2
E’ a partire dai primi anni dell’Ottocento che, attraverso un processo di fondazioni
e trasformazioni concettuali, scientifiche e istituzionali, la psichiatria nasce
ufficialmente come disciplina autonoma, cercando di darsi identità scientifica,
istituzionale e professionale.
Il tema della follia, della mente malata e dei rapporti tra il corpo, il pensiero ed il
comportamento umano, è stato però oggetto di interesse e di studio fin
dall’antichità.
E’ dunque utile passare in rassegna, seppur a grandi linee, le varie concezioni e
teorie che della malattia mentale sono state formulate nel corso dei secoli, per
comprendere le origini di questa nuova scienza, per vedere in quale modo, nel suo
formarsi ed evolversi, da una parte si distacchi dalle concezioni precedenti, e
dall’altra, invece, presenti elementi di continuità o di difficile superamento che
permangono o ritornano lungo la sua storia.
La storia della psichiatria, come disciplina scientifica e strutturata, quale si
configura dalla fine del Settecento, ma anche la storia delle varie definizioni e
teorie della malattia mentale formulate nei secoli, è complicata dai legami che la
avvicinano ad altri campi del sapere e dell'operare umano. Così anche la nostra
trattazione si risolverà in un lavoro interdisciplinare in cui gli sviluppi teorici e
pratici della storia delle scienze della psiche si intrecciano con la storia della
medicina e delle istituzioni ospedaliere e manicomiali, con gli sviluppi del
pensiero filosofico, con l’avvicendarsi delle trasformazioni politiche e sociali, con
le dottrine giuridiche e gli studi antropologici.
Questo sconfinamento in vari campi, ineludibile per chi si occupi di storia della
psichiatria, è dovuto all'"oggetto" di cui si occupa: l’uomo folle, il suo cervello, e
la malattia mentale. Tre elementi piuttosto oscuri e complessi.
Il primo, l’uomo folle, problematico da studiare: si tratta di un oggetto di studio
che è pure, e prima, soggetto, difficile da collocare e accettare socialmente per
il suo apparire "diverso", “alieno”.
Da questo primo fattore emerge la caratterizzazione della follia come fenomeno
sempre condizionato dalla ricezione sociale del “matto”, dalla incidenza delle
trasformazioni sociali, politiche ed economiche nel "generare" la follia, dagli
orientamenti ideologici predominanti nelle varie epoche, dalle soluzioni via via
3
trovate per gestire e curare la malattia mentale e quindi la storia della follia è
sempre legata alla storia delle istituzioni destinate al ricovero, alla cura o alla
segregazione di questi soggetti.
L’uomo folle è un soggetto agente e da questo fatto si sviluppano le
frequentemente dibattute questioni giuridiche, riguardanti il problema della
pericolosità sociale del folle, e della sua eventuale imputabilità penale.
E' anche soggetto senziente con idee e passioni, con una storia di vissuto
personale da accettare e comprendere, e vedremo come questo aspetto nel periodo
che prenderemo in esame, e in Italia soprattutto, sarà a lungo prevalentemente
trascurato .
Infine, i disturbi psichici e il cervello: due concetti che coinvolgono e sono
coinvolti dalle varie concezioni filosofiche (in alcuni tempi condizionati da quelle
religiose), che prendono in considerazione e cercano di risolvere lo spinoso
problema dei rapporti tra corpo e spirito, tra il cervello, entità materiale, e la
mente, entità immateriale; i rapporti tra la struttura del cervello, l’esplicarsi delle
sue funzioni, e il comportamento umano.
Due elementi indagati dalle varie dottrine mediche e scientifiche che studiano la
struttura e le proprietà del sistema nervoso e del cervello, che si occupano dei
rapporti tra organo e funzione, e che sono legate ai progressi della ricerca
scientifica, delle dottrine mediche e degli strumenti terapeutici e tecnologici che
via via si offrono a chi si occupa di scienza della psiche.
Nelle civiltà più antiche il tema della follia è stato prevalentemente interpretato in
chiave superstiziosa, religiosa, soprannaturale, con accezioni ora positive, ora
negative: il folle è stato visto come un essere quasi divino, privilegiato, posseduto,
demoniaco, singolare e speciale.
Un primo passo verso la razionalizzazione della follia si trova nel trattato sul
Morbo sacro del Corpus Hippocraticum in cui l’epilessia, prima ritenuta
fenomeno extra-naturale, viene ricondotta a cause e fenomeni naturali e razionali
e la cui sede e causa viene riconosciuta in un organo preciso: il cervello
1
.
1
Ippocrate, Testi di medicina greca, a cura di A.Lami, Rizzoli ,Milano 1983, pp.217-235. “Questo
morbo sotto nessun riguardo mi sembra che sia più divino del resto delle malattie (….). Ma il fatto
è che è il cervello il responsabile di questa affezione.” Ippocrate sostiene anche che l’epilessia “ha
il principio come anche gli altri morbi nell’ereditarietà”: vedremo come nell’800 il concetto di
4
Ippocrate e la medicina del suo tempo non hanno ancora però un concetto di
malattia mentale come entità a sé, distinta dalle altre forme patologiche. I sintomi
psichici descritti sono generalmente associati e riscontrati in alcune patologie
somatiche, in genere acute .
In età ellenistica viene invece introdotto un termine specifico per denominare le
malattie mentali: alienatio mentis
2
. Vengono, inoltre in quest’epoca descritte
molte malattie psichiche e i rispettivi sintomi, si abbozzano dei criteri
classificatori, e si hanno osservazioni anticipatrici di teorie poi affermatisi molti
secoli dopo
3
.
Si affermano in questo periodo due principi che saranno ritenuti fondamentali
anche dai fondatori della psichiatria moderna: la descrizione delle malattie come
insiemi di sintomi e la concezione eziologica della patologia mentale che si ritiene
causata da una lesione organica .
Dopo questo periodo di "razionalizzazione" e "medicalizzazione" della follia si
ricade , a partire dal Medioevo, nell'identificazione del folle con l'"eccezionale".
Non più, come nel passato, circondato da un'aura di sacralità e rispetto, ma
portato al rogo come strega (nel XV secolo), o accomunato al deviante, al
mendicante, ai vagabondi, ai malati cronici, ai poveri (categorie che crescono
numericamente nel corso del Seicento per la forte urbanizzazione e la miseria
conseguente alle guerre), e il folle viene con essi recluso in ospizi, prigioni,
ricoveri, ospedali
4
: viene così in luce la nascita della psichiatria come problema
sociale di gestione dei folli.
Dell’accoglienza o custodia di questi esclusi, si occupano gli inservienti, i
guardiani di ricoveri e prigioni, il personale religioso nelle istituzioni caritative.
Anche negli anni successivi alla formazione della psichiatria come scienza
permarrà questa tendenza alla segregazione dei folli con le altre categorie di
emarginati, così come faranno fatica a sradicarsi i pregiudizi e giudizi sulla follia.
ereditarietà avrà una grande fortuna nelle spiegazioni eziologiche della follia, a cui l’epilessia sarà
a lungo assimilata.
2
Aulo Cornelio Celso (I sec. d. C.), De arte medica.
3
Ad esempio l’osservazione del legame tra mania e melanconia da parte del medico Celio
Aureliano, che sarà, nel XIX secolo, verificato e classificato da Emil Kraepelin.
4
Riguardo a questo periodo e alla segregazione dei folli e delle varie categorie di emarginati come
profilassi sociale da parte dei governi si veda: Michael Foucault, Storia della follia, Rizzoli,
5
Tra Seicento e Settecento gli studi sul corpo umano sono improntati in senso
meccanicistico e il meccanicismo domina anche il campo della ricerca sulla
patologia mentale: si crede che il cervello e il sistema nervoso siano la base delle
malattie mentali e che la pazzia sia causata da un’eccessiva irritazione dei nervi.
Ma la psichiatria nasce come scienza autonoma e strutturata sul finire del ‘700 .
I presupposti filosofici di questo cambiamento si trovano nel tentativo di
ricomporre la lacerazione creata da Cartesio tra anima e corpo. La filosofia
cartesiana, infatti, pur avendo favorito, con la scissione tra res cogitans e res
extensa, un indagine approfondita del corpo umano,
5
orientando in senso
meccanicistico la concezione della res extensa, esclude però la possibilità di
indagine e di comprensione scientifica della componente spirituale dell’uomo,
creando così un ostacolo alla comprensione di un campo, quale la psicopatologia,
che si trova a cavallo tra il fisico e lo psichico.
L’esaltazione illuministica della ragione, verso la quale si nutre grande fiducia
per la sua possibilità di indagare ogni fenomeno naturale e umano, porta a cercare
di superare la scissione tra fisico e spirituale a favore di una globale scienza
dell’uomo, in cui l'approccio naturalistico comprenda ogni aspetto dell’uomo,
anche quello psicologico (o morale nella terminologia di allora), che si vuole
poter indagare in rigorosi termini empirici. Che si sviluppi in senso sensista o
materialistico, la ragione illuminista è una ragione limitata dall’esperienza, che
con essa si confronta continuamente e dalla quale viene controllata.
6
Come sostiene la maggior parte degli gli studiosi che si occupano di storia della
psichiatria e gli stessi psichiatri ottocenteschi nella ricostruzione storica della loro
disciplina, la nascita della psichiatria coincide con la sistemazione della
Milano, 1963. Foucault fa risalire l’inizio di questa fase di “grande internamento” al 1657 con
l’apertura in Francia dell’Hopital de Paris.
5
Si tralascia per motivi di sinteticità un’esposizione dei progressi della iatro-chimica e della iato-
meccanica seicentesche.
6
Nel periodo a cavallo tra la fine del XVIII sec. e i primi anni del XIX, si può ricordare, il gruppo
degli Idéologues per le ricerche da essi svolte sulle relazioni tra il fisico e il morale dell’uomo.A
titolo esemplificativo ricordiamo l’opera di uno dei frequentatori del gruppo: P.J. G.Cabanis (1757
- 1808) medico e filosofo. Nei Rapports du physique et du moral de l’homme (1802), Cabanis
insiste sul concetto di organisation corporea come luogo di incontro tra fisico e morale, e
sottolinea lo stretto rapporto tra i due fino a sostenere la riducibilità dell’anima al sistema nervoso
e considerare il pensiero come secrezione del cervello.
6
istituzione manicomiale
7
, rispondendo alla duplice esigenza di controllo e di
amministrazione da una parte, e di creazione di strutture dove studiare e curare la
pazzia dall’altra.
E’ dal momento in cui il pazzo viene rinchiuso nel manicomio per un impulso
umanitario, per sottrarlo a quella segregazione indiscriminata per la quale veniva
recluso insieme a tutti i soggetti devianti o emarginati, con un’intenzione di
rieducazione e per una precisa consapevolezza del suo stato di malattia, che si
inizia a prestare un’attenzione particolare al tema dell’alienazione mentale.
Nel panorama riformatore e illuminato degli anni seguenti la rivoluzione francese
si hanno le prime iniziative pratiche di umanizzazione delle condizioni dei
ricoverati, in un processo che si accompagna al generale progetto di riforma
ospedaliera
8
di fine '700 e primo ‘800, legato alla rivalutazione della funzione
terapeutica dell'ospedale, implicata dall'imporsi dal concetto di curabilità
9
delle
malattie mentali. L'ospedale diventa così luogo terapeutico e non solo di ricovero.
L’opera teorica e pratica di Philippe Pinel
10
e del suo allievo Etienne Esquirol
11
,
viene indicata come lo spartiacque tra la segregazione indiscriminata dei secoli
precedenti e senza prospettive terapeutiche, e la formazione di un paradigma
psichiatrico.
E’ noto il racconto del gesto liberatore che Pinel avrebbe compiuto nei riguardi
dei ricoverati all’ospizio di Bicetre nel 1793 sciogliendoli dalle catene con cui
venivano tenuti legati.
Con questo gesto Pinel compie un primo passo fondamentale nel riconoscere la
dignità del malato di mente e il dovere di rispettarlo come essere umano malato.
7
Si vedano tra gli altri : Giacanelli, 1975; Ambrosi, 1980; Stock, 1981; Guarnieri, 1991; Babini et
al.,1982; Shorter, 2000.
8
Faccio qui mia l'interpretazione di De Peri in "Il medico e il folle :istituzione psichiatrica, sapere
scientifico e medico tra '800 e '900", in F.Della Peruta, (a cura di), Storia d’Italia, Annali, 7,
Einaudi, Torino,1984, pp.1059-1140, in cui lo sviluppo della psichiatria viene ricondotto all’
evoluzione della medicina ad essa contemporanea.
9
Il concetto di curabilità rientra nella generale tendenza del pensiero illuministico alla
razionalizzazione di ogni fenomeno naturale, umano o sociale, anche in quegli aspetti più
irrazionali come la follia che si vuole riportare nella sfera della razionalità, cercando appunto di
“normalizzare”, di curare l’alienato.
10
Philippe Pinel (1745-1826), si laurea a Toulouse nel 1773, si trasferisce poi a Parigi dove
fequenta l’ambiente degli idéologues; partecipa a movimento moderato negli anni del terrore. Da
1793 a 1795 è medico a Bicetre, passa poi alla Salpetriére, dove resterà come medico capo fino
alla morte.
7
Punti cardine del pensiero di Pinel e del suo allievo sono la convinzione della
guaribilità delle malattie mentali e l’attribuzione al manicomio di una funzione
eminentemente terapeutica. Il campo dell’alienazione mentale viene così sottratto
alla gestione poliziesca e giuridica per passare in ambito medico, dove le
patologie psichiatriche vengono assimilate a malattie curabili.
La follia non è però una malattia come le altre, ma una malattia speciale per la
quale occorre una sede speciale, che verrà chiamata asilo, ospizio, manicomio,
ospedale psichiatrico, dall’esistenza della quale emerge una prima contrddizione
della psichiatria ottocentesca che vuole assimilare i disturbi psichici agli altri
generi di malattie, ma per i quali crea luoghi differenti e specifici.
Nel Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale o la mania pubblicato nel
1801 di Pinel e nella tesi di Esquirol intitolata "Delle passioni considerate come
cause, sintomi e mezzi curativi dell'alienazione mentale", pubblicata nel 1805, si
delinea la concezione della malattia mentale loro propria: causa e origine dei
disturbi psichici sono le passioni e la vita morale dell'uomo, ossia i suoi processi
affettivi e cognitivi. La psichiatria deve quindi essere una scienza basata
sull'osservazione clinica.
Maestro e allievo, sottolineando il ruolo delle passioni nella genesi e nella cura
della patologia mentale, criticano la diffusa concezione organicistica, alla quale
contrappongono un interesse psicologico. Pur non respingendo totalmente
l'importanza delle ricerche anatomiche sul cervello, Pinel ritiene arduo stabilire
delle corrispondenze tra lesione e malattia mentale e mostra la vacuità dei
tentativi di capire quel processo oscuro e impenetrabile per il quale dal cervello
possa nascere il pensiero. La malattia mentale viene concepita come malattia
unica, che può assumere aspetti clinici diversi (mania, melanconia, demenza
ecc.).
12
Conseguente alla concezione dell’unicità della malatia mentale e alla sua genesi
passionale, sul versante terapeutico, è la convinzione che la cura, unica per tutte
11
Etienne Esquirol (1722-1840) la sua opera maggiore è Des maldies mentales,considèrèes sous
les raports mèdical,hygièniques,et mèdico-legal,1838.
12
Si può vedere la distanza che separa Pinel dalla contemporanea scuola anatomo-patologica di
Parigi, nella sua concezione della malattia mentale per la quale G.Lanteri-Laura definisce Pinel
“un tipico esempio di uno di quegli uomini dei tempi dell’Enciclopedia che arrivano al XIX secolo
8
le forme di follia, debba consistere in un trattamento morale, i cui strumenti
principali vengono riconosciuti nel rapporto tra il medico e il paziente, e in un
manicomio ben organizzato. Si crede infatti, e questa idea sarà a lungo condivisa
nella storia della psichiatria, che i migliori strumenti terapeutici siano la vita
comunitaria del manicomio, la suddivisione della giornata in attività
ordinatamente scandite nel corso della giornata, la vita disciplinata che riporti
ordine nella confusione mentale e nel comportamentale anomalo del folle.
Dall’uso di strumenti fisici di contenzione, la funzione di controllo sull’alienato
passerà così all’istituzione manicomiale nel suo complesso, mirando
all’interiorizzazione da parte dei ricoverati della disciplina, delle norme di vita e
di comportamento, in vista di una loro “normalizzazione”. L’importanza del
rapporto tra il folle e il medico che se ne occupa è particolarmente sottolineato da
Pinel nel suo trattato, in cui sostiene la necessità da parte del medico di prestare
attenzione e di partecipare alla storia dell’ammalato attraverso la condivisione
dei suoi spazi di vita per poterne studiare le abitudini, il carattere, e le varie fasi
della malattia.
In ultimo, l’attenzione, tipicamente illuministica, per la sistematizzazione delle
conoscenze, si concreta nella Nosologia filosofica, compilata da Pinel nel 1798 e
più volte riedita. E’ da una classificazione delle malattie mentali e da una prassi
terapeutica definita che può nascere, e nasce, la scienza psichiatrica.
Le terapie, in questo periodo e per lunga parte dell’800, sono costituite soprattutto
dall’impiego dell’acqua (bagni e docce, somministrate in diversi modi e a diverse
temperature a seconda della patologie), dal salasso, da “strumenti” come la
macchina rotatoria (inventata da Erasmus Darwin), le camicie di forza,
l’isolamento, e da rimedi farmacologici, generalmente estratti vegetali, già noti e
utilizzati nei secoli precedenti come l’elleboro, l’oppio, i purganti, o i vomitivi.
Nel primo Ottocento la malattia mentale viene intesa nella sua complessità di
fattori organici e psichici, e le terapie volte a correggere le alterazioni fisiologiche
sono integrate col trattamento morale, volto a placare e riordinare i disordini
“passionali”, del mondo emotivo e intellettivo del paziente.
senza veramente appartenergli”.G.Lanteri Laura, Psiche e cerevello,in M.Grmek (a cura di), Storia
del pensiero occidentale,Laterza, Bari, 1998, p.154.
9
I primi psichiatri ottocenteschi non considerano la malattia mentale come
qualcosa di cronico e irreversibile, ma come una patologia curabile, e questo
fattore è rilevante perché vedremo come successivamente subentrerà invece tra gli
psichiatri un forte scetticismo terapeutico.
E’ importante ricordare, infine, il ruolo di ispiratore svolto da Esquirol nella legge
approvata dal Parlamento francese nel 1838 sull'internamento e la gestione dei
manicomi, legge che sarà modello per altre nazioni e in particolare per l'Italia sia
pure con un notevole ritardo. Con il suo intervento in campo legislativo Esquirol
segna inoltre una tendenza, che diverrà poi costante, di avvicinamento dei
problemi tecnico-giuridici alle competenze del medico alienista.
Pinel e il suo allievo Esquirol sono quindi indicati come i fautori della svolta
epistemologica che fonda la scienza psichiatrica, trasforma il modo di concepire
la malattia mentale e prospetta una possibilità terapeutica.
Del loro pensiero verrà recepita e a lungo sostenuta la concezione del manicomio
come forte e primo strumento terapeutico nelle mani dello psichiatra, mentre più
rapidamente verrà trascurata e soppiantata l’attenzione al lato “morale” del
disturbo psichico.
La spinta riformatrice era presente anche in altri paesi: in Inghilterra si può
ricordare l’opera di William Tuke, che nel 1792 fonda lo York Retreat, clinica
all’avanguardia per i tempi per la libertà concessa ai pazienti, il cui insegnamento
verrà poi portato avanti dal nipote Samuel.
In Italia, Vincenzo Chiarugi (1759-1820) è il primo autore di un'opera sulle
alienazioni mentali : Della pazzia in genere, e in ispecie. Trattato medico
analitico con una centuria di osservazioni, pubblicato nel 1793. Il suo nome è
ricordato soprattutto per la riforma del manicomio del Bonifazio a Firenze nel
1788, riforma voluta dal granduca di Toscana Leopoldo all’interno del progetto di
accentramento delle amministrazioni ospedaliere .
Nel compito di prescrivere il regolamento per questo manicomio Chiarugi
sostiene principi di umanità nel trattamento dei folli che lo collocano tra gli
iniziatori della psichiatria.
13
13
Come nota Fabio Stock, tra Pinel e il nostro precursore toscano vi sono profonde differenze di
fondo: il primo elabora il proprio paradigma psichiatrico all'interno di quel superamento del
dualismo cartesiano di cui sopra dicevamo e intende la malattia mentale come malattia
10
Tra i precursori italiani va ricordato anche Giambattista Morgagni (1682- 1771),
fondatore dell’anatomia patologica, la cui concezione della pazzia come malattia
organica, del cervello, in antitesi con le concezioni metafisiche precedenti, avrà
largo seguito nei successivi tentativi di cancellare l’idea diffusa di malattia
dell’anima.
L’opera riformatrice di questi grandi precursori, spesso esaltata per l’innovazione
nei metodi di cura e nelle concezioni, stenta però, nella pratica a diffondersi al di
là degli istituti in cui essi operano e la maggior parte dei manicomi rimangono
luoghi di pura segregazione e disumanità .
Nonostante le critiche che sono state in tempi recenti rivolte all’istituzione
manicomiale, bisogna sottolineare che in questi primi tempi l’idea di un luogo
specifico per gli alienati nasce da reali intenti terapeutici, nella convinzione di
poter curare la malattia mentale, e filantropici, nel tentativo di umanizzare le
condizioni dei ricoverati, per toglierli ai cronicari o ospizi nei quali venivano
usualmente rinchiusi e abbandonati se ritenuti malati cronici e inguaribili, come
spesso accadeva nel caso di malattia mentale.
Il fallimento del progetto manicomiale verrà notato già nei primi decenni dell’800
con il venire il luce dei suoi caratteri negativi che ne evidenziano la natura di un
mero spazio di reclusione, incapace di essere un’alternativa terapeutica alla
segregazione secolare. E questo in particolare quando, nella seconda metà del
secolo la rete manicomiale si estende, la popolazione internata aumenta anche per
i fenomeni patologici e di emarginazione legati alla seconda rivoluzione
industriale, e viene raggiunta la consapevolezza della contraddizione tra i progetti
utopistici di recupero dei malati e il reale mostrarsi incurabili della maggior parte
dei ricoverati, svuotando così il concetto di asilo come luogo di benefici
terapeutici.
Intorno alla metà dell’800 si accenderanno infatti dibattiti sull’utilità e credibilità
terapeutica del manicomio, alle quali verranno sempre più sostituite esigenze di
controllo della presunta pericolosità sociale dei folli .
"psicologica". Chiarugi resta invece all'interno dalla prospettiva cartesiana e ritiene che il sistema
nervoso sia tramite tra il corpo e l’anima ; definisce la pazzia "una malattia fisica del cervello",
una malattia come le altre, senza arrivare a cogliere l'importanza del suo lato "morale”. Per
un’approfondimento delle divergenze concettuali tra i due si veda F.Stock, La formazione della
psichiatria, Il pensiero scientifico, Roma, 1981, pp. 20-24.
11
Nel secondo Ottocento si verifica un rapido cambiamento di giudizi ed
atteggiamenti, con l’estensione di un approccio strettamente medico ai disturbi
psichici, con uno spostamento dell’ attenzione da nosologie descrittive e basate
sui sintomi psicologici quale quella esquiroliana, a nosologie centrate sulla
definizione organica, cerebrale e neurologica della malattia mentale.
In questo processo di medicalizzazione della psichiatria viene sempre più
trascurata la dimensione psicologico-relazionale e si parla sempre meno di cura
morale, con la subordinazione della psichiatria alla neuropatologia, fino al
successivo, contrastato autonomizzarsi della neurologia.
Emerge qui la seconda contraddizione della psichiatria Ottocentesca che,
proclamando l’organicità delle malattie mentali, propone come unica cura quella
rieducazionale del manicomio e mostra l’incoerenza tra la pretesa funzione
terapeutica del manicomio e l’effettiva e mera fuzione custodialistica.
E’ proprio in seguito all’esaltazione positivista della psichiatria come scienza
medica, con il succedersi degli studi organicisti, e dell’inserimento della malattia
psichica all’interno delle teorie dell’eredità e dell’atavismo che nasce lo
scetticismo terapeutico che caratterizza la scienza della psiche tra Ottocento e
Novecento, che porta a ritenere le malattie mentali geneticamente predisposte
incurabili, e destinate alla cronicizzazione.
Il paradigma di Pinel ed Esquirol viene infatti, solo in parte recepito dalla
psichiatria dell’Ottocento, che si orienta in senso fortemente organicista nella
ricerca eziologica, trascurando l’aspetto morale della psicopatologia. Spingono in
questa direzione anche i notevoli progressi, e le svolte teoriche legati alle
scoperte, che la medicina ottocentesca compie nell’orizzonte della filosofia della
natura romantica prima, e del positivismo poi, soprattutto oltralpe
14
.
Notevole è nel XIX secolo l’avanzamento, delle conoscenze sul cervello e il
sistema nervoso ( la cui trattazione rimandiamo al capitolo successivo), legato
14
Ricordiamo qui le più importanti ricerche e scoperte: nel 1800 Xavier Bichat (1771-1802) fonda
la fisiopatologia dei tessuti, il suo allievo Laennec inventa lo stetoscopio nel 1816; Mathias
Schleider e Theodor Schwann identificano le cellule e Rudolph Virchow ( 1821-1902) dà inizio,
intorno alla metà del secolo, alla patologia cellulare; Claude Bernard (1813-1878) fonda la
medicina sperimentale; Justus Liebig (1803-1873) la chimica organica, Emile Du Bois Reymond
(1818-1896)l’elettrofisiologia. Nel 1859 esce L’origine delle specie di Charles Darwin (1809-
1882) e nel 1871 L’origine dell’uomo. Sono poi da ricordare la teoria dei germi di Louis Pasteur
(1822-1895), nel tardo ottocento le scoperte batteriologiche di Robert Koch (1843-1910).
12
anche al perfezionamento del microscopio, strumento che permette l’osservazione
e lo studio delle componenti più minute e nascoste del corpo umano. Si hanno
notevoli progressi nella conoscenza della fisiologia e dell’anatomia del sistema
nervoso, viene incrementata l’anatomia patologica, si aggiungono poi le
possibilità offerte dalle fini indagini istologiche di mettere in rilievo le varie
alterazioni o lesioni del sistema nervoso sia centrale che periferico.
Tutte queste indagini pongono la patologia mentale su un piano di studio molto
diverso da quello delle epoche precedenti: nasce la neurologia specializzata , si
descrivono le prime sindromi nervose ben definite . (E’ la Scuola francese che
apre il campo a questo nuovo indirizzo di ricerche, con G.M. Charcot, che
riunisce in sé il clinico, e l’anatomo-patologo accostando l’attenzione per i
sintomi e la storia del malato all’osservazione precisa e ai dati accurati rinvenibili
al tavolo anatomico).
Si sviluppò la semeiotica neurologica, nuove sindromi vennero messe in luce,
specialmente nel campo del sistema nervoso centrale, e si estese l’identificazione
delle localizzazioni cerebrali.
Alla fine del secolo alla centralità e all’influenza delle esperienze francesi si
sostituisce la priorità della scuola tedesca che vanta numerosi e notevoli
ricercatori nel campo psichiatrico e neurologico.
Inizia quindi l’epoca ricca di studi “attorno all’arduo problema che si nasconde
nell’organo misterioso, serrato nell’osseo scrigno del cranio. Qualche lembo si
solleva, qualche luce si irradia a indicare nuove strade, nuovi tentativi che
sembravano per l’addietro impossibili, fino a immergere lo scalpello chirurgico
nella pallida materia pensante”
15
. Cominceranno infatti anche le prime esperienze
di chirurgia cerebrale.
Paradossalmente sarà proprio il pervicace orientamento organicista in Italia ad
ostacolare lo sviluppo della psichiatria nel primo cinquantennio del ‘900,
subordinandola alle indagini neurologiche, e a procrastinare la comprensione della
patologia mentale. Si terrà comunque conto nella nostra trattazione delle eccezioni
e dei personaggi che si discostano almeno in parte dai modelli prevalenti.
15
A. Pazzini, Storia della medicina, Società Editrice Libraria, Milano, 1947, p. 448.
13
Per quanto riguarda più specificamente la nostra indagine, centrata sulla scienza
della psiche in Italia, vedremo che la psichiatria si forma in ritardo rispetto agli
altri paesi, sia nella sua costituzione di scienza, sia nella creazione delle strutture
di ricovero, sia nel darsi una legislazione adeguata, ed è spesso debitrice ai
progressi stranieri .
Dopo una rapida scorsa alle condizioni di grave arretratezza sul piano economico
e scientifico del nostro paese nella prima metà del XIX secolo, ci soffermeremo
sul processo di nascita di una psichiatria nazionale, dal punto di vista istituzionale,
sui dibattiti che la attraversano e le problematiche fondamentali; sulle concezioni
della follia degli psichiatri italiani e i loro contributi allo sviluppo delle scienze
della psiche nel campo clinico e della ricerca neurologica.
Seguendo la parabola, che dall’oscurità che permea la visione delle malattie
mentali proprio delle concezioni spiritualistiche e ingenue della follia, attraverso
gli sviluppi di quella che è stata chiamata l’età d’oro della psichiatria e che ricopre
l’ultimo trentennio dell’Ottocento, ci fermeremo nel periodo in cui, anche in
Italia, col diffondersi delle teorie derivate dalla fenomenologia husserliana e
dall’esistenzialismo heideggeriano, dai tentativi di spiegazione del distubo
mentale si passa ai tentativi di comprensione, nel senso del comprendere
(vertehen) di Dilthey e della partecipazione affettiva (Einfühlung) di Jaspers.
L’Ottocento positivo è la culla della scienze umane: è nell’ambito del clima
positivistico infatti che, con l’applicazione all’uomo e al suo comportamento del
metodo scientifico, la psichiatria, la psicologia e la sociologia si costituiscono e si
affermano come scienze.
Dall’ottimismo iniziale che spira nei primi anni dell’atmosfera culturale del
positivismo, seguiremo, tenendo sempre presente il panorama europeo,
l’evoluzione del modello organicista e naturalistico proposto ed adottato dalle
scienze della psiche e la sua involuzione nel perpetuarsi passivamente nella mera
neurologizzazione di ogni disturbo psichico, in una prospettiva banalmente
medica, con una stanca iterazione di modelli e formule neuropatologici;
seguiremo quindi il passaggio da un ideale scientista e ottimista, di fiducia nelle
possibilità terapeutiche delle scienze della psiche alla immota e senza speranze
funzione custodialistica dei folli a cui la psichiatria spesso si riduce.
14
Arresteremo la nostra trattazione negli anni che vedono l’inizio del rinnovamento
psichiatrico in Italia, con la scorporazione effettiva della psichiatra dalla
neurologia e col diffondersi degli approcci psicoanalitici, fenomenologici,
esistenziali ai quali l’Italia si apre solo al principio degli anni Sessanta del
Novecento.
Nuovamente in ritardo rispetto agli altri paesi, anche in Italia si riuscirà
finalmente a conciliare gli aspetti sia soggettivi che oggettivi delle malattie della
mente che più di ogni altra patologia, necessitano di essere affrontate tenendo
sempre presente e viva questa complementarietà di approccio umano-dinamico e
scientifico-neurologico. E nella quale la medicina si mostra pienamente nella sua
caratterizzazione di arte medica più che di disciplina scientifica.
Restringendo sempre il campo analizzeremo la situazione della neuropsichiatria e
della psicologia milanese a cavallo tra ‘800 e ‘900, in special modo nelle figure
degli esponenti più significativi, come cornice per la comprensione del quadro
medico, scientifico, culturale, sociale e politico in cui operano Carlo Besta e
Eugenio Medea .
Parallelamente all’analisi della vita e dell’opera di questi ultimi esamineremo gli
sviluppi novecenteschi della scienze della psiche e il processo che porta alla
suddivisione al suo interno in varie specializzazioni: neurologia, psichiatria,
psicologia, neuropsichiatria infantile e igiene mentale.
E’ necessaria, preliminarmente alla nostra trattazione, una nota terminologica:
abbiamo finora parlato e parleremo spesso, genericamente, di "psichiatria"
16
.
Bisogna però tener conto che, nella prima parte del periodo di cui ci occuperemo,
(fino ai primi anni del ‘900) il termine psichiatria, è in certo qual modo
comprensivo e interscambiabile con quelli di freniatria, neurologia o
neuropsichiatria, in quanto scienze che si occupano dei disturbi psichici.
17
Questa "confusione", o sovrapposizione terminologica e concettuale è dovuta, da
una parte alla non ancora avvenuta specializzazione e divisione delle discipline,
16
Il termine “psychiaterie” fu inventato nel 1808 da Johann Reil (1759-1813).
17
E’ forse meglio anche sottolineare un’altra scelta terminologica: si parlerà spesso
indifferentemente di follia, pazzia, alienazione, malattia mentale, o distubi psichici. Se anche si
propenderebbe per l’uso dell’ultimo termine, si sono spesse volte privilegiati i primi perché
comuni nel periodo preso in esame, ma non è sottesa alcuna caratterizzazione negativa o
dispregiativa, vengono intese come assolutamente interscambiabili a livello di significato.
15
dall’altra parte, all’orientamento organicista prevalente in psichiatria a partire
dalla seconda metà dell’Ottocento, per il quale si ritiene di dover indagare, le
strutture anatomiche e la fisiologia del sistema nervoso, al fine di scoprire le cause
e i meccanismi delle malattie mentali, e per il fatto che i medici che si occupano
di ricerche neurologiche sono spesso medici di manicomio. L’uso del termine
"freniatria", è poi frequente per l’inclinazione e la preferenza della maggior parte
degli alienisti, orientati verso concezioni materialistiche, a definire con esso la
propria scienza.
Anche la psicologia in questo arco di tempo ottiene il suo riconoscimento come
scienza, emancipandosi nel XIX secolo dalla riflessione filosofica, in cui fino ad
allora rientrava, con l’applicazione ad essa dei metodi delle scienze naturali.
Nella ricerca e nello studio intorno a queste scienze ci si è imbattuti in due
problemi .
Il primo dovuto alla suddetta indifferenziazione tra discipline, e all’intricarsi con
esse di altre tangenti il campo di queste se non, in certi aspetti, in esse comprese,
che portano ad un’ampliamento necessario, anche se non particolarmente
approfondito, dei legami della scienza della psiche con altre tematiche.
Un secondo problema riguarda l’interpretazione dei resoconti tratti dalle fonti
storiche e di critica.
Da una parte le storie della medicina coeve si limitano all’elencazione di vite e
opere di medici senza nessun accenno alle linee di pensiero degli stessi; la
pubblicistica dell’epoca, presenta spesso panegirici, elogi, agiografie di medici
scomparsi, di allievi verso i propri maestri, di colleghi tra loro, oppure si
profondono in esaltazioni, fortemente nazionalistiche, delle “conquiste” degli
psichiatri e dei neurologi italiani nel tentativo di riscattare la medicina nazionale
dalla subalternità ai modelli stranieri prima, e dettate poi dal nazionalismo proprio
del periodo fascista .
Gli anni del regime, che ricoprono una parte abbastanza considerevole del nostro
lavoro, rappresentano inoltre il periodo meno studiato della scienza della psiche.
E’ un periodo caratterizzato da un vuoto storiografico che, dal punto di vista della
storia delle scienze della psiche è abbastanza unico e singolare, fatto che può
essere visto come esemplare e specchio esplicito dei tempi, della considerazione