Introduzione
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componenti il sistema twin-cantilever; quindi una popolazione di molecole di ssDNA, la
cui composizione è ignota, viene immessa in soluzione. Se la sequenza ignota
corrisponde alla sequenza complementare alla molecola probe, l’ibridizzazione nella
struttura a doppia elica comporta la formazione di un ponte tra i due cantilever
sufficientemente rigido da modificare le proprietà meccaniche del sistema e, in
particolare, la sua frequenza di risonanza. Una misura di opportuna sensibilità della
frequenza di risonanza consente di verificare l’avvenuta ibridizzazione, e quindi di
conoscere la sequenza della molecola ignota.
La progettazione e la realizzazione dei MEMS e del sistema ottico di lettura sono state
svolte presso il Laboratorio TASC CNR-INFM di Trieste.
Sistemi MEMS di cantilever singoli e twin-cantilevers sono stati realizzati a partire da
wafer SOI (Silicon on Insulator) utilizzando tecniche di micromachining del Silicio.
La fabbricazione ed il controllo nanometrico dell’apertura tra i due cantilever è stata
effettuata prima generando meccanicamente una frattura nel silicio monoscristallino e
quindi regolando la dimensione dell’apertura flettendo meccanicamente il substrato di
silicio, con una tecnica già utilizzata nella fabbricazione delle mechanical break
junctions.
Infine, per la lettura dell’oscillazione del sistema twin-cantilever è stato realizzato un
sistema ottico, costituito da un raggio laser puntato sulla superficie dei cantilever e
riflesso da questa su un diodo fotosensibile.
Nella presente tesi viene fatta dapprima una breve introduzione sulla tecnologia dei
cantilever, seguita da un resoconto dei principali dispositivi realizzati finora. Al secondo
capitolo viene spiegato il principio di funzionamento del sistema twin-cantilever e ne
viene riportata la simulazione agli elementi finiti, seguita dalla progettazione e dal
dimensionamento. Nel terzo capitolo vengono descritti tutti i processi di
microfabbricazione eseguiti in clean room che hanno portato alla realizzazione del
dispositivo. Infine, nell’ultimo capitolo, viene descritto il set-up del sistema ottico di
lettura dell’oscillazione e vengono riportati i risultati ottenuti dalle misure effettuate sui
campioni realizzati.
1. La tecnologia dei cantilever
I cantilever
1
, il cui principio di funzionamento sta alla base di una moltitudine di
dispositivi sperimentali, sono delle travi, generalmente in silicio monocristallino e di
dimensioni micrometriche, incastrate da un lato, che si flettono e modificano le loro
caratteristiche vibrazionali conseguentemente ad una variazione di temperatura, di
massa o a causa di un assorbimento molecolare sulla loro superficie.
Insieme ad altre strutture come membrane sospese o masse sospese, vengono utilizzate
per la costruzione di microsistemi di dimensioni che variano dal micron al millimetro.
1.1 Microelectromechanical Systems (MEMS)
La forte tendenza alla miniaturizzazione dei dispositivi deriva da un lato dai vantaggi
propri dei piccoli sistemi, i quali possono essere impiegati in ambienti inaccessibili ai
grandi dispositivi, o sono più convenienti rispetto a questi ultimi. Dall’altro lato la
tecnologia derivata dai processi di fabbricazione dei circuiti integrati (IC) consente la
produzione di grossi volumi di minuscoli componenti a prezzi relativamente bassi (ad
esempio sensori di pressione per il mercato automobilistico o stampanti a getto
d’inchiostro) [1,2].
Esistono due modi per indicare la miniaturizzazione di componenti meccanici e di
sistemi: Micro Systems Technology (MST), originariamente coniato in Germania, e
Microelectromechanical Systems (MEMS), coniato negli Stati Uniti [3]. Mentre di
norma MEMS si riferisce in modo specifico a componenti meccanici, MST include
anche sistemi ottici, sensori chimici, sistemi di analisi; tuttavia comunemente in un
1
Da questo momento il termine cantilever, ampiamente in uso nel linguaggio scientifico, sarà assunto
come termine della lingua italiana per cui non verrà riportato in corsivo
1. La tecnologia dei cantilever
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microsistema devono essere realizzate funzioni sia meccaniche che elettromeccaniche,
per cui spesso accade che vi sia una vasta sovrapposizione fra le varie nozioni e
tecniche che riguardano il campo della microfabbricazione.
Nell’ambito della miniaturizzazione gli oggetti cui si fa riferimento devono per forza
essere sistemi, in quanto è tecnologicamente sconveniente e spesso impossibile
assemblare un microsistema partendo dalle singole componenti. Per progettare un
microsistema, le componenti devono essere disegnate insieme al sistema stesso.
Ancora non esiste uno standard tecnologico che riguarda le varie fasi della
microlavorazione, o micromachining, come viene usualmente chiamata; nel progettare
un microsistema occorre dunque anche ideare ed adattare il processo di fabbricazione
stesso.
In genere i microsistemi svolgono funzioni complesse, che hanno le loro radici in
differenti campi scientifici e tecnologici: ad esempio, un sensore dovrà trasmettere un
segnale da un determinato dominio (chimico, termico, biologico, medico, meccanico) ad
un dominio elettrico. Se supponiamo di avere a che fare con un sensore di pressione,
dove il dato in uscita è derivato dalla deformazione di una membrana, il progettista
dovrà conoscere le proprietà meccaniche della membrana; la deflessione della stessa
potrà essere misurata tramite interferometria ottica e i segnali in uscita dovranno essere
amplificati, così che si rende necessaria una certa dimestichezza sia con l’ottica che con
l’elettronica.
Come già accennato, la natura interdisciplinare dei MEMS richiede capacità di
progettazione, ingegnerizzazione e lavorazioni derivanti dalle più diverse aree
tecnologiche, come fabbricazione di circuiti integrati, ingegneria meccanica, scienza dei
materiali, chimica, elettronica, fluidodinamica, ottica, solo per citare le più importanti.
La complessità dei MEMS sta anche alla base della varietà dei mercati in cui possono
trovare applicazione: dall’industria automobilistica al campo medico, dall’area delle
telecomunicazioni alla difesa. Dispositivi microelettromeccanici sono: sensori di
accelerazione per airbag, testine per stampanti a getto d’inchiostro, sensori per misurare
la pressione del sangue, interruttori ottici, microvalvole, biosensori. Grazie alle loro
potenzialità, derivate dalla fusione di microelettronica e microlavorazione meccanica, i
MEMS potrebbero rivoluzionare nella sostanza un gran numero di prodotti industriali,
1. La tecnologia dei cantilever
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5
ed è per questo che sono stati classificati come una delle tecnologie più promettenti del
ventunesimo secolo.
Tipicamente i MEMS consistono di microsensori meccanici e dispositivi
microelettronici, tutti integrati nello stesso chip di silicio.
I microsensori meccanici sono dei dispositivi in grado di trasformare in segnale
meccanico un segnale proveniente da un dominio diverso, sia esso fisico, chimico o
biologico. Le strutture utilizzate possono essere membrane sospese, cantilever o masse
sospese. Il segnale ricevuto dal dispositivo viene trasdotto in deformazione meccanica,
che può essere statica o dinamica (variazione della frequenza di risonanza), e che
dipende dalla variazione delle proprietà meccaniche del sensore.
Vengono realizzati usando le tecniche di microlavorazione del Silicio dell’industria
elettronica. Il Silicio, oltre ad offrire la possibilità di processi lavorazione avanzati a
basso costo e di integrazione con l’elettronica on chip, presenta elevata stabilità ad alte
temperature, coefficiente di espansione termica basso, comportamento puramente
elastico, buona conducibilità termica e conducibilità elettrica regolabile.
La misura delle deformazioni viene effettuata tramite sistemi elettrici (estensimetri,
piezoelettrici, piezoresistivi, metodi capacitivi, correnti di tunneling, conducilità
termica) o con sistemi ottici (interferometria, leva ottica).
1.2 Origine dei cantilever: il microscopio a forza atomica (AFM)
I primi cantilever di dimensioni nanometriche furono costruiti alla metà degli anni
Ottanta, con l’invenzione da parte di Gerd Binning, Calvin Quate e Christoph Gerber
del microscopio a forza atomica (AFM), in grado di caratterizzare superfici di campioni
non conduttivi [4].
La microscopia ad effetto tunnel (Scanning Tunneling Microscopy, STM), che era stata
sviluppata in precedenza, poteva infatti essere impiegata solo su campioni conduttivi.
Invece di misurare la corrente di tunneling, gli autori suggerirono di misurare la forza
che agisce su una sonda opportunamente disegnata per ottenere la topografia del
campione. L’AFM utilizza un cantilever dotato di una tip (punta) di forma geometrica
1. La tecnologia dei cantilever
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opportuna, attaccata all’estremità libera. In stretto contatto con il campione, la punta è
soggetta ad una forza di interazione che fa deflettere il cantilever. La deflessione del
cantilever può essere misurata con diverse tecniche, ad esempio mediante la misura
della posizione di un raggio laser riflesso dal retro del cantilever come mostrato in fig.
1.1. Un circuito di feedback ha il compito di mantenere costante la forza tra punta e
campione o la distanza tra i due [5].
Le immagini AFM sono ottenute digitalizzando la deflessione della leva o il movimento
verticale del campione in funzione della posizione nel piano di scansione. Tipicamente
in una scansione il campione viene traslato mediante un piezoelettrico, mentre la punta
rimane ferma.
Il cantilever ha una lunghezza di 100-200 µm mentre la punta vera e propria ha una
lunghezza di qualche micron, un raggio di curvatura spesso minore di 100 Å ed angoli
laterali fino a 80°.
Le punte AFM sono fatte di Silicio, Ossido di Silicio o Nitruro di Silicio. La procedura
di fabbricazione delle punte dipende sia dal materiale che dalla forma geometrica che si
vuole ottenere, tuttavia tutte queste tip vengono ottenute tramite tecniche
fotolitografiche e attacchi chimici.
Fig. 1.1 Microscopio AFM con sistema di posizionamento piezoelettrico
e lettura ottica
1. La tecnologia dei cantilever
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7
Poiché la forza tra punta e campione varia nell’intervallo tra 10
-12
÷ 10
-6
N e la forza di
interazione covalente tra due atomi è dell’ordine di 10
-9
N, per separazioni dell’ordine
dell’Angstrom, la tecnica AFM permette di ottenere immagini non distruttive della
superficie di un campione. Un microscopio AFM può acquisire immagini in due modi:
quello statico o in contatto (CAFM) e quello dinamico o in non contatto (NCAFM).
A distanze dell’ordine dell’Angstrom la punta è in contatto con il campione e le forze
repulsive dovute all’interazione elettrostatica tra gli atomi giocano il ruolo dominante.
Durante una scansione il circuito di feedback può agire in modo tale da mantenere
costante la deflessione del cantilever, regolando la distanza rispetto al campione, o
fissando tale distanza e digitalizzando le deflessioni della punta. La modalità in contatto
permette di ottenere immagini topografiche con alta risoluzione che nei migliori dei casi
può essere quella atomica. E’ inoltre possibile ottenere informazioni che riguardano le
forze di frizione e le deformazioni plastiche o elastiche della superficie del campione.
Quando si opera in non contatto la distanza tra punta e campione varia da 10 a 100 nm.
L’interazione è attrattiva ed è dominata dalle forze a lungo raggio, tipicamente di Van
der Waals, elettrostatiche, magnetiche e capillari. Il cantilever viene fatto vibrare sopra
il campione ad una frequenza vicina a quella propria di risonanza. La variazione
dell’ampiezza di vibrazione in funzione della distanza tra punta e campione è il
principio che permette di ottenere immagini topografiche in modalità NCAFM. Questa
modalità è alcune volte preferita in quanto l’interazione tra punta e campione è
estremamente bassa, per cui è possibile studiare i campioni particolarmente soffici o
fragili.
1.3 Cantilever sensori
I cantilever possono essere usati non solo per riprodurre le immagini di un microscopio
a forza atomica, ma anche come un efficace sistema di rivelazione chimico, fisico e
biologico a livello nanometrico. Cantilever di dimensioni micrometriche vengono usati
come sensori di reazioni chimiche e biochimiche in ambiente sia gassoso che liquido,
come rilevatori di campi magnetici o elettrici, come sensori di massa e calorimetri. I
1. La tecnologia dei cantilever
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8
vantaggi di questi dispositivi miniaturizzati sono le piccole dimensioni, la velocità di
risposta, l’elevata sensibilità, e l’analisi diretta di molecole senza l’uso di marcatori
fluorescenti [6,7,8].
Possono operare in modalità sia statica che dinamica: nel primo caso viene investigata
la flessione statica del cantilever dovuta a stress indotti da reazioni chimico-fisiche che
avvengono su una delle due superfici, da variazioni di temperatura o di campo elettrico;
nel secondo caso, si misura la variazione di frequenza di risonanza del cantilever in
oscillazione indotta da una variazione di massa (figura 1.2).
Quando la superficie del cantilever viene funzionalizzata con particolari molecole probe
(molecole sonda) che hanno la capacità di legarsi selettivamente a particolari molecole
target (bersaglio), il dispositivo agisce come sensore chimico o biochimico.
Sempre più spesso i cantilever vengono impiegati nella detezione delle interazioni
chimiche tra agenti leganti oppure, al contrario, si sfrutta il meccanismo di
riconoscimento molecolare per indagini specifiche. Solitamente, in queste ultime
applicazioni, uno dei due agenti leganti viene immobilizzato su una delle due superfici
Fig. 1.2 Schema delle modalità di funzionamento di un cantilever usato come sensore
1. La tecnologia dei cantilever
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9
del cantilever, l’altro è presente nell’ambiente liquido o gassoso. Quando il fluido
contenente le molecole target viene a contatto con la superficie del sensore, avrà luogo
il riconoscimento molecolare e la formazione di legame tra le molecole bersaglio e
sonda. Tale processo può avere due effetti principali sul cantilever: può comportare un
significativo (rapportato alle grandezze in gioco) aumento di massa o generare uno
stress differenziale tra superficie superiore e inferiore che causa una flessione statica
della micro-trave. Processi come la repulsione elettrostatica tra le biomolecole adsorbite
ed effetti di ingombro sterico, dovuti al fatto che le molecole adsorbite richiedono uno
spazio addizionale sulla superficie, sono responsabili della formazione di stress di
compressione sul cantilever.
In una terza modalità di funzionamento, che viene definita heat mode (modalità
termica), l’effetto della temperatura può essere osservato rivestendo il cantilever con un
layer metallico solo da un lato. Come risultato, il cantilever si piegherà a causa dei
diversi coefficienti di espansione termica dei due materiali. Questo permette la
misurazione delle proprietà termiche di piccolissime quantità di un materiale depositato
sul cantilever (figura 1.3).
1.3.1 Proprietà meccaniche dei cantilever
La relazione che lega la forza applicata all’estremità libera del cantilever con la sua
deflessione è espressa dalla nota legge di Hooke:
zkF ∆⋅−= (1)
Fig. 1.3
Stress superficiali Variazioni di temperatura Variazioni di massa
1. La tecnologia dei cantilever
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10
dove k è la costante d’elasticità, definita come il fattore di proporzionalità tra la forza e
l’entità della deflessione. Tale costante, che dà un indicazione sulla rigidità del
cantilever, dipende dalle dimensioni e dalle caratteristiche meccaniche del materiale.
Per un cantilever in Silicio di lunghezza l la costante elastica può essere espressa come:
3
3
l
EI
k = (2)
dove E è il modulo elastico del Silicio ed I il momento d’inerzia dato da:
12
3
wt
I = (3)
con t spessore e w larghezza del cantilever (fig. 1.4). Di conseguenza k può essere
riscritta come:
3
3
4l
wEt
k = (4)
Per determinare invece la deflessione statica del cantilever causata da stress superficiali
differenziali dovuti all’adsorbimento fisico o chimico di molecole, si usano diversi
modelli, tra cui una derivazione della formula di Stoney [9]:
)1(6
2
ν
σ
−
=∆
R
Et
(5)
con:
2
21
l
z
R
∆
= (6)
Fig. 1.4 Deflessione di un cantilever AFM sottoposto ad una forza F
1. La tecnologia dei cantilever
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11
dove R è il raggio di curvatura del sensore, z∆ la deflessione e ν il modulo di Poisson
del materiale. In alternativa, l’equazione di Shuttleworth [10], mette in relazione lo
stress superficiale indotto dalle molecole adsorbite con l’energia libera di superficie del
cantilever:
∂
∂
+=
ε
γ
γσ (7)
dove γ è l’energia libera di superficie e ε∂ è la deformazione definita come variazione
di area della superficie del cantilever:
A
A∂
=∂ε (8)
Nella modalità dinamica, come è già stato accennato, un cantilever che oscilla alla
propria frequenza di risonanza può essere usato come sensore di massa. Molecole
provenienti dall’ambiente circostante (ad esempio vapori di etanolo) possono diffondere
nel rivestimento (ad esempio polimerico) del cantilever, provocando uno spostamento
della frequenza di risonanza. In questo modo possono essere rilevate variazioni di massa
inferiori al picogrammo. In prima approssimazione, un semplice modello per la
determinazione della frequenza di risonanza è quello basato sulla legge di Hooke, che
considera il cantilever una molla rettangolare di costante elastica k , avente una massa
sospesa effettiva
o
m [10,11]. La massa effettiva è legata alla massa totale m della trave
sospesa dalla seguente relazione:
mnm
o
⋅= (9)
dove n è un parametro geometrico che, per un cantilever rettangolare, assume il valore
tipico di 0.24. La frequenza di risonanza
o
f , in assenza di smorzamento, risulta così
approssimata:
o
o
m
k
f
π2
1
= (10)
Quando il materiale adsorbito si presenta uniforme sulla superficie, la variazione di
massa risultante mδ può essere calcolato con la seguente formula:
−=
2
1
2
2
2
11
4
oo
ff
n
k
m
π
δ (11)
1. La tecnologia dei cantilever
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12
dove
1o
f e
2o
f sono le frequenze di risonanza prima e dopo l’adsorbimento,
rispettivamente.
L’equazione (10) dà una buona approssimazione della frequenza di risonanza di un
cantilever debolmente smorzato. Tuttavia nella maggior parte dei casi è necessario tener
conto delle dissipazioni di energia del risonatore, dovute a diversi fattori. Nel caso ad
esempio di uno smorzamento viscoso, l’espressione della frequenza di risonanza
diventa:
Q
Q
m
k
f
o
oQ
2
12
2
1
2
2/3
−
=
π
(12)
Dove Q è il quality factor, o Q-factor, un parametro che misura la dissipazione di
energia dovuta allo smorzamento e che quindi rappresenta la “qualità” dell’oscillazione.
L’espressione empirica del Q-factor è la seguente:
o
o
f
f
Q
∆
= (13)
dove
o
f è la frequenza di oscillazione del sistema e
o
f∆ la larghezza del picco. Il Q-
factor dipende dal materiale del cantilever, dalla sua forma geometrica e dalla viscosità
del mezzo. Minore è il suo valore, più smorzato risulta essere l’oscillatore.
Cantilever di lunghezza maggiore hanno costante elastica minore, quindi sono più
sensibili alle variazioni di massa. D’altra parte all’aumentare della lunghezza della trave
aumenta anche il rumore termico vibrazionale, tanto che cantilever di dimensioni
micrometriche non hanno bisogno di alcuna forza applicata per oscillare. Questo
avviene a causa di un continuo scambio di energia meccanica accumulata nel sensore ed
energia termica proveniente dall’ambiente. Tale scambio induce un’oscillazione
spontanea del sistema, con ampiezze di oscillazione proporzionali all’energia termica
dell’ambiente:
k
Tk
z
B
3
4
=δ (14)
dove
B
k è la costante di Boltzmann, T è la temperatura assoluta e k la costante elastica
del cantilever.
1. La tecnologia dei cantilever
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13
Le equazioni (10), (11) e (12) vengono utilizzate per misurare le oscillazioni di un
sensore di massa la cui costante elastica si ritiene costante. In realtà, le interazioni
fisiche e chimiche del cantilever con le molecole adsorbite, comportano una variazione
del parametro k che può essere così valutato:
()
21
1
2
4
σσ
π
+=∆
n
n
k (15)
dove
1
σ e
2
σ sono gli stress indotti sulla superficie superiore e inferiore del cantilever e
1
n è un altro fattore geometrico. Tenuto conto di questo, la frequenza di risonanza dopo
l’adsorbimento risulta essere:
mnm
kk
f
o
o
δπ +
∆+
=
2
1
2
(16)
1.3.2 Array di cantilever per la rivelazione dell’ibridizzazione del DNA
Nella figura 1.5, otto cantilever allineati formano un sensore che può rivelare la
presenza di una piccola quantità di molecole target tramite specifiche reazioni. Ciascun
cantilever è rivestito da uno specifico layer per il riconoscimento di molecole differenti.
Fig. 1.5 Schema dell’array di cantilever e del sistema di read-out
1. La tecnologia dei cantilever
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14
Il metodo è basato sulla trasformazione di un riconoscimento biochimico in un
movimento meccanico. La deflessione del cantilever viene misurata con un sistema di
lettura ottico, tramite la posizione su un detector di un raggio laser riflesso dal cantilever
stesso [12].
In ambiente gassoso, questo dispositivo può essere usato come “naso artificiale” per la
caratterizzazione di vapori e sostanze volatili. I cantilever vengono rivestiti con un layer
polimerico entro il quale diffondono le molecole di vapore. In seguito alla diffusione,
avviene il rigonfiamento del rivestimento con conseguente deflessione del cantilever.
In ambiente liquido, l’array permette una rapida rivelazione, quantitativa e qualitativa,
di biomolecole senza l’uso di marcatori fluorescenti (label free detection). Array di
cantilever vengono ad esempio impiegati per il riconoscimento molecolare anticorpo-
antigene o per l’analisi dell’ibridizzazione di sequenze specifiche di DNA, con una
sensibilità che arriva all’accoppiamento della singola coppia di basi.
L’ibridizzazione fra oligonucleotidi complementari è uno dei più importanti esempi di
riconoscimento biomolecolare. In letteratura sono presenti parecchi studi circa lo stress
superficiale derivante dell’accoppiamento di Watson-Crick tra oligonucleotidi target in
soluzione e i loro complementari immobilizzati sulla superficie di un cantilever. Uno
dei primi, o comunque il più noto, è il lavoro di J. Fritz et al. svolto presso l’IBM
Research Laboratory [13]. Gli esperimenti sono stati eseguiti in ambiente liquido con
tecnica di readout ottico della deflessione. Oligonucleotidi con differenti sequenze di
basi, funzionalizzati all’estremità 5´ mediante un hexyl spacer (spaziatore C6) legato ad
un gruppo tiolico (SH), sono stati immobilizzati covalentemente sulla superficie dei
cantilever rivestita d’oro, utilizzati come molecole probe (molecole sonda).
L’ancoraggio di proteine e DNA all’oro mediante atomi di zolfo è una tecnica molto
utilizzata nella biotecnologia: il legame oro-zolfo è altamente specifico; inoltre l’energia
libera del processo di legame è molto bassa, per cui il desorbimento avviene con scarsa
probabilità.
Due cantilever sono stati funzionalizzati nelle medesime condizioni operative con
oligonucleotidi differenti: il primo con segmenti ssDNA (DNA single-stranded) di 16
nucleotidi, il secondo con segmenti di 12 nucleotidi (fig. 1.6 a). Dopo un primo periodo
di stabilizzazione del segnale differenziale dei due cantilever nella cella liquida, sono
1. La tecnologia dei cantilever
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15
state iniettate dapprima le molecole complementari ai filamenti ancorati al primo
cantilever e successivamente quelle complementari ai filamenti del secondo cantilever.
L’ibridizzazione dei filamenti ha portato alla formazione di uno stato di tensione tra la
superficie funzionalizzata e quella non funzionalizzata, causando il piegamento dei
cantilever. L’iniezione di molecole target complementari ai probe del primo cantilever
ha dato segnale differenziale ∆x pari a 10 nm, corrispondente allo svolgimento alla
corretta ibridizzazione (fig. 1.6 b).
a
b
c
Fig. 1.6 Sensore di ibridizzazione di DNA