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Research on the medieval city’s composition must not leave
out of consideration the Roman Catholic Church, from the
view point of its history and image to its way of interacting
with the state. Considering this, the work of Saint Gregory I
the Great emerges forcefully and places itself in the centre of
both the Church’s history and in the IV and VII centuries’
society.
Through his epistolary one can sketch the figure of a Pope that
united his spiritual and temporal worries. My aim in this work
is to demonstrate how Saint Gregory I, besides being a great
Pope, was also a perfect governmental official, donating his
precious contribution to the growth and development of the
medieval community. So, to the concern for the people’s
souls, to the attention placed in pastoral management, Saint
Gregory I adds an interest for the well-being of the city. Not
only towards the good functioning of the ecclesiastic organs,
15
as many previous Popes had done, but towards the well-being
of each single citizen.
I will try to demonstrate through all this how Saint’s epistolary
forms a precious source in trying to understand the historical
situation of the VI century. I will also demonstrate how he
showered particular interest in the southern Italian cities.
The first part of this work consists of an analysis of medieval
cities, seen according to their structure and their main
functions. I describe their difficult and tormented passage
from the Roman to the medieval world, the disorders and
confusion that followed the fall of the Roman Empire.
A profoundly different city emerges from the Roman civitas,
that, even though it saved certain points of contact with the
antique city, presents itself transformed and directed towards
the assumption of its own characteristics.
I will show how the cities pass from a unitary and
concentrated system, typical of the Roman cities, to a
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medieval decentralised system, in which the single formative
elements slowly acquire a constant development concernig the
preceding age. They come in contact and interfere with each
other, bringing, in the process of fusion, a new medieval
structure to the city. Describing the structure and the functions
of the various cities I will show how, thanks to the state’s
incapacity, the Church’s actions succeed in making its
presence felt in medieval times, how it managed to intervene
in the organisation of cities and in all the situations in which
the state demonstrated itself incapable of performing its
duties.
Saint Gregory I’s actions resulted extremely precious in
resolving the difficult situations in a time in which the
majority of the cities threatened by barbaric fury and
oppressed by the Byzantine fiscal system. Saint Gregory I’s
way of governing, the action he took in every field of the
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citizen’s life, emerge from his letters.They testify the Church’s
great force, and its powerful influence in the citizen’s life.
Afterwards, I will talk about the Church’s wealth, the means
and manners of its condition, and once again, I will insert the
Pope’s thoughts, actions and administrative capacity. Drawing
from the Church’s resources to feed and defend the people, he
made survival possible in the medieval cities.
Then I will demontrate the interest that the Pope poured into
monastic institution, trying in every way to favour, diffuse and
defend them. I will underline the conservation of the sacred
ornaments and vestments, the various buildings and elements
that all constitute the artistic and cultural wealth of the city,
and finally his contribution in modifying and enriching the
cities’ features.
In the end, analysing poverty in the VI and VII centuries’
society, I will examine those letters in which the Pope’s
worries, about the poorer people, reappear. I will show how
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the poor people’s sufferance occupied Saint Gregory the
Great’s heart and mind, and how he tried to relieve the woes
of the people, knowing that the welfare of the city depends
upon the welfare of each single citizen.
This work will try to emphasise the figure of a man who lived
more than a thousand years ago.His presence perseveres in our
culture thanks to his actuality, to his special and personal way
of interpreting the Papacy. Saint Gregory the Great, with a
vigil and attentive eye on everything that happened inside the
monasteries, churches and cities, could be defined an eclectic,
modern Pope. He stretched towards a real and personal
progress, towards the improvement of the structures in the VI
and VII centuries.
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CAPITOLO PRIMO
LA CITTÀ ALTOMEDIEVALE
1. Le città del Mediterraneo nel VI secolo e il prestigio
della Chiesa.
Quell’epoca che gli storici chiamano “Età di mezzo”, in
cui viene ad inserirsi l’opera di Gregorio Magno, è un’epoca
che risente ancora dello spossamento dovuto alle invasioni
germaniche, che trema sotto i colpi dei Longobardi e cerca a
fatica di risorgere dalle macerie di un Impero ormai decaduto
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per sempre. Ma è anche un’età in piena trasformazione, un’età
in cui gli istituti dello Stato e della Chiesa operano insieme per
dare un’assetto migliore alla società.
Anche le città pur mantenendo determinate strutture e
funzioni tipiche dell’età Imperiale sono soggette a profondi
mutamenti, consolidandosi in una forma istituzionale sempre
piu completa. Quello della continuità tra Antichità e Medioevo
relativo alle città, è un problema per cui la storiografia ha
versato, nel corso degli anni, fiumi d’inchiostro mettendo a
disposizione una gran quantità di materiale e consentendo, ai
giorni nostri, di avere un’ampia visione sulla storia ed
evoluzione del fenomeno urbano. Nell’Ottocento, dopo un
vano e illusorio tentativo di individuare un anno di
demarcazione tra un’epoca e l’altra, si è arrivato alla
conclusione che la città del medioevo derivasse direttamente
dalla città antica; più recentemente si è ammesso che essa non
dovesse nulla alla civitas. Storici come Dopsch e Pirenne
21
inoltre, hanno portato avanti tesi piuttosto insolite. Il primo,
spingendosi in modo eccessivo secondo la Ennen, ha negato
qualsiasi punto di cesura nell’evoluzione della civiltà europea
da Cesare a Carlo Magno.
1
Il secondo invece ha sostenuto la
tesi araba secondo cui a determinare la fine dell’Antichità non
furono i Germani ma quel “cataclisma cosmico” dell’Islam in
quanto distruttore della coesione interna del bacino
mediterraneo.
2
Molto vicine sembrano essere invece, le
posizioni assunte da Vercauteren e da Ennen; entrambi hanno
rifiutato le concezioni più estremiste e, pur affermando che la
città del medioevo non sia figlia della civitas, hanno voluto
vedere in quest’ultima, le basi e le premesse materiali per lo
1
A. Dopsch, Wirtschaftliche und soziale Grundlagen der europaischen
Kulturentwicklung von Casar bis auf Karl den Grossen, 3voll., Vienna 1918-20.
2
“L’ordine del mondo che era sopravissuto alle invasioni germaniche non ha
retto l’urto dell’Islam, che si è lanciato nel solco della storia con la forza di un
cataclisma cosmico...La sua spinta improvvisa ha distrutto il mondo antico.La
comunità mediterranea che lo racchiudeva è scomparsa...Il legame che univa
ancora l’impero bizantino ai regni germanici dell’Ovest è spezzato.” H. Pirenne,
Le città del Medioevo, Bari 1971. pp.19-20.
22
sviluppo di nuove città.
3
Ma al di là del legame tra le due
civiltà che gli storici hanno voluto istaurare, è indubbio che le
città del medioevo contengano in sé degli elementi nuovi tali
da farle apparire essenzialmente trasformate. Si assiste in
quest’epoca ad una alterazione della struttura urbanistica
precedente così che, alla lineare magnificenza della città
classica si sostituisce la struttura policentrica, tipica della
morfologia urbana medievale. Per difendersi dagli attacchi
dei Barbari, le città si cingono di mura e in tale occasione la
loro superficie si restringe, mantenendo un’agglomerazione
poco estesa. Si assiste in quest’epoca al fenomeno
d’involuzione urbana per cui le città si rinchiudono in sé
stesse e si riducono di dimensioni cosi che l’area da difendere
possa essere meglio guarnita. Nelle fortificazioni cittadine si
3
E. Ennen, Storia della città medievale, 1983 pp.21-40; F.Vercauteren, Le ville
en Europe du IV au XI siècle, Milano 1964, p.23 “La città moderna non deriva
direttamente dalla civitas ma quest’ultima ha fornito le basi dello sviluppo
ulteriore delle città e ha fornito pure gli strati materiali per la nascita di nuovi
agglomerati.”
23
concentra l’economia artigianale dell’epoca controllata e
diretta da autorità urbane; la popolazione ridotta a qualche
migliaio di abitanti, si compone di mercanti e artigiani, ma
anche - specie in Italia - di operai che lavorano le campagne
circostanti.
Per quel che concerne in particolare le città del
Mediterraneo, nonostante la fine della civiltà romana, esse
sembrano resistere e continuare le loro attività commerciali ed
economiche tipiche dell’Impero antico; la loro sopravvivenza
si spiega con la continuità del traffico marittimo, forse
diminuito di volume, ma non del tutto cessato. In realtà, il
Mediterraneo, da sempre centro importantissimo nello
sviluppo della civiltà urbana, non perde la sua importanza
dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, rimanendo
quello che i Romani solevano orgogliosamente chiamare
“Mare Nostrum”
24
L’unità economica che era stata creata in seno alla comunità
imperiale, non viene stroncata dai rivolgimenti degli ultimi
secoli, al contrario, tramite le relazioni di scambio che il
Mediterraneo mantiene tra Occidente ed Oriente essa si
consolida sempre più. Diehl, nel ricostruire la politica di
restauratio imperii tentata da Giustiniano mediante la
conquista dell’Africa, della Spagna e dell’Italia, ha parlato di
un ritorno del Mediterraneo a ciò che era stato nella civiltà
romana e di un suo ridursi nuovamente a “lago romano”
4
; e se
nel 568 i Longobardi si impossessano del nord-Italia, Bisanzio
riesce a conservare per lungo tempo ancora l’Africa e l’Italia
meridionale, mantenendosi fortemente nelle isole, rese più
sicure dal predominio marittimo.
4
Così Diehl sintetizza i risultati della politica mediterranea di Giustiniano: Per
virtù degli sforzi di Giustiniano, la Dalmazia, l’Italia tutta l’Africa settentrionale,
il sud-est della Spagna, le isole del bacino occidentale del Mediterraneo: Sicilia,
Sardegna, Corsica, Baleari erano entrate nell’unità imperiale, e per effetto di tali
conquiste, l’estensione dell’Impero si trovava ad essere quasi raddoppiata....di
nuovo tutto il Mediterraneo era ridotto a “Lago romano”nel quale si esercitava la
prepoderanza bizantina. C. Diehl, Justinien et la civilization byzantine au VI
siècle, Parigi 1901, vol 1, p.207.
25
Ma se questa unità economica non viene intaccata dagli
sconvolgimenti degli ultimi secoli, lo stesso non si può dire
per la struttura politica dell’Impero che, sotto l’invadente
pressione di molteplici forze, si dissolve e cade. Lo Stato,
sempre più indebolito, finisce per rifugiarsi all’ombra della
Chiesa che, accrescendo gradualmente il suo prestigio, diviene
il più forte sostegno degli ordinamenti statali e sociali. Fasoli,
nel suo studio sulle città medievali, ha messo in risalto la
profonda influenza che la religione ha esercitato sulla
formazione della comunitas medievale facendo luce su una
società che ha sentito in modo particolare la forza e il valore
del cristianesimo, basando su questo la sua esistenza ed
organizzazione in seno alle strutture urbane.
5
5
“Pur rappresentando tratti fisici e politici comuni alla città del passato la
comunitas medievale avverte notevolmente la forza e il valore del cristianesimo e
condiziona secondo le linee della morale cristiana la finalizzazione
dell’ordinamento urbano.” G. Fasoli, La città medievale italiana, Firenze 1973,
p.32.
26
E’ così, che attorno al nucleo della civiltà mediterranea,
nonostante il tramonto della sua unità politica, si polarizzano
le principali attività dell’istituzione ecclesiastica che ormai
prevale in modo assoluto tra i popoli dell’antico sistema
imperiale romano.
Sopravvivendo all’Impero, la Chiesa accentua la sua
azione per la difesa delle tradizioni comuni ai popoli
mediterranei, contribuendo in larga misura a salvaguardare
l’esistenza delle città.
Sul paesaggio urbano il Cristianesimo lascia la sua impronta
materiale:accanto a un palazzo,alle arene,agli acquedotti,alle
prigioni di ciascuna città, si trova anche una cattedrale,varie
chiese, diocesi e monasteri. E’ importante a riguardo, rilevare
come essa vada definendo la sua forza economica grazie
all’incremento del suo patrimonio immobiliare,
particolarmente vasto al sud d’Italia: la sua estesa proprietà
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terriera, comprende infatti,fondi in Sicilia, Bruzzio, Campania,
Sardegna, Africa, Dalmazia e altrove.
E’ in quest’ambito che gran parte delle lettere di Papa
Gregorio Magno, diventano testimonianze preziose del vigore
della Chiesa d’Occidente nelle regioni mediterranee, e
costituiscono un ottimo punto di partenza per un’analisi delle
città del VI secolo; analisi che risulterebbe incompleta se oltre
ai fattori economici e istituzionali, non si tenesse conto
dell’elemento ecclesiastico e religioso.
2. Strutture e funzioni delle città nelle epistole di
Gregorio Magno.
Molte città mediterranee citate nelle epistole di Papa
Gregorio Magno, sono rimaste libere dai Barbari, ma devono
condizionare la loro esistenza alle esigenze della difesa contro