CAPITOLO 1
UNA PANORAMICA SULL’UTILIZZO DEL VETRO COME MATERIALE
STRUTTURALE NELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA
Se consideriamo l’Architettura, soltanto come arte bella,
prescindendo dalla sua destinazione ai fini pratici, [..] non ci è
possibile attribuirle altro intento se non quello di rendere più
chiare all’intuizione alcune idee [..] quali gravità, coesione,
solidità, durezza – proprietà generiche della pietra [..] e poi,
oltre quelle, la LUCE: che per molti aspetti è di quelle un
contrapposto.
Arthur Schopenhauer
Tradition left no orders concerning this material as a means of
perfect visibility: hence the sense of glass as crystal has not, as
poetry, entered yet into architecture. [..] Shadows were the
‘brush work’ of the ancient Architect. Let the modern now
work with light, light diffused, light reflected – light for its own
sake, shadows gratuitous.
Frank Lloyd Wright
1.1 Introduzione
L’utilizzo estensivo del vetro è diventato ormai il segno distintivo dell’architettura
contemporanea, elemento di caratterizzazione formale insostituibile grazie alla sua principale
qualità, la trasparenza alle radiazioni luminose nel campo del visibile.
Se un tempo questa sua caratteristica veniva utilizzata esclusivamente per far penetrare
la necessaria quantità di luce all’interno degli edifici, con scopi evidentemente pratici ma
anche estetici – stante la funzione della luce di “creare” lo spazio architettonico e far risaltare
gli elementi volumetrici – oggi il vetro gioca un ruolo importante anche sull’esterno
dell’edificio, contribuendo volta a volta a uniformarne l’aspetto, o viceversa a renderlo vario e
mutevole, fino ad arrivare ai tentativi di “smaterializzazione” dello stesso attraverso gli
infiniti giochi di luce, trasparenze e riflessioni, assicurate da questo straordinario materiale.
Ogni elemento di vetro – anche il più modesto – inserito in un organismo edilizio, è –
a rigore – “vetro strutturale” poiché deve comunque resistere a dei carichi imposti, quanto
meno al peso proprio e, spesso, alla pressione dovuta al vento, così come i tamponamenti in
una struttura a telaio hanno in realtà un loro ruolo statico, anche se nella maggior parte dei
casi trascurabile e trascurato.
Il termine vetro strutturale fu però coniato per descrivere quei particolari sistemi di
facciata che, progettati per avere un aspetto uniforme ed ininterrotto, presentano pannelli di
vetro privi di telaio visibile dall’esterno (frameless). In pratica, tali pannelli non sono inseriti
all’interno di una intelaiatura che li sostiene sui quattro lati come nelle facciate tradizionali,
bensì sono incollati sopra una struttura di alluminio e sorretti solo da piccoli morsetti in
prossimità dei quattro angoli. In questo modo la struttura non è visibile dall’esterno, dove
viene percepita una unica superficie vetrata, interrotta soltanto dai giunti di silicone tra un
pannello e l’altro.
Gabriele Del Guerra CAPITOLO I 2
Se questa è stata la prima apparizione del vetro strutturale comunemente inteso, in
seguito le applicazioni sempre più ardite si sono moltiplicate. Oggi il vetro è utilizzato anche
per quegli elementi strutturali (travi, pilastri, membrane) generalmente realizzati con i
tradizionali materiali da costruzione come l’acciaio e dalla cui resistenza dipende l’integrità
stessa della intera struttura. Alcuni autori circoscrivono a tali elementi il ruolo di vetro
strutturale propriamente detto (structural glass) parlando invece di strutture in vetro (glass
structures) a riguardo di quelle strutture dove si fa un uso massiccio del vetro, in particolare
come rivestimento.
In questo lavoro invece indicheremo genericamente come vetro strutturale tutte quelle
applicazioni del vetro dove la sicurezza delle persone è legata ad esplicite richieste di
resistenza nei confronti del materiale vetro, dove cioè risulti necessario analizzare il
comportamento meccanico dello stesso e le sollecitazioni cui è sottoposto.
Il vetro è un materiale utilizzato in edilizia sin dai tempi antichi grazie, come detto,
alla sua principale qualità, quella di lasciare passare la luce. In antichità e fino al XIX secolo
il suo impiego era ridotto a piccole superfici, a causa principalmente del suo elevato costo. I
procedimenti per ottenere lastre piane di vetro trasparente sono evoluti nel tempo [1, 2] fino
all’introduzione del vetro float alla metà del XX secolo, che ha consentito una notevole
riduzione dei costi e conseguentemente una diffusione assai maggiore del materiale.
Figura 1: Palm House presso Devon, UK
Figura 2: copertura della Halle aux Blés a Parigi
L’altra caratteristica evidente del vetro, la sua intrinseca fragilità, ovvero la sua
bassissima resistenza alla propagazione delle cricche, ha impedito per lungo tempo il suo
utilizzo come materiale strutturale. Fanno eccezione alcune coperture del XIX secolo, esempi
notevoli di arditezza costruttiva (come la Palm House presso Devon, o la Halle aux Blés a
Parigi (Figura 1, Figura 2)), nelle quali il vetro ha effettivamente un ruolo attivo in quanto
irrigidisce e collabora alla stabilità della struttura, altrimenti troppo deformabile se non
addirittura labile (ci sono resoconti dell’epoca che parlano di strutture che “ondeggiavano
spaventosamente” prima di essere definitivamente irrigidite con la posa in opera dei vetri).
Tali esempi di coperture restano a testimonianza dell’ingegno e del grande intuito dei
costruttori che le hanno concepite, ma in esse l’utilizzo del vetro come materiale strutturale
Gabriele Del Guerra CAPITOLO I 3
resta un fatto quasi involontario, legato più all’intuizione ed alla pratica costruttiva, che ad un
atto consapevole ed una valutazione dei rischi. L’uso del vetro come materiale
dichiaratamente strutturale è invece una novità introdotta di recente in architettura grazie agli
sviluppi dell’ingegneria strutturale nell’ultimo quarto del XX secolo.
Figura 3: alcuni esempi di utilizzo di strutture in vetro e acciaio volto a sfruttare le caratteristiche di trasparenza
e riflettività del vetro per scopi funzionali o estetici (Musée des beaux arts, Lille; Pyrámide inversée, Parigi;)
Le tendenze dell’architettura contemporanea verso la “smaterializzazione” del
manufatto architettonico vedono dunque il vetro quale naturale protagonista: in primis per la
sua trasparenza, ma anche per le riflessioni,
le distorsioni, i cambiamenti di colore e le
altre caratteristiche che rendono il suo
aspetto differente durante le varie ore del
giorno, arricchendo il linguaggio formale e
rendendolo “dinamico” attraverso la
costante cangiabilità.
Alle esigenze di carattere estetico si
accompagnano anche quelle termo-
igrometriche e funzionali: coperture e
facciate vetrate possono svolgere
efficacemente non solo funzioni
illuminotecniche, ma anche - se
correttamente progettate - di controllo climatico e acustico, grazie alla possibilità di
combinare lastre di vetro e rivestimenti metallici sottili (vetri basso emissivi) oppure altri
materiali trasparenti (vetri stratificati con PVB per l’isolamento acustico o con camere d’aria
o strati di silica gel per l’isolamento termico), o ancora elementi tecnologicamente avanzati
quali i pannelli fotovoltaici.
Gabriele Del Guerra CAPITOLO I 4
Alle richieste estetiche, illuminotecniche, acustiche e termo-igrometriche è possibile
infine aggiungere anche quelle statiche. Gli elementi in vetro
possono essere progettati per assolvere essi stessi funzioni
strutturali (lastre sollecitate nel piano, ma anche travi,
colonne, etc…): la costruzione di colonnate o interi palazzi di
cristallo, un tempo descritta in letteratura e fantasiosamente
rappresentata in pittura, è oggi una possibilità concreta. Più
prosaicamente, ma comunque con straordinari risultati
estetici, gli elementi di vetro possono essere associati
opportunamente a materiali tradizionali quali l’acciaio in
combinazioni di estrema leggerezza, trasparenza ed eleganza
formale.
Gabriele Del Guerra CAPITOLO I 5
CAPITOLO 2
L’ESPERIENZA DI STAGE PRESSO LO STUDIO DI INGEGNERIA RFR DI
PARIGI
I believe we can rethink the way we can use many materials,
especially how they are detailed, to express more clearly their
engineering nature, and thereby find a new and interesting
aesthetic.
Peter Rice
Peter Rice è tra quegli ingegneri che hanno dato un
grandissimo contributo all’Architettura, riaffermando la
profonda connessione creativa tra umanesimo e scienza, tra
arte e tecnologia.
Renzo Piano
2.1 Introduzione
Parte integrante di questa tesi sulle coperture in vetro è
stato lo svolgimento di uno stage lavorativo presso lo studio di
ingegneria RFR di Parigi, finanziato con borsa di studio per
tesi all’estero dell’Università di Pisa.
RFR Ingénieurs è uno degli studi di ingegneria più
importanti a livello europeo nel campo dell’integrazione tra
ingegneria civile ed architettura, specializzato in particolare
nelle strutture ad elevato contenuto tecnologico e nel vetro
strutturale.
Lo stage è stato possibile grazie alla disponibilità
dell’Arch. Ing. Niccolò Baldassini, mio tutor all’interno di
RFR, relatore invitato al Workshop “Costruire con Strutture in
Vetro – Building with Glass Structures” svoltosi presso l’Aula
Magna della Facoltà di Ingegneria di Pisa nei giorni 19-20
Marzo 2004.
Tale Workshop [1], organizzato dal Dipartimento di
Ingegneria Strutturale di Pisa e coordinato dal Prof. Ing.
Maurizio Froli, ha visto la presenza contemporanea di alcuni
tra i più importanti esperti a livello mondiale dell’utilizzo
architettonico del vetro, afferenti ai diversi campi della ricerca
universitaria, della progettazione e della produzione. Tra essi,
il Prof. Werner Sobek, dello I.L.E.K. di Stoccarda, l’Ing. Mario
Bassignana, della PolarglassinSystem di Torino, il Prof.
Gerhard Sedlacek dello R.W.T.H. di Aquisgrana, e l’Arch.
Niccolò Baldassini, che è intervenuto con la relazione
“Strutturare la trasparenza – Structuring transparency”.
Gabriele Del Guerra CAPITOLO II 37
CAPITOLO
3
VOLTE SOTTILI RETICOLARI IRRIGIDITE CON SISTEMI DI FUNI:
CONCETTI GENERALI ED ANALISI DI DUE ESEMPI SIGNIFICATIVI
CAPITOLO 3
VOLTE SOTTILI RETICOLARI IRRIGIDITE CON SISTEMI DI FUNI:
CONCETTI GENERALI E ANALISI DI DUE ESEMPI SIGNIFICATIVI
La lotta tra gravità e solidità è propriamente l’unico proposito
estetico della bella architettura; metterlo variamente in piena
evidenza è il suo compito. Tale compito adempie, togliendo a
quelle indelebili forze la via più breve del loro
soddisfacimento, trattenendole col deviarle.
Arthur Schopenhauer
3.1 La fune come elemento strutturale
Le funi sono elementi strutturali a dimensione longitudinale prevalente caratterizzati
dal fatto di essere dotati di sola rigidezza estensionale, attiva in stato unilaterale di
sollecitazione di trazione.
A causa della mancanza di rigidezza tagliante e flessionale, la fune può trasmettere i
carichi agli ancoraggi solo con cambiamenti di forma, e pertanto può essere definito un
elemento ipostatico o, più precisamente, a geometria variabile [1].
Figura 1: ipostaticità: la fune assume configurazioni geometriche differenti a seconda dei carichi cui è
sottoposta. La configurazione assunta corrisponde, per l’appunto, alla “funicolare” dei carichi
Nel campo dell’ingegneria civile esistono molte tipologie di strutture nelle quali le
funi assumono funzione portante, ad esempio nei ponti sospesi, nelle antenne e nei ponti
strallati, nelle tensostrutture
1
. Pre-tese ed associate ad altri elementi strutturali esse hanno un
ruolo importante anche nelle volte sottili.
1
Oltre ovviamente al ruolo che le funi hanno sotto forma di trefoli o cavi nel cemento armato precompresso.
Gabriele Del Guerra CAPITOLO III 54
3.1.1 Rigidezza estensionale di una fune – trattazione di Dishinger
Il comportamento delle funi sotto carico è di tipo non lineare ed unilaterale. In un
diagramma che riporti in ordinata il tiro cui è sottoposta la fune ed in ascissa un parametro di
spostamento (ad esempio lo spostamento nella direzione congiungente le estremità della fune,
oppure la freccia, oppure lo spostamento orizzontale) esso è descritto da una retta coincidente
con la parte negativa dell’asse delle ascisse (rigidezza nulla in compressione) e da una curva
tendente ad un asintoto nel quadrante positivo (rigidezza crescente in trazione).
La rigidezza della fune dipende dunque anche dallo stato di tensione, il suo
comportamento essendo di tipo “ad incremento di rigidezza” (hardening), quasi nulla per
basse tensioni e via via crescente fino ad arrivare asintoticamente alla rigidezza dell’asta tesa
equivalente.
Ciò è dovuto al fatto che la fune non è in grado di assorbire le azioni ad essa
trasversali (come il peso proprio se la fune è orizzontale) se non deformandosi per trasferirle
sotto forma di sollecitazioni di trazione, non essendo dotata di rigidezza flessionale. Ne
consegue che il comportamento di una fune è influenzato anche dalla sua inclinazione rispetto
all’orizzontale.
Per descrivere quanto visto sopra occorre ricavare una espressione analitica del
modulo di elasticità tangente. Una trattazione sufficientemente approssimata è quella del
modulo di Dischinger.
Considerando una fune orizzontale soggetta ad un tiro ed ad un peso
uniformemente distribuito g verticale, ed ammettendo che la freccia sia sufficientemente
piccola, sì da poter confondere l’equazione della catenaria con quella della parabola, andiamo
a imporre l’equilibrio:
0
NH =
0
)cos( NN =α (eq. orizzontale)
gdxdN =)sin(α (eq. verticale)
che con qualche passaggio diventano:
0
2
1)( NyxN ′+= (1)
2
1 y
y
g
dx
dN
′
+
′
= (2)
derivando la (1) rispetto ad x ed uguagliando
Gabriele Del Guerra CAPITOLO III 55
alla (2) otteniamo l’espressione del tiro in funzione della curvatura e, con due integrazioni,
l’equazione della deformata:
y
g
N
o
′′
= )(
2
0
Lxx
N
g
y −=
La deformata è una parabola a causa delle semplificazioni fatte. Scrivendo il peso proprio g
come prodotto del peso specifico dell’acciaio per la sezione del cavo
ss
Ag γ= , ed imponendo
una deformazione xd , andiamo a scrivere il teorema dei lavori virtuali:
∫∫
=≡=⋅++
v
ikik
L
dVILELdxdygxddNN εσ....)()(
0
00
che, dopo qualche passaggio, porge:
))
2
(
6
1
1()
2
(
3
1
)(
22
0
00
N
gL
LdN
EA
dNN
LdN
N
gL
xddNN
o
+⋅⋅
+
=−+
da cui, chiamando l’allungamento unitario della corda Lxdd
D
=ε ed approssimando
e
00
dNNdNN +≅+ σσ dAdAdN ⋅≅⋅=
00
(ciò è lecito se la freccia è piccola):
⎥
⎦
⎤
⎢
⎣
⎡
+
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
+= E
LL
E
d
d
ss
D
3
22
1226
1
1
σ
γ
σ
γσ
ε
da cui si ricava, attraverso la relazione , il modulo di Dischinger:
DD
dEd εσ =
σσ
γ
σ
γ ELL
E
E
ss
D
2
23
1
26
1
1
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
+
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
+
=
Tale modulo è pari a quello di un’asta equivalente lungo la direzione della corda della
fune. Osserviamo che per tensioni molto basse la rigidezza
tende ad annullarsi, mentre per tensioni alte essa tende
asintoticamente al modulo del materiale:
0)0lim( =→
D
Eσ EE
D
=∞→ )lim(σ
L’espressione trovata rimane inalterata anche se
consideriamo una fune inclinata (con estremità a livello
differente), purché come lunghezza della corda si assuma la sua
proiezione sul piano orizzontale.
3.1.2 Il ruolo della pretensione
Osservando l’equazione del modulo elastico fittizio riportata nel paragrafo precedente
è facile intuire subito i vantaggi della pretensione (maggiore rigidezza e minore variabilità
della stessa) legati al comportamento tipo hardening. In realtà, anche in presenza di un
comportamento elastico lineare la pretensione ha un ruolo favorevole. Essa infatti è un modo
per trasformare indesiderate sollecitazioni di compressione in sollecitazioni di trazione.
Consideriamo infatti una fune verticale ( ) ancorata alle due estremità
e sottoposta ad una azione verticale F agente a metà altezza. Se la fune non è pretesa, a causa
EEL
D
=⇒= 0
Gabriele Del Guerra CAPITOLO III 56
della mancata rigidezza a compressione la sola parte superiore della fune contrasterà tale
forza, la parte inferiore andrà in banda.
In presenza di un certo grado di pretensione invece, non solo entrambe le parti
collaboreranno a contrastare tale forza fino ad esaurire la pretensione nella parte inferiore, ma,
superato tale limite, a parità di deformazione la parte superiore assorbirà una forza doppia
(potremmo dire che il cavo “conserva memoria” della pretensione).
Figura 2: da sinistra verso destra: una fune in compressione non sopporta alcun carico; una fune può essere
utilizzata per sospendere un carico; in assenza di pretensione, tutto il carico va sulla parte superiore; a seguito
della pretensione, metà carico va sulla parte superiore, metà va a scaricare la parte inferiore; con la pretensione il
carico è raddoppiato a parità di deformazione; il diagramma forza-spostamento mette in evidenza la differenza
tra fune con e senza pretensione.
Nelle strutture dell’ingegneria civile le funi sono quasi sempre pre-sollecitate, a volte
la presollecitazione è imposta in modo tale che non venga mai meno neanche in condizioni
ultime. Per questo spesso è possibile, con sufficiente approssimazione, utilizzare nei calcoli
un modulo di rigidezza costante.
In ogni caso, occorre considerare che le funi hanno un modulo di rigidezza apparente
comunque inferiore a quello del materiale di cui sono costituite, per il fatto di essere formate
da più fili intrecciati a elica che, tesati, si avvicinano tra di loro determinando una quota di
deformazione longitudinale aggiuntiva.
Conviene perciò rifarsi ai cataloghi delle ditte produttrici, che forniscono il
valore medio del modulo di rigidezza apparente ed il valore minimo della tensione
nominale di rottura. Le tipologie di cavo più utilizzate sono i trefoli spiroidali, che in
genere
2
hanno un modulo di rigidezza intorno ai 140
2
mmkN ed una tensione
nominale di rottura intorno a 1800MPa, e le funi spiroidali chiuse, dal modulo di
circa 170
2
mmkN .
C’è da aggiungere che le funi subiscono un cedimento anelastico all’atto della messa
in tensione, ma ciò non costituisce un problema perché esse vengono collaudate con tutti gli
accessori di collegamento direttamente in stabilimento, mediante cicli di pretensione della
fune al 50% del carico nominale di rottura.
2
I valori variano anche in funzione delle dimensioni e del numero di fili per trefolo
Gabriele Del Guerra CAPITOLO III 57
CAPITOLO 4
UNA COPERTURA TRASPARENTE PER I CORTILI INTERNI DELLA
FACOLTA’ DI INGEGNERIA DI PISA:
REQUISITI DI PROGETTO
E POSSIBILI TIPOLOGIE STRUTTURALI
Un’opera tecnicamente perfetta può a volte risultare
esteticamente inespressiva, ma non è mai esistita, né ora né in
passato, un’opera di architettura riconosciuta eccellente dal
punto di vista estetico che non fosse eccellente anche dal punto
di vista tecnico. Una buona ingegneria sembra essere
condizione necessaria – benché non sufficiente – per una
buona architettura.
Pier Luigi Nervi
4.1 Introduzione
L’edificio principale della Facoltà di Ingegneria di Pisa , risalente agli anni trenta del
XX secolo ma più volte ingrandito e trasformato nei suoi volumi interni [1], forma in pianta
un grande rettangolo di dimensioni approssimative di 110x50m. Tale grande volume presenta
al suo interno tre cortili, di cui uno, quello centrale, dalla forma irregolare, e i due laterali
rettangolari di dimensioni approssimative di 20x17m.
Scopo di questo capitolo è mostrare il processo attraverso il quale siamo giunti alla
formulazione di una ipotesi di copertura dei cortili rettangolari, partendo dai requisiti di
progetto e confrontando alcune possibili alternative.
Figura 1: a sin: vista aerea dell'edificio della Facoltà di Ingegneria, con in evidenza i tre cortili interni; a dxt:
uno dei cortili, in una foto che mostra la cornice di prestigio in cui si inserisce l’edificio.
Gabriele Del Guerra CAPITOLO IV 89
CAPITOLO 5
PROGETTO DI UNA COPERTURA TRASPARENTE PER I CORTILI
INTERNI DELLA FACOLTA’ DI INGEGNERIA DI PISA:
VOLTA SOTTILE RETICOLARE IN ACCIAIO E VETRO
There are always many possible solutions, the search is for the
best – but there is no best – just more or less good.
Ove Arup
Non ci sono certamente regole fisse o ricette che portino alla
forma giusta, ci sono però mezzi e strade che vanno in quella
direzione. L’ingegnere, se vuole, può contribuirvi con la
varietà e la leggerezza.
Jörg Schlaich
5.1 Introduzione
Il progetto della copertura per i cortili interni della Facoltà di Ingegneria di Pisa che
proponiamo è basato sui dati geometrici del cortile ovest, poiché questo sembrerebbe il più
adatto ad essere coperto visti i minori interventi da svolgere sull’esistente e vista la sua
prossimità alla biblioteca ed all’ingresso lato ovest che collega l’edificio del triennio con gli
altri edifici della facoltà. Ciò non toglie che con pochi lievi cambiamenti geometrici degli
elementi di supporto, tale progetto possa essere perfettamente adattato anche al cortile est. La
costruzione di entrambe le coperture comporterebbe ulteriori economie di scala, sommabili a
quelle già ottenute perseguendo la massima standardizzazione possibile degli elementi
costituenti la copertura.
Lo spazio libero del cortile da coprire è costituito da un rettangolo di 19.9x17m in
pianta, orientato con la sua direzione principale lungo l’asse SudEst-NordOvest e circondato
sui quattro lati dalle ali dell’edificio. Il progetto di quest’ultimo risale agli anni trenta, ed è
pertanto un edificio storico, ma successivi frequenti interventi ne hanno variato l’altezza e le
partizioni interne, oltre che l’aspetto architettonico. Ne risulta una situazione complessa, con
coesistenza di sistemi costruttivi e materiali diversi (muratura, cemento armato). Anche lo
stesso tetto, a due falde, sopra i lati che circondano il cortile, è stato eseguito in fasi diverse e
con materiali distinti (latero-cemento, legno, acciaio).
Queste considerazioni hanno spinto verso una soluzione che fosse la meno invasiva
possibile, sia sotto l’aspetto statico, che sotto quello costruttivo (ovvero che comportasse il
minor numero di interventi e la minor estensione possibile delle zone su cui intervenire, e
perciò minori costi), oltre ovviamente a risultare adatta ai requisiti funzionali e di grande
qualità sotto il profilo estetico.
La nostra proposta consiste in una copertura a volta sottile appoggiata solo in
corrispondenza dei quattro angoli. Tale soluzione sfrutta il fatto che nelle zone prossime
agli angoli dei cortili convergono in pianta i muri portanti (interno, esterno, di spina) di
ciascun lato dell’edificio, cosa che fornisce adeguate garanzie statiche in termini di resistenza
e di rigidezza. In questo modo è possibile inoltre evitare interventi diffusi sui solai del
Gabriele Del Guerra CAPITOLO V 100
sottotetto e sulla copertura a falde esistente, che dovrà essere semplicemente forata
localmente, in corrispondenza dei quattro angoli, per il passaggio dei sostegni della struttura.
Il nostro progetto prende spunto e ispirazione dalle ultime evoluzioni delle coperture
trasparenti reticolari a volta sottile (“single layer grid shell”), ed in particolare dalle due
coperture analizzate nel capitolo terzo, quella del Museo di Storia della città ad Amburgo,
dello studio Schlaich Bergermann und Partners, e quella dell’Abbazia di Neumünster in
Lussemburgo, dello studio RFR. Queste due coperture sono unanimemente considerate
esemplari sia da un punto di vista tecnico che architettonico. I rispettivi studî di ingegneria
sono quelli che più hanno contribuito nell’ultimo quarto del ventesimo secolo al vertiginoso
sviluppo delle coperture in vetro, e sono oggi tra le più importanti realtà nel mondo della
progettazione nel campo dell’ingegneria civile.
Pensiamo che una copertura di questo tipo, nella progettazione della quale abbiamo
tenuto conto di alcune ingegnose soluzioni introdotte per la prima volta nelle coperture
suddette, mantenendo al contempo caratteristiche di originalità, possa – oltre che assolvere
egregiamente le funzioni pratiche che è chiamata a svolgere – anche arricchire
architettonicamente l’edificio della Facoltà, conferendogli un aspetto di estrema modernità
nel rispetto dell’edificio storico, aspetto questo adeguato al ruolo che una Facoltà tecnica
prestigiosa come quella di Pisa svolge ed ha sempre svolto nell’ambito accademico
nazionale ed internazionale.
Nei successivi paragrafi descriviamo la soluzione progettuale adottata, cominciando
dalla descrizione della particolare forma geometrica.
Figura 1: a sin: vista del cortile interno da coprire; a dxt: simulazione grafica della volta sottile reticolare in
acciaio e vetro (il tetto dell’edificio esistente è rappresentato in trasparenza per permettere di vedere gli appoggi
che si inseriscono nel sottotetto).
Gabriele Del Guerra CAPITOLO V 101