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una forte pressione in termini di promesse di maggior qualità e varietà dei
programmi, miglior uso delle risorse disponibili, bidirezionalità della
comunicazione, aumento della concorrenza e maggiore pluralismo
informativo. Tale pressione è inesorabile e porterà nel giro di qualche anno
alla scomparsa del vecchio modo di concepire il broadcasting e alla
completa rifondazione delle tecnologie, dei processi, delle forme
organizzative, delle competenze e della cultura che ha sorretto sino ad oggi
il settore televisivo. Consapevoli della necessità del cambiamento, i player
dell’analogico stanno cercando il proprio sbocco nel digitale. La
focalizzazione tecnologica del legislatore ha fatto sì che tale sbocco
venisse incanalato principalmente verso il digitale terrestre, diventato così
piattaforma di elezione per l’abbandono della vecchia tecnologia.
- Il secondo livello di scontro/interazione avviene tra diverse piattaforme
tecnologiche che competono per aumentare la propria base di utenti e la
relativa redditività e accrescere i costi di passaggio alle piattaforme
alternative. Le principali piattaforme oggi presenti in Italia sono il satellite,
il digitale terrestre e l’IP-TV, oltre ovviamente, il broadcasting analogico,
unica piattaforma espressione del vecchio modo di codifica del segnale.
- Al terzo livello si trova la competizione tra imprese o coalizioni di imprese
o filiere del valore. A questo livello si crea un nuovo sistema di
piattaforme, costruito non già sull’omogeneità della tecnologia, ma
sull’integrazione delle supply chain, dei processi di acquisto diritti,
produzione, gestione palinsesti e distribuzione del segnale, che nella nuova
filiera televisiva sono spesso gestiti da operatori differenti, portando alla
generazione di nuove coalizioni, alleanze e forme d’integrazione.
A complicare l’equilibrio delle dinamiche e degli attriti, al di fuori di
questo già complesso sistema, un nutrito numero di attori cerca il modo per
inserirsi e sfruttare le opportunità di integrazione e comunicazione bidirezionale
offerte dalle nuove tecnologie. Sono gli ospedali, le banche, gli enti locali e le
comunità geografiche, i fornitori di contenuto e di conoscenza, le società di
6
informatica e di telefonia, dell’elettronica di consumo, i gruppi editoriali, società
media e new media.
I tradizionali broadcaster analogici, Mediaset e Rai, che hanno sempre
agito in regime di duopolio, si trovano ad affrontare una nuova e crescente
competitività, a livello di operatori e di servizi.
Gli operatori telefonici, con lo sviluppo della IP-TV, non si sono lasciati
sfuggire l’occasione di entrare nel mercato televisivo, garantendosi l’opportunità
di offrire agli utenti un servizio completo in modalità Triple Play (telefono,
internet e televisione) e realizzando la convergenza del mercato delle
telecomunicazioni.
I player, sia televisivi sia TLC, non possono disinteressarsi a questa
convergenza permessa dalle nuove tecnologie, senza la quale è improbabile per
loro una sopravvivenza nel futuro. Ciò, d’altra parte, li pone davanti ad importanti
scelte strategiche. Per l’IP-TV, un broadcaster non è in possesso dei mezzi
trasmissivi, e chi possiede la rete e la capacità di gestirla non ha il know-how
necessario per la creazione/aggregazione dei contenuti.
Il problema diventa capire se convenga investire per acquisire asset e
competenze sui mercati affini delle telecomunicazioni, oppure percorrere la strada
di importanti alleanze con i nuovi competitor.
Lo scopo della presente tesi è quello di studiare i punti di sinergia e
competitività tra le nuove piattaforme della televisione digitale ed analizzare i
possibili scenari evoluti della IP-TV rispetto al canale digitale terrestre, che in
Italia sta avendo una larga diffusione.
Il lavoro inizia con una panoramica sullo sviluppo della televisione digitale
in Europa e, più in particolare, nel contesto italiano.
Le due piattaforme digitale terrestre e IP-TV, rispettivamente nei capitoli 2
e 3, vengono analizzate dal punto di vista architetturale, con lo scopo di
individuare le funzionalità e i servizi potenziali. Questi vengono confrontati con i
servizi attualmente realizzati, delineando lo stato dell’arte per le due piattaforme
in Italia.
7
Si passa, nel capitolo 4, all’analisi della catena del valore del mondo
televisivo: la rivoluzione digitale comporta una sua profonda ristrutturazione e
potenziale frammentazione. A fronte dell’operatore verticalmente integrato che
caratterizzava il settore televisivo analogico, la televisione digitale si distingue per
la presenza di figure imprenditoriali diversificate: l’editore di programmi o
fornitore di contenuti; l’operatore di rete per la trasmissione e distribuzione del
segnale televisivo e il fornitore di servizi.
L’analisi comparativa tra il digitale terrestre e l’IP-TV continua con
l’individuazione dei target di utenti per le due piattaforme e con l’analisi dei trend
di diffusione. Sulla base di quest’ultimo aspetto e analizzando i ricavi che i due
canali possono generare, viene effettuato un posizionamento sul mercato
televisivo (capitolo 5).
L’Italia, per quanto riguarda il digitale terrestre, è uno dei paesi più
all’avanguardia e ha fissato un ambizioso obiettivo per il completamento del
passaggio dalle trasmissioni analogiche a quelle digitali (Dicembre 2008). Nel
capitolo 6 vengono analizzate le principali azioni intraprese a riguardo e,
malgrado la forte spinta legislativa a favore del digitale terrestre, le numerose
iniziative per lo sviluppo della piattaforma IP-TV. Analizzando i principali paesi
europei, la situazione italiana viene confrontata con le azioni intraprese dai
broadcaster stranieri nel passaggio alla televisione digitale.
Il capitolo 7 passa al caso specifico dell’azienda Mediaset. Attraverso una
analisi SWOT su entrambe le piattaforme e l’individuazione dei principali fattori
di sinergia e competitività, vengono formulate quattro strategie per l’ingresso di
Mediaset nel mercato della IP-TV.
Le quattro strategie, descritte ed analizzate, vengono valutate attraverso il
metodo “Analytic Hierarchy Process”, con l’individuazione dei seguenti criteri:
controllo del business, tipologia dell’offerta televisiva, ampiezza del mercato
raggiunto, livello e rischio dell’investimento e il know-how necessario nella
gestione delle attività.
Tale metodo è adatto nelle situazioni in cui si presenta difficoltosa
l’attribuzione di valutazioni e pesi ai fattori decisionali ed inoltre consente di tener
conto sia degli aspetti tangibili sia di quelli intangibili.
8
Il lavoro svolto nasce da un progetto di consulenza realizzato tra Maggio
2005 e Novembre 2005, presso la CONSEL di Roma, nell’ambito del programma
Junior Consulting, programma formativo attraverso il quale laureandi universitari
possono sviluppare la loro tesi realizzando un reale progetto aziendale
commissionato dalla società madrina (nel caso specifico MEDIASET). Lo scopo
del progetto è stato proprio quello di analizzare i possibili scenari evoluti della IP-
TV, in termini di competitività e sinergia rispetto al digitale terrestre, canale in cui
l’azienda Mediaset è tra i best cases a livello mondiale.
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1. La televisione digitale
Le tecnologie di televisione digitale sono state introdotte per avere nel
sistema televisivo i vantaggi tipici del trattamento e della trasmissione digitale dei
segnali. Con il procedere dello sviluppo, della sperimentazione e della
standardizzazione di tali tecnologie, i vantaggi più importanti che sono emersi si
possono sintetizzare nei seguenti punti:
- un più efficiente utilizzo dei mezzi trasmissivi (spettro a radiofrequenza, cavo,
fibra), che porta ad esempio a poter moltiplicare il numero di canali televisivi
disponibili rispetto alla soluzione analogica, a parità di spettro di frequenza
utilizzato;
- una gestione più flessibile dei programmi televisivi da parte dei centri di
produzione e di diffusione, con sofisticate modalità di distribuzione e
tariffazione dei programmi;
- una fruizione più flessibile dei programmi Tv da parte degli utenti finali (per
esempio Tv on-Demand, Tv Interattiva, Tv Multimediale);
- possibilità d’integrazione con la telefonia e con Internet ed evoluzione verso
la convergenza delle reti e dei servizi.
Le soluzioni tecnologiche e normative adottate nei sistemi di televisione
digitale aprono quindi un incredibile ventaglio di conseguenze sul piano della
catena del valore, delle potenzialità di mercato e della convergenza con le reti a
larga banda e con Internet.
L’aspetto di preminente interesse della catena del valore della televisione
digitale è quello che contraddistingue da un lato i cosiddetti Service e Content
Provider, con responsabilità di produzione di programmi televisivi e/o dei servizi
multimediali e interattivi, dall’altro i Network Provider, con responsabilità di
gestione di canali per il trasporto e la diffusione dei segnali.
Per quanto riguarda le potenzialità del mercato, senza dubbio la
televisione digitale andrà a modificare sia le abitudini degli utenti che quelle delle
aziende. Queste ultime saranno sempre più numerose e offriranno un maggiore
numero di canali, in seguito alla riduzione dei costi per singolo programma da
10
diffondere. Le aziende adotteranno una nuova logica su cui basare l’ideazione
delle proprie pubblicità, che non si rivolgeranno più ad un target generalista ed
indistinto, ma ad un utente sempre più specifico ed esigente.
Il termine convergenza sfugge ad una definizione precisa. Si può
riassumere affermando che esistono principalmente due caratterizzazioni distinte
del concetto di convergenza:
- la capacità, da parte di piattaforme di rete diverse, di gestire servizi di simile
tipologia;
- l’unificazione di apparecchiature di largo consumo (per esempio telefono,
televisione e computer).
La prima interpretazione è quella oggi prevalente. Gli operatori di
telecomunicazione cominciano a distribuire, anche se solo su base sperimentale,
programmi audiovisivi attraverso le loro reti, ponendosi come leader nella
fornitura di accesso a internet e alle infrastrutture dorsali. Dal canto loro, le
emittenti offrono già da qualche anno servizi di dati sulle loro reti e li
miglioreranno nel corso dei prossimi anni, grazie proprio all’emissione digitale
dei programmi radiotelevisivi e all’offerta di prestazioni interattive.
Affrontando il tema della televisione digitale e interattiva, è importante
sottolineare la differenza tra Enhanced Tv e Interactive Tv: la prima definisce una
tipologia di televisione nella quale è possibile scegliere tra più tipi di contenuti,
ma la cui architettura tecnica non prevede un canale di “ritorno”, ovvero una vera
e propria comunicazione bi-direzionale tra il pubblico e l’emittente, al contrario di
quanto accade effettivamente nei modelli di Interactive Tv. Molti esempi di
sperimentazioni e servizi appartengono in realtà alla prima categoria, anche se
spesso vengono presentati come applicazioni di televisione interattiva.
Si vuole ora ripercorrere la storia della televisione digitale.
All’inizio degli anni ‘90, al fine di promuovere l’adozione della tecnologia
digitale, si costituiva in Europa il gruppo di lavoro DVB - Digital Video
Broadcast Group. Tale gruppo, formato da un consorzio di aziende ed operatori
del mondo televisivo, aveva l’obiettivo di definire gli standard per le reti di
diffusione in tecnica digitale per i vari mezzi (satellite, cavo e terrestre), attraverso
requisiti tecnici guidati da considerazioni legate alla commercializzazione
11
(market-driven), piuttosto che da scelte puramente tecniche. Le caratteristiche
principali del progetto DVB sono lo sviluppo e la creazione di un insieme di
standard aperti, relativi alla trasmissione della televisione digitale, che copra un
vasto insieme di mezzi trasmissivi, favorendo nel contempo l’interoperabilità, la
multimedialità e l’interattività.
Il primo mezzo sul quale si è compiuto il passaggio dalle tecniche di
diffusione tradizionali analogiche a quelle digitali è stato, a partire da metà anni
‘90, il satellite, con l’adozione dello standard Digital Video Broadcasting -
Satellite (DVB-S).
La televisione via satellite “DTH” (Direct To Home), rivolta alla ricezione
domestica, si era già sviluppata in Europa nel decennio precedente sfruttando la
tecnologia analogica. In Inghilterra l’operatore BSkyB aveva lanciato un bouquet
di canali a pagamento sui satelliti Astra, mentre in Germania lo sviluppo della
televisione via satellite era coinciso con la crescita dei canali commerciali che, per
una scelta del legislatore tedesco, dovevano essere trasmessi su reti alternative a
quelle terrestri.
Con il passaggio alla tecnologia digitale si assiste allo sviluppo di
piattaforme via satellite a pagamento nel resto dei paesi europei e negli Stati Uniti.
In Francia, Spagna, Italia a metà degli anni ’90 si assiste per la prima volta
alla diffusione della televisione multicanale attraverso il lancio di bouquet digitali
via satellite a pagamento, mentre negli Stati Uniti la televisione via satellite,
grazie alla moltiplicazione dei canali resa possibile dalla digitalizzazione, diventa
un’alternativa concreta alla televisione multicanale via cavo, fino a quel momento
dominante nel paese.
La digitalizzazione della televisione via satellite ed i successi commerciali
delle prime piattaforme spingono anche gli operatori via cavo statunitensi ad
adeguarsi alla nuova tecnologia digitale, al fine di moltiplicare la propria capacità
trasmissiva e mettersi in condizione di offrire servizi innovativi.
In Europa, a partire da metà anni ‘90, l’adozione dello standard Digital
Video Broadcasting – Cable (DVB-C) sul cavo ha permesso di apportare su tale
mezzo di trasmissione tutti i vantaggi delle tecniche digitali rispetto alle
tradizionali trasmissioni analogiche. In Italia, il processo di conversione al digitale
12
con standard DVB-C è risultato ridotto a causa della scarsa penetrazione di reti
analogiche su cavo coassiale. Tuttavia, negli ultimi anni, l’introduzione delle fibre
ottiche sta permettendo la diffusione di programmi televisivi su mezzo cablato
con tecnologie Internet Protocol (nasce l’IP-TV) e, quindi, con standard differente
da quello DVB-C.
In tale caso, l’obiettivo è quello di offrire servizi televisivi con qualità
vicina a quella offerta dalle reti diffusive tradizionali, integrati con i tipici servizi
multimediali disponibili con internet. Il problema tecnologico è quello di riuscire
ad offrire, tramite la rete internet, una qualità paragonabile a quella ottenuta
tramite i mezzi di diffusione convenzionali.
Dieci anni fa, parallelamente all’ingresso della televisione digitale nel
mercato di massa, la rete internet si sviluppava in tutto il mondo e nasceva lo
standard aperto per convogliare su di essa contenuti multimediali.
Mano a mano che questi mondi paralleli si sviluppavano, la televisione ed
Internet si incontravano attraverso l’impiego della rete terrestre per la
trasmissione di contenuti di tipo multimediale.
Nasce così lo standard per il digitale terrestre: Digital Video Broadcasting
– Terrestrial (DVB-T). La definizione della specifica DVB-T risale al novembre
1995, con approvazione come standard ETSI, lo European Telecommunications
Standards Institute, nel febbraio 1997. Un contributo decisivo alla definizione
delle specifiche DVB-T è stato dato dall’attività condotta dai maggiori
radiodiffusori in ambito al progetto europeo RACE dTTb ed a progetti nazionali
(HD-DIVINE e HDTV-T), che hanno successivamente adeguato i rispettivi piani
di ricerca e sviluppo per soddisfare i requisiti di servizio.
La televisione digitale terrestre, stante la diffusione universale e la
pervasività del mezzo televisivo, può rappresentare un fattore decisivo nel
processo di alfabetizzazione informatica, specialmente nell’ambito dei nuclei
familiari più distanti dall’uso del computer. Lo sviluppo di servizi interattivi
diffusi attraverso la televisione consentirebbe, infatti, di estendere i vantaggi della
società dell’informazione anche a contesti sociali tecnologicamente meno
sviluppati (si pensi a tutte quelle fasce che non utilizzano il computer e l’accesso
13
ad internet), fornendo così alle imprese ed ai servizi pubblici accesso ad una vasta
platea di fruitori di servizi basati sull’interattività.
La diffusione analogica televisiva terrestre assicura da tempo in Europa
una copertura capillare del territorio, essendo disponibile nella quasi totalità (oltre
il 95%) delle abitazioni tramite antenne poco costose e semplici da installare.
Il passo successivo alla definizione dello standard DVB-T, è quello, tuttora
in atto, dello sviluppo di uno standard per la fornitura di servizi in modalità
broadcast agli apparati cellulari.
Per rispondere a tale interessamento, il DVB Group ha definito un nuovo
standard trasmissivo, l’ultimo in ordine temporale fra quelli del DVB: il Digital
Video Broadcasting – Handheld (DVB-H). Il lavoro sulle specifiche tecniche è
cominciato nell’autunno del 2002 ed è stato ultimato nel febbraio del 2004; la
pubblicazione definitiva da parte dell’European Telecommunications Standards
Institute (ETSI) è avvenuta poi nel novembre del 2004.
Lo standard DVB-H è basato su quello DVB-T ed è perfettamente
compatibile a quest’ultimo, ma tiene conto delle specifiche caratteristiche dei
terminali mobili, che di norma sono piccoli, leggeri e alimentati con una batteria.
Il DVB-H, inoltre, garantisce la possibilità di un considerevole sviluppo della
comunicazione mobile, creando un ponte di collegamento tra i classici sistemi di
broadcasting e la rete cellulare.
In Italia sono circa 21,8 milioni le abitazioni dotate di apparecchio
televisivo, pari al 96.4% del totale delle abitazioni. Le abitazioni dotate di
televisione digitale (digitale terrestre, via satellite e via cavo) sono più di sette
milioni.
La televisione digitale terrestre presentava a giugno 2005 circa 2.300.000
utenti, stimati in base ai decoder venduti.
La televisione digitale via satellite a giugno 2005 aveva raggiunto circa 5
milioni di abitazioni, le quali erano in grado di ricevere la televisione digitale
direttamente da satellite, grazie all’installazione di una parabola; di questi
3.300.000 sono gli abbonati alla piattaforma pay di Sky.
14
La televisione digitale via cavo, a giugno 2005, con gli abbonati ai servizi
video Fastweb (unico operatore a fornire il servizio di IP-TV, in quanto l’entrata
di Telecom nel mercato è avvenuta soltanto dopo l’estate) aveva circa 150.000
utenti. Di questi, il 60% circa riceve la televisione tramite connessione ADSL e il
40% tramite fibra ottica.
46,3% su tv digitale; 16,4% su tot3.450.000Totale Pay-Tv
35,4%7.450.000Totale Tv digitale
0,7%150.000IP-TV (Fastweb)
66% su Sat; 15,7% su tot3.300.000
(Satellite Pay - Sky)
23,78%5.000.000Satellite
10,94%2.300.000DTT
96,04%21.025.492
Totale abitazioni con Tv
100%21.810.676
Totale abitazioni
% su totale abitazioniUnità
Tabella 1: diffusione della tv digitale in Italia. Fonte: Ministero delle Comunicazioni.
Giugno 2005.
DTT Satellite IP-TV
Figura 1: distribuzione del mercato dei contenuti televisivi digitali. Fonte:
elaborazione dati, Ministero delle Comunicaizoni. Giugno 2005.
15
2. La piattaforma digitale terrestre
Nello sviluppo del canale trasmissivo digitale terrestre l’Italia è il paese
europeo più promettente, soprattutto per la prevalenza delle reti terrestri. Il
passaggio dalla trasmissione con tecnica analogica a quella con tecnica digitale
per la trasmissione terrestre già dal 2000 ha subito una forte accelerazione, con la
pubblicazione, da parte dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, del
“Libro Bianco sulla televisione digitale terrestre”
1
. Inoltre nel Marzo 2001 il
Parlamento ha concepito la legge 66
2
che, tenendo conto del Libro Bianco, ha
dato definitivamente il via all’operazione di conversione. Questa conversione in
un primo momento doveva essere completata entro Dicembre 2006, ma
recentemente la data dello switch-off delle trasmissioni analogiche è stata
posticipata al 31 Dicembre 2008. Ciò significa che dopo il 2008 nessun operatore
potrà più trasmettere in tecnica analogica. Nessun altro paese europeo ha adottato
una decisione talmente restrittiva; nei casi infatti sia già stata varata una
normativa, le trasmissioni digitali terrestri sono riservate a degli operatori
specifici e sono previste in aggiunta al sistema analogico e non come sua
immediata sostituzione; oppure, nel caso siano state adottate decisioni definitive
sulla data di spegnimento delle trasmissioni analogiche, questa è stata fissata più
avanti del 2008 “italiano”. E’ il caso del Regno Unito e della Spagna che hanno
fissato la data di switch-off al 2010.
Ma che cosa è esattamente la televisione digitale terrestre?
La televisione digitale in questo caso è definita terrestre in quanto il
segnale televisivo, anche se digitale, viaggia dal ripetitore all’antenna del
ricevente, quella classica che si trova sui tetti delle nostre case, e non più dal
satellite all’antenna parabolica o con l’ausilio di cavi in fibra ottica come per la
trasmissione via cavo. Le immagini che ci saranno trasmesse saranno
tranquillamente visibili sul televisore che possediamo in casa, ma sarà necessario
1
Presentato a Roma dal Presidente dell’Authority Enzo Cheli e dai commissari dell’ente di
garanzia il 10 Novembre 2000.
2
Vedi Appendice legislativa.
16
dotarsi di un decoder, set top box, che trasforma il segnale digitale ricevuto in
analogico.
Dopo questa breve introduzione alla televisione digitale terrestre, il
capitolo prosegue con un accurato studio dell’architettura del canale. In seguito
vengono analizzate le tipologie di servizi e contenuti erogabili, con particolare
attenzione al mondo del t-commerce e della pubblicità, con sottolineatura degli
elementi innovativi ed evolutivi dovuti all’introduzione dell’interattività.
2.1. L’architettura del canale e le sue funzionalità
La prima fase tecnica della trasmissione è rappresentata dal passaggio in
digitale, ossia la trasformazione del segnale analogico in segnale digitale (in una
sequenza di numeri 0 e 1). La rappresentazione numerica di immagini, audio e
video, produce documenti numerici di dimensioni crescenti in scala esponenziale
per ciascun tipo di media. Si tratta allora di effettuare, oltre ad una conversione,
una compressione del segnale, argomentando insieme le due fasi poiché non
esiste una vera e propria distinzione tra queste. Nel digitale terrestre si utilizza per
la compressione lo standard MPEG-2, dal nome del gruppo di esperti che lo ha
messo a punto (Moving Picture Experts Group). Il segnale viene compresso con
un conseguente risparmio di “spazio” e con un utilizzo più efficace dell’ampiezza
di banda: su un tipico transponder di 33 Mhz dove oggi è possibile trasmettere un
solo canale analogico, può essere ospitato un carico digitale di 55 Mbit/s, pari a
circa 10 canali digitali.
Lo standard MPEG-2 definisce inoltre il modello di multiplex per
programmi televisivi e dati, nonché il relativo formato di trasporto dei dati
numerici, il cosiddetto transport stream, universalmente adottato per un’ampia
gamma di frequenze di cifra e di mezzi trasmissivi. Il transport stream è anche
chiamato, nella legislazione nazionale, “blocco di programmi” o semplicemente
“blocco”.
Nelle trasmissioni diffusive quindi, i programmi non sono trasmessi
singolarmente, ma fisicamente affasciati su multiplex. Tutto ciò consente di
17
ottimizzare, con i nuovi metodi di modulazione dei segnali digitali, le capacità
trasmissive dei mezzi fisici.
Un canale precedentemente dedicato ad una trasmissione analogica, infatti,
veicola un intero multiplex. I dati affasciabili nel multiplex possono essere di
qualsiasi natura, dalle informazioni di controllo del sistema, ai servizi
multimediali associati ai programmi televisivi, fino a servizi multimediali
autonomi, ai quali può essere dedicata anche l’intera la capacità del multiplex, che
diviene così un mezzo di trasporto per servizi non televisivi. Oltre all’associazione
fisica dei programmi nel transport stream del multiplex, è spesso citata
un’associazione logica tra programmi detta “bouquet”. I confini di un bouquet
possono comprendere anche più transport stream su multiplex diversi, oppure
anche solo una parte dei programmi di un multiplex.
Figura 2: esempio di multiplazione di un singolo transport stream.
Dopo la fase di multiplazione, abbiamo l’adattatore di canale, cuore del
sistema DVB-T, progettato specificatamente per fornire la massima comunanza
con i sistemi via satellite e cavo e garantire le migliori prestazioni nella diffusione
del segnale sui canali televisivi terrestri. Esso include la codifica del segnale e la
modulazione digitale per la correzione degli errori di trasmissione.
Il processo di codifica del segnale segue le seguenti fasi:
18
- l’adattamento a Mux e la dispersione di energia del segnale: utilizzati per
uniformare la distribuzione spettrale all’interno del canale a radio frequenza
(RF);
- la protezione dagli errori: attraverso la concatenazione di un codice esterno
con un codice interno a tasso di codifica variabile mediante processo di
interlacciamento. Il codice esterno, il Reed-Solomon, e i codici interni,
convoluzionali punturati, permettono una buona rilevazione e correzione degli
errori in ricezione. Questo risulta efficace in quanto il canale terrestre è
caratterizzato da propagazione multi-cammino, dovuta alle riflessioni, che può
degradare pesantemente il segnale trasmesso.
Figura 3: propagazione multi-cammino nel canale terrestre.
Per il processo di modulazione, invece, abbiamo:
- la tecnica di modulazione OFDM (modulazione numerica COFDM
multiportante), attuata per mezzo di una I-FFT (Inverse Fast Fourier
Trasform). Parallelamente si ha una capacità totale utile di un canale RF di 8
MHz, la quale varia da un minimo di 6Mbit/s ad un massimo di 32 Mbit/s. In
pratica però la garanzia di una adeguata protezione (aggiunta di bit di
ridondanza ai bit di informazione utile) e l'opportunità di sfruttare il canale in
modo efficiente fanno restringere il range di variabilità della capacità
all'intervallo 12-24 Mb/s.