inquadrare quella che è la personalità dell’azienda e la sua conseguente
identità; attraverso quest’ultima si potranno infine pianificare sia gli obiettivi
comunicazionali che si vorranno raggiungere al momento di rivolgersi verso
l’esterno, e sia il modo più opportuno e coerente attraverso il quale comunicarli.
Il risultato di questo lungo processo porterà alla creazione, da parte dei pubblici
che verranno in contatto con l’organizzazione, dell’immagine aziendale, e la
possibile creazione di una ben definita corporate brand che rispecchi in pieno i
valori che l’azienda vuole comunicare.
Durante questo lungo percorso di pianificazione è però indispensabile tener
presente la possibilità che possano presentarsi degli ostacoli: incoerenze
riguardo le percezioni che emergono nei confronti dell’impresa, sia dall’interno
che dall’esterno, le quali renderebbero le comunicazioni (interne ed esterne)
incoerenti e frammentate, oppure il mancato allineamento dei fattori strategici
quali visione del management, cultura e immagine dell’azienda, che
vanificherebbero ogni tentativo di costruzione di una buona marca aziendale.
Per poter ovviare a questi problemi, intervenendo su di essi in modo efficace e
risolutivo, potranno essere utilizzati dei metodi attraverso i quali prima si
prenderà coscienza di quali sono le cause che hanno scatenato queste difficoltà,
per poter stabilire dei piani di risanamento.
Infine porrò l’accento sul fatto che, come la cultura è uno strumento per
diffondere i valori all’interno dell’organizzazione, un ruolo analogo viene
svolto dalla pubblicità per quanto riguarda verso il fronte esterno, attraverso
l’utilizzo di un chiaro esempio riguardante l’azienda Barilla.
7
Capitolo 1
CHE COS’È LA CULTURA ORGANIZZATIVA
1.1. DEFINIZIONE DI CULTURA ORGANIZZATIVA
Definire perfettamente, o perlomeno esaurientemente, il concetto di cultura
organizzativa in un’unica frase è un arduo compito. Troppe sono le
sfaccettature, le varianti e le interpretazioni del fenomeno per poterle
riassumere esaurientemente.
Ho deciso quindi di partire da una definizione generale del termine, fornita dal
dizionario, per poi scendere nello specifico, proponendo alcune delle
interpretazioni e dei punti di vista degli studiosi in merito.
L’espressione “cultura organizzativa” consiste nell’accostamento di due
termini
1
allo scopo di creare un’idea che nessuno dei due concetti sarebbe in
grado di esprimere singolarmente, senza l’ausilio dell’altro.
Il vocabolo cultura è definito come:
“complesso di cognizioni, tradizioni, procedimenti tecnici, tipi di comportamento e
simili, caratteristico di un dato gruppo sociale, o di un popolo, o di un gruppo di popoli,
o dell’intera umanità”
2
.
1
Mi riferisco alla giustapposizione, intesa come “composizione di parole fondata sul semplice
allineamento, senza che si stabilisca un rapporto di subordinazione dell’una all’altra o di
entrambe a un’unità sintattica sottintesa” (in Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli Il dizionario della
lingua italiana, Firenze, Le Monnier S.p.A., Firenze, 1990).
2
in Nicola Zingarelli Lo Zingarelli 1995. Vocabolario della lingua italiana, Milano, Zanichelli editore
S.p.A., Bologna, 1994.
8
Mentre il termine organizzativa (qui ci si riferisce al termine organizzazione
riferito all’ambito aziendale) è invece descritto come:
“impostazione dell’attività aziendale e relativo assetto organizzativo, sulla base
di alcuni principi fondamentali e di un complesso di norme, procedure e modalità
specifiche”
3
.
Da queste definizioni emerge subito la natura e la sostanza di cui stiamo
parlando, il modo in cui si genera, attraverso cognizioni che danno
procedimenti e comportamenti, e come questi vengono organizzati seguendo
principi, norme e procedure specifiche in ogni singolo caso.
Da queste premesse si sono sviluppate quindi varie interpretazioni più
specifiche, date da diversi autori e studiosi del settore, ognuno dei quali tenta di
dare una propria definizione di cultura organizzativa.
Ho preso in considerazione quella di Alvesson e Berg, i quali sostengono che:
“La cultura organizzativa è fatta di simbologie, credenze e modelli di azione appresi,
prodotti e ricreati dalla gente che dedica energia e lavoro alla vita dell’organizzazione. È
espressa nella progettazione dell’organizzazione e delle attività lavorative” (Alvesson e
Berg 1992, p. XI).
Bellotto e Trentini la descrivono invece dicendo:
“Intendiamo le culture organizzative come degli specifici ‘modelli di comportamento’,
improntati da specifici modi di essere e relazionarsi con gli altri (capi, colleghi, subordinati,
esterni, ecc.). […] le culture organizzative si riferiscono alla tipizzazione dei processi di
comunicazione tra le persone che lavorano, alle modalità di funzionamento effettivo
dell’organizzazione, agli stili di gestione, al ‘clima’” (Bellotto e Trentini 1988, p. 64).
3
Ibidem.
9
Infine, uno dei maggiori esponenti di questo concetto, Schein la descrive come:
“L’insieme di assunti di base inventati, scoperti e sviluppati da un gruppo determinato
quando impara ad affrontare i propri problemi di adattamento con il mondo esterno e di
integrazione al suo interno, che si è rivelato così funzionale da essere considerato valido e,
quindi, da essere indicato a quanti entrano nell’organizzazione come il modo corretto di
percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi” (Schein 1988, p. 35).
La cultura in un’organizzazione è quindi una sorta di ossatura, un qualcosa che
sta alla base di qualsiasi decisione o scelta organizzativa, fungendo quindi da
spiegazione a qualsiasi azione intrapresa. È però anche molto di più di una
semplice spiegazione, perché riguarda il livello più profondo dell’agire individuale
o di gruppo, e rappresenta un filo conduttore che rende evidenti fenomeni che
ad una prima analisi possono sembrare irrazionali o ingiustificabili.
10
1.2. ORIGINE DELLA CULTURA E RUOLO DELLA LEADERSHIP
Come sostiene Schein: “la cultura viene creata in prima istanza dall’operato del
leader e dai leader viene trasmessa e rafforzata” (Schein 1988, p. 301).
Le organizzazioni non nascono casualmente, e il processo di creazione di una
cultura è in prima istanza un processo che implica la formazione di un piccolo
gruppo e quando questo gruppo affronta contemporaneamente il medesimo
problema, dovendone elaborare al tempo stesso una soluzione, ci si trova nel
contesto base per la formazione della sua cultura. Come la definisce Pettigrew
“la cultura è appunto il sistema di significati pubblicamente e collettivamente
accettati, operante per un gruppo determinato in un momento determinato”
(Pettigrew 1979, tr. it. Gagliardi 1995, p. 58).
I fondatori generalmente esercitano una notevole influenza nella formazione
del gruppo e sia nel momento di affrontare i problemi di adattamento esterno e
di integrazione interna, sia nel momento della creazione di soluzioni, la loro
concezione sul ruolo dell’organizzazione, la loro storia culturale e la loro
personalità, avranno sicuramente un ruolo che condizionerà i risultati.
“I fondatori non solo hanno una grande fiducia in loro stessi e una grande
determinazione, ma hanno anche, solitamente, degli assunti forti sulla natura del
mondo, sul ruolo che le organizzazioni svolgono al suo interno, sulla natura della
natura umana e dei rapporti umani, sul modo in cui si perviene alla realtà e sul modo di
gestire il tempo e lo spazio” (Schein 1988, p. 208).
Gli imprenditori possono quindi essere considerati non solo esclusivamente
come creatori degli aspetti più tangibili e razionali dell’impresa (strutture,
tecnologie…), ma anche come gli artefici di simboli, ideologie, linguaggi,
convinzioni, miti e rituali, ossia aspetti totalmente immateriali, ma che sono alla
base delle componenti culturali ed espressive della vita organizzativa.
11
Non si tratta però in questo caso di uniformare rigidamente gli atteggiamenti e
il comportamento dei dipendenti verso un’unica possibile via, controllandone
idee e valori e costruendo così un’organizzazione totalizzante. Lo scopo è
invece quello di fornire criteri generali per l’azione, facendo ben comprendere e
interiorizzare quello che è il fine ultimo dell’impresa, trasmettendo le modalità
più idonee e in sintonia attraverso le quali verrà raggiunto, e fornendo così a
tutti la visione complessiva della realtà aziendale.
Solo il coinvolgimento di tutti i membri dell’organizzazione, e il loro
conseguente impegno, potrà portare al successo dell’organizzazione; ma esso,
non essendo spontaneo, dovrà essere conquistato da manager e imprenditori.
Il management sostituirà così alle rigide e singole disposizioni, criteri di
orientamento e linee-guida di comportamento, e ciò comporterà, da parte dei
leader, il possedimento di una forte capacità comunicativa.
Il leader è, infatti, una persona il cui compito è quello di “educare” alla cultura,
stabilendo la missione dell’organizzazione e il suo scopo e creando un
organismo capace di adempiere a tale missione, tramite la trasmissione di valori
e metodologie più opportuni.
Il suo ruolo riguarda sia la formazione che il cambiamento della cultura. Gagliardi
(1986) individua tre tipi di cambiamento, in ognuno dei quali il leader ha ruoli
differenti:
- CAMBIAMENTO CULTURALE APPARENTE: in questo caso il
cambiamento è superficiale perché richiede solo di mettere in atto
comportamenti compatibili col sistema di valori diffuso. Il leader guida il
processo indirizzando le energie verso i nuovi comportamenti.
- CAMBIAMENTO INCREMENTALE DELLA CULTURA: si ha quando si
necessita di valori nuovi, ma non antagonisti rispetto a quelli finora
utilizzati. Si tratta di allargare il ventaglio delle possibilità di azione. Il
leader in questo caso deve creare le condizioni per un’esperienza di
12
successo per confermare in nuovi valori proposti, e in seguito
reinterpretare la storia passata per far sì che non sia in contraddizione col
presente.
- RIVOLUZIONE CULTURALE: avviene quando i nuovi valori da
diffondere sono antagonisti rispetto a quelli del passato, attualmente in
uso. Occorre quindi un cambiamento radicale. In questo caso è meglio
affidare il processo ad un leader poco coinvolto nella situazione attuale
da cambiare, appartenente quindi ad una sottocultura finora non
prevalente o proveniente dall’esterno.
Dato quindi il ruolo svolto dal leader, si può affermare che:
“La leadership e la cultura aziendale, se esaminate attentamente, sono le due facce di
una stessa medaglia” (Schein 1988, p. 29).
13
1.3. RUOLO DELLA CULTURA ORGANIZZATIVA RISPETTO
ALL’IMPRESA
Le organizzazioni delegano alla cultura compiti molto importanti, che
riguardano sia il modo di far fronte all’ambiente esterno a all’integrazione e alla
coesione interna, e sia il loro sviluppo in termini evolutivi.
1.3.1. REAZIONE AL SISTEMA ESTERNO E INTEGRAZIONE INTERNA
Per quanto riguarda il “sistema esterno”, i membri dell’organizzazione lo
affrontano nel momento in cui adottano le soluzioni valutate in precedenza
vincenti, e quindi facenti parte integrante della propria cultura. A sua volta
l’ambiente esterno limita la scelta delle soluzioni, facendo così nascere un
compromesso e condizionando in parte le decisioni prese dai membri.
L’integrazione interna rappresenta invece il modo in cui i membri del gruppo e i
loro leader organizzano le reti di relazione per garantirsi delle prestazioni
efficienti, stabili e il più possibile continue; ciò avviene attraverso un buon
sistema di comunicazione interna e un linguaggio condiviso e comuni categorie
concettuali che permettano ai membri di comprendersi tra loro, evitando
equivoci e incomprensioni.
Affidandosi alla cultura, quindi, le organizzazioni hanno la possibilità di
affrontare due problematiche interconnesse (integrazione interna e adattamento
esterno), che risultano essere cruciali per la loro sopravvivenza.
La vera peculiarità, però, sta nel modo di affrontarle. Un eccesso di situazioni
critiche e problematiche cui far fronte porterebbero certamente ad uno stress sul
piano cognitivo, non riuscendo a distinguere dalla massa degli stimoli quelli
più o meno importanti; e in questo caso la cultura svolge proprio il compito di
“filtro”, permettendo di concentrare l’attenzione solo su quelle percezioni che
14
riguardano lo specifico ambiente, offrendo stabilità e permettendo agli
individui di “rilassarsi”.
La riduzione dell’incertezza, la soddisfazione del bisogno di coerenza dei
membri, la stimolazione del senso di appartenenza e la solidità di obiettivi
comuni attribuiscono alla cultura un valore strumentale; in questo modo la
cultura può essere intesa come un processo di controllo informale attuato tramite
l’apprendimento organizzativo di elaborazioni che, pur essendo collegate ad un
determinato momento temporale e ambientale, assumono una propria
autonomia e connotazione (Gabassi 1995). Questo processo promuove così
quelle risposte che permettono di raggiungere determinati obiettivi, facendole
diventare assunti culturali, che verranno poi trasmessi ai nuovi membri
dell’organizzazione, favorendo così la riduzione di situazioni ansiogene e
dannose per il buon funzionamento dell’organizzazione.
1.3.2. SVILUPPO ED EVOLUZIONE IN TERMINI DI CAMBIAMENTO
Oltre a questo ruolo stabilizzatore e regolatore appena citato, la cultura ha
anche una funzione evoluzionistica, in quanto forza trainante dello sviluppo,
facendo risalire il concetto di cultura al significato originale della parola (dal
verbo latino colere, “coltivare”). Viene così posto l’accento sul potenziale
evolutivo che sta nella cultura, vale a dire il ruolo da essa svolto nel tempo, la
sua dimensione diacronica.
Le organizzazioni si distinguono fra loro, infatti, poiché assumono proprie
fisionomie culturali che non rimangono immutate nel tempo.
15