4
sociali, sono alla base della stigmatizzazione, ovvero della discriminazione, delle
minoranze, si esprimono nell’anti-socialità. Ma vi sono emozioni creative che possono
fondare un’etica ragionevole, l’etica della pari dignità, come la compassione e la
gratitudine, ma anche la rabbia e l’indignazione. Sono emozioni che, da proto-etiche al
momento della loro genesi connessa alle crisi di ambivalenza infantili, possono
svilupparsi adeguatamente e formare una concezione etica, vicina alla comprensione
della natura umana. Infatti, il provare emozioni è strettamente connesso con
l’accettazione della propria vulnerabilità e mortalità, nel caso dell’emozione del lutto,
della compassione, dell’amore e della rabbia, o la non accettazione di tali caratteristiche,
come nella vergogna e nel disgusto; ciò che è costante, è la realtà di tale vulnerabilità e
mortalità, e la realtà problematica del rapporto degli individui con queste caratteristiche
della natura umana.
In virtù dell’onnipresenza dell’emozione nella vita e nell’intelligenza
individuale, l’emozione-valutazione si trova ad essere implicata nella vita e nella pratica
pubblica in diversi modi, e Nussbaum tenta di indicare la strada più ragionevole per
profittare di tale condizione ai fini della promozione della dignità umana e della libertà,
a primo motore e valore di ogni società che voglia definirsi liberale — il termine
liberal, ha nell’accezione americana una carica progressista e riformista notevole, non
esplicabile dal termine italiano “liberale”; ai fini di una maggiore comprensione del
testo, è bene chiarire che userò il termine liberale nell’accezione americana —. Perciò
l’autrice passa all’analisi di emozioni specifiche, quali la compassione, come
presupposto per politiche di tutela dei diritti dei cittadini, il disgusto e la vergogna,
come ostacoli e limiti alla prima. Vi è ad oggi un acceso dibattito interno al liberalismo
politico che si trova, in alcune occasioni, a colludere con tesi comunitariste e normative,
e che riguarda proprio la possibilità di utilizzare la vergogna a fini sociali, attraverso le
shame penalties — terminologia che sarà tradotta, in alcuni punti del testo, con “pene
volte all’esposizione alla vergogna” —, che Nussbaum considera antitetiche rispetto
agli ideali del liberalismo stesso. Il disgusto è un’emozione particolarmente
problematica, vedremo che l’autrice ritiene accettabile, nella sfera del diritto, un
richiamo al disgusto come danno inflitto a persone non consenzienti — il principio del
danno a terzi come criterio giuridico, è ripreso da On liberty di John Stuart Mill,
filosofo utilitarista —, ma non ne accetta l’appello in genere, perché fonte di
aggressività verso la propria, in un primo momento, e altrui mortalità e umanità, tramite
una proiezione di natura quasi “magica” delle caratteristiche ritenute disgustose su
5
minoranze sociali. Tra le minoranze più stigmatizzate, nella società americana in
particolare, troviamo gli afroamericani e i diversi gruppi etnici, gli omosessuali e le
lesbiche, i disabili e, in generale, tutti gli individui che non rientrano nella categoria
arbitraria di “normalità”. La presunta imparzialità di tale categoria è facilmente
confutabile in virtù della sua relazione con le caratteristiche fisiche e psichiche del
gruppo dominante di una società, caratteristiche che si trovano difficilmente, in realtà,
nella maggioranza degli individui. La distinzione tra normale e deviante non deve
sussistere in una società liberale, afferma Nussbaum, soprattutto alla luce di un’analisi
delle radici emozionali di tale distinzione, cioè la vergogna e il disgusto, e per le
conseguenze, nei termini del “panico morale”, conservatrici, stigmatizzanti e repressive
sugli individui.
Avvertenze
I nomi degli autori greci e latini, e i titoli delle loro opere, quando non sono riportati per
intero, sono citati adottando le abbreviazioni del Greek-English Lexicon di H.G.
Liddell/R. Scott/H. Jones/P.G.W. Glare e dell’Oxford Latin Dictionary, a cura di
P.G.W. Glare.
6
1. Eudaimonia, radici e sviluppo della filosofia di Martha Nussbaum.
Aristotele è per Nussbaum il filosofo guida per una teoria etica universale basata sul
concetto di virtù e per l’affermazione della filosofia pratica, quindi di un’etica pratica
connessa alla praxis politica e alla libertà umana, nell’ambito della ricerca
contemporanea. Critica verso un liberalismo politico che esclude una concezione spessa
del bene
1
di ispirazione aristotelica, anteponendole la concezione del bene di ogni
singolo individuo ai fini della costruzione di società pluralistiche che si basino
sull’uguaglianza dei consociati, ed allo stesso tempo verso la tradizione utilitaristica e
verso l’approccio kantiano di Rawls, la prima colpevole di considerare il bene come una
variabile dipendente dei desideri e preferenze degli individui, il secondo, pur elaborando
una teoria sottile del bene,
2
per la tendenza a distinguere la sfera morale da quella
empirica, l’autrice elabora un’etica essenzialista volta alla prassi politica, al fine di
scongiurare il diffondersi di un relativismo etico che considera pericoloso e dilagante.
La prospettiva di Nussbaum è quella di <<un filosofo liberale progressista convinto che
il rispetto delle persone richiede un rispetto notevole ed una deferenza nei confronti
delle loro rispettive concezioni di ciò che ha valore nella vita>>
3
e che ritiene, allo
stesso tempo, che nella vita esistano valori universali che vanno promossi e, ove non
sussistano, insegnati e tutelati.
Ciò che più caratterizza l’approccio aristotelico all’etica pratica, è la priorità che
assume la concezione del bene umano. John Rawls nell’opera A Theory of Justice
sostiene che prima di discutere i principi di giustizia sia necessario proporre una thin
theory of the good, teoria ristretta a pochi elementi da lui considerati essenziali per ogni
essere umano, tra i quali nomina reddito e ricchezza. Secondo Nussbaum, Rawls
considera questi beni come fini e non come mezzi, a differenza dell’approccio
aristotelico che non considera determinati beni importanti in sé, ma si concentra sulla
“funzione” che quei beni possono promuovere. Nussbaum è in accordo con l’idea che i
cittadini debbano essere trattati come individui liberi ed eguali, idea promossa dal
liberalismo, ma ritiene che libertà e uguaglianza siano raggiungibili se e solo se si
forniscono agli individui gli strumenti necessari per <<l’esercizio della facoltà di
1
Trad. <<thick theory of the good>>
2
Trad. <<thin theory of the good>>
3
Nussbaum 2004, p. 79-80.
7
scegliere e della ragion pratica>>
4.
Rispetto all’approccio utilitarista che insiste
sull’importanza dei desideri, o meglio, delle preferenze individuali nell’individuazione
della concezione del bene, Nussbaum risponde, sulle orme del Marx dei Manoscritti
economico-filosofici del 1844, che la preferenza può essere manipolata e arbitraria: chi
vive in una condizione di alienazione, chi vive senza la coscienza della propria
intrinseca dignità, può non esprimere preferenze appropriate rispetto alla sua reale
condizione.
L’autrice fonda un’etica che tenta di essere realmente pluralista e attenta alla
realtà, un’etica empirica, che si fondi sull’idea di natura umana universale, e che trova
il suo antecedente nell’etica eudaimonistica aristotelica, comunemente definita come
dottrina morale che ripone il bene nella felicità e la felicità nella vita virtuosa, intesa da
Nussbaum come precetto etico in difesa di specificità e oggettività del bene umano in
contrasto con la difesa preconcetta di tradizioni irrispettose dei diritti umani. Il termine
greco eudaimonia è stato tradotto dalla tradizione utilitaristica e kantiana come
“felicità” in un’accezione erronea, per la quale ogni posizione rivolta verso il bene
supremo viene considerata come rivolta ad un bene psichico, come contentezza o stato
di piacere, mentre nella tradizione greca e in particolare quella aristotelica il termine è
intimamente riferito all’attività. <<Prosperità umana>>
5
è la traduzione che Nussbaum
accetta, perché coglie il senso aristotelico di eudaimonia, come attività in accordo con le
virtù-eccellenze e in stretto rapporto con la passività di fronte alla fortuna e alla fragilità
dell’uomo rispetto ai beni esterni. La vita buona è ostacolata dall’assenza di mezzi
d’aiuto, infatti <<è impossibile, o non facile, compiere azioni belle se si è sprovvisti di
risorse>>,
6
e si concretizza nell’agire secondo virtù proprio a fronte delle mancanze e
della vulnerabilità della vita umana.
Il relativismo etico si fonda, secondo Nussbaum, sulla scomparsa di un’idea di
natura umana che lascia spazio ad idee confuse riguardo al bene o alla vita buona.
Questo approccio rischia di fossilizzare la nozione di etica e di accettare indirettamente
pratiche razziste, sessuofobe ben saldate in tradizioni locali. Un esempio per tutti
potrebbe essere l’obbligo per la famiglia di una donna indiana di pagare alla famiglia
del futuro sposo la dote, pratica tradizionale dell’India, causa di ricatti, molestie e
omicidi verso donne inermi.
4
Nussbaum 2003, pag. 127.
5
Nussbaum 1986, pag.53.
6
Arist. EN. I 9, 1099a 31-33.
8
È forse necessaria un’idea universale di bene con la quale contrastare
comportamenti di questo genere? Non si rischia di universalizzare concetti o precetti di
un gruppo dominante senza tenere conto dell’idea di bene di ogni singola persona?
Per Nussbaum l’approccio aristotelico può aiutare a risolvere queste obiezioni.
L’etica delle virtù poggia ben salda sul valore del bene umano, la cui universalità è
giustificabile alla luce di caratteristiche umane che sottendono alle specificazioni
culturali locali e tradizionali. Aristotele si dimostra critico verso le forme di
conservazione dell’esistente, soprattutto nel II libro della Politica, ci ricorda Nussbaum,
quando afferma che le <<leggi dovrebbero essere correggibili, non fissate, in virtù del
fatto che un progresso verso una maggior appropriatezza nelle nostre concezioni etiche
esiste, come anche nelle arti e nelle scienze>>,
7
e perciò fossilizzare l’esistente,
mantenendo le stesse leggi, significherebbe fermare il progresso etico.
In Etica Nicomachea, nei libri II – V, l’ultimo interamente dedicato alla
giustizia, Aristotele ci offre un’ampia analisi delle virtù etiche, definite come le attività
più eccellenti dell’anima razionale, quelle che particolarmente interessano alla
trattazione di Nussabum sulla natura umana. Un’azione può essere cattiva o per difetto
o per eccesso ed il bene coincide in ogni caso, in ogni sfera d’esperienza, con la via di
mezzo (mesótēs). Questo vale anche per il comportamento morale: <<quindi la virtù è
uno stato abituale che produce scelte, consistente in una medietà rispetto a noi,
determinato razionalmente>>.
8
A questo punto della trattazione, Aristotele tratta alcune
virtù specifiche che nel libro II dell’Etica Eudemia vengono presentate attraverso uno
schema, una lista. Nussbaum riprende questa lista che comprende virtù quali coraggio,
moderazione, giustizia, generosità, considerando primariamente il modo in cui
Aristotele articola il suo approccio a tali virtù, vale a dire partendo dalla descrizione
di sfere universali di esperienza e scelta, e introducendo la virtù come denominazione
(non ancora definita) di ciò che è appropriato scegliere in quell’area di esperienza ! !.
9
In
effetti non tutte le virtù da lui descritte hanno un nome, a dimostrazione del fatto che
sono le esperienze che definiscono e specificano il reale significato di virtù. Sono le
7
<<(…) laws should be revisable, not fixed, by pointing to evidence that there is progress toward greater
correctness in our ethical conceptions, as also in the arts and sciences>>, Martha Nussbaum, Non relative
Virtues in Nussbaum e Sen The quality of life 1993, p. 249. Cfr. Arist. Pol. II 8, 1269a 4-13.
8
Arist. EN II 6, 1107a 1-3.
9
<< (…) beginning from a characterization of a sphere of universal experience and choice, and
introducing the virtue-name as the name (as yet undefined) of whatever is to choose appropriately in that
area of experience>>. Martha Nussbaum, Non relative Virtues, in Nussbaum e Sen The quality of life
1993, p. 246 247.
9
esperienze ad essere universali e perciò oggettive e, a prescindere che la gestione di esse
sia appropriata o non appropriata secondo l’elenco delle virtù, la scelta avviene sempre
in aree di esperienza, <<stati abituali>>
10
in comune a tutti gli uomini e quindi passibili
di analisi e studio in quanto universali.
11
Ciò che Nussbaum vuole affermare è che Aristotele propone un’ interessante
connessione tra le virtù, la ricerca di un’etica oggettiva, e la critica alle norme locali
esistenti, teoria da tenere in considerazione nelle analisi filosofiche – sfera etica ,
socio-politiche – sfera della praxis , economiche – riguardo al principio distributivo
dei beni contemporanee.
Le virtù, dunque, esistono in riferimento a sfere evenemenziali a fronte delle
quali è necessario che l’individuo compia delle scelte. Ci sono esperienze che
accomunano tutta l’umanità, perché la vita umana è in costante rapporto con i beni
esterni e la loro fragilità. Nella lista di Aristotele troviamo tra le sfere esperienziali la
paura per danni alla propria persona o ai propri cari, la paura della morte, gli appetiti
fisici e la loro soddisfazione le cui virtù corrispondenti, attraverso la scelta del “giusto
mezzo”, sarebbero coraggio e moderazione; la giustizia è la virtù relativa alla
distribuzione di risorse limitate, la generosità alla gestione della proprietà privata.
Insomma i riferimenti ai beni esterni e il riconoscimento del ruolo attivo che giocano
nella determinazione delle virtù umane dimostrano un’analisi attenta della realtà della
vita e la volontà di affrontarla con onestà intellettuale, caratteristiche di ricerca che
differenziano il filosofo dalla tradizione filosofica greca che indica, invece,
nell’eccellenza umana il momento di trascendimento dell’umanità stessa, come
l’ascetismo platonico e stoico. La figura tradizionale del saggio infatti è quella di chi
slega la propria esistenza dai beni esterni e caduchi, evitando la propria esposizione alla
fortuna, vulnerabilità della vita prettamente umana, e vivendo in piena virtù,
nell’accezione praticamente contraria a quella di Aristotele, il quale umanizza appieno il
concetto stesso di virtù.
L’eccellenza umana è quindi per Nussbaum strettamente legata a beni esterni,
incontrollabili dalla ragione, ed è grazie alla fragilità e alla vulnerabilità che può essere
definita eccellenza. Aristotele afferma che solo gli uomini, a differenza di animali e dei,
sono in grado di formare concetti etici e vivere secondo virtù, perché i primi non
possono formare concetti e i secondi mancano di esperienza del limite e della
10
Arist. EN II 4, 1105b 25.
11
Martha Nussbaum Non relative Virtues, in Nussbaum e Sen <<The quality of life>> 1993, p. 248.
10
finitezza:
12
l’esperienza della vulnerabilità è una caratteristica non sufficiente ma
necessaria dell’umanità.
Da Platone in poi vi è stato un tentativo nella filosofia volto a salvare l’uomo
dalla caducità, a permettergli di trascendere la propria umanità con la forza della
ragione, definendolo animale razionale, a proporre il controllo delle passioni e a negare
l’importanza dei beni esterni penso anche al dualismo cartesiano, la distinzione tra
anima e corpo, l’una eterna e l’altro caduco e mortale . Una <<splendida ed equivoca
speranza>>
13
di governare il mondo e l’irrazionale dentro ognuno di noi, la speranza di
una trascendenza oltre la fragilità del bene che dimentica il bene della fragilità. Gli
stoici greci riconoscono questa qualità dei beni esterni e riconoscono l’importanza che
ogni essere umano dà a questi beni rispetto ai propri fini, ma criticano questa
dipendenza, che a loro avviso deriva da false emozioni-valutazioni, e optano per il loro
sradicamento psicologico ed il raggiungimento di una vita priva di turbamenti, ascetica,
proponendo un’etica terapeutica. È grazie ad Aristotele che la dimensione umana ritrova
la sua specificazione nel rapporto con i beni esterni, attraverso la rivalutazione
dell’eccellenza e della virtù proprio alla luce della loro concreta determinazione nel
vissuto.
La natura umana si caratterizza dunque dal confronto con determinate
esperienze, si costruisce a partire dalla finitezza e dal rapporto problematico con la
fragilità dei beni esterni; è importante comprendere che non si nega la varietà infinita
dei modi di affrontare l’esperienza, soggettivamente ma anche culturalmente
determinati, ma si afferma l’universalità della presenza di sfere evenemenziali
specificatamente umane nella vita di ognuno.
Nella sua thick vague theory of the good,
14
Nussbaum, riprendendo la lista
aristotelica delle virtù, individua alcuni elementi costitutivi dell’essere umano.
15
La
mortalità è un fatto con cui ogni essere umano si trova a fare i conti e,
indipendentemente dalle credenze che si hanno su di essa, esiste. Ogni uomo è provvisto
di un corpo che impone dei limiti, necessità, appetiti naturali, senza negare l’influenza
12
Arist. Pol. I 2, 1253a 1-18 e Arist. EN VII 1, 1145a 24-28.
13
Zanetti Introduzione in Nussbaum 1986.
14
Trad: <<spessa e astratta teoria del bene>>. Nussbaum chiarisce in più scritti la natura astratta di
questa teoria, a chiarire il suo essere costantemente “aperta” a sviluppi e cambiamenti, spessa nel senso
che si pone l’obiettivo di individuare una vasta gamma di beni veramente essenziali per una reale
prosperità umana.
15
Vedi Capacità personale e democrazia sociale 2003, Nature, Function, and Capability: Aristotle on
Political Distribution 1990, Non Relative Virtues: An Aristotelian Approach 1990.