6
delle problematiche, ancora non del tutto risolte, scaturite
dall'applicazione della legge che, ovviamente, ha bisogno dei suoi
tempi per manifestare le conseguenze effettive sul mercato.
La nuova legge offre ai contraenti la possibilità di stipulare o un
contratto di locazione a canone libero o un contratto dove non solo il
canone, ma tutte le altre condizioni contrattuali non vengono stabilite
dalle parti, ma dalle organizzazioni dei proprietari e dei conduttori
maggiormente rappresentative.
La analisi si concentra principalmente su questa seconda tipologia
contrattuale, che costituisce l'aspetto più innovativo della nuova legge.
Per mettere in evidenza, tuttavia, le novità di questa sarà necessario,
se non fondamentale, analizzare anche la vecchia normativa.
7
CAPITOLO I
IL REGIME VINCOLISTICO
E L’EQUO CANONE
I.1. Codice civile e regime vincolistico
Il rapporto di locazione è disciplinato sia dal codice civile sia da
leggi speciali. Il codice del 1942 è depositario di una disciplina
normale del contratto di locazione, basata principalmente
sull’autonomia privata dove il modello locativo rimane
fondamentalmente unitario prescindendo dai caratteri e dalla funzione
del bene dedotto nel contratto.
1
La locazione è definita dall’articolo 1571 come “il contratto con il
quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all'altra (conduttore o
locatario) un bene mobile o immobile per un dato tempo, verso un
determinato corrispettivo”.
1
Solo con la legge n.392/78, si avrà il riconoscimento dell'esistenza "dei vari contratti
di locazione" in relazione al bene oggetto del contratto. A. Luminoso, I contratti tipici e
atipici, Giuffrè, 1995, p.445.
8
La nozione, molto generica, fa emergere come il contratto sia uno
strumento di sfruttamento dei beni consentendo a persone che non
sono in grado di diventare proprietari, il godimento di una cosa che
non gli appartiene ad alcun titolo, mentre il locatore continua a
goderne indirettamente percependone il corrispettivo.
La disciplina del codice non esaurisce la normativa della locazione,
il legislatore è dovuto intervenire nel rapporto di locazione con leggi
speciali adottate per vari fini.
La legislazione vincolistica (così chiamata) si è mossa in due
direzioni spesso congiunte: blocco dei canoni, proroga dei contratti.
Detta legislazione trae origine fin dalla crisi del 1929, la quale
aveva rallentato l’attività edilizia, ma si sviluppa maggiormente nel
periodo postbellico, difficile sia per l’incremento demografico, sia per
il rientro nei confini dello stato dei reduci e profughi, sia per le
migrazioni interne che ripresero rapidamente.
È in questi anni che si afferma la tendenza di favorire l’accesso alla
proprietà dell’abitazione e di contenere il mercato delle locazioni con
il costante blocco delle pigioni e la proroga degli sfratti, cercando di
tutelare la parte considerata debole del rapporto (il conduttore).
Tutto questo determina non solo reazioni da parte dei proprietari,
ma effetti distorti nel mercato. Infatti, essendo il bene casa infungibile,
9
si determina una rigidità e crescita a dismisura della domanda, mentre
il proprietario subisce un processo inverso, irrigidendo l’offerta che
diminuisce proporzionalmente la domanda. Pertanto, non essendo
possibile sostituire l’oggetto della domanda, il contraente più debole
(conduttore) deve sottostare alle condizioni dell’offerta.
Un altro fatto che determina lo squilibrio dell’entità dell’offerta, è
sia l’assenza del patrimonio immobiliare dello Stato, che dovrebbe
coprire il fabbisogno sociale dell’abitazione, sia l’assenza dello Stato
imprenditore, che dovrebbe costruire case nuove.
Le conseguenze sul mercato sono gravissime, sia per il danno
risentito dai ceti meno abbienti sia per gli effetti negativi sugli
investimenti privati nel settore edilizio.
Solo in un secondo momento, vi è il tentativo di razionalizzazione
del sistema e, in tempi lunghi, di una liberalizzazione del mercato.
I provvedimenti emanati, infatti, prendono in considerazione
l’esigenza dei proprietari di rientrare in possesso dell’immobile in
caso di urgenza e d’improrogabile necessità, la capacità economica del
conduttore al fine di consentire l’aumento del canone rimasto bloccato
e la proroga solo nelle ipotesi in cui il conduttore ha un reddito molto
basso.
10
Le leggi vincolistiche, salva la parentesi del secondo conflitto
mondiale, sono emanate fino alla fine degli anni settanta. Esse,
concepite inizialmente come eccezionali e straordinarie, acquistano
man mano un carattere ordinario, sovrapponendosi al codice e
derogandolo. È proprio per questo che nascono dubbi sulla
costituzionalità di tale disciplina e la Corte Costituzionale interviene
sulla materia
2
.
Il regime vincolistico è giudicato compatibile con il 2 comma
dell'articolo 42 della Costituzione, perché rappresenta uno strumento
straordinario e temporaneo per fronteggiare le crisi nel settore edilizio.
La Corte invita, però, il legislatore a provvedere ad emanare una
legge più rispettosa delle esigenze poste a fondamento della proprietà
privata.
Quindi, il conflitto tra codice civile e leggi vincolistiche, si risolve a
favore di quest’ultime, che traducono meglio i valori costituzionali:
art. 41 e 42 della Costituzione. Da entrambi si evince che la proprietà
dell’abitazione è un bene costituzionale che il legislatore deve rendere
accessibile a tutti. Non essendo d’esclusivo interesse dei privati, non
deve essere sottoposta alle sole regole del mercato.
2
Sent. 12 luglio 1972, n.132, in Foro it., 1972, I, 2721. Sent. 18 novembre 1976, n.225,
in Foro it., 1976, I, 2745.
11
La condizione delle famiglie a basso reddito costrette a finire in
alloggi impropri, la sensibilizzazione delle forze politiche, l’aumento
del costo della vita e le rivendicazioni delle organizzazioni sindacali
portano il legislatore ad accogliere l’invito della Corte Costituzionale,
disciplinando l’intera materia con la legge del 27 luglio 1978 n. 392,
detta dell’equo canone.
3
3
Tra le diverse soluzioni offertegli il legislatore sceglie l’intervento pubblico sia sui
termini di durata sia sul canone, rimanendo esclusa la liberalizzazione dei fitti come metodo
per una maggiore disponibilità edilizia. G. Terzago, L. Kowalski, Locazioni abitative,
Giuffrè, 1999, p.2.
4
Per urbano non s’intende l’ubicazione, ma la destinazione ad uso abitativo,
commerciale, professionale, artigianale o industriale. A. Luminoso, op. cit., p.554. Vedi
nota n.1.
12
I.2. L’equo canone
La legge speciale del 27 luglio 1978 n. 392 detta una nuova e
organica disciplina delle locazioni degli immobili urbani.
4
In forza dell’art. 84 sono abrogate le disposizioni incompatibili con
la legge stessa, determinando l’eliminazione della legislazione
vincolistica e la riduzione dell’ambito d’operatività del codice.
La nozione rimane quella dell’articolo 1571, ma, mentre il codice
prevede un unico modello locativo, il legislatore del '78 procede a
differenziazioni di disciplina sia in relazione alla natura sia alla
funzione sociale ed economica del bene dedotto nel contratto. A varie
tipologie di usi corrispondono altrettante tipologie di regimi locativi,
cui fanno riscontro altrettanti “tipi”.
5
La disciplina codicistica non ha
più carattere generale ed è applicabile alle locazioni mobiliari ed in
via residuale a quelle immobiliari.
Per i contratti sono previste regole comuni e specifiche secondo la
destinazione dell’immobile, ma tutte le norme, a differenza di quelle
codicistiche che sono dispositive, sono cogenti ovvero non derogabili
dall’autonomia privata.
5
In forza dell’art. 80 se il conduttore adibisce l’immobile ad uso diverso si applica il
regime giuridico corrispondente all’uso effettivo.
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I principali tipi di locazione sono: locazione ad uso abitativo e ad
uso non abitativo.
Due sono le esigenze che portano all’emanazione della legge: la
considerazione della casa come servizio sociale e la determinazione a
porre fine al regime vincolistico.
La prima di tali esigenze è ulteriormente rafforzata dalla carenza di
alloggi di proprietà pubblica.
L’aspetto di maggior rilievo è dato dall’imposizione del canone
massimo e dalla durata quadriennale del rapporto contrattuale per le
locazioni ad uso di abitazione. Invece, nei rapporti ad uso non
abitativo, vi è la libertà nella determinazione del canone ed è sempre
prevista una durata minima del rapporto superiore ai quattro anni, per
garantire maggiore stabilità con un primo rinnovo “automatico” (cosa
che non è prevista per le abitazioni tutelate solo in assenza di disdetta)
tranne nei casi di necessità (e assimilati) del locatore.
La determinazione del fitto è stabilita secondo criteri oggettivi,
legati alle caratteristiche del bene, a prescindere sia dal conduttore sia
dalle mire speculative del locatore.
L’aumento del canone non corrisponde alle regole del mercato, ma
è fissato dalle norme in misura molto spesso inferiore, mediante il
ricorso al meccanismo che prende come base l’entità iniziale,
14
rivalutata, secondo una frazione più inferiore, all’unità degli indici
ISTAT dei prezzi al consumo. Tutto ciò si presenta viziato
d’irrazionalità, per la frequente eventualità che le zone, in cui si
trovano gli immobili, subiscono modificazioni urbanistiche; di
conseguenza, spesso il canone a suo tempo imposto, non è più
neppure approssimativamente indicativo della nuova realtà economica
e sociale.
Secondo un autore,
6
le norme inderogabili della legge del 1978,
sottraendo la determinazione sia del corrispettivo sia della durata
all’autonomia privata, realizzano la tutela dell’inquilino considerata
parte debole del rapporto. Tutela che sarà realizzata dal 2 comma
dell'articolo 11 della legge del 92, mediante l’assistenza delle
organizzazioni maggiormente rappresentative.
I proprietari ritengono inadeguata la misura legale della pigione e
reagiscono. Molti immobili rimangono sfitti, viene preferita o la
vendita o la destinazione non abitativa, visto che essa non sottrae ai
contraenti la determinazione iniziale del corrispettivo.
I proprietari, inoltre, cercano di ottenere una pigione superiore a
quella pattuita, utilizzando mezzi di pagamento che, per evitare
un’azione di ripetizione, non lasciano traccia. Il contratto a volte è
15
configurato come costitutivo di un diritto reale d’abitazione e non di
un rapporto locativo.
7
Le conseguenze e gli inconvenienti sono vari: la tutela del
conduttore è inconsistente, si determina una rarefazione dell’offerta
degli alloggi e una fuga dai capitali d’investimento immobiliare,
determinando pesanti storture nel mercato locativo.
Un altro limite della legge, secondo parte della dottrina,
8
è
rappresentato dalla previsione della durata massima del contratto.
Una volta determinato oggettivamente il canone di locazione che
resta uguale qualsiasi conduttore occupi l’appartamento, non vi è
motivo della durata limitata prevista dal legislatore.
Questo meccanismo, predisposto dalla legge, viene utilizzato come
arma di pressione e come strumento ricattatorio del proprietario per
ottenere la remissività dell’inquilino o per liberarsi del conduttore
scomodo.
L’effetto immediato dell’applicazione della normativa è un
aumento indiscriminato degli sfratti per finita locazione e delle
esecuzioni forzate.
6
P. Vitucci, Autonomia privata, onere dell’assistenza delle associazioni, accordi in
deroga a norme imperative, in Riv. Dir. Civ.,Cedam,1993, p.329.
7
Il caso più diffuso è costituito dal contratto di locazione ad uso foresteria o da quelle
destinazioni dell'immobile che simulano una destinazione non rispondente a quella reale.
8
P. Canevacci, S. Votano, La riforma delle locazioni, Giuffrè, 1999, p.19.
16
Una disciplina che prevedesse le cause legittimanti il recesso
anticipato dal contratto di locazione e una durata temporaneamente
illimitata, o in ogni modo maggiore dei quattro anni, sarebbe
sicuramente più efficace e razionale, sempre secondo questa teoria,
non comprimendo in nessun modo i diritti dei proprietari e tutelando
maggiormente il conduttore (considerato, sempre, parte debole del
rapporto).
La legge del 78, sia pur dettando una disciplina organica delle
locazioni degli immobili urbani, nasce con un carattere di
provvisorietà, sia perché prevista fino alla riforma del catasto edilizio
urbano sia perché in base all’art. 83 sarebbe stata modificabile in
relazione alle necessità che emergono in sede applicativa.
Undici leggi, vari decreti legge non convertiti e diversi disegni di
legge che non hanno mai superato la fase progettuale, si sono
succeduti nel tempo recando il segno di un mutamento dell’attenzione
legislativa e di una riconsiderazione dell’intera materia.
La crisi economica del Paese, l’imposta straordinaria immobiliare e
la programmata imposta comunale del 1992 hanno reso non più
adeguata la quantificazione del canone, determinando un maggior
onere tributario a carico del locatore. La misura legale del canone del
resto, potrebbe comportare l’esiguità del corrispettivo, che deve essere
17
sempre assicurato alla proprietà, in quanto “i limiti alla proprietà non
possono mai giungere a comprimerla sino a lederne il contenuto
minimo”
9
.
Sono questi eventi che determinano il cambiamento verso una
limitata liberalizzazione del mercato delle locazioni che ha imposto, in
luogo al regime vincolistico, un ampliamento dell’autonomia privata
10
e come autorevolmente sostenuto un parziale ritorno al codice.
Il cambiamento si realizza con l’articolo 11 della legge del 1992,
n.359.
9
Sentenza n.225 del 1976, in Foro it., 1976, I, 2745. Vedi nota n.2
10
A differenza del regime vincolistico, dove è scelto un intervento del legislatore,
eliminando ogni possibilità per una liberalizzazione del mercato locativo.
18
CAPITOLO II
LA NOVELLA DEL’92
II.1. Comma 1
L’articolo 11, dedicato al settore locativo, trova la sua ragione nella
complessiva manovra fiscale ed è inserito in una legge che riguarda
“le misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica”.
Come la legge dell’equo canone si caratterizza per la dichiarata
provvisorietà, così l’articolo 11 esordisce “fino alla revisione della
disciplina degli immobili urbani” imprimendo un carattere di
straordinarietà e temporaneità ed escludendo che la nuova disciplina
possa essere considerata stabile e ordinaria.
Il primo comma del decreto, non modificato in sede di conversione,
riguarda gli immobili nuovi, adibiti ad uso di abitazione e rende
inapplicabili le disposizioni della legge del 78, riguardanti la
determinazione del canone (articolo 12 e seguenti).
Per le locazioni non abitative, come detto, già la legge dell’equo
canone non fissava una misura legale della pigione, che era rimessa
19
alla libertà contrattuale delle parti; al riguardo il legislatore del 92 non
è intervenuto.
Il nuovo trattamento tributario, come risulta dalla relazione al
decreto legge,
11
, imponeva il riconoscimento di una maggiore
potenzialità reddituale per l’edilizia abitativa e contestualmente era
necessario garantire la continuità degli investimenti, nel settore
edilizio, per cercare di prevenire la contrazione di alloggi.
L’intento del legislatore era quello di rivitalizzare un settore,
eliminando i soli vincoli del canone per le costruzioni nuove e
lasciando invariate ed in vigore tutte le altre norme della precedente
legge.
La determinazione del corrispettivo è quindi restituita all’autonomia
dei contraenti. È ripristinata la libertà delle contrattazioni che
determina un parziale ritorno al codice.
12
Affermazione forse non del tutto esatta, dato che la disciplina
codicistica non è mai effettivamente entrata in vigore per il continuo
affiancarsi di leggi vincolistiche.
Le disposizioni della legge del '78, riguardanti il canone, degradano
da inderogabili a dispositive ed è qui il ritorno all’antico, al codice
11
XI leg. Camera dei Deputati n.1287 seduta dell’11 luglio 1992.
12
P. Vitucci op. cit.; p.331. Vedi nota n.6.