima
categoria di consumatore è quindi quella più soggetta al così detto “brand power”.
Infine, la marca può ridurre il rischio nelle decisioni riguardo al prodotto, per un
consumatore abituale di un prodotto un cambiamento comporta dei rischi che spesso egli
non vuole correre; il brand, quindi, è importante per i consumatori in quanto identifica la
fonte o il realizzatore di un prodotto e permette ai consumatori di attribuire la
responsabilità ad un particolare produttore o distributore
26
.
Secondo Lassar, Mittal e Sharma
27
le cinque dimensioni della brand equity sono:
prestazioni, valore, immagine sociale, etica ed impegno.
Figura 1.1 - Elementi della Brand Equity
Fonte: LASSAR W., MITTAL B., SHARMA A., (1995), “Measuring Customer-Based Brand Equity”, Journal of
Consumer Marketing, vol. 12, pp. 11-19.
Ma sicuramente la definizione più adottata tra i ricercatori è quella data da Aaker e
Joachimsthaler
28
, i quali sostengono che, come appare nella Figura 1.2, tutti gli elementi
della brand equity possono essere raggruppati in quattro dimensioni: notorietà della marca,
qualità percepita, associazioni di marca e fedeltà di marca, ai quali si possono aggiungere
degli altri elementi associati alla marca (brevetti, marchi registrati, ect.).
25
POIANI, M., (1994), Alti consumatori: il marketing dei beni ad alto valore simbolico, Lupetti, Milano.
26
KELLER K., (1998), Strategic brand management. Building, measuring, and managing brand equity,
Prentice Hall, Upper Saddle River.
27
LASSAR W., MITTAL B., SHARMA A., (1995), “Measuring Customer-Based Brand Equity”, Journal of
Consumer Marketing, vol. 12, pp. 11-19.
28
AAKER, D.A., e JOACHIMSTHALER, E. (2000), op.cit.
BRAND
EQUITY
IMPEGNO
ETICA
IMMAGINE
SOCIALE
VALORE
PRESTAZIONI
16
Figura 1.2 - Dimensioni della Brand Equity
Fonte: Aaker e Joachimsthaler (2000), op.cit.
BRAND
EQUITY
ALTRI
ELEMENTI
ASSOCIAZIONI
DI MARCA
FEDELTA’
ALLA
MARCA
QUALITA’
PERCEPITA
NOTORIETA’
DELLA
MARCA