5
organizzare un buon prodotto turistico con caratteristiche di imprenditorialità
strategica ed innovativa”
2
.
È da questi presupposti, visto inoltre il patrimonio paesaggistico – culturale di
cui la nostra “terra” può vantarsi, che si cerca di capire quali potrebbero essere le
direzioni che il legislatore deve imporre alla società, al fine di governare lo
sviluppo turistico in modo trasversale rispetto alla tradizionale azione di politica
di settore.
Il percorso inizia avendo ad oggetto, nel primo capitolo, l’analisi
dell’evoluzione storica in materia di turismo, evoluzione che legittima il sistema
Regione come punto “nodale” della gestione periferica del fenomeno.
Nel secondo capitolo, si passa quindi allo studio della struttura amministrativa
della Regione, evidenziandone l’operatività sia dal lato legislativo che
amministrativo.
Si passano in rassegna “dunque, organi e strumenti di cui le Regioni stesse
dispongono per porre in essere politiche settoriali incisive e strategiche con il
coinvolgimento, ove richiesto o dove possibile, degli enti locali”
3
.
Tutto ciò al fine di chiarire e comprendere quali “istituti” possono essere
utilizzati per produrre gli effetti desiderati.
Infine, nel terzo capitolo, dopo una breve trattazione dell’assetto istituzionale
centrale del comparto, si giunge ad una disamina in concreto degli assetti
2
A. Trentini, La Riforma del Turismo, Rimini, 2002, p. 9.
3
Op. cit. Franceschelli – Morandi, p. 99
6
organizzativi implementati dalle Regioni italiane, alla luce della legislazione
vigente.
Particolare attenzione è rivolta agli “strumenti” innovativi, di cui gli Enti
possono avvalersi per caratterizzare una sinergica azione di politica regionale.
In conclusione, l’aver affrontato un tema così rilevante che pone in risalto
congiuntamente, tanto l’aspetto giuridico quanto quello economico, di una materia
che sempre più funge da “catalizzatore” dell’intera economia italiana e non solo,
delinea l’esigenza di buone leggi per avere un buon turismo. “La certezza del
diritto costituisce un canone imprescindibile, in un settore quale quello in esame,
per attrarre l’imprenditorialità privata ad investire considerevolmente nello stesso;
in mancanza, infatti, di norme certe, chiare, univoche, chi mai potrebbe impiegare
i propri capitali per sviluppare un settore retto da incertezza endemica e
strutturale?
Tuttavia, le scelte rapide ed efficaci, affinché il settore possa svilupparsi,
passano attraverso leggi ben fatte, che non possono però dipendere da corpi
normativi calati dall’alto, poiché, i tempi del legislatore centrale sono
generalmente più lunghi di quelli attraverso cui si modifica la società”
4
.
Ed è a questo punto che si va alla ricerca di un trade – off tra le due suddette
esigenze; ritrovando quale punto di congiunzione, la possibilità di sviluppare
l’organizzazione amministrativa sui principi manageriali. Non cercando cioè di
sconvolgere ulteriormente il quadro normativo, ma studiando affondo le leggi di
4
Op. cit. Franceschelli – Morandi, p. 160
7
cui si dispone in modo professionale e non in superficie, così da anticipare gli
interventi legislativi e restare al passo con i tempi, stimolando la produzione
legislativa in modo coerente.
Un ultimo e doveroso aspetto da analizzare è costituito dall’interazione
pubblico – privato che si affaccia verso la nuova ottica di flessibilità richiesta
dall’odierna globalizzazione, di cui il legislatore, sapientemente, tiene conto nel
disegno della riforma turistica del “2001”. Dall’analisi di quest’ultima e dalle
recenti modifiche sulla normativa turistica, si nota come l’ordinamento pubblico e
nello specifico le amministrazioni pubbliche, stiano aprendosi all’impostazione
aziendale, ricercandone i caratteri tipici dell’imprenditorialità.
La difficoltà principale degli assetti organizzativi, di cui sopra, è costituita
dall’indispensabile e reciproca conoscenza dei diversi attori, pubblici e privati,
talvolta operanti nello stesso ramo del campo turistico, in un’ottica del cooperare
per competere.
Questa problematica, a mio parere, è aggravata soprattutto nel sud d’Italia, a
causa della regressa mentalità imprenditoriale.
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Capitolo 1: “Organizzazione e legislazione turistica in Italia”
1.1 “L’evoluzione legislativa in favore del turismo: dai primi interventi
normativi alla fine del secondo conflitto mondiale”.
Dal fenomeno del viaggio all’affermazione del turismo, è stata avvertita
l’esigenza di delineare norme giuridiche idonee a disciplinare le attività che man
mano si sono affermate nel comparto in esame.
L’interessamento dello Stato nei riguardi del turismo si fa risalire agli inizi
del‘900 e in particolare alla “legge n. 863 dell’11 dicembre 1910”, in base alla
quale i comuni c.d. a vocazione turistica potevano applicare un’imposta di
soggiorno nei confronti di coloro che vi dimoravano per almeno 5 giorni.
“Si trattava di una controprestazione per i servizi turistici che non poteva
essere distolta per altre finalità dai comuni”
5
.
Tuttavia, è sul finire del 1800 che le prime iniziative nel campo
dell’organizzazione turistica furono prese dagli stessi viaggiatori, i quali
avvertirono la necessità di associarsi per curare la soddisfazione dei propri
spostamenti.
Da qui nacquero i primi sodalizi privati, tra cui il Club Alpino italiano (CAI),
nato nel 1863 per promuovere l’alpinismo e il Touring Club ciclistico italiano nel
1894, trasformatosi poi in Touring club italiano nel 1926.
5
Paloscia, Il turismo nell’economia italiana, Agra, Roma, 2004, p. 40
9
In questo periodo, le norme giuridiche in materia erano quasi inesistenti e il
fenomeno era circoscritto alle classi più abbienti che potevano usufruire dei pochi
mezzi di trasporto a disposizione.
Negli anni precedenti al primo conflitto mondiale si manifestò, dunque, la
necessità di attuare una propaganda dell’immagine turistica dell’Italia all’estero.
Fu però lo scoppio del conflitto ad arrestare l’esigenza avvertita di istituire un
organismo centrale avente come funzione l’espansione dei flussi turistici nella
nazione.
La guerra ebbe forti ripercussioni sul movimento turistico, ma non cambiò il
forte desiderio di fondare un Ente destinato esclusivamente alla cura degli
interessi del settore.
In questa prospettiva, nel settembre del 1919 una Commissione, sotto la
presidenza dell’onorevole Ruini, presentò al governo uno schema di decreto legge
che venne approvato e pubblicato nella “Gazzetta Ufficiale del 22 novembre 1919
col n. 2099”.
Il decreto conteneva, oltre a disposizioni in favore dell’industria alberghiera,
l’istituzione dell’Ente Nazionale per le industrie turistiche quale organismo
pubblico avente lo scopo di promuovere e studiare il turismo estero verso l’Italia.
L’ENIT costituiva la prima forma d’intervento organico dello Stato nel campo
delle attività turistiche.
Finalmente si cominciava a percepire così, anche a livello parlamentare,
l’importanza rivestita dalla materia turistica per l’economia italiana.
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Ciononostante, l’attenzione del legislatore venne distolta quasi per un
decennio: infatti, fu solo con la “legge10 agosto 1926, n. 1380”, la quale istitutiva
le aziende autonome di cura, soggiorno e turismo che riprese l’attività legislativa
verso la promozione e l’accoglienza turistica.
In proposito alle Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo
(A.A.C.S.T.), è opportuno aprire una parentesi, al fine di comprenderne le
sostanziali differenze che intercorrono con gli Enti provinciali di promozione
turistica (EE. PP. T.) istituiti alcuni anni dopo.
Mentre quest’ultimi risultavano legati ai territori amministrativi e territoriali
delle province dello Stato, le aziende autonome, per essere costituite e perché un
comune venisse ricondotto a “stazione” di cura, soggiorno e turismo, era
necessario rilevarne la valenza turistica, nonché l’influsso positivo che l’economia
locale doveva trarre dalla stessa.
Si noti, infatti, che requisiti e parametri indagati a tal fine erano:
caratteristiche climatiche e sanitarie, comodità ed attrattive, quantità, qualità e
importanza degli alberghi e delle pensioni, e, per le stazioni termali, degli
stabilimenti di cura. Nel rispetto di quanto affermato, il riconoscimento dei
requisiti richiamati spettava al Ministero per l’Interno.
Riprendendo gli sviluppi che hanno interessato l’Ente centrale di promozione
turistica, occorre evidenziare come le delegazioni dell’ENIT hanno avuto una
notevole evoluzione, passando dal “Consorzio italiano per gli uffici di viaggio e
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turismo” formato con il concorso delle Ferrovie dello Stato nel 1920,
all’istituzione della “Compagnia italiana per il turismo” (CIT) nel 1927.
La trasformazione in parola fu dettata dal malcontento avvertito dalle agenzie
di viaggio italiane ed estere, nel dover affrontare la concorrenza di un organismo,
quale era appunto il “Consorzio italiano per gli uffici di viaggio e turismo” che
poteva contare su sovvenzioni statali.
Soluzione ideale a questa problematica fu trovata nella scissione nell’ENIT
della sua parte commerciale, fuori quindi da ogni azione di concorrenza, che
comportava appunto l’istituzione della “Compagnia italiana per il turismo”.
Ripercorrendo l’iter legislativo sotto il profilo storico, si arriva dunque al
1929, dove la crisi avvertita dall’economia mondiale ebbe forti ripercussioni
anche sul fronte del turismo.
È in questo clima, sotto il governo fascista, che in Italia si intraprese la strada
della valorizzazione della risorsa turistica.
Si giunge per tali versi, al fine di sistematizzare il controllo sulle attività
turistiche, alla nascita del “Commissariato per il turismo”, organo centrale istituito
con “r.d.l. 23 Marzo 1931, n. 371”.
Le funzioni e la gestione del settore turistico passarono poi, nel 1934, dal
“Commissariato per il turismo” al “Sottosegretario di Stato per la stampa e la
propaganda” che, l’anno successivo, assunse la veste di “Ministero della Cultura
popolare”.
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Così facendo, fu creata una struttura frammentata dell’organizzazione del
comparto, dal momento che stampa, propaganda, teatro, cinema e turismo
confluivano nell’istituto unitario del dicastero suddetto.
In aggiunta, lo stesso assetto organizzativo a livello periferico, era contenuto
nei limiti provinciali, dal momento che proprio nel 1935 furono creati gli
EE.PP.T. con “ r.d.l. 20 giugno 1935, n. 1425” aventi il compito di coordinare e
promuovere a livello provinciale il turismo.
Si assiste, in seguito, con la “legge 16 Giugno 1939, n. 1021” alla
riorganizzazione dell’ENIT e si può notare come siano proprio gli anni ’30 a
caratterizzare l’affermazione del turismo e la proliferazione degli interventi
legislativi nel settore.
Ciò nonostante, con il secondo conflitto mondiale, la produzione normativa
subì una brusca interruzione.
Alla fine del conflitto l’amministrazione periferica del turismo, ancora
esistente, era fondata su EE.PP.T. e A.A.C.S.T., mentre l’amministrazione
centrale, in seguito alla soppressione del Ministero della Cultura popolare, era di
nuovo alle prese con la definizione di un vertice che in quel momento veniva
ricondotto ad un semplice “servizio” dipendente dalla Presidenza del Consiglio
dei Ministri.
In queste circostanze, si avvertì l’esigenza di un assetto amministrativo
maggiormente flessibile (si rifiutavano le iniziative di un rigido accentramento e
si tendeva ad una maggiore operatività nell’ottica del decentramento verso gli
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organi periferici) attraverso la ricerca di maggiore funzionalità conferita alle
regioni o ad ambiti identificati da una vocazione turistica distintiva ed omogenea.
Questo tentativo di reazione fu placato con l’istituzione del “Nuovo
Commissariato per il turismo con r.d.l. del 12 settembre 1947, n. 941” affiancato
dal “Consiglio Centrale del turismo”, organi di certo più attenti alle tematiche
d’interesse del settore; tuttavia, inesistenti furono le iniziative in favore
dell’assetto amministrativo periferico.
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1.2 “L’epoca della ripresa economica nel secondo dopoguerra:
“il riordinamento dell’amministrazione statale”
L’epoca fascista lasciava in eredità all’ordinamento repubblicano, fondato
sulla costituzione del 1948, la legislazione del settore turistico, questa
naturalmente soggetta a vaglio di legittimità da parte della Corte Costituzionale.
Tralasciando, giacché oggetto di approfondimento separato, l’importanza che
per la materia turistica riveste la Carta Costituzionale, ci soffermiamo sul riordino
dell’amministrazione pubblica del comparto.
Le conseguenze del secondo conflitto mondiale (danni alle infrastrutture
ricettive e alle ricchezze del Paese) resero evidente l’urgenza di una rinascita del
settore e fu in questo periodo che ci si rese conto della potenzialità turistica del
nostro Paese derivante non solo dal patrimonio paesaggistico - culturale, ma
soprattutto dalla qualità dei servizi, dall’organizzazione dell’ospitalità, dallo
sviluppo della viabilità, dalle comunicazioni, quali elementi in grado di richiamare
flussi turistici rilevanti.
Fu questa fase di transizione che la staticità delle Regioni di diritto comune
(nate solo nel 1970, ma che sarebbero dovute sorgere entro il 1949), diede vita ad
un rafforzamento, anziché un ridimensionamento dell’amministrazione centrale
dello Stato.
Si noti, infatti, come per la ripresa del turismo si ricercava un organismo in
grado di raccogliere tutte le forze del settore, capace di coordinarle e potenziarle
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nella loro multiforme attività. In tal modo, come gia detto, il generico Ministero
della Cultura popolare fu soppresso e a questo venne sostituto il nuovo
“Commissariato per il turismo”.
Fra gli interventi volti allo sviluppo dei rapporti e degli scambi turistici
internazionali vanno segnalati l’abolizione dei visti consolari sui passaporti con
decine di paesi, l’elaborazione e l’applicazione di speciali facilitazioni doganali e
l’emissione di buoni carburante a prezzo ridotto per gli automobilisti stranieri.
Tale fermento fa sì che, “il fenomeno turistico s’imponga progressivamente
nel dopoguerra come elemento non integratore ma primario della nostra
economia. Le dimensioni raggiunte sul piano economico, la mole delle esigenze
che si determinavano nel campo dell’organizzazione pubblica e privata del settore,
e le prospettive di una presenza sempre più viva del nostro Paese nell’ambito del
turismo internazionale, rendevano manifesta la necessità di dare al turismo il
posto che ormai gli spettava sotto il profilo politico ed economico”
6
.
Fu così che, in contrasto con le esigenze avvertite di decentramento e
flessibilità con cui, si cercava di impostare l’organizzazione turistica pubblica e
con forma differente da quanto prescritto dal testo costituzionale, si ritenne
opportuno governare in modo centralizzato il comparto turistico. Quest’ultimo
rischiava, infatti, di appesantire troppo la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
nel cui seno era posto il “Commissariato per il turismo”.
6
Op. cit. Paloscia p. 72
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In tal modo fu istituito, nonostante la maggior rigidità burocratica che
comportava, con la “legge 31 luglio 1959, n. 617” il Ministero del turismo e dello
spettacolo.
Il nuovo dicastero assorbì le competenze del vecchio Commissariato per il
turismo, del Ministero degli Interni per la parte di competenza in materia di
stazioni di cura, soggiorno e turismo ai sensi del “r.d.l. del 15 aprile 1926, n. 765”,
e infine, delle attribuzioni conferite allo stesso Ministero degli Interni attinenti
l’imposta di soggiorno.
La materia turistica, per dimensioni e per interessi che richiamava, assumeva
un’importanza economica imprenditoriale, sociale e culturale, che condusse ad
una scelta quasi obbligata, di organizzarsi attraverso la figura giuridica del
Ministero.
Dal neo-istituito dicastero, scaturisce un intenso lavoro sfociato nel riordino di
tutti gli Enti turistici più importanti, anche perché dalla vastità della materia e
delle attribuzioni, si rese evidente che era necessario ripartire l’azione politico-
amministrativa del Ministero per una migliore manovra complessiva.
Si giunse così, in data 21 agosto 1960 all’emanazione di quattro decreti da
parte del Presidente della Repubblica, inerenti il riordinamento:
ξ del Consiglio Centrale del turismo
ξ dell’ENIT, che pur lasciando inalterata la sigla, modificò la sua
denominazione da Ente Nazionale per le industrie turistiche in Ente
Nazionale per il turismo