21
Internet, che molti hanno paragonato a una nuova rivoluzione industriale quanto a effetti e
conseguenze, consente già oggi alle imprese di essere in tempo reale su tutti i mercati, di
abbandonare il legame fisico col territorio per quello che riguarda produzione, distribuzione,
assistenza, formazione, ecc., e di far fronte, se ben utilizzata, all’accresciuto livello di competitività.
Il presente lavoro si focalizza sul ruolo di queste tecnologie quali risorse strategiche della
comunicazione aziendale che si manifestano sia nel loro uso all’interno dell’organizzazione, sia nel
loro impiego per i rapporti col mondo esterno.
Nel primo capitolo si partirà (come premessa metodologica all’intera trattazione) dal concetto di
comunicazione e dalla definizione di un modello generale, indispensabile per concentrare
l’attenzione in ambito specificatamente aziendale.
Questo ci permetterà, inoltre, di sottolineare il perché della nostra decisione di includere le
comunicazioni puramente organizzative, ovvero informative, nella gestione coordinata della
comunicazione aziendale.
L’informazione non può che rappresentare il contenuto di un processo di comunicazione, ovvero
l’oggetto codificato dalla fonte e trasmesso al ricevente attraverso il proprio messaggio, e quindi
rientrare nelle problematiche legate alla gestione dei processi di comunicazione.
Nel secondo capitolo si prenderanno in esame, anche da un punto di vista tecnico, le novità del
nuovo canale di comunicazione connesso alle reti e i nuovi strumenti messi a disposizione, e li si
analizzeranno nell’ottica dei riflessi che questi comportano a livello di business per le PMI italiane,
visto il valore assunto dalle risorse intangibili nelle economie moderne.
Le due esigenze primarie, che sembrano meglio rappresentare i bisogni che le aziende incontrano
nell’incessante sforzo di adattarsi ad un ambiente così mutevole, sono la riduzione dei tempi di
reazione e del time to market.
Attraverso l’aumento della flessibilità ottenuto con adeguati strumenti di feedback e con una
struttura organizzativa flessibile basata sul coordinamento delle risorse umane , materiali ed
informative è possibile raggiungerle entrambe.
La partita si gioca in termini di tempestività delle informazioni che solo una comunicazione
integrata che si avvalga dei nuovi strumenti tecnologici può essere in grado di garantire ai soggetti
di impresa nel momento opportuno ed a un costo accettabile.
Solo garantendone l’aggiornamento, la selettività, l’accuratezza e la possibilità di condivisione ma
soprattutto la coerenza con l’attività aziendale complessiva, l’organizzazione riesce ad essere
orientata al soddisfacimento del consumatore.
22
L’enfasi verrà posta sul sistema delle piccole e medie imprese non solo per la loro importanza nel
tessuto economico italiano, ma anche per evidenziare come i costi decrescenti delle architetture di
ICT rappresentino una nuova sfida per tali organizzazioni.
Al riguardo si sottolinea come tutti i “big vendor” dell’ICT stiano attualmente incorporando (o lo
abbiano già fatto) nelle loro strategie di vendita come target anche le medie, medie/piccole
organizzazioni che, per la loro numerosità, rappresentano un florido mercato.
In particolar modo le recenti ricerche sullo small business hanno evidenziato nuovi approcci
riguardanti, ad esempio, l’analisi del problema del loro sviluppo, delle loro modalità e dei percorsi
di crescita per linee esterne attraverso le alleanze strategiche e le imprese a rete: hanno inoltre
individuato proprio nei nuovi mezzi a disposizione delle tecnologie internet, strumenti
indispensabili per gestire in modo efficiente ed efficace i flussi comunicazionali.
Finalmente in questi ultimi anni le molte promesse dell’informatica si sono concretizzate
giustificando, in termini di produttività, gli investimenti in tecnologia anche per tali organizzazioni.
Non più costosi sistemi proprietari alla portata solo delle grandi imprese o difficili da gestire ma
sistemi espandibili, relativamente facili da gestire o da affidare in outsourcing, basati su standard
consolidati che permettono il dialogo tra macchine con piattaforme di tipo diverso collegate alla
stessa rete e con la possibilità di interconnessioni di reti basate su tecnologie differenti.
Negli ultimi tre capitoli, abbiamo suddiviso a soli fini espositivi, la comunicazione aziendale a
seconda della tipologia dei pubblici cui si rivolge e si evidenzieranno le applicazioni rese
disponibili: Intranet, Internet, Extranet.
La premessa metodologica alla suddivisione prende spunto dalla corrispondenza delle tre
“tipologie”di reti rese disponibili con l’analisi effettuata da Brondoni e ripresa da Nelli
4
, sui
comportamenti aziendali nei confronti della comunicazione, in essa l’autore rileva l’esistenza di tre
approcci, ovvero un predominio della comunicazione esterna, un predominio della comunicazione
diretta ai co-makers e un predominio della comunicazione interna.
Si parlerà quindi di Intranet come uso della tecnologia e delle sue applicazioni all’interno
dell’impresa, di Extranet per la sua apertura verso i rapporti lungo la catena del valore e di Internet
per quella verso il “mondo”.
Visivamente:
4
NELLI R.P., La comunicazione interna nell’economia dell’azienda. Evoluzione, teoria, tecnica, Vita e Pensiero,
Milano 1994, p.62 e s.
23
Queste tre tipologie usufruiscono delle stesse interfacce grafiche, degli stessi strumenti, e degli
stessi protocolli di comunicazione di rete e, risultando integrate nonché modulari nel loro sviluppo,
permettono alle aziende la flessibilità necessaria e la possibilità di maturare nel tempo le opportune
risorse intangibili necessarie per i nuovi modelli di business che si stanno delineando.
Nel terzo capitolo si parlerà dello sviluppo recentissimo delle Intranet dovuto alla capacità di
soddisfare le esigenze cui abbiamo accennato, unendovi i vantaggi della relativa facilità di utilizzo
negli aspetti sia di gestione sia di fruizione.
Per anticipare solo qualche esempio, l’introduzione della posta elettronica si presta alla
sostituzione dei mezzi cartacei (fax e posta) con un costo estremamente contenuto e con un estrema
facilità di utilizzo, e d’altra parte agevola l’integrazione dei processi aziendali rendendo più veloci
gli scambi informativi e, con la possibilità dell’invio automatico a più persone, può essere usata a
seconda delle esigenze come comunicazione uno-a-uno o uno-a-molti.
Ancora più efficace, come esempio, ci sembra essere la “pubblicazione” delle informazioni sul
Web interno, che consente a tutti i soggetti abilitati di condividere le stesse informazioni aziendali
in maniera armonica ed in più costantemente aggiornate (poiché centralizzate); nello stesso tempo
Internet
Extranet
Intranet
Applicazioni
pubbliche.
Accesso a
tutti gli
utenti.
Scarsa
i
Applicazioni
private.
Accesso solo
agli utenti
interni.
Sistemi di
sicurezza o
reti “isolate”.
Applicazioni
limitate a
partners e
organizzazioni
“autorizzate”.
Sistemi per la
sicurezza.
24
permette a tutti la possibilità di variarne i contenuti o di pubblicarne di nuovi lasciando magari
traccia delle variazioni.
Sul versante della comunicazione molti-a-molti gli obiettivi sono: il consentire il lavoro
cooperativo anche a distanza, la creazione di Knowledge-base, il problem-solving, l’attività di
formazione, l’aggiornamento permanente, ecc.
Seguendo un percorso inverso rispetto a quello tipico dell’approccio delle PMI Italiane alle
tecnologie internet, si analizzerà nel quarto capitolo l’utilizzo di Internet.
Le ricerche condotte hanno difatti mostrato che tali aziende di solito si affacciano prima alla
grande rete e poi eventualmente decidono di creare una Intranet.
L’ultima frontiera tecnologica risulta essere l’area del business-to-business , e ciò costituirà
l’argomento del capitolo quinto in cui si parlerà di Extranet e dei vantaggi che ne derivano su tutta
la catena del valore soprattutto con riferimento all’impresa a rete e ai distretti industriali.
Per concludere, il presente lavoro parte dalla premessa logica di deduzione che l’aumento della
complessità, dovuto all’introduzione del nuovo canale di comunicazione, e della varietà degli
strumenti messi a disposizione richieda un più attento coordinamento al fine di evitare che la
dissonanza in una singola manifestazione possa vanificare gli sforzi compiuti nella direzione della
trasmissione di una certa immagine aziendale.
Inoltre il nostro intento sarà capire come lo small business, notoriamente lontano dal possedere
una coerente politica di comunicazione, possa essere aiutato dai cambiamenti organizzativi, dal
cambiamento di mentalità e dai nuovi paradigmi che le innovazioni tecnologiche comportano.
Se il “primato” metodologico dell’ottica di comunicazione totale sembra ancora troppo teorico
per tali organizzazioni, la comunicazione integrata rappresenta un requisito sempre più
imprescindibile per delle realtà che vogliano rimanere competitive nella nuova economia che si va
delineando.
Si cercherà comunque di non dimenticare mai che, come qualsiasi altro asset aziendale,
l’adozione o meno di nuove tecnologie e il loro uso, o la valutazione della combinazione produttiva
più opportuna, scaturisce solo da un giudizio finale di convenienza economica e non da una
“politica me-too” che risulta il più delle volte disastrosa per l’azienda.
La bibliografia, per la particolarità e la novità della materia trattata nello scritto, farà riferimento
oltre alle fonti tradizionali su supporto cartaceo, a risorse reperite direttamente dalla Rete, su
supporto elettronico di cui si forniranno gli indirizzi Internet presso cui è possibile consultare i testi.
25
Un’ultima avvertenza riguarda le ricerche citate, poiché, visto lo sviluppo “accellerato” del
fenomeno in questione, queste risultano dopo pochissimo tempo già superate e al riguardo si nota
come in molti testi consultati, siano contenuti indirizzi Internet per consultare gli aggiornamenti
sulle statistiche presenti.
In linea di massima saranno comunque utili per avere un riscontro quantitativo delle tendenze
evolutive dei fenomeni in esame e per una verifica delle teorie che su di essi si basano.
26
CAPITOLO PRIMO
La Comunicazione d’Azienda
Come primo passo introdurremo un modello generale del processo di comunicazione al quale far
sempre riferimento, sia definendo le caratteristiche e le modalità con cui si realizza la
comunicazione aziendale (nelle forme di comunicazione totale, integrata, organizzativa, interna,
esterna, istituzionale, interattiva, ecc.), sia analizzando i possibili utilizzi in azienda di nuovi
strumenti comunicativi derivanti dall’uso dei protocolli di rete TCP/IP (Intranet /Extranet /
Internet), frutto delle nuove tecnologie.
Tale modello generale ci permetterà, successivamente, di evidenziare la peculiarità del processo
comunicativo in rete.
27
I.1 Un modello generale della comunicazione
La definizione più ampia e generale considera la comunicazione come “un processo attraverso il
quale una persona, un’ azienda, un ente in generale cerca di stabilire dei rapporti con altre persone,
aziende, od enti tramite l’uso di simboli verbali e non verbali”
2
, ovvero “tutto ciò che,
esplicitamente o implicitamente, incide su atteggiamenti, sentimenti e comportamenti di
persone, gruppi e sistemi con un effetto di cambiamento o di rinforzo”
3
.
Molti sono i contributi che numerosi studiosi, appartenenti a varie discipline, hanno apportato ad
una teoria generale della comunicazione e da cui attingeremo per delineare un modello adatto alle
nostre esigenze
4
.
Consideriamo nelle sue linee essenziali il percorso della ricerca e della riflessione sul linguaggio,
dagli inizi del secolo fino al dibattito odierno, col preciso intento di mettere in evidenza come, per
influsso di Roman Jakobson, sia diventato dato comune considerare “il linguaggio soprattutto come
comunicazione o che comunque il fine precipuo del parlare sia il comunicare”
5
.
Lo scopo che ci prefiggiamo è quello di chiarire i lineamenti concettuali che hanno accompagnato
tale acquisizione (fatta propria dalle discipline aziendalistiche), per approdare alla individuazione di
una teoria generale della comunicazione adatta alle nostre esigenze.
2
Cfr. BRIOSCHI E.T., Elementi di economia e tecnica della pubblicità. Vol. I – Dai primordi alla pubblicità moderna,
Ed. Vita e Pensiero, Milano 1984, p.22.
3
Cfr. PAPARELLA M., TORRE I., Tecnologia Internet e comunicazione aziendale. Realtà e prospettive, Utet, Torino
1999, p.148.
4
Si farà riferimento prevalentemente a testi che danno già un quadro complessivo sull’argomento, BRIOSCHI E.T.,
Elementi di economia… ; NELLI R. P., La comunicazione interna nell’economia dell’azienda. Evoluzione, teoria,
tecnica, Ed. Vita e pensiero, Milano 1994; AMERIO P., “Linguaggio e comunicazione tra cognizione, azione ed
interazione sociale”, in Fondamenti teorici in psicologia sociale, Il Mulino, Bologna 1995.
5
Cfr. CARDONA R. G., Dizionario di linguistica, alla voce “comunicazione”, Armando editore, Roma 1988.
28
I.1.1 Dal linguaggio come “sistema di segni” al linguaggio come “uso” e come
“azione”
“Il linguaggio nell’insieme delle sue caratteristiche e delle sue funzioni si connette all’universale
capacità di significare e di comunicare che contraddistingue l’essere umano: è quindi
intrinsecamente connaturato alla socialità del pensare e dell’agire e con ogni forma di relazione
uomo-mondo quale si svolge nell’ambito della vita associativa. E’ uno ‘strumento sociale’, ma è
anche qualcosa di più: cioè una prerogativa fondante specie specifica che connette la soggettività e
la socialità dell’essere umano”
6
Nonostante la centralità della sua funzione e nonostante la considerazione che esso sia posto al
centro dell’articolazione psicosociale “a livello di quei significati tra cui trascorre la nostra
esistenza”, gli studi sul linguaggio si sono sviluppati in due posizioni,
a tratti antitetiche, che vedono da un lato la priorità del linguaggio come struttura e
dell’altro come funzione; numerose altre espressioni sono usate per rendere conto di questa
dicotomia e tra quelle di nostro interesse segnaliamo: “linguaggio e pensiero versus linguaggio e
comunicazione” ed ancora “linguistica del codice versus linguistica dell’inferenza” .
Da un lato, quindi, si guarda al linguaggio come “ad una struttura di segni (...) avulsa dall’uso
concreto e relazionata ad un soggetto tipo-ideale”, dall’altro si guarda al suo uso, “alla sua socialità,
alla conversazione come luogo privilegiato di analisi talvolta ignorandone le specificità strutturali”
7
.
Risulta immediatamente comprensibile come questo schieramento non giovi affatto al progredire
stesso della conoscenza sul linguaggio e come di questo se ne siano resi conto numerosi studiosi che
“hanno dovuto constatare che senza un riferimento alle pratiche dell’uso la ricerca finiva in un
vicolo cieco” .
Il problema attuale è quindi “quello di riuscire a coniugare i due versanti: della struttura e della
funzione, della competenza e della pratica, della cognizione e dell’azione”
8
e, necessariamente, del
pensiero e della comunicazione.
Un problema di non facile soluzione ma che oggi viene affrontato per differenti canali e con
differenti esiti.
6
Cfr. AMERIO P., Linguaggio e comunicazione…, p. 317.
7
Ibidem, p. 317.
8
Ibidem, p. 315.
29
Analizzeremo ora i contributi più significativi per mettere in luce questi sforzi prendendo come
iniziale spunto i lavori dei “classici”, ai quali va il merito di aver fondato le ottiche che sono oggi
presenti nel campo, per scegliere tra i lavori dei contemporanei i più indicativi per il nostro tipo di
riflessione.
I.1.2 La comunicazione in un’ottica lineare
I primi tempi della ricerca sulla comunicazione sono caratterizzati da un’ottica lineare di tale
processo (fonte - ricevente e codificazione - decodificazione), nonché da una visione obiettivistica
del rapporto di influenza che sembra agire su soggetti scarsamente attivi.
Harold Lasswell presenta nel 1927 in “Propaganda technique in the world war” il suo modello dei
cosidetti CINQUE W (Who, What, Which Channel, to Whom, What Effect) sul quale incentrerà la
sua riflessione nei decenni successivi ed infatti, ancora nel 1948, ne presenterà una versione
approfondita secondo cui “il processo di comunicazione è caratterizzato dalla presenza dei seguenti
elementi:
• una fonte emittente (Who), che promuove il processo stesso;
• un messaggio (What), ovvero un segnale espresso mediante un insieme di simboli verbali e non
verbali (parole, immagini, suoni, mimica facciale, movimenti del corpo, posizioni spaziali,
contatti corporei, ecc..);
• un canale (Which Channel), cioè il mezzo tecnico attraverso il quale viene trasmesso e diffuso il
messaggio;
• uno o più riceventi (to Whom), ovvero i destinatari della comunicazione, che per comprendere il
messaggio devono poter usufruire del canale utilizzato dalla fonte e conoscere il codice da essa
impiegato;
• un effetto ( What effect), che la fonte intende perseguire presso i destinatari”
9
.
9
Cfr.LASSWELL H.D., The Structure and Function of Comunication in Society, citato in NELLI R.P., La comunicazione
interna…, pag.22
30
Tale modello ha offerto alla ricerca i punti di riferimento essenziali, anche se progressivamente si
è assistito ad una esclusiva focalizzazione dell’attenzione degli studiosi su: “fonte, ricevente e
messaggio”, a discapito dei necessari approfondimenti sul canale e sugli effetti.
Nelle analisi che ne seguirono “il canale sarà praticamente dato come variabile indipendente di
volta in volta assunta (la radio, i giornali, i comunicati stampa, i comizi, ecc.) e gli effetti saranno
analizzati soprattutto a livello di atteggiamenti e di opinioni”
10
.
Inoltre, come ricorda Nelli, sarebbe stato opportuno approfondire la distinzione tra “lo scopo,
ossia l’obiettivo che la fonte intende produrre tramite il contenuto del messaggio sui riceventi, e gli
effetti della comunicazione, ovvero le azioni concretamente poste in essere dai riceventi.
Evidentemente scopi ed effetti possono non corrispondere a causa dei molteplici problemi che
possono sorgere durante il processo di comunicazione: problemi inerenti al codice e alla eventuale
presenza di ostacoli (rumori)”
11
.
Ma tutto ciò viene accantonato per effetto dell’enorme influenza che un altro ben noto modello
della comunicazione esercitò sugli studi nel settore; parliamo naturalmente del modello di Shannon
e Weaver proposto nel 1949 in “The mathematical theory of communication”(figura 1.1).
Figura 1.1: Il modello di Shannon e Weaver
Tale schematizzazione finisce per ingabbiare in un’ottica lineare e chiusa il pensiero di Lasswell
ed “il processo di comunicazione viene ingessato in un modello di semplice trasferimento di
informazioni, in cui l’interazione tra i due poli è lasciata in ombra: la fonte ed il destinatario sono
visti come due poli a se stanti e come tali studiati, indipendentemente o quasi, anche dai contenuti
di quanto nella comunicazione è
10
Cfr. AMERIO P., Linguaggio e comunicazione…, p.352
11
Cfr. NELLI R. P., La comunicazione interna…, p.22
messaggio messaggio
FONTE---------------CODIFICA---------canale--------DECODIFICA------------RICEVENTE
31
scambiato”
12
.
Molti studiosi del linguaggio (Berelson, Lazarsfeld, Fishbein e Ajzen, ecc..) dichiararono
sconcertante questo fatto (ed in particolare, nelle parole di Fishbein e Ajzen, che “il contenuto del
messaggio abbia attirato molto raramente l’attenzione”), benchè lo stesso Lasswell si fosse già
preoccupato di tracciarne un prima forma di analisi nella sua opera del 1927.
Ma l’autore a cui va il merito di aver creato e perfezionato una “tecnica di ricerca capace di
descrivere in modo obiettivo, sistematico e quantitativo il contenuto manifesto della
comunicazione” (come lui stesso ebbe a dire, nella citazione di Amerio) è Bernard Berelson e la
tecnica di cui parla è la content analysis.
Come nota Nelli, il contenuto della comunicazione ossia “l’oggetto della stessa, costituito da un
insieme di fatti, elementi, aspetti, esperienze che la fonte intende trasmettere” è chiaramente un
aspetto essenziale da esplorare.
Inoltre va tenuto in debita considerazione il fatto che tale oggetto “secondo le intenzioni della
fonte e quello secondo la percezione del destinatario può risultare differente” a causa dei problemi
che possono insorgere per differenza dei codici a cui gli interlocutori fanno riferimento, per la
presenza di rumore od ancora per scarsa competenza comunicativa a cui i colloquianti attingono,
ma di questi concetti ci riserviamo una più dettagliata trattazione successivamente.
Abbiamo quindi visto quali furono, in sintesi, i limiti dei primi studi.
Ma attorno agli anni quaranta i mezzi di comunicazione di massa rendono imponenti i fenomeni
di propaganda, di persuasione collettiva e di diffusione ideologica: la propaganda assume dapprima
un largo spazio nella seconda guerra mondiale e successivamente col comunismo e la guerra
fredda; da non dimenticare infine lo sviluppo eclatante dei nuovi media e, di riflesso, il crescere
del fenomeno pubblicitario.
Tutto questo contribuì a far divenire la comunicazione persuasiva il prototipo fondamentale del
fenomeno comunicativo in generale e, come ha rilevato Bettetini, portò a concentrare gli studi
“sull’analisi del successo della comunicazione privilegiando gli aspetti utilitaristici dello scambio,
12
A discolpa di Shannon, va necessariamente detto che egli, in qualità di ingegnere di una compagnia di telefoni, la
Bell Telephon Co, aveva come unico interesse quello di migliorare uno strumento di comunicazione, e non di fornire un
modello della “relazione” comunicativa che si instaura tra due persone; fu colpa semmai delle scienze sociali se vi
aderirono acriticamente, leggendo la comunicazione come un codice chiuso di unità formali in cui il significato è già
implicitamente fondato nella fonte/destinatario, AMERIO P., Linguaggio e comunicazione…, p. 355.
32
la sua efficacia nel conseguimento di un certo risultato: in poche parole, il valore persuasivo di un
messaggio e della sua enunciazione”
13
.
I primi sostenitori di quest’ottica saranno il Wittgenstein delle “Ricerche filosofiche”
14
e il
filosofo inglese John Austin , appartenenti a quella vasta area di interessi e discipline nota col nome
di Pragmatica.
Un limite, tuttavia, accomuna questi primi studi: si tende a preservare una visione riduttiva ed
obiettivistica del rapporto di influenza, quasi questo fosse una estensione, più o meno velata, del
concetto di rinforzo (per dirla alla Pavlov) agente su riceventi scarsamente attivi.
Si immagina quindi ancora la ben nota diade emittente/ricevente ove il primo elemento appare
detentore del rapporto di potere che il processo comunicativo implicitamente porta con sé.
Per Wittgenstein non vi è separazione tra pensiero e linguaggio poiché essi “sono
contestualmente e simultaneamente connessi; non c’è un linguaggio privato e uno pubblico ma un
linguaggio costituvamente pubblico.
L’attenzione è quindi spostata al fare, ad una concezione del linguaggio non tanto come
strumento di comprensione o di rappresentazione quanto come strumento di azione.
Non dissimile appare il pensiero di Austin che pubblica nel 1962 una raccolta di suoi saggi
dall’eloquente titolo “How to do things with words”, nella quale presenta la prima sistematica
trattazione degli atti linguistici o speech acts, fondata sull’idea che gli enunciati siano atti nel senso
che dire qualche cosa corrisponde a fare qualche cosa.
Non si sottovaluta il problema del contenuto, del significato dell’enunciato ma lo si affianca a
quello della forza dell’enunciato stesso.
Scrive infatti Austin in “Philosophical papers” del 1970: “oltre alla vecchia dottrina sui significati
ci occorre una nuova dottrina sulla possibile forza degli enunciati”
15
e realizza così una distinzione
tra atti locutori , illocutori e perlocutori , che normalmente vengono compiuti simultaneamente
quando si parla.
I primi consistono nel pronunciare una frase dotata di senso , i secondi riguradano la realizzazione
delle intenzioni di chi parla (ossia l’effetto che la fonte intende produrre sui riceventi) e gli ultimi
corrispondono agli effetti che il parlante si prefigge di realizzare sull’interlocutore.
13
Cfr. BETTETINI G., Semiotica della comunicazione d’impresa, Bompiani, Milano 1993, in NELLI R. P., La
comunicazione interna…, p.26.
14
Edite nel 1953 dove il cosidetto “secondo” Wittgenstein rovescia le posizioni in precedenza sostenute nel “Tractatus
logico-philosophicus” del 1922, come ci ricorda Amerio, in Amerio P., Linguaggio e comunicazione…, p.357.
15
Ibidem, p.360
33
I.1.3 La comunicazione circolare
Ma se la comunicazione si riducesse a questo, si tratterebbe di un processo automatico e
meccanico di influenza unidirezionale, agito su soggetti fondamentalmente passivi; in realtà le cose
non stanno così “in quanto il ricevente (...) è un soggetto attivo e non passivo della comunicazione,
ragione per cui non si limita a ricevere il messaggio, ma procede anche ad interpretarlo e a
valutarlo alla luce proprio delle sue motivazioni e dei suoi atteggiamenti”. Quindi “doppiamente
soggettivo il fenomeno dell’informazione se si tiene conto del fatto che i soggetti opinanti sono due
nell’ambito del medesimo rapporto e sulla percezione di ciò che è oggetto di informazione”
16
.
Chi sottolineò con forza le fondamentali implicazioni interpersonali (acquisite oggi tra i principi
cardine del processo comunicativo) furono gli studiosi di Palo Alto, tra cui ricordiamo Watzlawick,
Beavin e Jackson, autori del noto “Pragmatic of Human Communication” del 1967.
Essi hanno sostenuto con forza l’idea di una comunicazione interattiva in cui siamo
inevitabilmente immersi, poiché ogni nostro atto verbale e non, può essere letto e interpretato come
una comunicazione.
Per questo ne hanno presentato un modello basato su quattro assiomi così espressi:
-“Primo assioma: non si può non comunicare”
-“Secondo assioma: ogni comunicazione presenta un aspetto di contenuto e di relazione”, col quale
si intende che la parola non è un fatto isolato rispetto alle condizioni relazionali in cui si attua;
-“Terzo assioma: la natura e la durata di una relazione dipendono dalla punteggiature delle
sequenze di comunicazione fra i partecipanti”;
-“Quarto assioma : gli esseri umani usano due diverse modalità di comunicazione, numerica e
analogica. Numerico è il linguaggio di contenuto, della comunicazione verbale, che serve a
scambiare informazione sugli oggetti ed a trasmettere la conoscenza; analogico è il linguaggio della
relazione”;
“Quinto assioma: ogni scambio di comunicazione è simmetrico o complementare a seconda che si
basi sull’uguaglianza o sulla differenza tra gli interlocutori “
17
.
Per comprendere meglio il quarto assioma, il Brioschi riporta le funzioni del linguaggio di Roman
Jackobson che un singolo messaggio può contenere in sè una alla volta o tutte insieme; esse
16
Cfr. BRIOSCHI E. T., Elementi di economia…, p.33.
34
possono essere ben comprese se relazionate alla versione che lo stesso Jackobson presenta nel 1958
come suo modello della comunicazione: ci sembra oltremodo utile presentarlo a questo punto della
trattazione perché ci dà la possibilità di dimostrare come il percorso storico-letterario da noi
ricostruito metta in luce il progredire delle acquisizioni che solo parte della moderna teoria
pubblicitaria (per l’esattezza quella a cui noi facciamo riferimento) vanta come conoscenze
consolidate ma sviluppate in realtà attraverso lente approssimazioni e ancora non da tutti condivise.
Ci sembra inoltre che il modello di Jackobson ci avvicini ulteriormente al nostro obiettivo di
formalizzare, col prezioso aiuto del pensiero di Brioschi, un modello al quanto più esplicativo del
processo di comunicazione (figura 1.2).
Figura 1.2: Il modello di Jackobson
CONTESTO
MESSAGGIO
MITTENTE-------------------------------------------------------------DESTINATARIO
CONTATTO
CODICE
In riferimento a ciascuno di questi elementi stanno:
1) la funzione referenziale riferita al contesto: è il contenuto informativo di un messaggio, ossia il
suo riferimento alla realtà delle cose;
2) la funzione emotiva riferita all’emittente se quest’ultimo mira a suscitare emozioni
nell’ascoltatore;
3) la funzione conativa o imperativa riferita al destinatario “che corrisponde al fare che l’atto
linguistico porta in sé (...) e su questo sarà costruita la teoria degli atti linguistici”
18
che già
conosciamo;
4) la funzione fatica riferita al contatto se col messaggio si vuole verificare che sia attivo il contatto
tra gli interlocutori;
17
Cfr. NELLI R. P., La comunicazione interna…, p.28.
18
Cfr. AMERIO P., Linguaggio e comunicazione…, p. 325.