2
In Aragona la danza è sentita come un elemento importante della
vita comunitaria. La società si organizza gerarchicamente durante la
festa, con autorità che assumono potere nel periodo festivo
3
e che, ormai
soltanto in alcuni paesi, realizzano il passaggio di consegne ai loro
successori proprio tramite la danza (danza dei mayordomos).
Nelle feste si ritrovano i segni dell’identità collettiva e si realizza
una forte coesione di gruppo tramite l’organizzazione degli eventi e la
lunga preparazione che precede l’esecuzione corale di una danza. La
stessa raccolta di fondi richiesti per la realizzazione della festa, ossia la
questua, realizzata in alcuni luoghi da personaggi danzanti (è il caso del
Cipotegato a El Buste), ha una forte valenza comunitaria
4
.
È tramite la danza, soprattutto in Aragona, che il paese si presenta
agli “altri”: stranieri perché estranei alla comunità o, con la connotazione
moderna, turisti ai quali si è desiderosi di mostrare l’aspetto più “vero” e
più accattivante del paese. E’ il caso di Cetina, la cui contraddanza è
stata rappresentata anche a Venezia durante il Carnevale ma, a detta
degli stessi Aragonesi, la manifestazione assume senso solo se inserita
nel proprio contesto cerimoniale
5
.
3
Hanna J.L., Danza e religione, trad. it. in Enciclopedia delle religioni, diretta da
M.Eliade, ed. Tematica Europea acura di D.M. Cosi, L. Saibene, R. Scagno, Vol.2: Il
rito.Oggetti, atti, cerimonie [1986] Marzorati/Jaca Book, Milano 1994: 127-134.
4
Sul valore simbolico della questua cfr. Giallombardo F., Festa orgia e società,
Flaccovio, Palermo 1990: 25-38.
5
Beltrán Martínez A., La contradanza de Cetina in Id., Pueblos de Aragón II, Institución
Fernando el Católico, Zaragoza 2000: 177.
3
La danza esprime infatti valori sociali e sacrali, espressione di
un’idea elaborata dalla comunità. Una danza eseguita nell’ambito di una
festa aggrega il paese esprimendo una forma di preghiera comunitaria,
come nel caso del ballo di San Rocco e nelle processioni della Settimana
Santa, vissute ancora oggi dai fedeli come una forma di devozione
diretta. Ancora insieme ad altri elementi rituali come il fuoco,
l’agonismo rituale (cfr. capitolo relativo al dance), l’orgia alimentare,
sonora e, talvolta, perfino del sangue (nel caso della manifestazione di
Calanda), la danza è espressione di significati profondi legati ad antichi
culti connessi ai cicli riproduttivi della natura che la religione cattolica
non ha cancellato, ma ai quali si è sovrapposta
6
. Questo valore della
danza è ancor più evidente se si osserva l’azione di personaggi
(Rabadán) o di maschere (Cipotegato) che rimandano con evidenza a
entità ctonie. In tali contesti risulta pregnante anche la presenza del cibo
nelle modalità dei banchetti opulenti, spesso a base di carne, con i quali
si concludono i festeggiamenti, dello spreco rituale di elementi della
natura (il Cipotegato è accolto a Tarazona con una pioggia di pomodori!)
o ancora nell’utilizzo di dolci o elementi vegetali quali oggetti della
danza
7
(esempio: ballo “de la Rosca”).
6
Cfr. Giallombardo F., La tavola l’altare la strada. Scenari del cibo in Sicilia, Sellerio,
Palermo 2003: 51-56.
7
Cfr. Lanternari V., La grande festa, Dedalo, Bari 1976; Giallombardo F., op.cit.: 39-47.
4
Il mio lavoro prende l’avvio da uno studio del fenomeno danza in
chiave etnoantropologica per poi snodarsi attraverso l’analisi delle
principali feste dei centri aragonesi, entro cui hanno una forte rilevanza
le danze religiose e cerimoniali. In particolare ho ritenuto utile
approfondire lo studio del dance, manifestazione drammatico-coreutica,
per l’imponente significato religioso e sociale. Nello studio di questa
forma di danza mi avvalgo della descrizione di una manifestazione
esemplificativa, il dance eseguito a Las Tenerías, e di altre, il dance che
annualmente si interpreta a Cetina e quelli caratterizzati dall’azione del
Cipotegato, che, pur distanziandosi dai canoni della forma tradizionale,
evidenziano aspetti particolari dello stessa tipologia di evento coreutico.
Ho rivolto la mia attenzione anche a danze processionali realizzate
con simulacri. Esempio calzante sono, a tale riguardo, il ballo di San
Rocco e le azioni della Settimana Santa a Calanda. L’attenzione al
patrimonio coreutico aragonese, infine, non ha escluso la descrizione di
altre forme di danza come la Rosca e i mayordomos, degne di rilievo per
le funzioni socio-simboliche da esse dispiegate.
5
1. LA DANZA: VALORI FUNZIONALI E SIMBOLICI
«Il Signore, tuo Dio, è in mezzo a te, […]
Danzerà per te giubilando, come nei giorni di festa»
Sofonia 3,17-20
1
La danza, come attività sociale e rituale, è propria di diverse culture,
ma il concetto di danza varia notevolmente da cultura a cultura. Ogni
società infatti conosce la danza, ma vi associa particolari definizioni e
forme, codificandone i gesti e specificando le parti del corpo interessate dal
movimento. La descrizione, anche sommaria, del Kebyar, una particolare
danza eseguita dagli abitanti di Bali, mostra come l’utilizzo degli arti
inferiori non sia indispensabile per la realizzazione dell’evento coreutico.
«La danza si esegue in posizione seduta […]. Questa è sempre scandita da
accenti molto precisi e marcati del capo e delle mani»
2
. Al danzatore è
richiesto un notevole impegno. Questi «deve tenersi sempre molto vicino al
suolo, parte seduto e parte in ginocchio, e solo di quando in quando cambia
1
La Bibbia, Edizioni paoline, Milano 1990: 1485.
2
Holt C., Bateson G., Forma e funzione della danza a Bali, in Bateson G., Boas F.,
Courlander H., Gorer J., Holt C., La funzione sociale della danza. Stili di danza e modelli di
vitanel racconto di un gruppo di antropologi [1944, 1972], trad. it., Savelli, Milano 1981:
103.
6
posto con piccoli caratteristici balzi senza mai alzarsi davvero»
3
. La stessa
concezione estetica della danza è peculiare della cultura che la esegue ed è
legata a una dimensione sociale e culturale. Il concetto di “bello” legato alla
danza si esprime anche nell’attenzione rivolta a particolari movimenti e a
specifiche competenze richieste al danzatore. «Gli Indiani stessi nel
valutare il grado di perfezione di una danza parlano sempre dell’abilità del
danzatore o della danzatrice nell’uso delle ginocchia»
4
.
Un’attività che in una determinata cultura può essere riconosciuta
come danza in altre culture può anche non essere interpretata come un
fenomeno coreutico o può rientrare in altre categorie di movimenti. La
definizione e il riconoscimento del fenomeno danza rientra in ogni cultura
in una classificazione dei diversi movimenti formalizzati che ogni società
divide in categorie. Allo stesso modo lo stesso concetto di danza è
sottoposto a una dimensione culturale. La definizione di danza rientra nelle
varie culture in un inventario o una tipologia di generi propri della stessa
cultura. Per gli abitanti di Haiti, ad esempio, non esiste una netta
distinzione tra musica e danza. Infatti «il canto, il suono dei tamburi e il
movimento della danza sono […] parti di un tutto»
5
. In quest’isola sono
3
Ivi: 104.
4
Boas F., Danza e musica nella vita degli Indiani della costa nord-occidentale dell’America
Settentrionale, in Bateson G., Boas F., Courlander H., Gorer J., Holt C., op. cit., 1981: 20.
5
Courlander H., Danza e dramma danzato a Haiti, in Bateson G., Boas F., Courlander H.,
Gorer J., Holt C., op. cit., 1981: 79.
7
diffusi i modi di dire «tambou’ ça yo chanté» e «tambou’ ça yo dansé»
6
con
i quali si attribuisce allo stesso oggetto (tamburo) la capacità di cantare e
danzare. Nonostante la danza rivesta un ruolo fondamentale in ogni aspetto
della vita sociale e religiosa manca un preciso e ben definito “concetto” di
danza.
Ci si scontra dunque con la variabilità culturale del concetto di
danza. La danza è un fatto sociale e viene quindi definita, formalizzata e
inserita in categorie articolate dalle varie culture. Un fatto sociale prodotto
delle rappresentazioni e frutto della coscienza collettiva è un fenomeno
esterno all’individuo, ma capace di condizionare il suo comportamento
attraverso elementi creati e qualificati dalla collettività. L’esecuzione della
danza interessa il concetto di uomo “totale”, colpito in tutto il suo essere
dalla minima percezione o dal minimo choc mentale. «Ritmi e simboli […]
non impegnano semplicemente le facoltà estetiche e immaginative
dell’uomo, ma anche tutto il suo corpo e tutta la sua anima, a un tempo»
7
.
Essi coinvolgono corpo, istinti, emozioni, volontà e percezioni. A tal
proposito Mauss descrive i modi in cui gli uomini, nelle diverse società, si
servono del loro corpo per compiere delle azioni. «Il corpo è il primo e più
naturale strumento dell’uomo»
8
.
6
Ibidem.
7
Mauss M., Rapporti reali e pratici tra la psicologia e la sociologia, in Id., Teoria generale
della magia e altri saggi, Einaudi, Torino 1965: 320.
8
Mauss M., Le tecniche del corpo, in Id., op.cit.: 392.
8
Le tecniche corporee utilizzate per compiere attività come il nuoto, la
marcia e altre simili sono fenomeni sociali. Le tecniche del corpo (e tra
queste anche la danza) non dipendono dall’individuo ma sono anch’esse dei
fatti sociali, sono frutto dell’insegnamento e dell’esigenza, sentita anche
incosciamente, di adattarsi a delle norme sociali. Movimenti
apparentemente “naturali” sono legati alle norme della società che li
esegue. La stessa differenza che esiste tra i movimenti delle donne e quelli
degli uomini è solo in minima parte dovuta a differenze biologiche
9
. Il
rapporto tra l’individuo e il gruppo è quindi alla base delle tecniche con cui
ogni individuo usa il proprio corpo secondo modalità imposte dalle società
di appartenenza. La danza, essendo un prodotto dell’attività sociale e un
fenomeno culturale non individuale, risponde a delle regole, convenzioni e
dinamiche di tipo sociale che possono differenziarsi in culture diverse.
L’individuazione di elementi che permettano una visione “etica” e
non “emica”
10
del fenomeno è necessaria per la formulazione di un
concetto di danza che definisca il criterio con cui è possibile individuare il
fenomeno coreutico tra altri movimenti formalizzati che appartengono ad
altre categorie. Il movimento è infatti presente in svariate pratiche e, a un
livello di analisi più superficiale, può apparire difficile distinguere ad
esempio alcune danze dall’atletica o dal teatro e può sembrare altresì
9
Ivi: 394.
10
Boiles C., Danza, in Enciclopedia Einaudi, vol. IV, Torino 1978:364.
9
complicato riconoscere movimenti di danza in pratiche apparentemente
distanti dal concetto di danza, come i movimenti dei portatori di fercoli in
alcune feste patronali o l’azione di personaggi mascherati, o ancora le corse
votive che si svolgono durante le celebrazioni di feste religiose. Una
classificazione della danza secondo uno schema “etico” piuttosto che
“emico” deve dunque prescindere da una valutazione culturale del
fenomeno cinestetico. La danza è sicuramente caratterizzata da un
movimento ritmato, ma una definizione esaustiva di danza che permetta di
individuare delle caratteristiche peculiari che la distinguono da altri
fenomeni simili non si può limitare a individuare la danza in base a questo
singolo elemento, in quanto una tale descrizione non attiene in modo
esclusivo al movimento coreutico.
Il movimento coreutico si distingue da altre attività che si basano sul
movimento corporeo, eppure dei movimenti eseguiti nella danza possono
trovarsi anche in altri generi di comportamento cinestetico. Lo sport, il
teatro, la conversazione, un lavoro che segua un determinato schema
ritmico, l’esercizio dell’atletica e la danza sono le categorie fondamentali
che articolano i movimenti comportamentali, i quali risultano differenziati
da modalità di organizzazione temporale associate al movimento
11
. Il tempo
reale, inteso come successione lineare di eventi, può essere organizzato in
segmenti di durata arbitraria, riconducibili a quattro categorie principali.
11
Boiles C., op.cit.: 366.
10
Il tempo ritmico o di misura (tempo musicale) è scandito da unità
arbitrarie selezionate su base metronomica. Vi è poi il tempo cinetico,
scandito dal movimento stesso come unità di misura la cui durata è data
dalla quantità minima di tempo reale necessaria a compierlo con efficienza
massima. A esso si contrappone il tempo di programma, dominato dal
protocollo che determina la durata di ciascun segmento del programma e
quindi stabilisce il momento dell’esecuzione e la durata del movimento.
Infine il tempo narrativo si identifica con il tempo del discorso, in cui la
durata del movimento è subordinata alla lunghezza dell’esposizione a cui è
associato. La danza organizza il movimento in base ai quattro tipi di
organizzazione temporale all’interno del tempo reale
12
. Secondo questo
criterio la prevalenza di una organizzazione temporale su un’altra inserisce
un fenomeno in una categoria o lo sposta da una a un’altra. È così che il
teatro può diventare danza se il tempo ritmico prevale sul tempo narrativo,
così come un movimento sottoposto esclusivamente al tempo cinetico può
essere classificato come movimento atletico e non come danza
13
. Seguendo
lo stesso criterio classificatorio è possibile includere come forme di danza
anche altre azioni svolte durante occasioni religiose o cerimoniali e
organizzate secondo i continua cinetico-metrico-descrittivo. I movimenti
eseguiti dai portatori di fercoli recati in processione, le corse votive e le
12
Boiles C., op.cit.: 367-368.
13
Ivi: 372.
11
azioni svolte nell’ambito di pantomime e rappresentazioni drammatiche
14
si
inseriscono adeguatamente in questa categoria.
L’individuazione del valore sociale della danza induce ad analizzarne
il valore funzionale, vale a dire il ruolo rivestito dalla danza nel contesto
della cultura. La danza, inserita in occasioni particolari ritenute
fondamentali dalle singole società o comunità, assolve diverse funzioni e
dispiega significati molteplici. «È nel significato che riveste la danza
nell’ambito delle varie culture locali che si possono meglio indagare le
relazioni tra danza e religione»
15
. Nelle culture di interesse etnologico, così
come in ambito folklorico, la danza riveste un ruolo importante nella vita
quotidiana e nel sistema di credenze non sempre legate ai dogmi ufficiali
ma inserite in una diversa concezione del sacro. La danza può essere
connessa a celebrazioni magico-religiose (dal culto dei morti ai riti
propiziatori, dagli esorcismi alle pratiche esoteriche) o a riti di passaggio
(nascita, iniziazione, adolescenza, matrimonio, successione a uffici politici
e morte), finalizzati a controllare i momenti critici dell’esistenza del singolo
e della comunità, momenti in cui l’individuo muta la propria condizione
sociale e si ritengono necessari degli atti che regolino questi mutamenti
facendo in modo che non turbino la coesione e la continuità temporale della
14
Bonanzinga S., Tipologia e analisi dei fatti etnocoreutici, in “Archivio Antropologico
Mediterraneo”, II/1-2, Sellerio, Palermo 1999: 80-95.
15
Friedland L.E. Danza popolare e folklorica, trad. it. in Enciclopedia delle Religioni, diretta
da M. Eliade, edizione tematica europea a cura di D. M. Cosi, L. Saibene, R. Scagno, vol. 2:
Il Rito. Oggetti, atti, cerimonie [1986], Marzorati/Jaca Book, Milano 1994: 139.
12
società stessa
16
. La danza può anche essere utilizzata come parte del rituale
del corteggiamento (in alcune società i balli sono le uniche occasioni
d'incontro per i giovani). Essa, inoltre, può essere rappresentazione artistica
destinata al pubblico ed eseguita da ballerini professionisti. Alcune danze,
infine, possono essere eseguite per puro svago.
Un ordine all’interno dell’apparente polisemicità può essere
raggiunto attraverso l’individuazione del simbolismo sotteso alle funzioni-
occasioni della danza la cui analisi funzionale permette di ravvisarne il
significato profondo che essa riveste nelle varie culture. La danza infatti
può assumere significati e funzioni diversi a seconda delle civiltà e delle
occasioni in cui viene praticata. Uno studio della danza nel contesto della
cultura porta a una analisi del simbolismo della danza. Nell’ambito della
funzione religiosa e cerimoniale, la danza ha un’importante valore
simbolico, essendo rappresentazione simbolica di idee o comportamenti.
In funzione del contesto di esecuzione e del coinvolgimento è
possibile distinguere tre categorie di danza, con riferimento alla religione e
ai valori dello spirito: danza religiosa, danza cerimoniale e danza sociale
17
.
In realtà non esiste una divisione fissa delle tre categorie di danza. La
danza è coinvolta con i processi sociali ed è sufficiente un mutamento in
qualche fattore per determinare uno spostamento di categoria.
16
Van Gennep A., I riti di passaggio, Boringhieri, Torino 1981: 41.
17
Friedland L.E., op.cit.: 139.
13
La fluidità del fenomeno danza lo rende suscettibile a cambiamenti
sostanziali. «Se muta il contesto, ad esempio, la danza sociale può divenire
cerimoniale e questa, a sua volta, può diventare religiosa se cambia il tipo
di coinvolgimento (è quel che avviene quando un danzatore viene
“posseduto” da uno spirito o da una divinità)»
18
. Ciò che accomuna le tre
categorie della danza, è comunque il suo carattere collettivo, evidente nella
sua interpretazione quando non nella sua esecuzione. E’ il carattere
collettivo della danza che garantisce la stessa efficacia simbolica dei gesti.
La danza religiosa è sempre parte di un culto religioso ed è spesso
eseguita in un tempio o in un santuario. Essa viene considerata una forma di
devozione concreta, più che un semplice simbolo. Il danzatore tende a
esprimere rispetto nei confronti del divino, interagendo direttamente con
esso
19
. Le forme maggiormente diffuse di tale danza sono le danze circolari
e processionali. Inteso e realizzato come preghiera, il gesto presuppone un
luogo sacro. La danza in cerchio determina e racchiude il luogo sacro,
differenziandolo dal profano
20
. Vi sono anche forme di esecuzione solistica:
è il caso di un danzatore posseduto da uno spirito o da una divinità. Il
significato più profondo della danza è evidente nelle danze imitative e
precipuamente in quegli atti e gesti che imitano la divinità. La danza risulta
un mezzo per attuare la comunione con la divinità, procedimento che può
18
Ibidem.
19
Ibidem.
20
Cocchiara G., Il linguaggio del gesto (I ed. 1931), Sellerio, Palermo 1977: 49-50.
14
essere aiutato anche dalla maschera. Per ciò che attiene alle danze imitative,
il principio concettuale che sta alla base di queste danze è il medesimo che
regge le pratiche della magia omeopatica
21
. «L’ essenza stessa delle cose
[…] è inerente a ciò che è percettibile, alla forma, ai movimenti; basta
perciò “imitare”, raffigurare gli avvenimenti desiderati per forzarne la
realizzazione»
22
. Allo stesso modo imitare un “oggetto” equivale a
catturarne l’essenza. Imitando un oggetto, o un animale totemico, se ne
acquisiscono le energie e ancor di più si diventa “l’essere” imitato. Poiché
«lo spirito segue la forma» il danzatore è posseduto quando si traveste, dal
momento che ne riceve lo spirito. Nelle danze mascherate gli spiriti
assumono quindi una forma concreta e spesso animale. Con la maschera
l’individuo perde il suo aspetto esteriore e, assumendo un aspetto diverso,
ammette in se uno spirito altro. Mascherandosi si perde quindi la propria
personalità. Il danzatore agisce come lo spirito che la maschera rappresenta.
Ornamenti e danza, realizzata con un significato cultuale, intensificano la
forza dell’atto magico
23
.
Rapporti con i morti o con le forze maligne, legati a rituali magici e
di guarigione ma anche eventi religiosi come feste patronali, celebrazioni
del carnevale e riti di passaggio o feste stagionali sono invece il terreno
della categoria più estesa di danza, ovvero la danza cerimoniale.
21
Cfr. Mauss M., Saggio di una teoria generale della magia, in Id., Teoria generale della
magia e altri saggi, Einaudi, Torino 1965: 67-74.
22
Sachs C., Storia della danza [1933], trad. it. Il Saggiatore, Milano 1966: 98.
23
Ivi: 154-160.
15
In questa seconda categoria, la danza figura come parte di un ampio
complesso di eventi celebrativi, legati a occasioni tanto religiose quanto
profane. Tali occasioni palesano un alto grado di sacralità manifestando
convinzioni spirituali che accomunano sacro e profano. «La danza
cerimoniale viene percepita come capace di trascendere la realtà della vita
quotidiana, tendendo a un potere spirituale più elevato, che spesso viene
identificato con la divinità»
24
.
L’azione magica è ricercata attraverso l’imitazione che si considera
sufficiente a catturare una forza. Ecco allora che la realizzazione del fine
desiderato si anticipa con una pantomima, la quale finisce inevitabilmente
con l’imporsi sui fatti nell’immaginario collettivo. Le danze di imitazione
animale si basano su questo principio: imitare gli animali equivale a ridurli
sotto il proprio potere
25
. Dopo la caccia la danza placa l’anima dell’animale
abbattuto. Determinati animali dispongono di un potere magico e imitarli
significa impossessarsi del loro potere. D’altra parte non si può dimenticare
come la danza animale sia talvolta eseguita con l’intento di favorire la
riproduzione di alcuni animali da allevamento
26
.
Lo stesso fine può essere perseguito con un procedimento simbolico.
24
Friedland L.E., op.cit.: 139.
25
Sachs C., op.cit.: 103.
26
Ivi: 104.