6
Continuando nell’excursus storico, per addentrarci più da vicino nell’ottica del
corrispondente sono presentati alcuni fra i personaggi più influenti e rilevanti, che
hanno caratterizzato il ruolo del corrispondente giornalistico innalzandolo ad una
delle figure più importanti del giornalismo. Quella di chi agisce singolarmente e in
prima linea, senza remore e senza farsi condizionare dai poteri forti in nome di un
unico ideale: osservare con i propri occhi per raccontare un fatto ed informare il
pubblico.
Appurata l’analisi storica, la seconda parte del lavoro cerca di delineare la
condizione attuale del corrispondente seguendo due direzioni: da un lato si
esaminano i cambiamenti e le tendenze in atto nel giornalismo contemporaneo,
indispensabili per cogliere l’evoluzione e le vie che perseguono i sistemi editoriali
attuali, mentre dall’altra parte si illustrano i caratteri propri del corrispondente e le
prospettive del suo ruolo. In questa analisi specifica, che rappresenta un tentativo
di abbracciare e svelare la realtà del corrispondente indagata dal suo punto di
vista, fondamentali è stato l’apporto di quattro addetti ai lavori, che vivono o
hanno vissuto in prima persona la parabola e gli sviluppi della professione nel
corso degli ultimi venti anni. Pareri preziosi e illuminanti per descrivere il presente
e ipotizzare i futuri scenari di un ruolo che, pur con molte differenze e
ridimensionamenti, appare destinato a rimanere pressoché irrinunciabile nel
panorama informativo ancora per lungo tempo.
Il motto del corrispondente, quale mi è stato raccontato da un giornalista che a sua
volta lo ha ricevuto da Ruggero Orlando, è solo una variante di quello dell’arma
dell’artiglieria; il che già dice molto sull’orgoglio professionale che lo ispira.
Recita: “Dietro i cannoni; davanti ai cavalli; e lontano dai capi”.
7
CAPITOLO I
TECNOLOGIA E GIORNALISMO:
UN CONNUBIO INSCINDIBILE.
La comunicazione rappresenta uno strumento proprio e unico per l’uomo.
È incontrovertibile, infatti, che l’essere umano abbia nella sua indole la necessità di
relazionarsi con il prossimo e i motivi, del resto, sono facilmente intuibili.
Sin dalla sua origine, l’uomo ha dovuto cooperare con i suoi stessi simili per
bisogni essenziali. L’esempio più lampante ed immediato lo si può rintracciare già
agli albori della vita umana. Toccò agli uomini primitivi infatti sperimentare come
fosse un’esigenza primaria per la loro stessa sopravvivenza l’entrare in contatto
con gli altri simili. Anche solo per cacciare o per individuare una sicura dimora
(caverne e grotte furono i primi rifugi) l’uomo aveva bisogno di un aiuto o di una
collaborazione con gli altri individui.
Da qui si può comprendere come il comunicare sia per l’uomo un elemento
indispensabile e irrinunciabile, che lo ha sempre accompagnato segnandone tutta
la storia.
La strada che ha portato la civiltà umana “a scoprire” la comunicazione è costituita
da tante tappe intervallatesi nel tempo. Ognuna di queste ha significato un
progresso, un aumento cioè delle possibilità che si aprivano agli occhi dell’uomo
stesso. Un modo, allora, di crescere attraverso lo sviluppo; ma anche un’occasione
di estendere la conoscenza della realtà circostante, che negli ultimi tempi - intendo
gli ultimi cinque secoli – ha subito, forse in maniera imprevista, un’accelerazione
irrefrenabile, che continua ancora durante i nostri giorni a cancellare vecchi limiti
per disegnare nuovi confini. Pur con una situazione di continuo divenire, da
tempo ormai la comunicazione ha raggiunto una posizione trainante all’interno
della nostra società. Non a caso, tutti gli studiosi del settore, sono concordi nel
8
definire la nostra la “società dell’informazione”, proprio per sottolineare
l’enorme spazio e la relativa capacità di influenza che hanno conquistato i mezzi di
comunicazione (di massa) all’interno della società.
Col tempo e con il progressivo sviluppo la comunicazione ha differenziato le sue
forme e le sue modalità di esecuzione.
1.1 L’uomo e la comunicazione
La prima forma di comunicazione che l’uomo utilizzò fu quella “face to face”, cioè
il confronto faccia a faccia tra due o più esseri umani. Oltre ad essere la più antica,
questa è anche la modalità più intuitiva e diretta, perché si fonda sulla
condivisione di una stessa dimensione spazio-temporale, sulla natura dialogica
della comunicazione e sul fatto che il messaggio è rivolto unicamente ad un solo
destinatario. Le tecniche con le quali si realizza tale tipo di interazione sono quelle
cosiddette “primarie”, come il gesto, l’espressione e la parola.
Successivamente la comunicazione “face to face” venne affiancata da un’altra
modalità: la “comunicazione mediata, detta anche indiretta. Questa si estrinseca
attraverso tecniche secondarie (così definite perché indirette) come la scrittura e
tutto il sistema dei simboli grafici e audiovisivi”.
1
Tale situazione comunicativa è
propria, allora, di strumenti quali la lettera o il telefono, nei quali permangono
l’elemento dialogico e l’unicità del destinatario, ma dove non c’è più la
condivisione spazio-temporale.
Col tempo, grazie allo sviluppo di nuove forme e strumenti, sempre più innovativi
e in grado di aprire nuove prospettive, emerse un’ ulteriore tipologia di
interazione: la comunicazione di massa.
1
Cfr. A.Silbermann, Communication de masse. Elements de sociologie emporique, citato in Pacelli
D., La conoscenza dei media nella prospettiva sociologica, Edizioni Studium, Roma, 2002.
9
Si tratta della comunicazione dominante nella nostra società, che non a caso, è
stata definita “società di massa”. Qui le caratteristiche proprie del “face to face”
vengono completamente capovolte: non più condivisione ma separazione della
sfera spazio-temporale, con un messaggio unidirezionale diretto verso una
molteplicità indefinita di destinatari colpiti simultaneamente dal messaggio, senza
possibilità di risposta.
Ciò è reso possibile dai mezzi di comunicazione di massa, che in tale contesto non
sono più uno strumento utile per realizzare la comunicazione, bensì sono il fattore
predominante della stessa. A tal proposito Denis McQuail chiarì bene la funzione
dei mass media (espressione composta da un termine inglese mass, che significa
“massa”, e da uno latino, media, che è il plurale di medium, parola che significa
“mezzo”, “strumento”) affermando che essi sono “quegli strumenti utilizzati per
realizzare produzione, trasmissione e diffusione su grandi distanze di notizie,
immagini, suoni atti a raggiungere in modo simultaneo, o comunque in tempi
estremamente brevi, un gran numero di persone”.
Quando tra l’Ottocento e il Novecento fecero la loro comparsa, questi mezzi
apportarono numerose novità. Nel mondo della comunicazione, infatti, come ha
sottolineato Neil Postman, avviene quello che di solito si verifica anche in natura:
un cambiamento importante genera un cambiamento totale. Per dirlo come
Postman, allora, “una nuova tecnologia non aggiunge e non sottrae nulla: cambia
tutto”.
2
“I mass media hanno così cambiato le modalità di lettura e di scrittura, hanno
variato i tempi e le caratteristiche del divertimento, hanno rimodellato il sensorio e
tendono a modificare i processi educativi che erano stati adottati dagli uomini nei
secoli precedenti. Se il mondo della parola punta sulla logica, su rapporti di
2
Cfr. Postman N., Tecnhopoly. La resa della cultura alla tecnologia, tradotto da Lombardi M.,
Bollati Boringhieri, Torino, 1992.
10
successione, sulla storia, sull’obiettività e la disciplina, il mondo dei media, di
contro, è imperniato sulla fantasia, sulla contemporaneità, l’intimità e la gratifica
immediata”
3
.
La comparsa dei mass media testimoniò un grosso progresso per la civiltà umana.
La facoltà di comunicare ha determinato infatti miglioramenti continui tanto per
l’uomo quanto per il suo progresso culturale. Per questo motivo la ricerca di mezzi
e tecnologie sempre più avanzate hanno accompagnato sin dall’inizio il cammino
della specie umana. Logicamente, però, ogni società si adatta al proprio tempo.
Così, se dovettero passare tanti secoli per la formazione del linguaggio e tanti altri
per la nascita e per la diffusione della scrittura, arrivando ai giorni nostri, in una
società strutturata sulla comunicazione, si assiste ad un’impennata di invenzioni di
nuovi mezzi, capaci di aprire inimmaginabili orizzonti: il telegrafo, il telefono, la
radio, il cinema, la televisione, poi il computer, Internet, e l’ultimo arrivato, il
formato digitale, permettono all’uomo di variare a proprio piacimento le
possibilità di mettersi in relazione con gli altri, creando una comunicazione con
molte sfaccettature, in grado di estrinsecarsi in tante diverse forme.
Questo particolare tipo di fare comunicazione (di massa) è andato in continuo
crescendo, seguendo la costante crescita ed influenza che i mass media hanno
acquisito all’interno della nostra collettività.
Sembrano lontani oggi i tempi in cui c’erano solo pochi giornali e alcune stazioni
radio a dare informazioni (eppure basta tornare indietro di alcuni decenni) su ciò
che accadeva.
Ora la scena è profondamente mutata e accanto a radio e giornali c’è stata la
prepotente ascesa della televisione prima e di Internet poi. In questo modo sono
state superate tutti quelle barriere temporali e quelle frontiere spaziali ancora
3
Cfr. Baldini M., Storia della comunicazione, Newton, Roma, 1995.
11
rimaste e si è venuto a creare quello che il più illustre massmediologo del XX
secolo, Marshall McLuhan, ha ribattezzato “villaggio globale”, per indicare come,
con l'evoluzione tecnologica dei mezzi di comunicazione, il mondo sia diventato
“piccolo” e abbia assunto di conseguenza i comportamenti tipici di un villaggio.
Come sostiene McLuhan, allora, in tal modo le distanze siderali che in passato
separavano le varie parti del mondo si sono ridotte e il globo stesso ha smarrito il
suo carattere di infinita grandezza per assumere quello di un villaggio.
La grande, e forse imprevista almeno per la pressante velocità, ascesa dei mass
media ha generato dagli anni Cinquanta in avanti un acceso dibattito sul ruolo e
sulle funzioni svolte dai media stessi, generando due concezioni opposte tra loro.
Schematizzando assai: da una parte gli apocalittici, secondo cui i mass media
rappresentano un’ottima arma per dittatori e demagoghi, poiché sono strumenti
che tendono a creare desideri artificiali e a distruggere le differenze tra culture,
omogeneizzandole. Dall’altro lato, invece, troviamo gli integrati, cioè coloro che
interpretano e vedono nei media un’ulteriore possibilità di crescita per l’uomo,
perché così si apre finalmente a ogni singolo individuo l’opportunità di superare
vecchi ostacoli per conoscere ed entrare in contatto con altri individui e diverse
culture. Successivamente di fronte all’incontrastato dominio della televisione si
sono levate altre voci critiche, che hanno ammonito sul rischio dell’eccessiva
pervasività dei media: tra questi, spicca il pensiero di Derrick de Kerckhove, allievo
ed erede intellettuale di McLuhan, che delineò la negatività del mezzo televisivo
sostenendo che esso “parla in primo luogo al corpo e non alla mente”
4
e che
trascinando lo spettatore da un’immagine all’altra costringe a rinunciare alla
decodifica interiore del messaggio. In altre parole, la televisione non
permetterebbe ai suoi fruitori di riflettere su ciò che stanno guardando, perché
4
Cfr De Kerckhove D., Brainframes, citato in Baldini M.op. cit. pag. 78.
12
davanti ad essa si è costretti a pensare col nostro corpo piuttosto che con la nostra
testa. Il rischio conseguente a questo quadro d’insieme è – secondo la teoria di De
Kerckhove – l’avvento della “telecrazia”
5
, ovvero di una realtà in cui l’uomo è
disorientato e soggiogato dalla natura e dalle tecniche proprie dei media di massa.
Al di là del sistema dei media e delle sue caratteristiche, è utile effettuare un
cammino a ritroso per conoscere i vari passaggi che hanno contraddistinto la storia
della comunicazione, anche per capire come si è arrivati al nostro tempo, alla
società che ci circonda, quella che, non a caso, è stata definita “società
dell’informazione”.
1.2 Dall’alfabeto alla stampa: un passaggio lungo cinquemila anni.
Storia della comunicazione significa progresso della comunicazione, ovvero
ripercorrere le tappe che dalle prime, rudimentali, forme di linguaggio si sono
gradualmente succedutesi fino a sfociare nell’attuale era di Internet.
La prima forma di comunicazione rintracciata nel corso della storia sono le
rappresentazioni pittoriche del Paleolitico. Con esse si parla, però, ancora di “arte
preistorica” perché la funzione di queste decorazioni non era esattamente quella di
comunicare ma piuttosto quella di esprimere, una differenza labile ma
inequivocabile.
Successivamente, all’incirca tra il 5.000 e i 4.000 anni a.c., fecero la loro
comparsa i Sumeri, un popolo di provenienza ignota che si stabilì nella bassa
Mesopotamia, l’attuale Iraq meridionale, tra i fiumi Tigri ed Eufrate. A loro viene
attribuito il merito di aver inventato la scrittura.
L’invenzione della scrittura non fu un evento casuale per i Sumeri. Questo popolo
era infatti già molto organizzato e necessitava di un sistema di controllo e di
5
Cfr. De Kerckhove, citato in Baldini M., op. cit., pag. 79.
13
contabilità per regolare la circolazione dei prodotti all’interno della propria terra.
Come mezzo di espressione utilizzavano infatti l’argilla (materia prima di cui
abbondavano), che veniva essiccata al sole o cotta nelle fornaci prima di scrivervi
sopra con il chiodo.
Datate 3.300 anni fa, le prime testimonianze di scrittura giunteci sono le “tavolette
di Uruk”, dei pittogrammi – una forma di scrittura che utilizza dei simboli stilizzati
di un’immagine - incisi su piccoli pani di argilla.
6
Con i soli pittogrammi, però, la
scrittura cuneiforme dei Sumeri era molto limitata (si registravano essenzialmente
operazioni economiche e, più tardi, alcuni eventi storici e religiosi), poiché si
potevano rappresentare solo gli oggetti concreti. Per rimediare poco dopo
comparvero l’ideogramma – un simbolo usato per rappresentare un’idea - e anche
le prime rudimentali forme di fonetica - un segno rappresenta un suono. “Tuttavia,
pur con tutte le loro innovazioni, il sumerico non raggiunse mai lo stadio finale
della scrittura, cioè la creazione di un alfabeto”
7
.
Due secoli dopo i Sumeri ci fu un altro popolo che giunse all’ideazione della
scrittura, gli Egizi che svilupparono tre modalità diverse – “ieratico”, “geroglifico”
e “demotico” – utilizzati a seconda dei contesti e degli eventi. L’elemento in
comune era però il materiale. Gli Egizi furono i primi, infatti, ad introdurre il
papiro, una pianta a forma di ombrello che cresceva in abbondanza sulle rive del
Nilo. “Rispetto all’argilla, il papiro forniva un materiale più robusto ma flessibile,
leggero e agevole all’uso, anche perché era più consistente e facilmente
trasportabile”
8
. Ciò permise in breve tempo agli Egizi di diffondere la loro scrittura
in tutto il mondo antico.
6
Cfr. Giovannini G., Dalla selce al silicio, storia della comunicazione e dei mass media, Libri
Scheiwiller srl, Milano, 2003.
7
Cfr. Giovannini G., op. cit. pag. 24.
8
Cfr. Ivi, pag. 29.
14
Tra l’altro, secondo le testimonianze, gli Egizi inventarono anche il più comune
mezzo di trasmissione delle notizie, ovvero la posta. Scritte su foglietti di papiro in
senso verticale, le lettere venivano ripiegate e contrassegnate con i nomi del
mittente e del destinatario. Non sembra che ci fosse un sistema organizzato di
spedizione postale e per la trasmissione si usavano appositi messaggeri di sicura
fiducia.
Il passaggio dalla scrittura all’alfabeto, ad “una lista cioè di 20-30 lettere che
indicano i suoni più semplici in cui una lingua si può scomporre e che permettono
di trascrivere questa lingua”
9
, spetta ai Fenici. Questi si svilupparono nell’attuale
Libano verso il XII secolo e crearono un sistema di 22 segni – solo le consonanti,
perché le vocali furono aggiunte dai Greci – definito lineare, perché le lettere erano
tracciate solo con linee dritte o curve. Le ragioni che portarono alla creazione
dell’alfabeto furono dovute anche per i Fenici all’ampio sviluppo del commercio,
che per essere espletato richiedeva documentazioni scritte.
Come detto, altre innovazioni vennero dai Greci che con l’introduzione delle vocali
attuarono un passo decisivo verso la “democratizzazione del sapere”. In tal modo,
infatti, il sistema scritto diventò comprensibile a tutti, poiché non si richiedevano
più conoscenze extratestuali, proprie solamente di alcune classi sociali.
In base al susseguirsi degli strumenti della comunicazione, presso i Greci si attuò
il primo passaggio di cultura: dalla cultura orale (che tramanda le conoscenze solo
ed unicamente attraverso il parlato) si passò alla cultura manoscritta o
chirografica (che trasmette il sapere con la scrittura).
Guardando alle novità introdotte nel tempo, è inevitabile ricordare anche
l’importanza della Cina; fu qui infatti che si originò una vera rivoluzione nel campo
dei supporti alla scrittura, grazie all’invenzione della carta, un materiale pressoché
9
Cfr Giovannini G., op. cit., pag. 33.