v
Negli ultimi anni si è assistito alla introduzione sempre più massiccia della
tecnologia del computer nella gestione aziendale. Quella che in precedenza era
ritenuta principalmente una attività di organizzazione del lavoro umano si è
progressivamente trasformata in un problema di adeguamento della tecnologia alle
necessità dell’azienda.
Inizialmente la tecnologia non presentava caratteristiche che la rendessero
facilmente adattabile. Richiedeva infatti l’impegno di particolari specialisti che
conoscessero estremamente bene il funzionamento del computer per poterlo
programmare ad eseguire determinati compiti.
Col tempo la tecnologia ha compiuto grandi passi in avanti e il rapporto di
dipendenza delle aziende da questo nuovo strumento di gestione è andato via via
aumentando. L’imprenditore ha fatto sua la tecnologia del computer perché
permetteva di automatizzare i compiti ripetitivi, con conseguente miglioramento
della loro correttezza e velocità di esecuzione, e di diminuire il numero degli addetti.
Per moto tempo l’imprenditore ha guardato all’automazione dei compiti come alla
possibilità di avere più persone a minor costo.
Quasi subito però sono emersi, dall’entusiasmo iniziale, i problemi relativi alla
realizzazione del software, attività quest’ultima che richiede un impegno intellettuale
non banale perché non è tanto facile far funzionare la macchina nel modo desiderato.
Con il passare del tempo la tecnologia diviene sempre più sofisticata ed affidabile,
e con essa cresce di conseguenza l’entusiasmo e con esso la volontà di applicarla ai
più svariati settori aziendali.
Ma in tal modo l’attenzione tendeva a focalizzarsi più sul problema tecnologico di
per sè, che su quello organizzativo e gestionale generale nel quale la tecnologia va
inquadrata. In altre parole si è sempre più consapevoli che una tecnologia, per
risultare vincente, deve convivere armonicamente con la struttura aziendale.
In tal contesto, il ruolo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione
risulta essere piuttosto ambiguo: da un lato, tali tecnologie favoriscono l’innovazione
organizzativa, dall’altro, generano nuova complessità ambientale e nuove sfide
organizzative e strategiche
2
.
2
Cfr. PONTIGGIA A., Organizzazione dei sistemi informativi: Modelli per l’analisi e la
progettazione, Etaslibri, Milano, 1997, p. 15-17.
vi
*****
Nel primo capitolo si da una definizione di innovazione, cercando di comprendere
quali sono i motivi perché un’impresa deve innovare, e come questa deve essere
gestita. Si inizia a dare una visione dell’innovazione analizzando le diverse correnti
teoriche in particolar modo il contributo di Schumpeter, prendendo in considerazione
le sue diverse opere, e in particolar modo si indica quale è la distinzione fra
innovazione di prodotto e di processo, inoltre vengono confrontati i diversi contributi
fra innovazioni radicali e incrementali, mantenendo sempre chiaro in mente la
differenziazione che sussiste fra innovazione e invenzione.
Nel secondo capitolo si evidenzia come in un ambiente in continuo mutamento,
sia necessario per le imprese di operare in modo dinamico e flessibile, focalizzando
l’attenzione alla rapida crescente diffusione di sistemi informativi come i sistemi
ERP, il Business on demand. A tal fine è mostrato il ruolo della tecnologia nelle
imprese, le quali devono ormai abituarsi a operare in realtà sempre più complesse e
articolate, in continua trasformazione, e dove i mutamenti si presentano con rapidità
molto superiore rispetto al passato.
In particolare, si affronta il lungo cammino che ha portato le imprese ad una
produzione flessibile cioè l’evoluzione delle tecnologie per una produzione flessibile.
Infine il quadro si conclude analizzando il ruolo del BPR ovvero come in un
ambiente così dinamico, sia necessario un completo ripensamento e radicale
ridisegno dei fondamentali processi dell’organizzazione, teso al raggiungimento di
fortissimi miglioramenti nei risultati.
Il terzo capitolo è interamente dedicato all’approccio “dialettico” allo studio dei
rapporti tra innovazione organizzativa e innovazione tecnologica, e nel contempo, ci
si soffermerà su concetti come: forze che impattano sull’impresa, difficoltà nel
cambiamento, le diverse tipologie di cambiamento, e in particolar modo ponendo
l’attenzione sulla distinzione fra innovazione organizzativa e cambiamento
organizzativo.
In seguito verranno esaminate quali sono oggi le strutture organizzative più
appropriate al continuo mutamento delle tecnologie.
vii
Nel quarto capitolo si cercherà di studiare come le connessioni tra tecnologie e
organizzazioni, diano vita a nuove forme organizzative, lo studio di collaborazioni
ovvero come l’ampio ricorso alle tecnologie elettroniche possa agevolare la nascita
di nuove reazioni fra imprese “reti” e non solo, il contributo dell’università alla
crescita e alla formazione di personale qualificato nelle imprese, fino ad arrivare alla
concezione di un nuovo tipo di impresa.
*****
Prima di iniziare la trattazione di quello che poi sarà la discussione, delle relazioni
fra innovazioni tecnologiche e innovazioni organizzative nelle imprese, voglio, anzi
devo ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini in questo lungo percorso che mi
ha portato alla laurea.
A tal fine volgo i più vivi ringraziamenti al Dott. Gianpaolo Abatecola, il quale mi
ha seguito dall’inizio fino alla fine in questo lungo percorso durato circa un anno, il
quale si è coinvolto pienamente nell’aiutarmi, nella ricerca dei libri, e cosa molto
importante nell’indicarmi quali erano le domande che mi dovevo porre nella stesura
di ogni capitolo, fino ad arrivare a quello che oggi è il mio elaborato.
Voglio esprimere riconoscenza anche al Prof. Paganetto preside di questa facoltà,
il quale mi ha saputo indicare la giusta strada in momenti difficili ricordo ancora le
sue parole «tutti noi ogni giorno siamo giudicati».
Inoltre vorrei dare sentiti ringraziamenti al Prof. Cafferata il quale riesce a creare
un rapporto confidenziale fra docente e studente.
D.D., Luglio 2005
1
CAPITOLO I
TEORIE DELL’INNOVAZIONE
1.1. Il concetto di innovazione
La prima difficoltà cui si va incontro quando si parla di innovazione è quella di
trovare una definizione comune ed universale accettata di questo concetto.
Esaminando la letteratura che si è occupata dell’argomento, ci si accorge subito delle
continue riformulazioni che il concetto di innovazione ha subito nel corso degli anni,
muovendosi da un paradigma all’altro ed assumendo caratteri sempre nuovi e
inesplorati. Il problema più evidente riguarda la scarsa possibilità di comparare fra
loro gli studi empirici sull’innovazione condotti all’interno delle diverse correnti
teoriche.
Questo concetto non è tanto giovane come si possa immaginare ma è il risultato di
una lunga evoluzione susseguitasi negli anni, tra cui annoveriamo diversi contributi
come quello dell’economista Kirzener. Secondo Kirzener (1973), la funzione
dell’imprenditore è soprattutto quella di innovatore che dà impulso, attraverso il suo
instancabile spirito d’iniziativa, a tutta l’economia; l’imprenditore-innovatore è la
forza motrice del processo dinamico, poiché è dalla sua immaginazione e dalla sua
iniziativa che scaturiscono le innovazioni in grado di rompere l’equilibrio
preesistente e di generare profitti
1
. Ancora Alchian da una visione della
sopravvivenza che dipende dal trinomio innovazione, imitazione e selezione
2
. Nelson
1
Cfr. KIRZNER I.M., Competition and Entrepreneurship, University of Chicago Press, Chicago,
1973.
2
Cfr. ALCHIAN A., Uncertainty, Evolution and Economc Theory, in The Journal of Political
Economy, 58 (3), 1950, p. 211-222.
2
e Winter rivelano che la conoscenza tecnologica posseduta dalle imprese sia soggetta
a cambiamento nel tempo
3
.
Schumpeter uno dei padri delle teorie manageriali moderne, evidenzia che
l’innovazione costituisce l’opportunità di conquistare posizioni di mercato a spese
delle imprese pre-esistenti. Una delle problematiche evidenziate da Schumpeter è
che l’innovazioni, nel lungo periodo, incontrano nella loro strada schiere di imitatori,
che progressivamente riducono le rendite dell’innovazione originaria fino a che una
nuova innovazione non generi nuove rendite, proponendo nuove o vecchie imprese
come leader del settore. La competizione dinamica che ne risulta, è quindi un
processo di « distruzione creatrice»
4
per cui lo sviluppo economico si attiva
distruggendo continuamente i frutti del vecchio processo e creandone uno nuovo
5
.
Fatta questa panoramica, cerchiamo, di dare una definizione di innovazione.
Si definisce innovazione un cambiamento fondamentale che avviene in un
significativo numero di ruoli che la tecnologia svolge in una data situazione ovvero
in un processo produttivo, o dentro un prodotto o nell’intera gestione d’impresa
6
.
Quanto fondamentale debba essere il mutamento e quanto significativo debba essere
il numero di ruoli mutati che sono svolti dalla tecnologia, non può essere definito a
priori. Occorre osservare lunghi periodi di tempo e un’ampia serie di variazioni della
tecnologia per scorporarne gli elementi fondamentali e significativi, che consentano
di dire che siamo in presenza di un evento (processo o prodotto) innovativo. Si noti
che non tutte le “invenzioni”, che pure possono condurre una autorità pubblica a
rilasciare brevetti o licenze d’uso, sono destinate ad incontrare i favori del
consumatore e ad avere successo: solo quelle che trovano applicazioni industriali e
soddisfano i bisogni latenti o manifesti del consumatore si trasformano in
innovazioni. « L’innovazione è, quindi, una invenzione che ha avuto successo
commerciale»
7
.
3
Cfr. NELSON R.-WINTER S.G., An Evolutionary Theory of Economics Change, Harvard
University Press, Cambridge, 1982.
4
Cfr. SCHUMPETER J. (1942), Capitalism, Socialism and Democracy, New York, Harper & Row;
trad. It. Capitalismo, socialismo, democrzia, Milano, Etas Libri, 1977, p. 80.
5
Cfr. SCANDIZZO P., Il mercato e l’impresa: le teorie e i fatti, Giappichelli, Torino, 2000, p. 17 e
seg.
6
Cfr. WILSON J.Q., “Innovation in Organization: Notes Towards a Theory”, in THOMPSON J.D., a
cura di, Organizational Design and Research, University of Pittsburg Press, Pittsburg, 1966.
7
Cfr. DI BERNARDO B.-RULLANI E., Transizione tecnologia e strategie evolutive: l’impresa
industriale verso l’automazione, Cedam, Padova, 1985.
3
Le innovazioni di tipo tecnologico possono essere classificate nel modo seguente:
a) Innovazioni radicali, che appaiono in modo discontinuo e, soprattutto, si
manifestano in fasi di depressione economica, procurando un significativo salto in
avanti nel ruolo assolto dalla tecnologia nella società (si pensi al ruolo svolto dalla
macchina a vapore durante la rivoluzione industriale o ai cambiamenti diffusi indotti
dalle moderne tecnologie della comunicazione e informatiche);
b) Innovazioni incrementali (o marginali), che appaiono in modo continuo
nell’economia, ancorché con episodicità differente da settore a settore, e concernono
miglioramenti nella serie esistente dei prodotti o processi di produzione (si pensi agli
arricchimenti di qualità apportabili ad uno strumento elettronico);
c) Nuovi sistemi tecnologici, che riguardano l’emergere di “costellazioni” di
innovazioni, tecnicamente ed economicamente interrelate, sia radicali che
incrementali (si pensi alla catene di materiali sintetici apparse nella produzione
petrolchimica);
d) I cambiamenti di paradigma tecnico-economico, che possono anche essere definiti
rivoluzioni tecnologiche, che riguardano trasformazioni profonde, anzi epocali, della
tecnologia: tali cambiamenti hanno, inoltre, la caratteristica di avere effetti pervasivi
su tutto il sistema sociale (si pensi, ad esempio, all’innovazione rappresentata
dall’energia elettrica)
8
.
E’ utile per la nostra analisi e per una maggior comprensione soffermarci sui
concetti di innovazione incrementale e radicale. Molte imprese spesso pongono
l’accento sull’innovazioni radicali, sottovalutando le potenzialità connesse ai
cambiamenti incrementali. Studi compiuti sui processi di sviluppo incrementale
(come per esempio il famoso studio di Hollander sulla seta artificiale della Dupont)
indicano che nel corso del tempo i benefici cumulativi in efficienza sono spesso
molto più consistenti dei benefici ricavabili da occasionali cambiamenti radicali.
Negli ultimi anni, miglioramenti incrementali di questo tipo hanno ricevuto una
considerevole attenzione da parte della scuola del cosiddetto Total Quality
Management
9
, che nasce dall’osservazione dei consistenti benefici ottenuti dalle
8
Cfr. CAFFERATA R., Sistemi ambiente e innovazione. Come s’integrano la continuità e il
mutamento nell’impresa, Giappichelli, Torino, 1995, p. 162 e seg.
9
Il TMQ è l’insieme della caratteristiche che consentono a un prodotto o a un servizio di soddisfare
completamente le esigenze del mercato. Ogni processo aziendale deve produrre un output che soddisfi
le esigenze di che lo acquisisce, sia esso il cliente finale, sia esso un cliente intermedio all’azienda,
4
aziende manifatturiere giapponesi grazie ai miglioramenti incrementali sia della
qualità sia della produttività . Inoltre, la capacità di modificare e sviluppare un
progetto di base ha un enorme valore; molto dipende dalla capacità di costituire una
forte piattaforma di base o una famiglia di prodotti che nel tempo possa essere estesa.
Rothwell e Gardiner forniscono molti esempi di « design robusti» che possono essere
modificati per diversificare un prodotto e allungare il ciclo di vita
10
, come ad
esempio gli aerei della Boeing e i motori a reazione della Rolls-Royce.
In generale, molte imprese lavorano su un portafoglio di innovazioni, alcune delle
quali rappresentano sviluppi incrementali e miglioramenti di prodotti e processi già
esistenti, mentre altre si focalizzano su cambiamenti di natura più radicale. Una delle
abilità chiave, nella gestione efficace dell’innovazione, è quella di riuscire a
bilanciare la composizione del portafoglio rendendola quanto più possibile coerente
con le competenze e le capacità tecnologiche e di mercato dell’impresa.
L’ultimo aspetto da considerare è che l’innovazione implica la creazione di
conoscenza, che però non è sempre incorporata in un prodotto o in una macchina. Di
solito si associa l’innovazione a un cambiamento di tipo fisico, ma molto spesso il
cambiamento è meno tangibile, come per esempio nello sviluppo di nuovi metodi o
tecniche. Un buon esempio a questo riguardo è la trasformazione dell’industria
automobilistica occidentale avvenuta attraverso l’adozione delle cosiddette tecniche
giapponesi di produzione. Riunite sotto la denominazione di Lean Manufacturing,
queste tecniche rappresentano un nuovo modo di gestire e organizzare gli stessi
elementi basilari delle attrezzature e le stesse fasi dei processi che hanno dominato
l’industria automobilistica dai tempi di Henry Ford.
Tuttavia l’applicazione sistematica e diffusa di questa conoscenza « non-
incorporata», all’interno dell’industria giapponese, ha determinato vantaggi di tipo
produttivo, testimoniati dal fatto che, all’inizio degli anni Ottanta, le automobili
giapponesi potevano essere prodotte, importate e vendute negli Stati Uniti a un costo
cioè un altro processo aziendale. Si tratta di orientare continuamente l’azione manageriale verso la
cattura delle esigenze dei clienti, esterni ed interni, e verso la modifica e il controllo dei processi
affinché questi soddisfino le suddette esigenze. E’ connaturata con tale approccio l’idea del
miglioramento continuo dei prodotti e dei processi.
10
Si può pensare che i prodotti e i processi abbiano un « ciclo di vita» durante il quale attraversano una
prima fase in cui emergono come prodotti e/o processi completamenti nuovi, passando poi per una
fase di sviluppo e di maturità, si avviano verso un punto finale teorico, in corrispondenza al quale
emerge una nuova generazione. A fasi diverse del ciclo di vita corrisponde un’attenzione diversa
all’innovazione.
5
di circa duemila dollari in meno rispetto a quello che avrebbero avuto se fossero state
prodotte a Detroit.
Uno dei problemi nella gestione dell’innovazione è la varietà delle definizioni di
innovazione che vengono date, molto spesso confondendo « innovazione» e
« invenzione». In senso generale il termine proviene dal latino innovare che significa
« fare qualcosa di nuovo». Allora possiamo dire, che l’innovazione sia un processo di
trasformazione di opportunità in idee e di idee in qualcosa di pratico. Comunque
molti autori hanno dato il loro contributo nel cercare di definire l’innovazione
11
.
A riguardo è opportuno far riferimento alla definizione attribuita a livello
comunitario e che considera l’innovazione come il rinnovo e l’ampliamento della
gamma di prodotti e dei servizi, nonché dei mercati ad essi associati; l’attuazione di
nuovi metodi di produzione, d’approvvigionamento e di distribuzione; l’introduzione
di mutamenti nella gestione, nell’organizzazione e nelle condizioni di lavoro, nonché
nelle qualifiche dei lavoratori
12
. Occorre, pertanto, segnalare che, tale definizione di
innovazione si intende riferita non solo alla ricerca e sviluppo e all’innovazione
tecnologica, ma anche alla altre accezioni del termine, relative ad esempio ad
innovazioni non tecnologiche (quali l’innovazione organizzativa, dei modelli
commerciali, della presentazione e di valore).
13
11
«L’innovazione industriale include il progetto tecnico, la produzione, la gestione e le attività
commerciali relative al marketing di un prodotto (nuovo) o migliorato o nel primo impiego di un
nuovo (o migliorato) processo o macchinario», Chris Freeman, The Economics of Industrial
Innovation, Frances Pinter, London 1982.
«l’innovazione non implica necessariamente la commercializzazione di qualcosa che rappresenta un
progresso significativo rispetto allo stato dell’arte della tecnologia (innovazione radicale), ma include
anche l’utilizzazione di un piccolo cambiamento nel Know-how tecnologico (un miglioramento o
innovazione incrementale) », Roy Rothwell, Paul Gardiner, « Inventino, Innovation, Re-innovation
and the Role of the User», Technovation, 1985, 3, p. 168.
«L’innovazione è uno strumento specifico degli imprenditori, il mezzo attraverso il quale essi
sfruttano i cambiamenti come una opportunità per aree di business e servizi differenti. L’innovazione
può essere presentata come una disciplina, può essere imparata, può essere attuata», Peter Drucker,
Innovation and Entrepreneurship.
« Le aziende acquistano vantaggi competitivi attraverso atti innovativi. Per esse l’innovazione ha un
significato molto ampio, che comprende sia l’introduzione di nuove tecnologie sia nuovi modi di fare
le cose», Micheal Porter, The Competitive Advantage of Nations, Macmillan, London 1990.
« Successful exploitation of new ideas », uk Department of Trade and Industry Innovation Unit
Definition, 1994.
12
www.innovazione.gov.it (6/10/2004).
13
Cfr. TIDD J., BESSANT J., PAVITT K., Managemet dell’innovazione. L’integrazione del
cambiamento tecnologico, organizzativo e dei mercati, Guerini e Associati, Milano, 1999, p. 32.
6
1.2. Le diverse tipologie di innovazione
Le diverse definizioni proposte sono, comunque accomunate dall’unanime
concezione dell’innovazione come cambiamento. Prendendo in riferimento la
distinzione di Schumpeter (1912) si possono distinguere cinque tipologie di
innovazione:
1) produzione di un nuovo bene (innovazione di prodotto)
2) nuovo metodo di produzione (innovazione di processo)
3) apertura di un nuovo mercato (innovazione commerciale)
4) conquista di una nuova fonte di materia prima (innovazione negli
approvvigionamenti)
5) riorganizzazione della struttura di offerta di un settore industriale (innovazione di
mercato)
In realtà lo schema schumpeteriano non è esaustivo. Si possono considerare, oltre a
quelle sopra indicate, altre forme di innovazione, legate all’immagine dell’impresa
nel mercato e nella società, che si basano sulla gestione delle relazioni con altri
stakeholders (le istituzioni, i cittadini, le diverse forme di associazione, ecc.).
Schumpeter, scrivendo nella prima metà del secolo, non poteva considerare rilevanti
queste come forme di innovazione, ma oggi l’immagine sociale dell’impresa assume
una rilevanza crescente.
14
Questa modalità di innovazione si accompagnano, in una logica competitiva, ad
una gestione evolutiva delle interazioni dell’impresa con una serie di soggetti interni
ed esterni. Per gestire i processi innovativi, infatti, appare indispensabile cooperare
con gli altri attori e coordinare competenze specialistiche diversificate e
complementari. Ciò in particolare in un contesto competitivo in cui
l’internalizzazione di tutte le competenze, l’integrazione verticale e la detenzione di
ingenti risorse immobilizzate risultano vincoli che impediscono il conseguimento
della flessibilità e velocità richiesta dal mercato. Al tempo stesso integrazione,
poiché il contributo delle altre funzioni a ciascuna delle tipologie innovative
presidiate da una funzione specializzata appare estremamente rilevante. Si pensi solo,
14
Cfr. SCHUMPETER J., Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung, Leipzing und Munchen,
Duncker & Humblot; trad. it. Teoria dello sviluppo capitalistico, Sansoni, Firenze, 1971, p. 76.
7
nel caso della prima tipologia di innovazione, quella di prodotto, quando incidono la
funzione di marketing e la funzione di produzione nell’indirizzare e nel rendere
pienamente sfruttabili i risultati dell’innovazione. L’integrazione è anche una chiave
di lettura per l’evoluzione tecnologica. La tecnologia di automazione,
dell’informazione e delle comunicazioni (ICT) ha indubbiamente avuto
un’evoluzione orientata alla integrazione e alla convergenza. Lo stesso sviluppo di
Internet si presenta come il risultato finale di un processo di integrazione di media,
attori, strumenti di marketing. In sostanza l’interazione deve essere vista come un
superamento di una logica di stretta separazione delle attività ascrivibili alle diverse
funzioni aziendali.
15
E’ utile ora soffermarci in particolar modo sul cambiamento tecnologico,
prendendo in considerazione le prime due forme di innovazione (prodotto/processo)
indicate da Schumpeter, secondo cui l’introduzione di nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione nei processi produttivi, in particolare delle
imprese manifatturiere, può essere considerata come un’innovazione di processo
ovvero il cambiamento (miglioramento) del modo di produzione di un prodotto già
esistente.
A sua volta l’introduzione di nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione che modificano il carattere stesso del prodotto, in particolare in
imprese di servizi, rappresenta sia un’innovazione di prodotto ovvero quando si
immettono sul mercato prodotti nuovi o nuove versioni, di qualità superiore dei
prodotti già in commercio. Per esempio, il nuovo design di un’auto, un nuovo
pacchetto assicurativo, un nuovo sistema di home entertainment sono tutti esempi di
innovazione di prodotto. Cambiamenti nei modi di produzione e nei macchinari
impiegati per produrre automobili o sistemi di home entertainment, o nelle procedure
d’ufficio nel caso delle assicurazioni potrebbero essere esempi di innovazione di
processo
16
.
15
Cfr. FREY M., Economia e gestione dell’innovazione aziendale. Flessibilità, integrazione nei
processi innovativi, Cedam, Padova, 2001, p. 12 e seg.
16
Come visto prima, a volte la linea di confine è meno definita altri esempi, per un maggior
chiarimento, potrebbero essere un nuovo tipo di traghetto dotato di motore a reazione è
un’innovazione sia di prodotto sia di processo. I servizi rappresentano un caso particolare di situazioni
in cui innovazioni di prodotto e di processo sono difficilmente scindibili; per esempio, un nuovo
pacchetto di vacanze va considerato un’innovazione di prodotto o un’innovazione di processo?
8
Concludendo, è ora possibile notare che l’innovazione di processo si manifesta
nell’area della produzione industriale, in particolare nell’area manifatturiera, o
nell’area della erogazione di servizi nel caso di aziende appartenenti al settore
terziario. Mentre nel primo caso l’automazione investe le macchine e gli impianti,
cioè la produzione in senso tecnico, nel caso delle aziende di erogazioni di servizi,
tipicamente le aziende pubbliche o quelle bancarie ed assicurative, le innovazioni di
processo afferiscono più propriamente alla “macchina burocratica”, ovvero al
complesso delle procedure attraverso cui vengono erogati o prodotti i servizi.
In riferimento all’innovazione di prodotto, le più significative sono collegate
all’introduzione di componenti microelettroniche nei beni offerti al mercato. Vi deve
essere una stretta collaborazione tra area di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti ed
area delle vendite: le innovazioni devono essere infatti necessariamente orientate al
mercato. Un ottimo coordinamento deve esistere anche tra ricerca e produzione: le
novità devono essere infatti verificate e specificate in prodotti che funzionano e
soddisfano il consumatore finale e, perciò devono essere tradotte in produzioni a
regola d’arte.
17
17
Cfr. CAFFERATA R., Sistemi ambiente e innovazione, cit. p. 170 e seg.
9
1.3. Il contributo Schumpeteriano
Il primo studioso, universalmente riconosciuto come il fondatore degli studi
sull’innovazione tecnologica e Schumpeter. L’autore utilizza il concetto di
innovazione tecnologica in modo strumentale alla costruzione di una teoria di ampio
respiro sullo sviluppo dell’economia e delle classi sociali dei sistemi capitalistici.
Prima di lui gli economisti classici
18
avevano dedicato notevole attenzione, al
progresso tecnico, considerandone l’utilizzazione, all’interno della divisione del
lavoro dei processi industriali, fondamentale per la generazione dei rendimenti
crescenti nell’impiego dei fattori produttivi per la creazione del valore. In seguito gli
economisti neoclassici, a partire da Marshall, neutralizzano l’effetto del progresso
tecnico all’interno del paradigma dell’equilibrio: il cambiamento tecnologico viene
incorporato all’interno della funzione di produzione
19
e ogni innovazione viene
immediatamente imitata all’interno del regime di concorrenza perfetta.
Dati i precedenti si giustifica l’importanza di Schumpeter per la valorizzazione
del ruolo prioritario dell’imprenditore e dell’impresa nella generazione e
sfruttamento dell’innovazione.
20
Nella sua prima opera di stampo marcatamente neoclassico, la “Teoria dello
sviluppo economico” del 1912, Schumpeter valorizza il ruolo dell’iniziativa
imprenditoriale come fattore propulsivo alla base dei cambiamenti economici.
L’imprenditore è infatti visto come l’interfaccia tra il mondo della scienza pura dove
viene prodotta l’invenzione intesa come insieme di concetti astratti ed il mondo
18
Il primo economista classico che ha approfondito il tema del progresso tecnico, è stato Ricardo
(1817), che nel suo capitolo “On machinery” dei Principi sviluppa un’analisi critica dell’innovazione
tecnologica, evidenziandone le conseguenze negative sull’occupazione e sui salari. Più noto è il
contributo di Marx alla tecnologia all’interno dello sviluppo della grande impresa: lo stimolo
all’innovazione deriva dall’ampiezza dei mercati e dalla competizione. Un brano di Marx (1867) è
esplicativo al proposito: “il principio della grande industria di risolvere nei suoi elementi costitutivi
ciascun processo di produzione, in sé e per sé considerando e senza tener nessun conto della mano
dell’uomo, ha creato la modernissima scienza della tecnologia”.
19
Da un punto di vista analitico il cambiamento tecnologico è lo spostamento della funzione di
produzione nel tempo, ovvero dell’isoquanto verso l’origine. Il cambiamento tecnologico può essere
di due tipi: incorporato nei fattoti (introduzione di nuovi beni capitali o di lavoro più qualificato), o
disincorporato, ovvero legato alla tecnologia e non all’investimento in K e L (Malerba, 2000).
Un’accurata indagine empirica di Solow (1957) ha mostrato come il cambiamento disincorporato
giustifichi l’87% delle variazioni di output nel periodo 1909-1949. la variabile tecnologica è
considerata fondamentale anche nelle più recenti evoluzioni del modello teorico neoclassico.
20
Cfr. FREY M., Economia e gestione dell’innovazione aziendale, cit., p. 14 e 15.
10
dell’economia dove i concetti vengono applicati alla realtà per mezzo della
tecnologia, realizzando così l’innovazione. E’ grazie all’azione imprenditoriale che le
innovazioni vengono introdotte sotto forma di nuove combinazioni di fattori
produttivi. Tale nuove combinazioni possono essere rappresentate da:
a) l’introduzione di un nuovo bene o di una nuova qualità di un bene esistente;
b) l’introduzione di un nuovo metodo di produzione o di un nuovo metodo di
commercializzazione dei prodotti già esistenti;
c) l’apertura di un nuovo mercato;
d) l’acquisizione di una nuova fonte di approvvigionamento;
e) l’imposizione di una nuova forma di organizzazione o forma di mercato nel
settore, quale la creazione di una posizione di monopolio o la rottura di una
tale posizione da altri detenuta.
Secondo Schumpeter tali nuove combinazioni si concretizzano soprattutto
attraverso la nascita di nuove imprese per mezzo dell’opera “eroica”
dell’imprenditore. L’impresa che adotta per prima la soluzione innovativa viene a
trovarsi in una situazione di monopolio temporaneo, che consente di lucrare extra-
profitti come premio alle capacità organizzative del processo produttivo da parte
dell’imprenditore. Successivamente l’imitazione consente la diffusione
dell’innovazione verso altre attività d’impresa, ristabilendo così l’equilibrio iniziale.
Il sistema non produce fenomeni di stagnazione poiché le innovazioni si succedono
in modo discontinuo a grappoli, tanto che quando l’equilibrio è stato raggiunto un
nuovo imprenditore pioniere genererà altre combinazioni basate su nuove
innovazioni. Il ripetersi del meccanismo è il fattore propulsore del ciclo economico e
quindi dello sviluppo economico.
In questa prima impostazione bisogna notare il fatto che l’impresa non è in grado
di esercitare alcuna influenza sulle traiettorie di sviluppo tecnologico. Infatti,
l’imprenditore, si limita a trasferire nella propria unità produttiva le invenzioni
realizzate nel mondo esogeno della scienza, completamente al di fuori delle sue
possibilità di controllo e insensibile alle logiche economiche. Inoltre le innovazioni
11
considerate sono solamente quelle radicali che creano vantaggi competitivi di
differenziazione sul mercato.
21
Questa visione viene ulteriormente rafforzata da Schumpeter (1939), che definisce
l’innovazione come l’espressione di un agire economico capace di realizzare una
nuova combinazione produttiva atta a produrre un profitto. I meccanismi che
caratterizzano la creatività imprenditoriale sono un aspetto non particolarmente
approfondito dell’economista tedesco e la stessa capacità di generare invenzioni
risulta un’attività esterna al sistema industriale
22
. Una delle caratteristiche
dell’innovatore chiaramente definite da schumpeter (1971) è la razionalità strategica
di cui è portatore. In alcuni passi della sua opera questa razionalità viene definita
superiore, in altri al di fuori dei canoni standard, essendo il frutto della gioia di
creare, della volontà di vincere, del sogno di costruire qualcosa che lasci
testimonianza di sé.
23
In un ulteriore lavoro dal titolo “Capitalismo, Socialismo, Democrazia” del
(1942), è possibile osservare un allontanamento dai cardini del pensiero neoclassico
tanto che si parla di un secondo Schumpeter
24
. Le ipotesi di fondo sono le stesse
ovvero il tentativo di individuare nell’innovazione una delle cause principali
dell’evoluzione dei sistemi economici e sociali
25
.
Il grande cambiamento riguarda la produzione di conoscenze scientifiche che non
è più per l’Autore esogena al mondo dell’economia, ma diventa appropriabile da
unità quali le imprese di grandi dimensioni che si possono permettere alti costi di
ricerca e sviluppo delle conoscenze di base. Controllando le fonti del sapere le grandi
imprese sono in grado di essere sempre sull’onda dei processi innovativi.
Schumpeter tuttavia rivela che oltre un cero limite può affacciarsi un rischio opposto
per il sistema: quello del rallentamento della dinamica innovativa derivante dalla
concentrazione della stessa in grandi imprese monopolistiche che non hanno alcun
21
Cfr. FRAONI M., Cambiamento tecnologico e dinamiche relazionali d’impresa. Approcci teorici e
strumenti interpretativi, Cedam, Padova, 1998, p. 19 e seg.
22
Cfr. SCHUMPETER J., Business Cycles, New York, Mc Graw Hill; trad. it. Il processo
capitalistico. Cicli economici, Torno, Boringhieri (edizione ridotta), 1939.
23
Cfr. FREY M., op. cit., 2001, p. 15.
24
Il motivo di tale nuova visione del fenomeno non è altro che il frutto casuale di significativi
cambiamenti intervenuti nella realtà osservata da Schumpeter. Di particolare incisività risulta essere il
trasferimento dall’Austria agli Stati Uniti ed il contatto con una struttura economica e industriale
completamente diversa.
25
Cfr. SCHUMPETER J. (1942), Capitalism, Socialism and Democracy, New York, Harper & Row;
trad. It. Capitalismo, socialismo, democrzia, Milano, Etas Libri, 1977.