7
fenomeno in esame, è del tutto carente, dando così adito a numerose
problematiche teorico-pratiche di natura giuridica, finanziaria ed economico-
contabile.
Con l’introduzione dei nuovi strumenti finanziari viene concepito un tertium
genus di strumento di fianziamento, alternativo a titoli azionari ed obbligazionari,
dal contenuto giuridico quasi completamente rimesso all’autonomia negoziale
della società emittente. Nell’ampio panorama dei nuovi strumenti finanziari si
assiste dunque ad uno sfumare delle frontiere tra le diverse classi di titoli, come se
ci fosse una concatenazione tra di essi senza vere e proprie rotture al proprio
interno.
L’ultima parte dell’elaborato si occupa della delicata materia dei patrimoni e
dei finanziamenti destinati. Nello specifico, si tratta della possibilità per le imprese
di emettere degli strumenti finanziari rappresentativi della partecipazione ad un
determinato affare. Anche in questo caso, la nuova categoria di strumenti
finanziari è delineata, sul piano della fattispecie, da poche indicazioni, che con
difficoltà consentono di intravederne i confini.
In un contesto economico caratterizzato da un inasprimento della
competizione globale ma anche e soprattutto dalla scarsità e dal costo del denaro,
l’introduzione dei nuovi strumenti finanziari rappresenta il tentativo di rendere più
flessibile il sistema dei finanziamenti, al fine di aumentare la competitività delle
imprese anche attraverso l’accesso al mercato dei capitali. La domanda che sorge
spontanea è se l’introduzione di tali strumenti saprà effettivamente dotare le
società azionarie di una più efficiente struttura finanziaria, in grado di attrarre
maggiori risorse per lo svolgimento dell’attività delle imprese italiane.
8
PARTE PRIMA
CAPITOLO PRIMO
Una nuova struttura finanziaria
1.1 La riforma del diritto societario
Il diritto societario è stato oggetto di una recente e importante riforma, si
tratta dei decreti legislativi 17 gennaio 2003, nn. 5 e 6, integrati con le modifiche
recate dal d.lgs. 6 febbraio 2004 n. 37 e dal d.lgs. 28 dicembre 2004 n. 310, che
hanno complessivamente ridefinito la disciplina delle società di capitali contenuta
nel codice civile. Una disciplina che da sempre ha evidenziato un’eccessiva
rigidità nella regolamentazione delle società
1
e un’ impostazione finanziaria che
tendeva a privilegiare il canale bancario e l’utilizzo di risorse interne a tutto
svantaggio del ricorso al capitale di rischio reperibile presso terzi. Questo sistema
portò alla creazione di società standardizzate, non in grado di aprirsi al mercato e
alla sua globalizzazione; con il passare del tempo si determinò così
un’insostenibile concorrenza con le imprese straniere.
In particolare, il sistema di finanziamento della s.p.a. contenuto nel codice
civile presumeva che:
i mezzi di finanziamento della società fossero forniti in primo luogo dai
soci interessati all'esercizio dell'impresa (i cosiddetti soci imprenditori);
1
Si limitava l’autonomia contrattuale e la responsabilità patrimoniale nelle società di capitali per
offrire ai terzi una tutela in ogni momento dell’organizzazione societaria, limitando così il più
possibile gli elementi di rischio che l’investimento necessariamente comporta. Si è ritenuto,
infatti, che la limitazione della responsabilità nelle società di capitali dovesse comportare, a tutela
dei terzi, indifferenziati, creditori e contraenti potenziali creditori, una rigorosa fissazione di
norme imperative attinenti all’ordine pubblico economico e riguardanti tutti i momenti della vita
e i caratteri dell’organizzazione societaria: dalla fase di costituzione con il controllo di legalità
rappresentato dalla tradizionale omologazione e il controllo dei conferimenti in natura, alla
configurazione del capitale di rischio e del capitale di credito con numero chiuso e normativa
inderogabile delle categorie di azioni e delle obbligazioni, alla disciplina dell’organizzazione
interna, con la ripartizione di competenze assembleare, gestoria e di controllo, al bilancio
(peraltro con una disciplina che troverà il suo assetto definitivo solo negli anni ‘90 per effetto di
direttiva comunitaria), fino alla fase di liquidazione delle società.
9
le società potessero ricorrere al finanziamento bancario, al fine di reperire
quanto i soci (o comunque l'impresa in sede di autofinanziamento) non
fossero in grado di procurare.
E' stata invece trascurata (in parte, come noto, volutamente), l'idea che la
s.p.a. potesse reperire i mezzi finanziari presso soggetti non interessati a
partecipare ad un'iniziativa economica comune, ma soltanto ad un investimento.
Questo sistema di finanziamento delle società di capitali entra in crisi, già
dagli anni Sessanta, quando le nostre imprese societarie si sono trovate a
concorrere con imprese di altra nazionalità (comunitarie e non), le quali, avendo a
disposizione la possibilità di emettere un’articolata tipologia di strumenti di
finanziamento, erano in condizione di procurarsi capitale con mezzi alternativi al
credito bancario e dunque a costi minori rispetto a quelli sopportati dalle imprese
italiane, che dal credito bancario erano invece sostanzialmente dipendenti.
Agli inizi degli anni Novanta, la necessità di modificare il quadro normativo
e la richiesta di spazi di libertà, intesa nei termini di autonomia statutaria, non
avevano ancora ricevuto risposta positiva, nonostante l’aumento del risparmio
delle famiglie e la crescente internazionalizzazione dei mercati spingessero verso
canali di finanziamento alternativi rispetto a quelli ordinari.
Il mercato finanziario, caratterizzato da un numero limitato di società
quotate, non riuscì ad attirare una parte importante del risparmio, in quanto i
capitali si indirizzarono verso opportunità legate a rapporti personali e familiari
della piccola e media impresa nel territorio di residenza.
Nel 1998 con il d.lgs. n. 58 ( Testo unico dell’intermediazione finanziaria e
creditizia ) si è rinnovata la specifica regolamentazione delle società quotate, con
particolare riguardo alla tutela delle minoranze, e si è razionalizzata la disciplina
del mercato finanziario. L’introduzione nel nostro ordinamento di questo decreto
legislativo ha rappresentato un sensibile passo avanti, che ha avvicinato il nostro
sistema normativo a quelli, più avanzati, già in vigore nei principali paesi
industrializzati. L’attuale riforma sembra aver dato la risposta più esaustiva
all’istanza di libertà ormai insistente, lasciando un ampio spazio agli statuti nella
determinazione dei molteplici aspetti della vita organizzativa societaria.
10
Un sistema giuridico efficiente è un fattore di sviluppo determinante per
l’economia nel suo complesso e per le imprese in particolare. Il diritto societario
dovrebbe da un lato agevolare la gestione di imprese efficienti e dall’altro
assicurare tutela agli azionisti, in particolare a quelli di minoranza, e ai
finanziatori in generale.
Le crescenti esigenze delle imprese di finanziarsi hanno spinto il legislatore
ad arricchire sempre di più la gamma degli strumenti di finanziamento, con
l’obiettivo di diversificare e rendere più flessibile il sistema dei finanziamenti,
così da favorire la nascita, la crescita e la competitività delle imprese anche
attraverso l’accesso ai mercati dei capitali.
Le imprese e i mercati finanziari, infatti, hanno da tempo manifestato
l’esigenza di disporre di strumenti di finanziamento dai contenuti e dalle
caratteristiche più variegate, al fine di soddisfare al meglio le diverse esigenze.
La legge delega n.366 del 2001, fornendo i principi ed i criteri direttivi al
legislatore delegato, si è in primo luogo posta l’obiettivo di “ favorire la nascita, la
crescita e la competitività delle imprese” e di “valorizzare il carattere
imprenditoriale della società” (art. 2 lett. a e b). Il punto centrale attorno al quale
ruota la riforma del diritto societario si può identificare nel nuovo ruolo che
l’autonomia privata svolge. La regola, imposta dal legislatore, trova una sua
idonea giustificazione soltanto dove serve a tutelare interessi fondamentali della
società, che non potrebbero in altro modo essere assicurati
2
. Pertanto, il diritto è al
servizio delle imprese e partecipa al loro processo di crescita e di sviluppo della
competitività, mantenendo, inoltre, elevati livelli di tutela dell’interesse pubblico
fondamentale.
La riforma societaria ha introdotto una serie di norme che mirano ad una
riorganizzazione della struttura finanziaria delle imprese: norme che,
combinandosi con l’autonomia statutaria, permettono ad esse di creare azioni
correlate, postergate, senza diritto di voto, con voto limitato a specifici argomenti,
2
Questa è una concezione dell’autonomia privata differente, da un lato, dal liberalismo
ottocentesco, in base al quale l’assenza di regole è d’obbligo e, dall’altro lato, dal dirigismo che,
al contrario, individua soltanto nelle regole e nel loro numero la tranquillità dell’ordinamento e la
tutela dell’interesse pubblico.
11
senza valore nominale, strumenti finanziari partecipativi (anche a patrimoni
dedicati) e strumenti finanziari non partecipativi. Il rinnovamento e l’ampliamento
che hanno subito i titoli emettibili consentono di personalizzare la struttura della
società per azioni e consentono di allargare le possibili vie di accesso al mercato e
al reperimento di capitale di rischio e di credito.
L’intento è quello di dotare le società azionarie di una più efficiente struttura
finanziaria, in modo da ampliare la loro capacità di attrazione di risorse necessarie
per lo svolgimento dell’attività d’impresa.
La riforma ha avuto ad oggetto, più che la società come contratto
plurilaterale, la società come struttura di finanziamento dell’impresa. Il suo scopo
principale è stato quello di ricercare nuove fonti di finanziamento e di dilatarne i
possibili utilizzi in società, al fine di favorirne l’efficienza e la competitività tra
imprese
3
.
Il modello della s.p.a. si adatta bene alle imprese medio grandi, in quanto è
l’unico che consente di rivolgersi al mercato dei capitali collocando strumenti
finanziari presso il pubblico dei risparmiatori (c.d. società aperta ). L’accesso al
mercato e l’opportunità di emettere titoli rappresentativi del capitale di rischio o di
credito definiscono una struttura finanziaria complessa che ora, a seguito della
riforma, diviene molto più flessibile e articolata, racchiudendo numerose categorie
di azioni e di strumenti finanziari “ibridi” che l’autonomia statutaria può gestire in
conformità alle esigenze economiche dell’imprese
4
.
3
Vedi: G.Cagnoni e A. Cagnoni (2004), Conferimenti e apporti nelle società di capitali, Giuffrè,
Milano, p.10.
4
La trasferibilità dei titoli emessi permette di non mantenere immobilizzato il capitale investito e
rappresenta il motivo principale per cui i finanziatori possono essere portati a realizzare gli
apporti di rischio o di credito.
12
1.2. Nuove opportunità per le imprese
La finanza aziendale ha da sempre assunto un ruolo fondamentale nel
processo di sviluppo delle imprese, tanto che è ritenuta molto spesso come un
mezzo insostituibile perché la finalità dell’azienda abbia il suo svolgimento
5
.
Le scelte finanziarie adottate dalle imprese scaturiscono dalla natura del
processo produttivo da attuare, ma sono vincolate anche dalla variabile onerosità
dei mezzi finanziari a disposizione del mondo imprenditoriale nell’ambiente in cui
l’azienda opera
6
. Queste hanno sempre assolto, ed ancora di più nell’attuale
contesto di internazionalizzazione, ad un ruolo strumentale per l’attività produttiva
delle imprese, poiché, oltre a costituire la fase iniziale per la validità del progetto
imprenditoriale, sono estremamente rilevanti nel condizionare la capacità futura di
successo dell’azienda e, quindi, la vita e lo sviluppo dell’unità economico
aziendale.
Il sistema finanziario influisce e guida i comportamenti imprenditoriali,
soprattutto in considerazione dell’attuale situazione economico sociale,
caratterizzata dall’inasprimento della competizione globale, ma anche dalla
scarsità e dal costo del denaro. Divieni quindi fondamentale nel processo di
sviluppo e di crescita economica l’accesso facile, rapido ed economico alle risorse
finanziarie, in virtù di quel processo teso al miglioramento dell’efficienza
economica delle imprese.
Le imprese si trovano a dover affrontare quotidianamente problematiche che
riguardano la scelta delle forme di finanziamento più opportune. Spesso le scelte
sono affrettate sotto l’impulso di esigenze impellenti, quali ad esempio
l’espansione o la ristrutturazione dell’impresa o di un suo ramo. E’ invece
importante determinare gli elementi di valutazione circa i vantaggi e gli svantaggi
delle diverse forme tecniche di accesso al credito, in quanto ognuna di esse può
presentare caratteri che meglio si adattano alle specifiche esigenze dell’impresa.
La scelta degli strumenti di finanziamento è quindi fondamentale per il
management dell’impresa, per la sua situazione economica e per il suo
5
Associazione Disiano Preite (2003), Il nuovo diritto delle società, a cura di G. Olivieri, G.
Presti, F. Vella, Il Mulino, Bologna.
6
G.Cagnoni e A. Cagnoni, Conferimenti e apporti nelle società di capitali, op cit, p.15.
13
consolidamento e sviluppo patrimoniale. Le imprese, a fronte dell’emersione di un
fabbisogno finanziario, devono risolvere importanti quesiti
7
:
come coprire il fabbisogno?;
quali sono gli effetti sul profilo di rischio indotti dalla scelta di copertura?;
qual è l’impatto sul valore dell’azienda?
Per poter individuare delle soluzioni in ordine alle diverse possibili
alternative occorre conoscere il periodo di tempo del fabbisogno finanziario, al
fine di far coincidere le scadenze delle forme di finanziamento con quelle di
investimento; è, inoltre, necessario tenere sotto controllo il rapporto tra capitale di
debito e proprio.
La nuova S.p.a permette oggi di coinvolgere o associare finanziatori,
fornitori di capitali, e fornitori in genere di risorse strumentali all'attività di
impresa (e anzitutto fornitori non solo di lavoro dipendente, ma di lavoro
autonomo e intellettuale, così come i fornitori di intagibles), in pluralità di forme e
con titoli variamente selezionati e privilegiati, per così dire, sia sotto il profilo del
rischio sia in relazione ai profitti e di garantire tali soggetti attraverso
l'attribuzione, in presa diretta sull'organizzazione dell'ente ed il suo patrimonio, di
diritti patrimoniali e partecipativi.
L’identificazione dello strumento corretto sembra oggi essere più semplice
rispetto al passato, in quanto siamo di fronte ad una pluralità ed eterogeneità di
forme di reperimento del capitale che, sommate all’autonomia statutaria,
consentono di definire un modello societario perfettamente aderente alle esigenze
soggettive, pur tutelando i creditori in ogni momento della vita sociale.
Secondo il sistema previsto dal codice civile del 1942 gli strumenti mediante
i quali le società per azioni potevano conseguire il finanziamento sul mercato dei
capitali erano azioni e obbligazioni, con una netta dicotomia tra le une e le altre. Si
aveva così la tradizionale suddivisione tra capitale di rischio, ottenuto grazie
all’emissione di azioni, e finanziamento obbligazionario o capitale di credito, che
si caratterizza per la presenza di una causa di mutuo.
7
M. Anolli, A. Banfi, F. Di Pasquali (2001), I mercati e gli strumenti finanziari, a cura di A.
Banfi, Utet, Torino.
14
In realtà questa distinzione comincia ad attenuarsi già molto tempo prima
della recente riforma del diritto societario, con lo sviluppo di tipologie intermedie
tra le azioni ordinarie e le obbligazioni pure e semplici. Titoli di partecipazione
aventi caratteristiche ibride sono apparsi in Italia già sotto la vigenza del codice di
commercio del 1882 sotto forma delle cosiddette “azioni industriali”
8
.
Nella letteratura italiana si è preso atto, ormai da tempo, che le società per
azioni possono emettere e, in effetti, emettono strumenti finanziari con
caratteristiche giuridiche ed economiche intermedie tra l’azione e l’obbligazione,
con la conseguenza che la tradizionale distinzione tra l’investimento azionario e
quello obbligazionario, se certamente non è scomparsa, è sempre più articolata e,
per ciò stesso, meno distinta e netta
9
.
L’affievolirsi della classica dicotomia tra titoli azionari ed obbligazionari
porta ad una parziale sovrapposizione delle fattispecie e quindi ad un ampliamento
dei confini essenziali dei due istituti, per cui tra i due estremi esiste un ampio
novero di strumenti finanziari, lungo una linea che, senza soluzione di continuità,
congiunge le due estremità e il cui contenuto può essere liberamente stabilito
dall’autonomia statutaria e negoziale
10
. Si pensi ad esempio alle obbligazioni con
rendimento legato agli utili dell’emittente (obbligazioni partecipanti) e sul
versante azionario alle azioni di risparmio, con le quali si è valorizzato l’aspetto
finanziario del conferimento, con la riduzione dei diritti corporativi tipici
dell’azionista
11
. In tutti e due i casi il legislatore ha variato gli strumenti che, pur
8
L’art 86 di quel codice concedeva infatti agli impiegati o ad altri dipendenti della società, come
remunerazione totale o parziale della loro opera, di partecipare agli utili senza acquisire la qualità
di socio.
9
Ascarelli (1959), Varietà di titoli di credito e investimento, Milano, p.687. Per osservazioni
sostanzialmente analoghe vedi: Ferro Luzzi (1998), L’assetto e la disciplina del risparmio
gestito, in Riv. dir . comm. p.197. e B. Libonati (1999), Titoli di credito e strumenti finanziari,
Milano.
10
M. Notari, Azioni e strumenti finanziari, confini delle fattispecie e profili di disciplina,
relazione al convegno di Firenze “verso un nuovo diritto societario: dubbi e attese”, 16
novembre 2002, reperibile sul sito http//www.notarlex.it/news/notari.pdf.
11
Altri casi, che vedremo meglio in seguito e che si trovano al limite tra azioni e obbligazioni,
partecipando alle proprietà di ambedue, sono, sul versante delle obbligazioni, i direct convertible
bonds (con diritto di conversione in azioni spettante al possessore); i reverse convertible bonds (il
diritto di conversione spetta all’emittente); i titoli con clausola di subordinazione rispetto agli
altri debiti assunti dall’emittente; obbligazioni indicizzate agli indici di borsa; obbligazioni
irredimibili; sul versante delle azioni, le azioni privilegiate; a voto limitato; azioni di risparmio
con particolari privilegi che attribuiscono un rendimento quasi garantito; i non participating
15
riconducibili alla categoria ora delle obbligazioni ora delle azioni, presentano
peculiarità, che spingono molto spesso la dottrina a dubitare della loro stessa
natura.
12
Le azioni di risparmio sono emesse da società quotate
13
e sono prive del
diritto di voto. Vi è la possibilità di configurare, in aggiunta al diritto agli utili e
non in sua sostituzione, speciali diritti patrimoniali che attribuiscano un
rendimento finanziario certo o quasi certo, sia attingendo alle riserve, sia creando
un vero e proprio obbligo di corrispondere somme a titolo di interessi sul capitale
investito. La caratteristica delle azioni di risparmio è, dunque, quella di avere
maggiori diritti patrimoniali a scapito di quelli amministrativi. La redditività del
dividendo è più alta, in termini percentuali, rispetto alle azioni ordinarie ed è data
da due fattori:
il prezzo inferiore delle azioni di risparmio
14
;
il maggiore dividendo
15
;
L’ assenza del diritto di voto e i diritti patrimoniali rafforzati hanno condotto
a dubitare della configurabilità del rapporto sottostante alla loro emissione in
termini di partecipazione sociale, ravvisandone piuttosto i connotati del rapporto
preferred stocks (con rendimento non correlato agli utili), nonché i redeemeble stocks (azioni
riscattabili).
12
Ad esempio le azioni di risparmio fornite della garanzia della remunerazione fissa sono
difficilmente distinguibili dalle obbligazioni partecipanti.
13
La riforma del diritto societario entrata in vigore nel 2004 consente l’emissione di azioni prive
del diritto di voto anche alle società non quotate, rimettendo ad un’ampia autonomia statutaria il
compito di fissare i privilegi patrimoniali e le modalità di funzionamento di tale categoria di
azioni.
14
Di solito si osservano valori di sconto nell’ordine del 20-30%, ma questa forchetta non viene
sempre rispettata, infatti nelle fasi in cui il controllo delle società è incerto le azioni di risparmio
possono venire penalizzate, perché non consentono di partecipare alle assemblee ed influenzare
le decisioni delle società.
Comunque questi titoli presentano una certa specificità, espressa anche dal gradimento che il
mercato assegna loro.
15
Chi possiede azioni di risparmio, in base all’art. 15 della legge 216/1974, ha il diritto ad un
dividendo minimo garantito del 5% degli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato,
dedotta la quota di riserva legale. Oltre al riconoscimento del dividendo minimo, è prevista una
maggiorazione di dividendo rispetto a quello percepito dalle azioni ordinarie nella misura del 2%
del valore nominale delle azioni.
Infine, nel caso in cui non si verificano utili nell'esercizio oppure le azioni di risparmio ricevono
un dividendo inferiore a quello minimo garantito, il dividendo minimo spettante agli azionisti di
risparmio è cumulabile per due esercizi successivi.
16
di credito
16
. La ricorrenza tuttavia dell’imputazione a capitale sociale del
conferimento eseguito dal loro sottoscrittore, oltre alla loro denominazione,
portano a ricondurre le azioni di risparmio nella categoria delle azioni
17
.
Problemi come il diffuso fenomeno della sottocapitalizzazione e la necessità
per le imprese di reperire risorse finanziarie hanno spinto a lasciare in secondo
piano la tradizionale dicotomia tra titoli obbligazionari e azionari, per adattarsi ad
uno scenario più veritiero dei rapporti tra la società e la complessità dei suoi
finanziatori.
La riforma fa fronte a questi problemi utilizzando due soluzioni, una già
praticata, l’altra decisamente più innovativa. La prima consiste nell’ampliare i
limiti della fattispecie azionaria e obbligazionaria, i cui contorni vengono estesi in
diverse direzioni, facendo assumere ai titoli una maggiore elasticità, seppure non
sino al punto da alcuni auspicato nel corso del dibattito degli scorsi anni: la
seconda soluzione, che costituisce una delle più interessanti innovazioni introdotte
dalla riforma, va al di là del tradizionale allargamento della libertà di creazione di
titoli obbligazionari e azionari aventi caratteristiche diverse rispetto al modello
ordinario e si fonda sull’opportunità per le società di capitali di utilizzare ulteriori
e diversi strumenti finanziari, che possono essere emessi al di fuori dei limiti,
anche se piuttosto allargati, dei classici titoli.
Con la riforma si enfatizza la tendenza, iniziata con il t.u.f. a fare degli
strumenti finanziari una categoria generale, “connotata da una forte atipicità e
flessibilità”
18
, sulla base del presupposto che non sempre l’appetibilità dei titoli, e
quindi la disponibilità del mercato a finanziare le iniziative imprenditoriali,
possano essere tanto più elevate quanto più ampio sia lo spazio riservato alla
fantasia dei redattori
19
.
16
E’ proprio con riferimento alle azioni di risparmio che sorge il problema dell’identificazione
dei requisiti minimi perché un determinato soggetto venga considerato socio
17
U. Tombari (2002), Azioni di risparmio e strumenti ibridi partecipativi, Giappichelli, Torino,
p.30.
18
In questi termini S. Patriarca (2004), Appunti in materia di titoli di debito della s.r.l.,
Università dell’Insubria, Quaderno della Facoltà di Economia di Varese, p. 4.
19
Un’eccessiva differenziazione degli strumenti finanziari può creare confusione nei potenziali
investitori.
17
La ricerca di alternative per modernizzare la società e renderle più
competitive sul mercato ha spinto dunque il legislatore verso la strada non solo di
un migliore utilizzo delle categorie d’azioni, ma anche di strumenti finanziari non
azionari, intervenendo a disciplinare (anche se non in modo dettagliato e
solamente con norme di cornice) quello spazio tra azioni e obbligazioni che non
era regolamentato prima della riforma. Si elimina così quasi definitivamente l’area
dei finanziamenti atipici rappresentati da strumenti finanziari, originando, però,
delle problematiche di definizione dei reciproci confini che intercorrono tra le
diverse figure previste dalla legge. In particolare, l’atipico, tipizzato o meno,
innesca in realtà un problema collegato alla causa giuridica sottostante
all’emissione del titolo
20
.
20
Vedi S. Patriarca (2004), Appunti in materia di titoli di debito della s.r.l. p.36.
18
1.3 Gli strumenti finanziari secondo il T.U.F.
Nel nostro ordinamento giuridico il precedente storico della nozione di
strumento finanziario è quello di valore mobiliare, impiegato in diversi contesti e
ambiti d’impresa. Solitamente “valore mobiliare” ha sempre configurato titoli di
massa o valori negoziabili, nonostante un concetto così vasto si sia evoluto in
diverse altre direzioni
21
e l’espressione valore mobiliare sia stato molto spesso
utilizzato con i significati più vari a seconda del caso concreto in cui essa veniva
inserita e delle esigenze specifiche che le leggi di settore si imponevano di
soddisfare
22
.
Una svolta radicale si ebbe successivamente alla direttiva comunitaria n. 22
del 93, relativa ai servizi d’investimento nel settore dei valori mobiliari e
riguardante la liberalizzazione degli stessi all’interno del mercato comune. Nel
momento del suo recepimento nell’ordinamento interno, il legislatore con il d. lgs.
n. 415 del 96 preferì fissare alcuni concetti e nozioni:
sostituì il termine valore mobiliare con quello di strumento finanziario;
fece rientrare nella nozione di strumento finanziario i titoli di massa ed i
contratti derivati;
La nozione generale di strumenti finanziari non è dunque nuova nel nostro
ordinamento e, non fornendo la normativa societaria una sua definizione di
“strumento finanziario”, obbliga a ricorrere a fonti normative speciali dedicate
all’intermediazione finanziaria. In particolare si può fare riferimento a quella
molto dettagliata, anche se dettata per le società quotate
23
, contenuta nell’art. 1,
21
Con la legge n. 77 dell’83 si realizza la separazione tra titoli di massa e valori mobiliari,
facendo confluire nella nozione di valore mobiliare fattispecie prive dei connotati tipici dei titoli
di massa. Questo con lo scopo di affrontare la cosiddetta “stagione dell’atipico” che cominciò a
svilupparsi attorno agli anni ottanta e che fu caratterizzata dall’emissione di nuovi titoli
rappresentativi di una partecipazione associativa con elementi ibridi.
22
Ad esempio la legge n. 149 del 92 in materie di offerte pubbliche di vendita, acquisto,
sottoscrizione e scambio prendeva in considerazione solo i valori mobiliari che consentono di
acquisire diritto di voto.
23
Le norme del codice civile relative alle società per azioni si applicano alle società con azioni
quotate in mercati regolamentati se non è diversamente disposto da altre norme del codice stesso
o da leggi speciali. Quindi alle società quotate si applica innanzitutto il decreto legislativo 58/98
in quanto legge speciale poi, nell’ordine, le disposizioni specifiche del codice civile sulle società
per azioni quotate, quelle sulle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e infine
il diritto societario comune.
19
comma 2°, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria). Il T.U.F. del 1998 ha portato un intervento
di trasparenza e chiarezza tra le molteplici nozioni e contenuti dati fino a quel
momento al termine valore mobiliare, sostituito poi nel ‘96 con quello di
strumento finanziario. L’art. 1 ha tenuto la definizione di strumento finanziario
apportata dalla legge del 96. In particolare, al 2° comma, l’articolo definisce come
strumenti finanziari:
azioni e titoli rappresentativi del capitale di rischio;
obbligazioni, titoli di stato e altri titoli di debito;
quote di fondi comuni di investimento;
titoli normalmente negoziati sul mercato monetario
qualsiasi altro titolo, normalmente negoziato, che permetta di acquisire gli
strumenti indicati nelle precedenti lettere, e relativi indici;
Future ;
Swaps;
Contratti a termine;
Opzioni;
Combinazioni di contratti o titoli indicati nelle precedenti lettere.
In generale, si può dire, che uno strumento finanziario consista in un
attestazione di credito o di debito. Questi strumenti possono essere espressivi di un
rapporto di debito dell’emittente con i sottoscrittori, in questo caso danno vita ad
una vera e propria passività per l’istituzione (ente pubblico, banca, stato sovrano,
impresa, ecc.) che li emette. In questo caso si tratta di strumenti finanziari di
debito. Vi sono poi strumenti che rappresentano un rapporto di partecipazione al
capitale. Essi vengono abitualmente definiti come strumenti finanziari di capitale.
Inoltre, vi sono strumenti che costituiscono forme ibride, in quanto possiedono le
caratteristiche di entrambe le tipologie. Infine, si definiscono strumenti derivati
quei contratti che permettono agli operatori di assumere posizioni di copertura nei
confronti dei rischi tipici degli strumenti finanziari, ossia di assumere posizioni
speculative.
20
L’odierna finanza si contraddistingue per la pluralità
24
degli strumenti
finanziari, la molteplicità dei mercati e l’ormai sempre più accentuata affidabilità
degli strumenti di analisi e di gestione del risparmio.
Gli strumenti finanziari fanno parte della più generale categoria delle attività
finanziarie. Un’attività finanziaria è un rapporto contrattuale in cui entrambe le
prestazioni delle parti in causa sono espresse in moneta e differenziate nel
tempo
25
. Il fattore tempo e la natura monetaria sono i primi elementi che
qualificano l’operazione finanziaria, basata appunto sull’esecuzione unilaterale di
una prestazione attuale in moneta a fronte della promessa di una o più
controprestazioni monetarie future di segno opposto.
Differenti attività finanziarie presentano delle caratteristiche come la
standardizzazione della forma contrattuale e il regime giuridico di circolazione,
che ne facilitano la quotazione in mercati secondari organizzati. Come visto in
precedenza, solo le attività finanziarie di questo tipo sono denominate strumenti
finanziari. Il concetto di strumento finanziario, definito in modo preciso e puntuale
dalla normativa vigente in materia di regolamentazione dei mercati finanziari,
comprende una gamma di contratti e di scambi finanziari coincidente solo in parte
con l’insieme che ricade sotto la definizione di attività finanziarie
26
. Agli
strumenti finanziari si applicano poi diverse disposizioni in ordine al loro
trattamento, alla loro circolazione ed alla loro diffusione tra i risparmiatori. I due
termini esprimono pertanto concetti tra loro differenti, anche se nel linguaggio
corrente spesso sono stati utilizzati come sinonimi.
Qualsiasi strumento finanziario presenta elementi distintivi propri e specifici
che lo distinguono dagli altri. Questi elementi sono rappresentati dalle componenti
economiche, tecniche e giuridiche del contratto, che determinano condizioni e
modalità di esecuzione delle prestazioni, nonché obblighi e diritti delle parti
27
24
P. Montalenti, mercoledì 20 novembre 2002, La riforma del diritto societario: per il nuovo
diritto delle società cresce la richiesta di un rinvio, Italia Oggi.
25
Vedi: A. Ferrari e E. Gualandri (2004), Gli strumenti finanziari, Giappichelli, Torino, p. 2.
26
Sono ad esempio esclusi contratti di deposito bancario, di leasing, mutui bancari ecc.
27
Componenti elementari come la denominazione in valuta estera o in moneta nazionale, durata
contrattuale, tipo e natura della remunerazione,condizioni di rimborso ecc.