COMPLESSITA’ ED INCERTEZZA NELLA PIANIFICAZIONE: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA COMPRENSIONE DELLE
DINAMICHE TERRITORIALI
Introduzione 2
La necessità di superare i conflitti di interesse tra i differenti attori coinvolti nel
processo decisionale, tramite l’adozione di una procedura interattiva che permetta di
confrontare, valutare e scegliere tra opzioni progettuali divergenti ed incompatibili;
Strategic Choice, attraverso un processo decisionale ciclico e interattivo, consente di generare
e di selezionare azioni di piano e progetti reciprocamente compatibili e coerenti con gli
obiettivi degli attori: può essere utilizzato sia per migliorare l'efficacia di interventi progettuali
in contesti caratterizzati da complessità ed incertezza di situazioni fisiche e decisionali, che per
favorire lo sviluppo di nuove forme di pianificazione strategica interattiva “bottom-up”.
Strategic Choice non perviene alla redazione di un piano, inteso come sistema vincolistico e
normativo, ma identifica i passi incrementali da attuare in un processo continuo di
pianificazione, la cui efficacia non è valutata dal grado di conformità tra prescrizioni ed
attuazione, ma dalla capacità di agevolare le scelte, di adattarsi alle trasformazioni e di gestire
le incertezze intrinseche nei processi decisionali.
L’incertezza assume un ruolo fondamentale nella strutturazione del processo di scelta
strategica: sono individuati tre tipi di incertezza che per la loro natura e per le relazioni che si
stabiliscono tra esse, delineano il carattere di complessità irriducibile delle scelte medesime:
1. Incertezza relativa alla conoscenza del contesto fisico ed ambientale (Uncertain
Environment), da affrontare attraverso un processo continuo di conoscenza che evolve
insieme al processo di costruzione delle scelte strategiche.
2. Incertezza relativa alle relazioni esistenti tra i differenti campi di scelta ed i diversi
processi di decisione (Uncertain Relations), da affrontare tramite il coordinamento tra i
vari livelli di governo del territorio, assumendo un approccio intersettoriale ai problemi al
fine di comprendere il carattere relazionale (complementare, conflittuale o sinergico) delle
scelte nei differenti settori di intervento e nelle diverse modalità di azione.
3. Incertezza relativa alle politiche ed ai sistemi di valore che interagiscono con i problemi di
scelta strategica, ed in base alle quali si devono valutare le scelte (Uncertain Values), da
affrontare attraverso il coinvolgimento di una molteplicità di attori con interessi differenti,
l’implementazione di processi di comunicazione interattiva e reciproco apprendimento per
giungere alla costruzione di sistemi di valori condivisi.
Una delle principali caratteristiche di Strategic Choice riguarda il carattere incrementale e
continuo della pianificazione, sviluppata secondo una procedura in cui le differenti fasi
interagiscono tra di loro in un processo non lineare. I quattro cicli operativi di Strategic Choice
- articolati nelle modalità strutturare, progettare, confrontare e scegliere - non sono ordinati in
rigide sequenze temporali, permettono piuttosto di costruire un processo di decisione aperto e
flessibile, che prevede la possibilità di riformulare i problemi e di tornare su scelte già
individuate, di confrontare e scegliere anche retroattivamente le opzioni progettuali,
modificandole secondo gli elementi di complessità e novità che emergono nel corso del
processo decisionale.
Nella modalità strutturare, viene articolato il complesso delle problematiche (aree di
decisione) ed identificate le loro interrelazioni. Ogni area di decisione è rappresentativa di uno
specifico problema: tuttavia non è l’esito di un processo decisionale, ma l’ambito in cui
collocare le differenti possibilità di progetto. Le aree di decisione possono riguardare diverse
tipologie di problemi (dai generali a quelli più specifici), con tempi e scale di progettazione
differenti; la lista delle aree è aperta e può essere aggiornata durante il processo di interazione
con gli attori coinvolti e/o nel corso dell’approfondimento delle conoscenze. Le interrelazioni
tra le aree di decisione, (legami di decisione), formano il grafo di decisione, ovvero la struttura
delle connessioni tra gli elementi che compongono un problema complesso; il grafo di
decisione può essere articolato in fuochi del problema, cioè gruppi di aree di decisione
fortemente interrelati che è possibile analizzare provvisoriamente come sottoproblemi separati.
Nella modalità progettare sono individuate soluzioni alternative (opzioni) per ogni area di
decisione ed identificati i legami di compatibilità o incompatibilità tra differenti aree; dalla
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DINAMICHE TERRITORIALI
Introduzione 3
rappresentazione delle compatibilità/incompatibilità tra opzioni (grafo delle opzioni) è
possibile individuare gli schemi di decisione, ovvero combinazioni di opzioni - una per ogni
area di decisione - mutuamente compatibili che sinergicamente concorrono alla soluzione dei
problemi.
Nella modalità confrontare sono definiti i criteri di valutazione delle opzioni (aree di
confronto) ed identificata una prima gerarchia di preferenze, evidenziando problematiche e
potenzialità intrinseche ad ogni schema decisionale analizzato. Attraverso i criteri adottati si è
proceduto al confronto tra azioni alternative, secondo una logica di valutazione relativa basata
su indicatori capaci di interpretare la complessità del sistema territoriale.
In tale ottica la valutazione non rappresenta una tecnica per individuare la soluzione migliore
tra possibili alternative, è piuttosto uno strumento di approfondimento della conoscenza, che
percorre il processo progettuale in tutte le sue fasi:
ξ Nel riconoscimento dei valori territoriali e dell’insieme delle risorse ambientali, socio-
economiche e storico-culturali;
ξ Nella definizione degli obiettivi strategici e nella scelta dei principi di base su cui
impostare il processo progettuale;
ξ Nella individuazione del sistema degli attori presenti sul territorio e nella scelta delle
azioni orientate verso la sostenibilità;
ξ Nella costruzione di scenari strategici e nella definizione dei relativi programmi di
attuazione, attraverso la precisazione dei criteri di intervento e della loro attuazione
temporale;
ξ Nella costruzione di strategie di negoziazione e cooperazione tra i diversi attori
coinvolti nel processo di pianificazione;
ξ Nel monitoraggio del processo e nella ridefinizione interattiva degli obiettivi strategici
e dei risultati attesi.
L’ultima fase, (scegliere) riguarda l’esplicitazione delle aree di incertezza, e la definizione di
opzioni esplorative, al fine di superare i problemi relativi alla scarsa conoscenza del contesto
operativo, alla mancanza di coordinamento, alla costruzione di valori condivisi. Si
costruiscono quindi gli schemi di azione, selezionando gli schemi di decisione relativi alle aree
di decisione ritenute prioritarie per importanza ed urgenza. Il prodotto principale del processo
progettuale è il pacchetto di prescrizioni (progress), che sintetizza i risultati visibili del
processo (azioni da attuare subito, opzioni esplorative da intraprendere per ridurre le
incertezze, decisioni da differire nel tempo, azioni da attuare in sostituzione di quelle stabilite
nel caso di difficoltà non previste) e quelli invisibili (il miglioramento dei processi di
comunicazione tra gli attori, che può derivare da una maggiore comprensione dei sistemi di
valori, delle modalità di lavoro degli altri attori, delle pressioni e dei vincoli cui essi sono
soggetti).
Nell’ambito della ricerca il metodo Strategic Choice è stato applicato al fine di individuare
alcuni elementi progettuali che potrebbero concorrere alla definizione di uno scenario di
trasformazione orientato verso lo sviluppo sostenibile del territorio della laguna di Venezia. Il
caso di studio proposto, il sistema territoriale veneziano, è stato scelto in quanto emblematico
della realtà attuale: la compresenza di terra ed acqua e di funzioni potenzialmente in conflitto
connesse al loro utilizzo, rende improbabile ogni approccio riduzionista e costringe a
considerare la complessità del contesto, delle azioni da svolgere e delle decisioni da prendere.
I numerosi fattori di incertezza, relativi, ad esempio, all’assetto naturalistico (si pensi ai
numerosi dibattiti in atto relativi alla questione della subsidenza e delle maree anomale, alla
identificazione della Laguna come singolo ecosistema o sistema complesso di ecosistemi tra
loro interagenti), alle questioni gestionali (quali la molteplicità di attori coinvolti nel
coordinamento della pianificazione locale), a fattori socio – economici (il destino del
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DINAMICHE TERRITORIALI
Introduzione 4
petrolchimico in una ipotesi di società futura no-oil, la monocultura turistica, eccetera),
rendono necessario l’utilizzo di una metodologia progettuale che metabolizzi da subito le
incertezze intrinseche della realtà in cui si va ad agire.
Le analisi condotte sulle specificità del sistema territoriale, il riconoscimento dei punti di forza
e debolezza, l’osservazione di alcuni fenomeni relativi all’andamento economico ed alla
organizzazione sociale, hanno portato alla identificazione delle principali problematiche,
(“aree di decisione”) caratterizzate da particolare urgenza ed importanza, per le quali sono
state individuate differenti opzioni di scelta.
L’articolazione in “fuochi”, (sotto insiemi di aree di decisione tra loro interrelati) ha permesso
l’analisi delle strategie relative a differenti ambiti tematici, al fine di individuare un modello di
sviluppo che favorisca l’attuazione di scenari evolutivi dinamici. I principali fuochi individuati
sono:
1) La salvaguardia ecologico ambientale dell’ecosistema lagunare, che aggrega aree
riguardanti le problematiche della salvaguardia ambientale e della manutenzione ordinaria
dell’ecosistema lagunare.
2) Lo sviluppo socio economico delle aree di gronda, relativo alla attuazione di
provvedimenti diretti a rivitalizzare le aree di gronda sotto il profilo sociale ed economico e a
regolarne lo sviluppo.
3) Lo sviluppo urbano di Marghera, relativo alla riqualificazione della Municipalità di
Marghera, con particolare attenzione alle modalità di collegamento con Venezia e Mestre
4) Porto Marghera ed il petrolchimico, relativo al possibile assetto dell’area industriale di
Porto Marghera, analizzata nelle sue connessioni sia con la città storica e con il nucleo urbano
adiacente della città giardino.
5) La città storica, relativo ai provvedimenti diretti a rivitalizzare la città storica sotto il
profilo sociale ed economico, al suo ridisegno funzionale, al miglioramento del sistema dei
collegamenti e dell’accessibilità, alle decisioni da prendere per compensare le conseguenze
negative del turismo.
In particolare, si è focalizzata l’attenzione su alcune problematiche specifiche del nucleo
urbano ed industriale di Marghera, ambito di valenza strategica in quanto interferisce e si
intreccia con altre scelte che riguardano l’intero territorio. Sono quindi stati approfonditi in
maniera più dettagliata i fuochi n. 3 (“Lo sviluppo urbano di Marghera”) e n. 4 (“Porto
Marghera ed il petrolchimico”).
Si tratta di due situazioni differenti ed antitetiche, esemplificative della complessità del sistema
in esame: in particolare, con l’individuazione del terzo fuoco, si è voluto approfondire lo
studio della Macroarea costituita dalla Municipalità di Marghera, rappresentativa delle aree
urbane di frangia localizzate nell’entroterra veneziano. L’area si presenta abbastanza compatta,
caratterizzata dalla presenza dell’insediamento urbano piuttosto atipico in tale contesto
territoriale, (la “Città giardino”), che si configura come un’isola all’interno del tessuto
territoriale adiacente.
Attraverso l’analisi del quarto fuoco, invece, si è voluto approfondire lo studio della zona
industriale di Porto Marghera, avente un ruolo di primo ordine nel territorio veneziano: tale
ambito, sede storica della grande industria, da tempo sta attraversando una fase critica e di
profonde trasformazioni produttive e sociali, e continua a condizionare il dibattito
sull’economia dell’entroterra veneziano.
Al fine di individuare uno scenario di trasformazione orientato verso lo sviluppo sostenibile,
sono stati utilizzati criteri di valutazione di carattere multidimensionale, relativi alle varie
declinazioni della sostenibilità: sostenibilità socio-economica, (intesa come possibilità di
attuare strategie di intervento riferite all’uso appropriato delle risorse locali, alla capacità di
superamento della crisi economica ed occupazionale), fattibilità finanziaria, (intesa come
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DINAMICHE TERRITORIALI
Introduzione 5
possibilità di accesso alle risorse finanziarie per la realizzazione dei progetti), sostenibilità
urbano territoriale, (intesa secondo la definizione di Magnaghi, quale capacità di un modello
insediativo e delle sue regole di produzione e riproduzione, di promuovere processi di
riterritorializzazione), sostenibilità ecologico-ambientale, (quale capacità delle scelte
progettuali di consentire la valorizzazione e la salvaguardia degli ecosistemi naturali e delle
risorse primarie presenti).
La metodologia proposta si configura “atipica”, in quanto considera contemporaneamente
problematiche di scala differente, aggirando le normali prassi di pianificazione basate su
logiche lineari di gerarchia spaziale (dalla scala vasta al progetto di dettaglio) e temporale
(prima le linee di indirizzo progettuale a scala vasta, poi la specifica dei progetti in ambito più
dettagliato); l’articolazione del problema complessivo di pianificazione deriva quindi dalle
peculiarità del contesto, e non da scelte arbitrarie di gerarchizzazione. Tale approccio è basato
su un processo incrementale, ove la dimensione strategica delle scelte non è connessa a
questioni di scala, piuttosto di scelte (Strategic Choice).
COMPLESSITA’ ED INCERTEZZA NELLA PIA NIFICAZIONE: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA COMPRENSIONE DELLE
DINAMICHE TERRITORIALI
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PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO
METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA
COMPLESSITA’ ED INCERTEZZA NELLA PIANIFICAZIONE: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA COMPRENSIONE DELLE
DINAMICHE TERRITORIALI
PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA 7
1 IL TERRITORIO DELLA COMPLESSITA’
“So cosa è la complessità, ma se me lo chiedi, non lo so più”
(P. Greco, 2002)
COMPLESSITA’ =>
Proprietà di un sistema del mondo reale che si manifesta nell’impossibilità per ogni
formalismo di catturare in modo adeguato tutte le sue proprietà. Ciò richiede l’individuazione
di nuove modalità per interagire con il sistema, modalità che evidenzino la correlazione
dell'insieme con le sue parti, la correlazione di ciascuna di queste con tutte le altre e, nel
contempo, la natura di questo nesso nei termini di una continua comunicazione reciproca.
(M.C. Taylor, “Il momento della complessità”, Codice ed., Torino, 2005)
Il “pensiero della complessità” ha spiazzato completamente le
modalità di conoscenza ed osservazione della realtà: “…si ha
la sensazione che vengano giocati molti giochi
contemporaneamente, e che durante il gioco cambino le
regole di ciascuno” (Baumann 2001). Nei processi conoscitivi
l’attenzione è spostata dalla ricerca di leggi universali ed
immutabili della natura, alla osservazione dei processi naturali
che evolvono in maniera caotica nel tempo, configurando
realtà molteplici costituite da una successione irregolare ed
imprevedibile di eventi aleatori interrelati tra di loro. “La
fisica classica si interessava soprattutto di orologi, la fisica
moderna soprattutto di nuvole” (Prygogine 2000).
L’introduzione e lo sviluppo del pensiero della complessità ha
rimesso in discussione, specialmente negli ultimi decenni, i
principi teorici della modernità, basati essenzialmente su una
conoscenza impostata su logiche lineari causa-effetto, sulla
possibilità di semplificare i fenomeni osservati riducendoli a
meccanismi semplici e scomponibili, da analizzare ed eventualmente modificare attraverso
dispositivi tecnici e lineari.
Si prende quindi consapevolezza dell’obsolescenza delle premesse del pensiero occidentale e
dei danni provocati dal loro sopravvivere inerziale in contesti profondamente trasformati.
Secondo Bateson alla base di tale obsolescenza vi sono tre presupposti:
1) il dualismo cartesiano che separa la “mente” dalla natura”;
2) Le metafore “fisiche” utilizzate per descrivere e spiegare la realtà, derivanti dall’importanza
che un tempo Bacone, Locke e Newton attribuirono alle scienze fisiche;
3) L’assunto che tutti i fenomeni possono essere osservati e valutati in termini quantitativi.
Emergono così nuovi paradigmi
1
che portano al ripensamento – almeno parziale – dei
fondamenti delle scienze esatte così come si sono configurate da Galileo in poi.
1
Molto autori mettono in guardia dal guardare la complessità come un nuovo paradigma. Infatti, come ricorda Scandurra, “Se
è vero che (la complessità) esprime un nuovo modo di guardare la realtà e descriverla, essa si pone come continuità del
pensiero scientifico moderno e non come l’inizio di una nuova scienza da contrapporre a quella di Newton e Galileo. Le
assunzioni della meccanica newtoniana quindi non sono false, ma estendibili solamente a limitati aspetti della reltà“ (E.
Scandurra, Ambiente e Pianificazione, EtasLibri, Milano, 1995). Lo stesso autore ci mette in guarda dall’errore di sostituire il
“disordine del caos all’ordine della meccanica classica”, altrimenti si cadrebbe in un nuovo riduzionismo. Ancora più esplicita
è Isabelle Stengers, in “Perché non può esserci un paradigma della complessità” (in BOCCHI G., CERUTI M. (a cura di), La sfida
della complessità, G. Feltrinelli Editore, Milano, 1997), ove afferma che proprio perché la complessità finisce con il mettere in
discussione i fondamenti della nozione stessa di paradigma, non può esserci un “paradigma” della complessità.
COMPLESSITA’ ED INCERTEZZA NELLA PIANIFICAZIONE: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA COMPRENSIONE DELLE
DINAMICHE TERRITORIALI
PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA 8
“Il nostro universo fisico non ha più come simboli il moto regolare e periodico dei
pianeti, moto che è alla base stessa della meccanica classica. È invece un universo di
instabilità e fluttuazioni, che sono all’origine della incredibile varietà e ricchezza di
forme e strutture che vediamo nel mondo intorno a noi. Abbiamo quindi bisogno di nuovi
concetti e nuovi strumenti per descrivere una natura in cui evoluzione e pluralismo sono
divenute le parole fondamentali” (Nicolis, Prygogine 1991).
Il percorso della complessità (Scandurra 1995) è caratterizzato da alcuni passaggi essenziali,
avvenuti negli ultimi 50 anni:
ξ Gli studi del metereologo Edward Lorenz
2
, che attraverso ricerche sull’evoluzione
temporale dei fenomeni atmosferici, comprese che la procedura di semplificazione dei
fenomeni complessi persegue risultati validi solo per le particolari condizioni
selezionate per effettuare l’esperimento, e che basta variare anche di poco le condizioni
iniziali per ottenere uno svolgimento dei processi differente e del tutto imprevedibile.
ξ Le ricerche effettuate da Renè Thom
3
, che nella Teoria delle catastrofi dà una
descrizione del fenomeno delle biforcazioni all’interno delle dinamiche evolutive dei
sistemi complessi. Thom osserva, attraverso l’implementazione di modelli qualitativi,
che in un sistema lontano dall’equilibrio, superata una certa soglia di instabilità, le
perturbazioni causate dall’ambiente possono provocare effetti catastrofici, momenti di
discontinuità caratterizzati da un forte livello di disordine, ai quali il sistema
risponderebbe producendo biforcazioni su nuovi percorsi evolutivi, raffiguranti
maggiori condizioni possibili di equilibrio.
ξ Le analisi effettuate da Ilya Prigogine
4
, che partendo dallo studio delle equazioni della
termodinamica elaborate dalla fisica classica (che considerano il tempo come valore
assoluto), intuisce che il tempo, invece, segue una traiettoria irreversibile. Attraverso lo
studio dei sistemi termodinamici aperti, lontani dall’equilibrio (strutture dissipative),
Prigogine scopre che gli organismi viventi seguono traiettorie evolutive capaci di creare
ordine dal disordine, di trasformare la materia disordinata in struttura complessa
organizzata.
2
Nel corso di un programma di simulazione del clima, Eward Lorenz, meteorologo presso il MIT (Massachusetts Institute of
Technology), fece una importante scoperta. In una delle simulazioni climatiche (basata su molteplici variabili, incluse relazioni
non lineari), Lorenz scoprì che, ripetendo la stessa simulazione con valori diversi, l'evoluzione del "clima" elaborata dal
computer si discostava dai risultati precedenti: a quella che si configurava come una perturbazione, dopo una temporanea
somiglianza iniziale, si sostituiva un modello climatico completamente diverso. Tali osservazioni hanno portato allo sviluppo
della Teoria del Caos che pone limiti definiti alla prevedibilità dell'evoluzione di sistemi complessi non lineari. Nei sistemi
lineari, una piccola variazione nello stato iniziale di un sistema (fisico, chimico, biologico, economico) provoca una variazione
corripondentemente piccola nel suo stato finale: per esempio, colpendo leggermente più forte una palla da biliardo, questa
andrà più lontano. Al contrario, sono non lineari le situazioni di un sistema in cui piccole differenze nelle condizioni iniziali
producono differenze non prevedibili nel comportamento successivo. Un sistema può anche comportarsi in modo caotico in
certi casi e in modo non caotico in altri.
3
René Thom (1923 – 2002) è uno dei principali studiosi della topologia differenziale ma è noto in particolare per la teoria delle
catastrofi con la quale ha cercato di applicare la matematica ai fenomeni naturali. Thom ha classificato sette possibili tipi di
catastrofi elementari (dove per catastrofe si intende un cambiamento improvviso di un processo tendenzialmente stabile).
4
Alla base del pensiero di Ilia Prigogine vi è una sfiducia sull'idea che la natura "segua" sempre la via più semplice: al
contrario, il funzionamento della macchina-natura è dovuto alla complessità dei processi a carattere irreversibile. Prigogine
perviene a questa soluzione esaminando il fenomeno della termodinamica noto come entropia.
Nell'evoluzione storica dell'universo, infatti, c'è un evento eccezionale, perché smentisce il graduale passaggio dell'energia,
dall'ordine al disordine (l'entropia, appunto). Questo evento, esempio più eclatante di energia ordinata nell'universo, fu il
sorgere della vita sulla terra, e la conseguente esistenza delle varie forme di vita, caratterizzate - come altri processi
irreversibili - dall'auto-organizzazione. L'auto-organizzazione si eventua contro il presunto equilibrio dell'ordine naturale, e
quindi contro l'idea della semplicità dei fenomeni, alla quale va contrapposta, la complessità, che è assenza di equilibrio
energetico (entropia) e disordine fisico. In tal modo, la natura crea dei sistemi dissipativi (gli esseri viventi). La loro
caratteristica è di influire sullo squilibrio dell'energia assorbendola e restituendola esternamente sotto forma di calore.
Prigogine sviluppa in senso filosofico il concetto di complessità facendone il cardine di una rinnovata razionalità, che integra
punti di vista finora inconciliabili: cioè la cultura umanistica, e quindi il mondo delle arti e delle scienze umane, e la cultura
scientifica, la costellazione delle scienze esatte, fisico-naturali, e chimiche.
COMPLESSITA’ ED INCERTEZZA NELLA PIANIFICAZIONE: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA COMPRENSIONE DELLE
DINAMICHE TERRITORIALI
PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA 9
ξ La biologia evolutiva, sviluppatasi a partire dalle formulazioni della teoria degli
equilibri punteggiati (S. Gould)
5
, mette in discussione il principio darwiniano della
selezione naturale fondata sull’adattamento e sulla linearità dei processi evolutivi,
supponendo invece lunghi periodi di stabilità alternati a fasi di rapido mutamento, nei
quali i momenti di discontinuità generano maggiori possibilità evolutive. Si delinea così
il concetto di pluralismo evolutivo: di fronte a varie opzioni di sviluppo, ci si trova
davanti a un opportunismo dell’evoluzione (processo stocastico) piuttosto che di
ottimalità dell’evoluzione (processo deterministico).
ξ Il rapporto osservatore/osservato: la reintroduzione dell’osservatore nel discorso
scientifico, operata dalle scienze fisiche e biologiche, sposta l’obiettivo della
conoscenza dalla ricerca di spiegazioni oggettive dei fenomeni naturali, alla
investigazione dei processi cognitivi, caratterizzati da relazioni circolari e costruttive
tra il soggetto che osserva ed il fenomeno osservato. Si arriva alla presa di coscienza
del fatto che “l’osservatore, mentre descrive un mondo, sta contemporaneamente
descrivendo quel mondo che descrive se stesso”.
ξ La teoria dei sistemi autopoietici
6
, che trova le sue origini nella cibernetica e nelle
ricerche sui sistemi autoreferenziali. Maturana e Varela definiscono i sistemi
autopoietici come sistemi che tendono a rispondere alle fluttuazioni provocate
dall’ambiente esterno, cercando di mantenere invariata la propria organizzazione
interna, attraverso strategie di compensazione che permettono variazioni strutturali
tramite forme di apprendimento (accoppiamento strutturale con l’ambiente), il che
permette al sistema di riorganizzarsi evolvendo dinamicamente da uno stato all’altro
senza perdere la propria identità.
ξ Gli studi di Gregory Bateson
7
, riguardanti i rapporti esistenti tra i processi
caratterizzanti l’evoluzione biologica e i processi cognitivi della mente umana. Le sue
ricerche convergono su un punto di base: la mente umana segue principi organizzativi
basati su differenze, informazioni e relazioni tra le parti, proprio nello stesso modo dei
sistemi viventi che essa si propone di comprendere.
Piuttosto che passare in rassegna le differenti definizioni date al concetto di complessità, risulta
maggiormente utile analizzare le questioni sollevate dall’introduzione di tale concetto nei vari
contesti disciplinari. Edgar Morin ne enuncia sette:
5
Steven Jay Gould (1941-2002), paleobiologo americano e direttore del museo di zoologia di Harvard, è conosciuto soprattutto
per la teoria degli equilibri punteggiati: basandosi su osservazioni dei dati palenteologici, Gould ed il suo collega Elderege
hanno disegnato un nuovo scenario evolutivo: lunghi periodi di stasi, in cui le specie rimangono praticamente immutate, in
equilibrio, punteggiati da brevi (a scala geologica) episodi di speciazione. Da ciò deriva l’importanza attribuita alle estinzioni
di massa, e quindi, alla casualità.
6
Il termine "autopoiesi" deriva dal greco "auto" (sé) e "poiesis" (creazione) ed è stato utilizzato da Maturana e Varela per
indicare quella che per loro è la caratteristica fondamentale di sistemi viventi e cioè il fatto di possedere una struttura
organizzata capace di mantenere e rigenerare nel tempo la propria unità e la propria autonomia rispetto alle variazioni
dell'ambiente circostante, tramite la creazione delle proprie parti costituenti, che a loro volta contribuiscono alla generazione
dell'intero sistema. I sistemi viventi quindi mantengono se stessi grazie alla produzione dei propri "sottosistemi" che producono
a loro volta l'organizzazione strutturale globale necessaria per mantenerli e produrli. I sistemi viventi sono visti come strutture
autonome e dotate di chiusura operazionale, in cui il sistema si trova in una situazione di completo autoriferimento, in cui
cioè pensa solo al proprio mantenimento e tutte le azioni che sembra compiere verso l'esterno sono in realtà atte a mantenere
la propria integrità rispetto alle perturbazioni ambientali.
7
Gregory Bateson (1904-1980) antropologo, sociologo, cibernetico, è stato uno dei più importanti studiosi di questo secolo.
Opponendosi a quegli scienziati che cercavano di "ridurre" ogni cosa alla pura realtà osservabile, si fece carico di introdurre il
concetto di "Mente" all’interno di equazioni scientifiche (Verso un’ecologia della Mente, Mente e Natura). Dal suo punto di
vista la Mente è la parte costituente della "realtà materiale" è di conseguenza non ha senso cercare di scindere la mente dalla
realtà. Prima di divenire un esponente della contro cultura degli anni ‘60, negli anni ‘20 e ‘30 si occupò di antropologia; fornì
un nuovo modello per sviluppare una rinnovata comprensione della follia umana, nonché per la scoperta della teoria del
doppio legame. Con i colleghi W. McCulloch, G. Pask, R. Ashby, H. Foerster, N. Wiener e altri, contribuì ad elaborare la
scienza cibernetica.
COMPLESSITA’ ED INCERTEZZA NELLA PIANIFICAZIONE: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA COMPRENSIONE DELLE
DINAMICHE TERRITORIALI
PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA 10
1. Irriducibilità del caso. Non è possibile dimostrare se ciò che ci appare casuale non è
piuttosto dovuto alla nostra ignoranza;
2. Singolarità, località, temporalità. La biologia contemporanea tende a considerare le specie
non tanto per i loro tratti individuabili e generalizzabili, quanto piuttosto come “singolarità
che produce altre singolarità”. Allo stesso modo, le categorie di località e temporalità sono
state reintrodotte dalla relatività einsteniana, come singolarità irriducibili di ogni punto dello
spazio-tempo, e dalla biologia per evidenziare l’importanza delle caratteristiche
maggiormente specifiche del contesto nella descrizione dell’evoluzione;
3. Complicazione. Ovvero, imprevedibilità delle interazioni, come ad esempio avviene nelle
intricate relazioni di feedback che caratterizzano la descrizione di molti sistemi;
4. Complementarietà tra ordine e disordine. Per tradizione questi termini sono opposti; ora
invece sono messi in relazione di complementarità e possono conseguire l’uno dall’altro, in
differenti forme: order from order, order from disorder, order from noise.
5. Organizzazione. Nei sistemi organizzati le parti si coordinano in un “tutto” strutturato su
più livelli: ad ogni livello emergono proprietà non immediatamente deducibili dal livello
sottostante; inoltre, l’informazione contenuta in un tutto si ritrova in ogni singola parte.
6. Vaghezza dei confini. Impossibilità di definire una linea di demarcazione netta tra oggetto
e soggetto, organismo ed ambiente. Poiché esiste una forte dipendenza tra essi, non si può
pretendere di sradicare un oggetto dal suo luogo di origine, porlo in un ambito sperimentale
e studiarne il comportamento come se non fosse stato manipolato.
7. ineludibilità dell’osservatore. L’osservatore deve pensarsi integrato nella sua medesima
osservazione. Il problema non è limitato solamente alle scienze sociali: il principio id
Heisenberg lo ha esteso anche a quello fisico
Tali questioni, nel loro insieme, sviluppano una sorta di “strategia della conoscenza”: da un lato
introducono la contraddizione dell’incertezza del processo scientifico a scapito dell’ideale di
certezza assoluta; dall’altro lato marcano una spinta verso il “pensiero multidimensionale”
(Morin), la cui principale conseguenza si riscontra nel processo di avvicinamento tra scienze
naturali e scienze sociali, che si vengono ad intrecciare e contaminarsi reciprocamente: i
processi induttivi delle prime si sono affiancati e sovrapposti a quelli deduttivi, tipici delle
seconde, attraverso, ad esempio, l’uso diffuso della statistica nelle scienze naturali e viceversa,
l’impossibilità di verificare tutto empiricamente. Tali passaggi ci portano alla definizione di un
nuovo approccio alla conoscenza, le cui caratteristiche essenziali possono sintetizzarsi in:
1. una linea di ricerca empirica, orientata prevalentemente alla analisi ed alla descrizione di
eventi e processi in contesti specifici;
2. il riferimento ad un paradigma biologico: i fenomeni costituenti la realtà non sono visti
come insieme di elementi semplici soggetti a leggi combinatorie, universali e
meccanicistiche, piuttosto come entità organiche localizzate in un contesto, parte integrante
di fenomeni storici ed evolutivi, e perciò dotati di un proprio tasso di imprevedibilità;
inoltre, tale paradigma reinterpreta vita, natura ed evoluzione non in termini di caso e
necessità, come nella biologia evoluzionistica classica (Monod 1970) ma piuttosto in
termini di vincoli e possibilità (Ceruti 1986).
Mentre la prima ipotesi è ancora basata sull’assunto di una separazione tra ordine e disordine,
nella seconda affermazione, il vincolo e la possibilità sono connessi in un rapporto
“reciprocamente costruttivo, circolare e vicariante”, in quanto il vincolo “crea un quadro di
possibilità all’interno del quale si realizzano gli eventi reali” (Ceruti 1986). Questi trovano nel
vincolo quindi non solo un limite esterno, ma l’opportunità, le condizioni della loro possibilità.
Di conseguenza, l’incertezza è una qualità intrinseca degli eventi, che risultano indeterminati a
priori e storicamente contingenti a posteriori.
COMPLESSITA’ ED INCERTEZZA NELLA PIANIFICAZIONE: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA COMPRENSIONE DELLE
DINAMICHE TERRITORIALI
PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA 11
L’introduzione dell’incertezza quale parametro costante ed intrinseco della realtà, mina
definitivamente le fondamenta della scienza classica, secondo cui, conosciute le condizioni
iniziali dello stato di un sistema, se ne possono prevedere con esattezza ed oggettività i
comportamenti futuri. Con l’enunciazione del principio di indeterminazione di Heisenberg
8
e
l’introduzione del concetto del caos deterministico
9
, crolla definitivamente la sicurezza di
perseguire una conoscenza oggettiva: i criteri di razionalità ed oggettività del metodo scientifico
che perseguiva la conoscenza della “Verità”, sono sostituiti da una concezione della conoscenza
intesa come “il risultato di una successione di scelte per mezzo delle quali, il soggetto,
selezionando tra queste infinite e potenziali determinazioni, si costituisce una immagine
dell’oggetto individuata in un numero ristretto di relazioni giudicate rilevanti, che da un lato lo
distinguono per esclusione da un contesto assunto come esterno ad esso, e dall’altro lo
collocano all’interno di classi formate da altri soggetti che hanno con esso proprietà comuni.”
(Cini 1994)
La presa di coscienza che l’incertezza rappresenti un fattore caratterizzante la realtà che si va ad
osservare (e che quindi non è possibile la sua esclusione né dalla realtà medesima, né dal
processo di osservazione), è stata acquisita soprattutto negli ultimi decenni, grazie ad alcuni
sviluppi nella conoscenza scientifica:
ξ La nascita e lo sviluppo della teoria delle informazioni, alla cui base vi è appunto il
concetto di incertezza: in altri termini, le informazioni sono generate da un superamento
dell’incertezza, tuttavia questa non è del tutto eliminabile a causa degli aspetti di
casualità e imprevedibilità;
ξ Le nuove prospettive delineate nella matematica, con i teoremi di incompletezza di
Godel e Turing
10
ed il concetto di informazione matematica irriducibile (Chaitin 1995)
11
portano alla proclamazione della definitiva sconfitta del riduzionismo anche nelle
scienze matematiche;
ξ Il riconoscimento del principio delle proprietà emergenti, per cui un tutto organico è più
complesso della somma delle sue parti, e un nuovo comportamento nasce in modo
imprevedibile (Lorenz 1978, Naveh e Lieberman 1984);
ξ Il riconoscimento che la maggior parte delle strutture in natura dipendono da processi
non-reversibili, ovvero considerano il tempo come irreversibile; l’indeterminazione è
compatibile quindi con la realtà naturale e aiuta a comprenderla: infatti la
contrapposizione uomo-natura che è stata alla base del pensiero dei secoli passati si va
modificando a favore del principio di integrazione, possibile solo in un sistema di parti
interagenti.
Prigogine (1972, 1977, 1996) ha denunciato in più occasioni la necessità di una nuova
obiettività, diversa da quella della termodinamica classica, nella quale il conoscibile era
identificato con il certo, e da quella della dinamica classica, per la quale la comprensione delle
traiettorie evolutive di un sistema è possibile assumendo solamente condizioni iniziali stabili.
Occorre ricordare che un sistema lontano dal suo equilibrio termodinamico (instabile) si
8
Secondo Heisenberg il fenomeno osservato è influenzato sia dalla presenza dell’osservatore che dagli strumenti di
osservazione che egli ha a disposizione.
9
Per caos deterministico si intende la caratteristica dipendenza dai dati iniziali dei sistemi dinamici, la cui legge di evoluzione
temporale è regolata da equazioni differenziali di tipo non lineare, ovvero equazioni per le quali la somma di soluzioni non è
più una soluzione.
10
Il primo teorema di Gödel può essere parafrasato dicendo che "non è possibile costruire un sistema assiomatico
omnicomprensivo che sia allo stesso tempo in grado di provare tutte le verità matematiche, e nessuna falsità.”; il secondo
teorema può essere riformulato dicendo che “Se un sistema assiomatico può dimostrare la sua stessa coerenza, allora esso
deve essere incoerente.”(E. Nagel, J.R. Newman, La prova di Gödel, Universale Bollati Boringhieri, Torino 1974).
11
Secondo G. Chaitin la matematica è un sistema aperto, similmente ad ogni altro linguaggio. E' sempre possibile costruire
nuove proposizioni, impredicibili sulla base di un singolo sistema assiomatico. Questa impredicibilità porta a definire, ad
esempio, l’inefficacia della matematica nella descrizione dei sistemi biologici, in quanto ogni descrizione matematica
corrisponde ad una scelta modellistica centrata su una specifica partizione sistema-ambiente.
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DINAMICHE TERRITORIALI
PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA 12
sviluppa attraverso una serie di punti di biforcazione, dove esso compie una “scelta” fra uno dei
molteplici percorsi possibili. Ciò permette lo sviluppo auto-organizzativo di strutture
dissipative, l’acquisizione di ordine attraverso fluttuazioni, in quanto è nei punti di biforcazione
che le fluttuazioni (variazione dei disturbi) acquistano un ruolo primario. Le strutture create da
una successione di fluttuazioni possono, pertanto, essere comprese solo in relazione alla storia
delle scelte compiute, ovvero da una serie di eventi imprevedibili che rendono l’oggetto
osservato unico e non riproducibile. Quindi, le descrizioni quantitative ed additive della realtà e
dei fenomeni complessi non sono più sufficienti: ad esse devono aggiungersi le descrizioni
qualitativo strutturali: in tale prospettiva, anche la probabilità assume un ruolo di fondamentale
importanza, molto diverso da quello svolto nella statistica classica.
Uno dei principali apporti introdotti dal pensiero complesso sta nel raggiungimento della
consapevolezza che la conoscenza del particolare sia incompleta, parziale e non sufficiente per
fare ipotesi e previsioni, e che quindi un approccio focalizzato su determinati aspetti della realtà
possa condurre, al massimo, alla risoluzione di aspetti parziali della realtà medesima.
Le visioni parziali, frammentano la comprensione e focalizzano l’attenzione su aspetti isolati
della realtà, perdono di significato se non sono riferiti alla complessità in cui il problema si
origina e manifesta. Come suggerito da Morin, la conoscenza specializzata provoca
accecamento e distorsione dei fenomeni analizzati.
“Secondo il dogma dominante, la pertinenza cresce con la specializzazione e con
l’astrazione (…) la specializzazione as-trae, cioè estrae un oggetto da un campo dato,
ne rigetta i legami e le intercomunicazioni con il suo ambiente, lo inserisce in un
settore concettuale astratto che è quello della disciplina compartimentale, le cui
frontiere spezzano la sistematicità – la relazione di una parte con il tutto – e la
multidimensionalità dei fenomeni; conduce all’astrazione matematica che opera una
scissione con il concreto, privilegiando da una parte ciò che è calcolabile e
formalizzabile, ignorando dall’altra il contesto necessario all’intelligibilità dei suoi
oggetti” (Morin 1994).
Un apporto fondamentale per tale concettualizzazione viene offerta dal pensiero ecologico, la
cui diffusione ha contributo ad introdurre una piattaforma culturale e scientifica basata sulla
conoscenza olistica della realtà:
“Sebbene l’ecologia abbia forti radici nella biologia, si distingue da essa come una
nuova disciplina integrativa che unisce processi fisici e biologici, e costituisce un
collegamento tra scienze naturali e scienze sociali” (Odum 1988).
Pensare ecologicamente significa, per Odum, condividere una visione del mondo come sistema
unitario: da tale assunto conseguono alcuni principi fondamentali che hanno portato ad una
“rifondazione” delle modalità di apprendimento della realtà, quali ad esempio l’inclusione
dell’osservatore tra gli oggetti osservati e la presa di coscienza che tutti i sistemi sono
organizzati sulla base di processi casuali circolari e che all’interno di un sistema, nessuna parte
può controllare il tutto, in quanto la parte è di fatto una componente del sistema stesso, ed è
quindi soggetta essa stessa ai processi casuali e circolari a cui partecipa.
Questa nuova consapevolezza viene ulteriormente rafforzata dagli sviluppi apportati dalla
moderna teoria dell’evoluzione, secondo la quale organismo ed ambiente non sono due realtà
estranee. Tale visione è esplicitata in maniera molto chiara da Lewontin:
“L’ambiente non è una struttura imposta agli esseri viventi dall’esterno, ma in realtà è
una loro creazione. L’ambiente non è un processo autonomo, ma il riflesso della
biologia della specie. Proprio come non esiste un organismo senza ambiente, così non
c’è ambiente senza organismo” (Lewontin 1993)
COMPLESSITA’ ED INCERTEZZA NELLA PIANIFICAZIONE: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA COMPRENSIONE DELLE
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PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA 13
A differenza del paradigma riduzionista, basato sulla scomposizione del mondo in unità
semplici e separate, il cui comportamento è ascrivibile alle regole estendibili a leggi universali,
il pensiero ecologico considera la realtà come un universo di interconnessioni tra sistemi,
sottosistemi ed ambiente, e che quindi, come suggerito da Bateson, va interpretata secondo una
prospettiva relazionale, in quanto molteplicità irriducibile di sistemi interagenti, connessi da
una vasta gamma di relazioni attivate da differenze, che creano quella informazione che si trova
alla base di ogni processo evolutivo.
Il percorso che maggiormente ci avvicina alla comprensione della “modernità liquida che
caratterizza il nostro inquieto orizzonte permanente” (Baumann 2001) è da rintracciarsi quindi
nella conoscenza ecologica, ovvero quella modalità di rapportarsi alla realtà che consente
(Manghi 2004) :
- il tracciare le mappe dei contesti in cui viviamo;
- il comporre immagini di noi stessi, degli altri, e delle nostre interazioni;
- il procurarci descrizioni ordinate di quel “disordine quotidiano chiamato esperienza”.
L’esplorazione del territorio della complessità diventa così possibile attraverso processi di
apprendimento delle relazioni, processi di conoscenza che comprendono differenti livelli tra
loro fortemente interagenti. Da una rivisitazione del pensiero di Bateson, possiamo individuare
tali livelli in:
ξ un primo livello di conoscenza, relativo a quei processi che è possibile pianificare e tenere
relativamente sotto controllo, quali ad esempio, l’acquisizione di informazioni e la
costruzione di un insieme di alternative consolidato;
ξ un secondo livello di conoscenza, relativo a qui processi di apprendimento che non è
possibile pianificare coscientemente, relativo ad esempio alle incertezze che si vengono a
creare nel processo di conoscenza medesimo, o l’acquisizione di competenze e di nuove
informazioni che modificano il livello precedente;
ξ un terzo livello di conoscenza, relativo a quei processi di violazione della conformità delle
regole, alla liberazione dalle abitudini, alla prevenzione della loro formazione, alla
ricostruzione delle esperienze precedenti in nuovi modelli accettabili fino a nuovo avviso.
Il processo di conoscenza ecologica può offrire gli strumenti per l’osservazione (e
l’allestimento) di nuovi contesti complessi, ovvero strumenti per i quali “il compito primario
non è quello di fornire al soggetto un insieme di alternative che sappia padroneggiare per
adattarsi la mondo, ma quello di fornire al soggetto la capacità di modificare quell’insieme di
alternative, rinunciando all’aspettativa di padroneggiare” (S. Manghi, La conoscenza
ecologica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2004).
***
I concetti di incertezza, indeterminatezza, imprevedibilità, quali caratteristiche intrinseche e
irriducibili della realtà complessa e molteplice, hanno imposto un radicale cambiamento di
prospettiva nella comprensione (osservazione, interpretazione) della realtà medesima:
“Se i sistemi di cui cerchiamo di capire il comportamento sono intrinsecamente
imprecisi, e se le osservazioni che possiamo farne sono altrettanto imprecise, è illogico
candidare formule algebriche ed equazioni differenziali a descriverle” (Beck 1982).
Negli ultimi decenni, si è assistito alla nascita ed allo sviluppo di nuove logiche conoscitive ed
interpretative della realtà, altamente eterogenee tra di loro, ma per le quali si possono delineare
alcune caratteristiche basilari, quali ad esempio:
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PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA 14
ξ la tendenza ad ampliare gli ambiti di pertinenza delle analisi, ad incrementarne la
complessità teorica e descrittiva, a superare l’empasse dell’opposizione tra approcci
esplicativi ed interpretativi ;
ξ il passaggio da un approccio multidisciplinare ad uno transdisciplinare: l’obiettivo non è
più ritagliare in tanti “pezzettini” la realtà per poi osservarla attraverso lenti teoriche e
metodologie di analisi concepite in modo separato, ma integrare i vari punti di vista
disponibili (compreso uno sguardo riflessivo sul soggetto conoscente);
ξ la critica al modello razionalista e al rappresentazionismo cartesiano, che privilegia il
pensiero come attività ideale ed astratta, e la ricerca di un modello alternativo, situato,
che pone l’essere-nel-mondo a fondamento delle varie attività riflessiva.
Queste nuove modalità di rapportarsi alla conoscenza non strutturano una metodologia (che
porterebbe, per assurdo, ad un nuovo riduzionismo), piuttosto un “anti-metodo”
12
(Morin 1983),
ove l’incertezza e la confusione diventano virtù. La scommessa della contemporaneità sta
quindi, nell’individuare strumenti di apprendimento della complessità, una prospettiva
laterale che renda visibili le relazioni tra le cose, un processo di osservazione della realtà
che sia aperto, flessibile, incrementale, un supporto alla conoscenza che colga le relazioni e
le contaminazioni piuttosto che focalizzarsi sul fatto in sé.
Nelle considerazioni seguenti sono sintetizzati i principali atteggiamenti che hanno
caratterizzato la riflessione intorno ai principi, ai limiti e al metodo della conoscenza scientifica.
Il primo atteggiamento verso la gestione dell’incertezza nella conoscenza scientifica ha ispirato
il pensiero epistemologico classico (Positismo militante): per lungo tempo le concezioni
positivistiche hanno affermato l’idea dell’esistenza di una unica realtà oggettiva da svelare. La
crescita del sapere viene interpretata come avvicinamento ad una conoscenza completa della
realtà, ove l’intelletto umano, partecipe (almeno potenzialmente) alla perfezione della
conoscenza divina, è guidato dal Metodo.
Successivamente, l’autoritarismo elitario ha negato l’esistenza di una unica Verità, isolabile
una volta per tutte: la conoscenza emergerebbe infatti, secondo tale teoria, dalle dinamiche di
funzionamento delle comunità scientifiche nei confronti della produzione e selezione delle
teorie: tali atteggiamenti sarebbero finalizzati alla individuazione di un punto di vista migliore,
ovvero un paradigma di riferimento della comunicazione. Il risultato è un sistema di credenze
condivise e formatesi in un contesto conoscitivo limitato dell’osservatore.
Il terzo atteggiamento nei confronti della conoscenza è quello denominato da Edgar Morin
dell’epistemologia complessa (Morin 1984). Nel pensiero complesso viene messa in discussione
la possibilità di una conoscenza descrittiva, e viene riconosciuto invece il ruolo di colui che
osserva nel processo conoscitivo, tramite i parametri percettivi ed i codici interpretativi che ha a
disposizione. Si afferma così una visione progettuale della conoscenza, dove coabitano
molteplici punti di vista e metodologie: l’osservatore fa parte della complessità apportando la
sua visione del mondo. La complessità non è solo una proprietà dell’oggetto osservato
(complessità fenomenologia), ma anche del soggetto osservante (complessità epistemologica), e
la sua scoperta mette in discussione non solo la possibilità di conoscere il mondo reale nella sua
essenza, ma anche l’esistenza di un'unica realtà.
12
Secondo Morin, occorre riorganizzare il modo della conoscenza approdando ad un principio di spiegazione complesso, ad una
teoria della riorganizzazione che sia in grado di riunire ciò che è separato e reso diverso/altro, assimilando/integrando
l’oscuro e l’incerto. “Oggi si può partire solo dall’incertezza, comprendendo con ciò anche l’incertezza sul dubbio. Oggi si
deve mettere in dubbio metodicamente il principio stesso del metodo cartesiano, la disgiunzione degli oggetti e delle nozioni,
la disgiunzione assoluta dell’oggetto e del soggetto. (…) Dopotutto, accettare la confusione può diventare un mezzo per
resistere alla semplificazione mutilante. Certo, in partenza, siamo privi del metodo; ma almeno possiamo disporre di un anti-
metodo, in cui l’ignoranza, l’incertezza, la confusione diventano virtù.”(E. Morin, Il Metodo, vol. I, La natura della Natura, R.
Cortina, Milano, 2001).
COMPLESSITA’ ED INCERTEZZA NELLA PIANIFICAZIONE: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA COMPRENSIONE DELLE
DINAMICHE TERRITORIALI
PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO METODOLOGICO E OBIETTIVI DELLA RICERCA 15
Secondo Edgar Morin, l’unica via possibile per la conoscenza nell’ambito della complessità e
dell’incertezza è la strategia, intesa non come formulazione di programmi da applicare, ma
come arte di utilizzare le informazioni che “si producono con l’azione, di integrarle, di
formulare determinati schemi di azione e di porsi in grado di raccoglierne il massimo di
certezza per affrontare ciò che è incerto” (Morin 1997).
L’apertura alla complessità ha portato, come si è visto, alla presa di coscienza della inesistenza
di un unico punto di osservazione capace di rendere omogenee le differenze ed eliminare le
contrapposizioni tra i differenti punti di vista, ciascuno frutto di una specifica mappa cognitiva.
Nella logica della complessità convivono innumerevoli punto di vista che sovrapponendosi,
consentono “l’apprendimento ad apprendere” (Maruyama 1976). Tale percorso conoscitivo si
configura come circolare ed interattivo e rappresenta, per Maruyama l’unica strada percorribile
per comprendere le differenti logiche con le quali ci si confronta. In tale prospettiva la
conoscenza non è altro che l’analisi degli accoppiamenti e dei contrasti e della interazione
costruttiva tra le differenti logiche (Ceruti 1997) e non la ricerca della definizione certa e
completa della natura dell’oggetto osservato e del suo ambiente. Tale percorso operativo si
configura quindi come necessario per il progresso della conoscenza nell’ambito della
complessità.
1.1
La conoscenza ecologica e il pensiero sostenibile.
Il pensiero moderno occidentale ha rappresentato contemporaneamente la causa e l’effetto delle
trasformazioni sociali, economiche e culturali avvenute nei secoli XVIII e XIX: in tale periodo
si è assistito alla ascesa del mito del progresso, inteso come cammino da intraprendere per
raggiungere il “migliore dei mondi possibili”, da conseguire tramite il perfezionamento delle
tecnologie, delle conoscenze, la costruzione di valori e strategie di crescita; in tale periodo il
concetto di sviluppo coincide con quello di crescita economica ed è basato sulla razionalità
tecnica e scientifica.
La storia, in tale concezione razionale e meccanicistica, è la storia dello sviluppo tecnologico e
della crescita quantitativa; la visione del progresso è quella di uno sviluppo dell’umanità
strettamente dipendente dai meccanismi della tecnica e delle leggi del mercato.
Le azioni dell’uomo della modernità sono subordinate ad un sistema di valori quantitativo,
riferibile a criteri di utilità individuale e rivolti alla massimizzazione degli interessi particolari: il
fine dell’agire umano sulla terra è essenzialmente l’ottimizzazione della vita umana stessa,
tramite l’identificazione dei mezzi e delle strategie tecniche ed economiche più opportune.
Alla base di tale concezione vi è l’idea della emancipazione dell’uomo dalla natura; attraverso la
scienza si possono scoprire le leggi che regolano il funzionamento della realtà, che può essere
controllata tramite la tecnologia, e attraverso l’economia si può piegare la natura, ridotta ad una
serie di componenti da manipolare e sfruttare, per soddisfare i bisogni umani.
“Siamo diventati abbastanza saggi da poter distruggere il mondo con le migliori
intenzioni” (Bateson).
La pretesa di emancipazione tra uomo e natura si traduce nella rottura del rapporto coevolutivo
tra l’uomo e il suo ambiente, dando luogo ad un conflitto tra le due essenze dell’uomo: la
tecnica, intesa come l’insieme dei modi e degli strumenti con cui l’uomo interagisce con il suo
ambiente e la biologia, che al contrario della precedente, è indipendente dalla sua volontà
(Scandurra 2000).