1.
Mass Murderers al lavoro
1. Mass murderers al lavoro
1.1 Definizione di mass murder 1
1.1.1 Diagnosi differenziale tra mass murder, spree killer e serial killer 3
1.2 Diffusione del fenomeno nel mondo 4
1.3 Il fenomeno del mass murder: una patologia sociale 7
1.3.1 Mass murder e malattia mentale 9
1.3.2 Mass murder e armi da fuoco 10
1.3.3 Iteari del stragi 1
1.3.3.1 Mass murderers al lavoro: i disgruntled workwers 11
1.3.3.2 Mass murderers a scuola: i mass killers adolescenti 14
1.3.3 Mass murder e frustrazione 15
1.1 Definizione di mass murder
Il mass murder, o omicidio di massa, si configura come un particolare tipo di delitto in cui
l’autore, in uno stesso spazio temporale e fisico, tenta o riesce ad uccidere più persone (almeno tre
secondo le più recenti teorie
1
), che “possono essere del tutto sconosciute, conosciute (vicini,
colleghi di lavoro) o addirittura membri della cerchia parentale”
2
.
Negli anni 70’ gli studiosi di Scienza del comportamento dell’FBI, dopo aver analizzato un
certo numero di casi di detenuti per reati sessuali ripetuti e omicidi multipli, classificarono i mass
murderers all’interno della categoria Multiple Murderer (ovvero gli omicidi con alto numero di
vittime), insieme ad altre due tipologie di autori di omicidi multipli, i serial killers e gli spree
killers
3
.
Successivamente il Crime Classification Manual (CCM, 1992) dell’FBI ha classificato il
mass murder tra i crimini violenti, distinguendo, a riguardo, sei differenti tipi di omicidio:
1) single murder, ovvero l’omicidio isolato di particolare efferatezza;
2) double murder, ovvero l’omicidio con due vittime uccise in uno stesso luogo e nello
stesso tempo;
3) triple murder, ovvero l’omicidio con le stesse caratteristiche del precedente, ma con tre
vittime coinvolte nell’evento criminale;
1
P. De Pasquali, Serial killer in Italia, pag. 22.
2
F. Bruno, M. Minicangeli, Ammazzo tutti, pag. 10.
3
P. De Pasquali, op.cit., pag. 21.
4) mass murder, distinto in:
- classic, ovvero uccisione di quattro o più vittime nel medesimo luogo e nel corso
di un unico evento. Il soggetto non conosce le sue vittime, che per lo più sono
scelte casualmente;
- family, ovvero omicidio di massa di congiunti a cui può seguire il suicidio
dell’autore;
5) spree killing, ovvero l’omicidio compulsivo, in un unico evento, che si realizza in due o
più luoghi diversi ma adiacenti, comportando la morte di due o più persone, senza alcun
periodo di raffreddamento emotivo dell’autore tra le aggressioni;
6) serial murder, ovvero l’omicidio seriale con tre o più vittime, commessi in eventi distinti
e luoghi differenti, separati da un intervallo di “raffreddamento” emozionale del killer
(emotional cooling).
L’FBI, per convenzione, non annovera tra i mass murders le stragi di tipo terroristico, mafioso e di
guerra, principalmente a causa della caratteristica di estraneità con le vittime da parte dei mass
murderers e delle motivazioni sostanzialmente differenti alla base dei loro eventi delittuosi, che non
sono né di carattere religioso, né di carattere politico-criminale. Tuttavia il carattere di analogia
dell’omicidio di massa con le altre tipologie di stragi, soprattutto di stampo terroristico, è stato
ravvisato dall’FBI nel Crime Classification Manual che lo ha inserito nella sottocategoria
dell’“Authority Killing”, definendolo come omicidio a scopo di rivendicazione contro l’autorità, e
quindi realizzando un movente che si concretizza nell’eliminazione di persone che hanno una
relazione di autorità, simbolica o reale, con l’assassino, convinto di aver subito dei torti da parte
loro. Le vittime, infatti, verrebbero scelte in quanto simboli dell’istituzione che si vuole colpire
4
.
I mass murders, così come i serial e gli spree killers, rientrano nel novero degli omicidi
indicati dalle cronache dei mass media come “mostruosi”, termine che enfatizza la componente
emozionale legata a una certa tipologia di eventi delittuosi, i cui autori, i cosiddetti “mostri”,
compiono crimini “contro natura, aberranti, mostruosi per la loro crudeltà e violenza, nonchè privi
di movente”
5
. “In genere…si ritiene che solo con tale affermazione sia possibile esprimere
l’autentico carattere di chi compie…delitti efferati, pur mantenendo una facciata di normalità”
6
. Ed
è proprio dal concetto di normalità che si discosta il “mostro” (dal latino “monstrum” ovvero
prodigio, cosa straordinaria, contro natura, fuori dal comune), collocandosi agli antipodi del
4
R. De Luca, Terminators. Soggetti e dinamiche dell’omicidio di massa, pp. 86-87.
5
F.Bruno, in Serial killer in Italia, op.cit. pag. 12.
6
A. Accorsi, M. Centini, La sanguinosa storia dei serial killer, pag. 20.
“normale”, a cui “…segnala l’infrazione ad un ordine precostituito”, aprendo “delle crepe nelle
strutture del sapere…”
7
.
In particolare, i criminologi F. Bruno e P. De Pasquali hanno così definito il concetto di
mostruosità
8
: categoria psicologica deviante, i cui fatti criminali sono diversi dalla delinquenza
tradizionale (organizzata, comune, occasionale), che dalla patologia in senso stretto. Sono reati
apparentemente senza movente comprensibile, ma inclusi in tipologie definibili e statisticamente
non frequenti. Il carattere di mostruosità risulta correlato a:
 elevato numero di vittime (come nei mass murder);
 relazioni parentali fra assassino e vittima (come nei family mass murder);
 bassa età dell’omicida e della vittima;
 motivazioni futili o assenti;
 modalità di esecuzione, per quantità di violenza e crudeltà dimostrate (overkilling).
1.3 Il fenomeno del mass murder: una patologia sociale
Alla base della differente distribuzione del fenomeno del mass murder nei Paesi
anglosassoni, in cui a prevalere è la sottocategoria “classic”, e in Italia, in cui prevale la
sottocategoria “family”, vi è la diversa organizzazione delle rispettive strutture sociali. Infatti, come
sottolineano i criminologi Bruno e Minicangeli, “per cultura e formazione le attese che l’uomo
italiano… ripone nella famiglia sono molto maggiori di quanto non avvenga nel mondo
anglosassone, dove invece il mattone costitutivo della piramide sociale è da sempre l’individuo”
9
.
Per G. B. Palermo l’adulto che si trasforma in mass killer è preda di una manifestazione improvvisa,
subitanea, impulsiva di furia distruttiva, tanto da definire questo tipo di crimine “la strage del
furioso”, poiché richiama le “gesta” del guerriero nordico Berserk, vissuto tra l’870 e 1030 A.C.,
dotato di forza soprannaturale e insensibile al dolore, che, in preda a raptus aggressivi, turbava la
pace della comunità vichinga con la sua violenza distruttiva.
I fattori che determinano il comportamento distruttivo di tali criminali sono di natura psicologica,
relazionale e sociale. La possibilità che vi sia il coinvolgimento di fattori sociali nella dinamica di
queste stragi sembra essere avvalorata anche dall’età, generalmente matura, degli autori di questi
delitti.
7
Ibidem, pag. 21.
8
P. De Pasquali, dispense del master in Scienze Forensi A.A. 2004-2005.
9
F. Bruno, M. Minicangeli, op.cit., pag. 49.
La motivazione più comune dietro al loro agire sembra essere un senso di rabbia e un desiderio di
vendetta, sia contro la società che contro l’autorità costituita, vissuta da questi soggetti come
imposizione, come dispotica.
10
Il mass murder agisce in seguito ad una spinta interiore incontrollabile che lo rende esecutore di una
“missione”. Il concetto di "missione", spesso presente nella psicologia del mass murderer, trova
riscontro soprattutto nel fatto che, una volta innescatasi l’ideazione di morte, l’assassino non si
ferma fino a quando non ha portato a termine la strage di quelli che considera propri nemici e sono
portati, quindi, a continuare la loro opera distruttiva fino a quando non vengono fermati. Essi non
cercano di nascondere la loro identità e mostrano un comportamento fortemente disorganizzato che
li porta a commettere molti errori e ad essere individuati con facilità.
Questo tipo di assassino può essere definito come un “terrorista sociale”, ovvero: un uomo che non
riesce, per vari motivi, a sopportare le rigide regole di comportamento che la società impone ai
propri consociati, percependo tale impossibilità non come malattia che la società è pronta a guarire
attraverso sentimenti di solidarietà e coesione, bensì come elemento determinante che contribuisce
ad una fuoriuscita dal circuito sociale, che si traduce con una rabbia sorda e che afferma un solo
unico obiettivo: "lavorare" per l’abbattimento della società attraverso l’eliminazione di più soggetti
che a quella stessa società appartengono
11
, “scegliendo di cancellare il mondo dal soggetto piuttosto
che il soggetto dal mondo”.
12
Molto spesso il mass murder attraverso la strage vuole inviare un “messaggio” alla società e per
farlo è disposto anche a sacrificare la sua vita, a suicidarsi, ritenendo di aver portato a termine la
propria missione e di non aver comunque nulla da perdere. “Non a caso…il mass murder è
considerato una sorta di suicidio allargato: l’omicida decide di uscire dal mondo e per farlo opta per
l’azione eclatante sterminando i suoi avversari… . Si può trattare di individui a lui sconosciuti (la
società), conosciuti (i colleghi di lavoro artefici del suo insuccesso, o i vicini invidiosi) o addirittura
la sua famiglia”.
13
La psicodinamica del mass killer evidenzia spesso la presenza in lui del complesso del Superuomo
descritto da Nietzsche con impulsi narcisistici e desiderio di notorietà
14
. L’atto di distruggere gli
altri e se stessi potrebbe, quindi, rappresentare un modo irragionevole di asserire, seppur per pochi
attimi, la propria autonomia decisionale, realizzando un “sacrificio” di natura catartica, in ragione
del quale l’atto di togliere la vita ad un proprio simile verrebbe a configurarsi come un gesto
supremo e non come un atto estremo.
10
Ibidem, pag. 9
11
R. De Luca, op.cit.
12
P. De Pasquali, op. cit., pag. 24
13
F. Bruno, M. Minicangeli, op.cit., pag. 11.
14
G. Palermo, Aggressività e violenza, oggi: teorie e manifestazioni, pag, 249.
1.3.3 I teatri delle stragi
Dall’analisi dei casi di omicidi di massa, avvenuti soprattutto nei Paesi anglosassoni,
emergono quali teatri delle stragi i ristoranti, che attraggono questo tipo di killers, molto
probabilmente per il gran numero di persone ivi presenti durante l'ora di pranzo o di cena, i grandi
magazzini, gli uffici governativi e amministrativi, i luoghi di lavoro, le istituzioni educative (scuole
e università). Nei paragrafi seguenti ci si soffermerà a riportare i casi di mass murders avvenuti in
questi due ultimi contesti per la rilevanza che tali eventi hanno con l’oggetto di studio del presente
lavoro, ovvero l’esistenza di un possibile rapporto di consequenzialità tra mobbing ed eventi di
mass murder, di cui si parlerà nei prossimi capitoli.
1.3.3.1 Mass murderers al lavoro: i disgruntled workers
Spesso il mass murderer è risultato essere un lavoratore scontento, un disgruntled worker,
termine usato generalmente per indicare un ex dipendente che ha perso da poco il posto di lavoro a
seguito di licenziamento.
Il termine viene qui usato in senso più ampio per indicare anche quegli autori di omicidi di massa le
cui azioni sono state mosse da frustrazioni legate, del tutto o in parte, all’ambito del lavoro.
Le tabelle seguenti illustrano, in ordine cronologico, i casi di tali mass murders, avvenuti negli Stati
Uniti e in Italia, riportando il nome dell’autore, la sua professione lavorativa, la sua età al momento
del fatto, l’anno e il paese in cui si è consumato l’evento, il luogo teatro della strage, il motivo
scatenante o la motivazione, certa o probabile, alla base dell’azione delittuosa, il numero di vittime,
distinte in morti e feriti, la conclusione dell’evento, ovvero la modalità con cui ha avuto fine la
strage (suicidio, uccisione, fuga, arresto, ecc.). I dati mancanti sono stati segnalati con NP = non
pervenuto.