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quando viene trascritta dal Gjeçov.
Nel mio lavoro che seguirà, cercherò di trattare il Kanun come: la
raccolta delle tradizioni giuridiche albanesi, la storia degli usi e
dell’identità dell’uomo albanese, l’impatto della dottrina cattolica sulle
tradizioni della gente delle montagne albanesi.
Una tradizione giuridica legata molto alla storia dell’Albania,
all’identità dell’albanese, al suo essere fiero delle sue origini e della sua
storia.
Ma la raccolta delle tradizioni, il Kanun va considerato anche come un
codice consuetudinario. Il sistema d’autogoverno non avrebbe potuto
durare a lungo senza una solida struttura legislativa basata sulla tradizione.
Tutti gli aspetti fondamentali della vita umana, come ad esempio il
matrimonio, l’eredità, i diritti di pascolo, gli atti criminali, erano regolati da
codici tradizionali, tramandati a memoria; il compito degli anziani non era
quello di promulgare nuove leggi, ma, di interpretare i fatti d’ogni singolo
caso alla luce delle leggi che conoscevano.
La base era la tradizione, il Kanun, un insieme di codice civile e
processualcivilstico, di un codice penale e processualpenalistico, i principi
dell’identità albanese.
Per capire il Kanun, bisogna partire dalle origini del popolo albanese,
in quanto la sua identità, il suo spirito di un uomo d’onore e di besa, si è
tramandato nei secoli, senza mai subire la pressione delle forze occupatrici
durante la sua storia.
Nell’uomo albanese che vediamo nel Kanun si vede il segno della sua
storia, il suo percorso nei secoli, il formarsi della sua identità, la
convivenza con la dottrina cattolica. La Chiesa esaltava gli aspetti
dell’ospitalità, della generosità, dell’onesta, della reciproca solidarietà. E’
ad esempio il caso dell’accoglienza ai forestieri, lodata dal clero come
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espressione di generosità “naturaliter cristiana”, ma anche considerata
quale fonte di faide e vendette. La tradizione d’ospitalità dei montanari
dell’Albania del Nord, (sia cattolici e musulmani, perché si trattava per
l’appunto di un tratto culturale che non dipendeva dalla religione), poteva
ben essere valorizzata attribuendole un’etichetta cristiana.
Anche negli altri istituti del Kanun si vede il segno della dottrina
cattolica, voluto sia dal popolo albanese, e anche dal clero.
Una virtù, che viene anche consacrata, è nel massimo della sua
importanza negli occhi dell’uomo albanese.
Il Kanun di Lek Dukagjini é una raccolta delle consuetudini giuridiche
delle Montagne Albanesi che si sono trasmesse oralmente per secoli.
Furono amorosamente raccolte dal Padre Stefano Costantino Gjeçov,
francescano nato a Ianevo in Kossovo il 12 Luglio 1874 e assassinato da
Iugoslavi, per cause politiche il 14 Ottobre del 1929.
Fin dal 1913, il Padre Gjeçov pubblicò nella rivista “Hylli i Drites”,
“La Stella della luce”, alcuni capitoli sulle consuetudini giuridiche albanesi,
ma quando mori, la sua opera non era condotta a termine.
Il suo lavoro fu ricostruito dai Padri francescani dell’Albania, i quali
la pubblicarono nel 1933, “l’opera postuma”, nell’integrità, nella quale noi
lo conosciamo, con un’ampia prefazione del Padre Giorgio Fishta.
La traduzione italiana è eseguita dal Padre.Paolo Dodaj, con
introduzione di Federico Patetta, e viene pubblicata nel 1943: “Codice di
Lek Dukagjini ossia Diritto consuetudinario delle Montagne d’Albania”.
La raccolta di Padre Gjeçov è un lavoro di molti anni. E’ una raccolta
delle consuetudini giuridici locali dalla voce della gente, tramandate a
memoria d’uomo. La tradizione gli chiama col nome di “Kanun di Lek
Dukagjini”.
La tradizione giuridica del popolo albanese, è conservata non solo in
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virtù della fedeltà della nazione alle tradizioni, ma anche dall’organicità e
logicità della concezione che le sta alla base e delle norme fondamentali
che la concretano.
L’opera di Padre Gjeçov e una raccolta organica e possibilmente
completa delle consuetudini giuridiche delle Montagne Albanesi.
La concezione della tradizione giuridica è una concezione giuridico-
sociale-morale. Il Kanun e questo. E’ la prova che la consuetudine è stata
acquisita come norma, è l’organizzazione della vita sociale, è lo spirito del
popolo albanese, del suo essere fiero di se, dell’onore, della “besa”, del
giuramento. Il Kanun assicurava la perpetuità di concezione della vita
sociale, e forniva le fondamentali istituzioni in cui una tale concezione
poteva realizzarsi nel complesso e nei particolari. Il mio lavoro di studio
sarà nel presentare gli istituti, e i principi del Kanun, legata alla storia,
all’identità della nazione.
Partendo dal tempo in qui si riferisce il Kanun, al XV secolo e fino ai
giorni nostri, cercherò di presentare l’uomo albanese raffigurato nel Kanun.
Prima bisogna fare qualche considerazione:
Il Kanun è un codice medievale, e per questo la donna si trova in una
clima sociale, e culturale, di totale sottomissione nei confronti dell’uomo,
anche se sono dei casi in cui la donna è uguale all’uomo, quando si tratta
del suo onore.
E’ una raccolta delle tradizioni, e non un codice in vigore.
Molti dei autori che parlano del Kanun, si fermano di più sulla faida
“gjakmarrje”, vendetta di sangue, parlando del Kanun, come un codice
della morte.
La legge di Kanun non si discosta molto dalle leggi coevi di popoli
ben più civili. La faida, in albanese gjakmarrje, possiede una sua rigida
regolamentazione nel Kanun, che favorisce la composizione non violenta,
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tramite “negoziati”, la tregua e la conciliazione, e impedisce che dalla
violenza altra violenza si generi.
Il Kanun non è in vigore. Le sue norme, pur descrivendo i valori
fondanti dell’etica albanese, sono un retaggio del passato.
“Il Kanun è una legge che è stata raccolta come i chicchi di grano in
questa grande povertà”: cosi Ndrek Pjetri, poeta di Scutari.
Difficile percorrere tutte le vicende storiche del popolo albanese.
Partirò dalle origini, fermandosi nel periodo più splendente della sua storia,
quella di Skanderbeg, cercando di dare anche una visione dell’identità
nazionale, del periodo Rinascimentale della sua storia, del tema di
religione, che per gli albanesi è secondaria rispetto a quello di nazione.
Basandosi sulla tradizione secolare del Kanun, gli albanesi si
difendevano, cercando di mantenere intatto il suo spirito. Il Kanun è un
complesso d’istituti e di principi, é la legge che governava la vita nelle
montagne albanesi. Il Kanun è come un opera letteraria, in cui si
descrivono in modo più preciso possibile, il comportamento dell’uomo
delle montagne albanesi, e di attenersi a quello comportamento cosi
prescritto in quanto come condizione della partecipazione nella comunità.
Il Kanun è anche l’impatto della dottrina cattolica con gli usi civili e
tradizionali del popolo albanese, del loro intreccio.
Il Kanun è il complesso degli istituti e dei principi della vita nella
comunità albanese. Più importanti sono la Chiesa, la Famiglia, il
Matrimonio istituti del Kanun, sotto l’influenza della dottrina cattolica, e
anche i principi, quali, l’onore, che è la base del Kanun, la “besa”,
l’ospitalità, il giuramento, ma anche la faida, la vendetta, (gjakmarrje).
Il Kanun di Gjeçov porta anche la sua impronta, è lui che alle
consuetudini raccolte, gli da, la forma del codice, cercando di raccogliere
tutti gli elementi all’interno di una struttura unitaria. La sua opera si può
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considera re come opera letteraria, e come opera giuridica. Le tradizioni
raccolte vengono rielaborate da Gjeçov.
Rimane impressionante, come Gjeçov, descrive minuziosamente ogni
comportamento dovuto in base del Kanun, e le conseguenze della sua
violazione. Le norme giuridiche del Kanun, sono gia interpretate, quando
vengono trascritte, e forse per questo, il Kanun si può considerare opera
letteraria, nella ricerca di esaltare la tradizione del popolo albanese.
La sua opera, Il Kanun di Lek Dukagjini, si può considerare come
opera epica della cultura albanese.
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Capitolo Primo
ALBANIA, STORIA, L’IDENTITÀ ALBANESE, E IL KANUN.
1.1 Un cenno alla storia dell’Albania
Albania: una terra sempre tormentata, che ha saputo difendere con
fierezza, con ostinazione, con un’intransigenza talvolta sorprendente la
propria identità e la propria diversità
1
. La storia dell’Albania è forse più che
in altri casi, la storia del rapporto fra popolazione e territorio. L’ambiente
aspro e poco esteso non si offre generoso ai suoi abitanti, ma la sua
posizione strategicamente rilevante per il controllo del canale d’Otranto ha
suscitato nei secoli l’interesse degli altri paesi. Per gli albanesi, la terra è
importante, in quanto luogo in cui hanno vissuto per secoli.
Gli Illiri furono la popolazione che diede l’impronta maggiore e più
duratura al territorio albanese. La caratteristica particolare delle terre
illiriche prima e dell’Albania dopo, è l’essere il punto d’incontro e di
scontro tra due civiltà, quella greca e quella romana, che comincia a
svilupparsi con la divisione dell’Impero Romano, quando all’Impero
d’Oriente vengono attribuite le terre dell’Illiria meridionale. Il fiume
Shkumbin è il confine tra i due Imperi
2
.
Gli albanesi sono i naturali eredi degli Illiri, popolo autoctono per
antonomasia dei Balcani. Gli studiosi stranieri ed albanesi sono giunti a
queste conclusioni sulla base di ricerche etnografiche ed archeologiche,per
1
Antonello Biagini, Storia dell’Albania, Milano Bompiani, 1998, pg. X.
2
Ivi, pg. 12.
10
cui gli Illiri come antenati degli albanesi
3
.
Il fatto che gli storici dell’antichità abbiano indicato negli Illiri il
popolo che occupava la meta occidentale della penisola balcanica a nord
della Grecia, è un altro argomento a favore degli albanesi, insediatosi nella
loro terra prima dell’avvento dei serbi e degli slavi
4
. La grandissima
estensione del territorio Illirico comprendente tutta l’area occupata dal
Kossovo e dalla Macedonia occidentale, paragonata alla ristrettezza del
territorio odierno dell’Albania, consente di introdurre il tema della perdita
del territorio, che ha un ruolo centrale nell’identità albanese.
I maggiori elementi che legano gli albanesi agli illiri sono costituiti da
ritrovamenti archeologici, sopratutto a Valona e a Durazzo, dalla
testimonianza del geografo Tolomeo, che nel II secolo D.C. situa gli
“albanoi” fra le tribù illiriche residenti nell’attuale Albania centrale, e in
primo luogo dalla lingua, che ha radici indoeuropee di ceppo illirico e si
distingue nettamente dalle lingue dei paesi vicini.
La lingua rappresenta il maggior lascito degli illiri agli albanesi, e nel
discorso albanese la lingua è considerata il fondamento della nazione. La
lingua giustifica la terra. Gli albanesi sono albanesi e si riconoscono tali
perché parlano la stessa lingua, che non e altro l’evoluzione dell’antico
illirico.
Con la divisione dell’Impero Romano, la storia dell’Albania diviene
parte della storia di Bisanzio. Tra l’XI e il XIII secolo il territorio albanese
patisce una serie d’attacchi che hanno come obbiettivo l’acquisizione di
una regione strategicamente importante per l’aprirsi una strada verso il
Bosforo. La presenza di forze militari d’occupazione e il ripetersi delle
guerre non favoriva la nascita di processi unitari tra i feudatari albanesi.
3
Aleks Buda. Etnogjeneza e popullit shqipetar ne driten e historise. L’etnogenesi del popolo albanese alla
luce della storia. Tirane ‘8 Nentori’ 1982, pg 6-7.
4
Nunzio dell’Erba, Storia dell’Albania, Roma Newton Compton 1997, pg. 12.
11
In assenza di un potere centrale, i nobili feudatari iniziano una politica
d’espansione territoriale nella seconda meta del XIV secolo emergono due
famiglie, quelle di Topia, Principe di Durazzo e quella di Balsha, Principe
di Zeta, famiglie imparentate tra di loro e che entrambe vogliono
conquistare l’intera Albania. E una situazione nel quale il conflitto tra i due
principati può esplodere, caratterizzata anche da una grande divisione tra
regione e regione e tra feudatari.
Nella seconda meta del 1300 gli Ottomani iniziano la loro conquista
dei Balcani. L’attacco turco dopo una rapida avanzata, subisce un
rallentamento dovuto alla natura del territorio e della resistenza degli
abitanti. Nell’inizio del XV secolo gli Ottomani conquistano tutto il
territorio che si estende dall’Epiro a Kruja. (Valona nel 1417, Argirocastra
1418). Nello steso periodo Venezia s’impossessa di Scutari, Drivasto e
Dulcigno.
Nell’amministrare le aree conquistate, gli Ottomani preferiscono
l’istituzione di un sistema di vassallaggio. Mancando un forte potere
centrale il territorio albanese è soggetto a più sovranità, spesso in contrasto
fra loro, ma c’è una larga parte del territorio, quella delle montagne più
impervie, dove vive una popolazione libera da vincoli di carattere feudale.
Sono uomini liberi, sovrani sul proprio territorio e che difendono tale
condizione. In Albania sia i Balsha e i Topia tentano di liberasi dalla
condizione di vassallaggio
5
. La storia d’Albania è una storia fatta di
resistenze e di rivolte contro gli invasori. In questo periodo rifulse la gloria
del più grande eroe albanese: Giorgio Castriota Skanderbeg.
5
Storia dell’Albania, Antonello Biagini, Bompiani, 1998, pg. 15.
12
1.2 L’Epopea di Skanderbeg.
Nell’idea nazionale albanese, questo simbolo eroico e incarnato da
Giorgio Castriota (1405-1468) detto Skanderbeg. E’ l’eroe nazionale
albanese per antonomasia.
“Un volto fiero, duro, virile, da coraggioso guerriero e capace
comandante, in grado di guidare i propri uomini alla vittoria verso cui
guardano due occhi accigliati oppure con i tratti addolciti del padre che
dona fiducia ai propri figli, due differenti maniere di raffigurare
Skanderbeg”
6
. Nella storia dell’Albania la sua figura giganteggia. Resa
ancor più vivace dalle leggende che ne tramandano il ricordo di
generazione in generazione e fatto presto conoscere dal Barletius in
Occidente, brilla in una luce d’epopea nazionale
7
.
Personaggio carismatico, è stato un grande condottiero, capace di
unificare le forze albanesi contro gli Ottomani.
Nato a Kruja, città dell’Albania centrale da una famiglia feudataria
che aveva prestato giuramento di fedeltà al Sultano, Skanderbeg viene
condotto a 9 anni, insieme ai suoi fratelli a Konye ,allora capitale
dell’impero turco, affinché fosse cresciuto come “giannizzero”. Giorgio
Castriota cambiò il proprio nome in Skanderbeg: dal turco “Iskandar bey”,
cioè signor Alessandro, con riferimento ad Alessandro Magno. Succedeva
spesso che l’impero ottomano prendesse i giovani delle famiglie nobili dei
popoli assoggettati per farli studiare presso la corte ottomana, con
l’obbiettivo di inserirli nei suoi organismi militari. I “giannizzeri”, cioè i
nuovi soldati erano bambini cristiani, che strappati alle loro famiglie in
6
Storia dell’Albania, Antonello Biagini, Bompiani, 1998, pg. 17.
7
Pio Bondioli, Albania quinta sponda d'Italia Milano C.E.T.I.M 1939 pg. 87.