7
2. PREMESSA STORICA
L’energia elettrica fece la sua irruzione sul mercato
nazionale verso la fine del XIX secolo, dando luogo ad un certo
numero di monopoli di fatto, con imprese (o gruppi) che attraverso
appositi accordi si ripartivano il territorio.
Nel periodo anteriore alla nazionalizzazione del 1962 la
politica nazionale, improntata al principio liberale del “laissez
faire”, si limitava ad assicurare l’impianto normativo di fondo,
lasciando che la legge di mercato governasse il settore elettrico;
questo primo periodo era quindi caratterizzato da uno “Stato
neutrale” e da una poderosa legislazione in materia di acque (la
fonte di energia di gran lunga preminente all’epoca), culminata
successivamente nel T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, recante
“Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti
elettrici”.
In quel periodo le uniche concessioni presenti in materia (le
quali rappresentano per certi versi il diretto intervento dello Stato)
riguardavano le risorse idriche impiegate per la produzione di
energia; concernevano quindi solo l’utilizzo e non lo svolgimento
del servizio nel suo complesso.
L’industria elettrica italiana nacque a Milano nel giugno del
1883, ove fu inaugurata la prima centrale elettrica d’Europa.
Alla vigilia della nazionalizzazione, operavano, nel settore
energetico italiano, nel nord – est la Società adriatica di elettricità;
in Lombardia, la Edison; in Piemonte la Sip, cioè la Società
Idroelettrica del Piemonte (questa, una volta nazionalizzata,
8
investirà l’indennizzo spostandosi nel settore telefonico e
diventandone il monopolista); nel centro Italia, il gruppo La
centrale; al sud la Società Meridionale di Elettricità; nelle grandi
isole il gruppo Bastoni.
3. LA LEGGE 6 DICEMBRE 1962, N. 1643:
ISTITUZIONE DELL’ENEL
L’evoluzione normativa del mercato dell’energia elettrica
iniziò con la legge 6 dicembre 1962, n. 1643 “Istituzione dell’ente
nazionale per l’energia elettrica e trasferimento ad esso delle
imprese esercenti le industrie elettriche”, con la quale produzione,
importazione, esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione
e vendita dell’energia elettrica furono espropriati per la parte che
era in proprietà di privati e affidati ad un unico soggetto, un ente
pubblico appositamente costituito: l’ente nazionale per l’energia
elettrica (ENEL)
1
.
Una delle principali cause, che ha dato vita al processo
istitutivo dell’Enel, era la struttura dell’industria elettrica
1
Sulla nazionalizzazione delle imprese elettriche la letteratura è assai vasta, alcuni
testi sono indicati in ROSSI, Repertorio di dottrina sull’Enel, in “Rassegna giuridica
dell’Enel”, 1976, pag. 726 e segg.; inoltre si ricordano: G. GENTILE,
Nazionalizzazione (profili privatistici) in “Dizionario di diritto privato”, I, Diritto
civile, a cura di Irti, Milano, 1980, pag. 635 e segg.; G. LANDI in “Enciclopedia del
diritto”, voce Energia Elettrica (nazionalizzazione), vol. XIV, Giuffrè, Milano, pag.
875 e segg.; R. ALBANO in “Novissimo Digesto Italiano appendice”, voce Energia
Elettrica (regime amministrativo – nazionalizzazione), vol. III, Utet, 1982, pag. 333 e
segg.
9
dell’epoca. Tale struttura era caratterizzata da un frazionamento su
scala regionale o interregionale delle reti, il che comportava una
moltiplicazione superflua degli impianti e un ridotto grado
d’interconnessione del sistema, con sprechi ed inefficienze che
inevitabilmente si ripercuotevano sui prezzi finali praticati agli
utenti.
Precisamente la l. n. 1643, all’art. 1, comma 3, prevedeva tra
gli altri come scopo dell’Enel, che questo “ai fini di utilità generale
l'Ente nazionale provvederà alla utilizzazione coordinata e al
potenziamento degli impianti, allo scopo di assicurare con minimi
costi di gestione una disponibilità di energia elettrica adeguata per
quantità e prezzo alle esigenze di un equilibrato sviluppo
economico del Paese”.
Il fondamento costituzionale della nazionalizzazione del
settore elettrico va rinvenuto nel disposto dell’art. 43 della
Costituzione, il quale prevede veri e propri provvedimenti ablatori,
ad effetto sostitutivo, quando dichiara che “a fini di utilità
generale, la legge può riservare originariamente o trasferire,
mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti
pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese
o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici
essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed
abbiano carattere di preminente interesse generale”. A sua volta la
potestà espropriativa dello Stato trova il suo presupposto nel
dettato del comma 3 dell’art. 42 della Costituzione, il quale
prendendo in considerazione l’eventuale conflitto d’interessi,
privati e pubblici, che potrebbe generarsi a seguito della necessità
di sfruttamento del bene immobile a fini generali, dispone la
compressione del diritto di proprietà, in ossequio all’attuazione del
pubblico interesse.
10
L’Enel, che dalla legge stessa venne definito persona
giuridica di diritto pubblico (art. 1 comma 2°), aveva come finalità
l’esercizio di un’attività monopolistica nel settore dell’industria
elettrica. Lo scopo fu perseguito attraverso la cosiddetta
“nazionalizzazione” delle imprese elettriche, che consisteva
nell’accentramento, in un’unica impresa pubblica, delle attività
imprenditoriali già proprie di una pluralità di soggetti privati e
pubblici.
La legge n. 1643 del 1962 prevedeva un numero assai
limitato d’eccezioni al fenomeno espropriativo, in particolare erano
esclusi:
– gli autoproduttori, vale a dire le imprese, già esistenti, che
producevano energia destinata ai propri fabbisogni, purché
consumassero almeno il 70% dell’energia prodotta (art. 4 n.
6 lett. a legge n.1643, cit.);
– le imprese autoproduttrici che avessero già costruito nuovi
impianti elettrici, alla data d’entrata in vigore della legge, a
condizione che fossero destinati a soddisfare i propri
fabbisogni e che pervenissero entro un triennio dalla
nazionalizzazione alla percentuale di autoconsumo, pari al
70% del totale prodotto (art. 4 n. 6 lett. b legge n. 1643, cit.)
– le imprese di produzione o produzione-distribuzione che, in
media, nel biennio 1959-1960 non producevano più di 15
milioni di chilowattora (kWh) per anno, tenendo presente
che il superamento di tale limite per due anni consecutivi
avrebbe comportato il trasferimento all’Enel delle stesse (art.
4 n. 8 legge n. 1643, cit.);
– le imprese elettriche degli enti locali preesistenti alla
nazionalizzazione, purché avessero fatto richiesta, entro un
11
termine di due anni dall’entrata in vigore della legge citata,
ed ottenuto dall’Enel apposite concessioni d’esercizio (art. 4
n. 5 legge n. 1643, cit.);
Quest’ultima esclusione era sostenuta dallo stesso disposto
dell’art. 43 Cost. nella parte in cui intendeva per “imprese che
abbiano carattere di preminente interesse generale” solo quelle di
rilevante dimensione; difatti l’esclusione sarebbe cessata qualora
fossero venuti meno i presupposti ed i requisiti, stabiliti dalla legge,
per ottenere l’esonero dal trasferimento.
Nei confronti dei soggetti esclusi dall’espropriazione, quindi
ammessi eccezionalmente ad operare nel settore riservato in via
esclusiva all’ente nazionale per l’energia elettrica, era disposto un
rigido sistema di controllo da parte dell’Enel stesso e del Ministero
dell’Industria.
2
4. LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
DELL’ENEL DOPO LA NORMATIVA
INTEGRATIVA DELLA LEGGE N. 1643 DEL 1962
Le norme riguardanti l’organizzazione dell’Enel erano
contenute nella legge n. 1643 del 1962, integrata poi dalla legge 27
giugno 1964, n. 452; nel D.P.R. 15 dicembre 1962, n. 1670
(organizzazione dell’ente nazionale per l’energia elettrica); nel
2
G. LANDI in “Enciclopedia del diritto”, voce Energia Elettrica
(nazionalizzazione), vol. XIV, Giuffrè, Milano, pag. 875 e segg.
12
D.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36 (norme relative ai trasferimenti
all’Enel delle imprese esercenti le industrie elettriche); nel D.P.R.
18 marzo 1965, n. 342 (norme integrative della l. n. 1643 cit.) e
soprattutto nello statuto dell’ente, approvato con il D.P.R. 21
dicembre 1965, n. 1720.
I D.P.R. n. 1670, n. 36 e n. 342 erano leggi delegate,
emanate in base all’art. 2 l. n. 1643, cit., poi prorogato dall’art. 1 l.
n. 452, cit.
4.1. LA PERSONALITA’ GIURIDICA DELL’ENEL
L’Enel fu espressamente dichiarato dalla legge istitutiva
“persona giuridica di diritto pubblico” (art. 1 comma 2°), da ciò ne
discendeva l’appartenenza al genus degli enti pubblici, in
particolare alla categoria degli enti pubblici economici, dei quali
possedeva tutti i caratteri fondamentali
3
.
Si trattava, infatti, da un lato di un ente chiamato a svolgere
un’attività prettamente imprenditoriale (vendita, distribuzione,
trasformazione, produzione di energia elettrica), mentre dall’altro
lato svolgeva un’attività ausiliaria dello Stato, di coordinamento e
direzione del settore energetico nazionale.
Qualificare l’Enel come ente pubblico economico implicava
due rilevanti ordini di conseguenze giuridiche, sia per quanto
3
Per approfondimenti si consigliano: S. CASSESE in “Novissimo digesto italiano”,
voce Ente pubblico economico, vol. VI, Torino, 1960, pag. 573; V. S. VIGORITA, R.
MARRANA, Ambiguità e prospettive degli enti pubblici economici, in “Rassegna
giuridica dell’energia elettrica”, 1984, pag. 5 e segg.; G. ROSSI in “Gli enti pubblici
economici”, Il Mulino, Bologna, 1991, pag. 155 e segg.
13
riguardava la normativa applicabile che l’ambito di autonomia da
riconoscergli. Sotto il primo profilo operava la regola di massima
secondo cui è soggetto al diritto privato tutto quanto attiene
all’esercizio dell’attività imprenditoriale, mentre rientrava nel
campo del diritto pubblico la disciplina dei rapporti con l’ente
territoriale di riferimento (nel caso dell’Enel, lo Stato). Per quanto
concerneva il secondo aspetto, l’attribuzione all’Enel della
qualifica di ente pubblico economico presupponeva il
riconoscimento, in capo al medesimo, di un’autonomia, nei
confronti del potere esecutivo, per la conduzione dell’impresa tale
da rendere effettiva l’osservanza del principio di economicità cui
l’ente era vincolato ex lege
4
: l’impresa presupponeva, cioè,
l’autonomia dell’imprenditore.
5
4.2. LA PARTECIPAZIONE DELLO STATO E DEL
CIPE ALL’ATTIVITA’ DELL’ENEL
La previsione di poteri statali di ingerenza sull’Enel trovava
una precisa giustificazione nell’esigenza di guidare e controllare
l’attività dell’ente, in funzione dei risultati auspicati dal legislatore,
salvo l’impossibilità di richiedere comportamenti antieconomici
4
Così l’art. 3, n. 10, l. n. 1643, cit.: “Le funzioni inerenti alla gestione delle imprese
trasferite ai sensi del quarto comma dell'art. 1 e le altre funzioni dell'Ente nazionale
saranno esercitate con criteri di economicità secondo quanto previsto dal terzo
comma dell'art. 1”.
5
G. CAIA e N. AICARDI, La struttura organizzativa dell’Enel e il regime giuridico
della sua attività in “Storia dell’industria elettrica in Italia”, vol. V, “Gli sviluppi
dell’Enel. 1963-1990”, Roma, Laterza, 1994, pag. 221 e segg.
14
alla gestione dell’ente, stante il vincolo di derivazione implicita ex
art. 43 Cost.
6
Dal punto di vista organizzativo l’attribuzione più
importante, in capo all’Esecutivo, era quella di nomina dei vertici
dell’ente (art. 4, commi 1° e 2° e art. 8 del D.P.R. n. 1670 del
1962).
I poteri di indirizzo e guida si palesavano nell’obbligo, da
parte dell’ente, di svolgere la propria attività seguendo le direttive
del Comitato dei Ministri per l’Enel, poi sostituito con il D.P.R. n.
554 del 1967 dal Cipe
7
(art. 1,comma 2° legge n. 1643; art. 1, n. 3
D.P.R. n. 1670; art. 10 D.P.R. n. 342); al Ministero dell’industria
competeva, invece, una funzione di organo di raccordo tra l’Enel e
il Comitato oltre ad un compito di vigilanza
8
sull’ente, che si
estrinsecava nel potere di disporre ispezioni, approvare i bilanci e
verificare il rispetto dell’indirizzo imposto mediante le direttive.
9
6
G. CAIA e N. AICARDI, op. cit.
7
Comitato interministeriale per la programmazione economica, istituito con la legge
n. 48 del 1967 “Attribuzione e ordinamento del Ministero del bilancio e della
programmazione economica e istituzione del comitato dei Ministri per la
programmazione economica”.
8
Per la disamina delle singole attribuzioni si veda, M.R. MASSENZIO, La vigilanza
del Ministero dell’industria, del commercio, dell’artigianato sull’ente nazionale per
l’energia elettrica, in “Rassegna giuridica dell’Enel”, 1980, pag. 456 e segg.
9
D. DE PRETIS, Aspetti dell’organizzazione di un ente pubblico economico: l’Enel,
in “Energia”, 1985, vol. I, pag.76 e segg.
15
4.3. L’ORGANIZZAZIONE INTERNA
A norma dell’art. 3 del D.P.R. n. 1670 erano organi
dell’ente: il presidente, il consiglio d’amministrazione e il collegio
dei revisori.
Al presidente competevano la rappresentanza legale
dell’ente, la convocazione del consiglio ed un generale potere di
compiere tutti gli atti d’amministrazione e gestione non
espressamente attribuiti al consiglio.
A sua volta il consiglio era formato da otto membri e le sue
competenze, che concernevano poteri gestionali e direttivi, erano
elencate tassativamente nell’art. 5 del D.P.R. n. 1670.
Il collegio dei revisori, composto da cinque membri effettivi
e due supplenti, esercitava un controllo contabile sugli atti di
gestione dell’ente e riferiva ai Ministri dell’industria e del tesoro.
La nomina di questi due organi avveniva con decreto del
Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’industria,
sentito il Consiglio dei Ministri.
10
Non era compresa fra i succitati organi, elencati dall’art. 3
del decreto, la figura centrale del direttore generale, il quale non
costituiva solamente l’elemento di raccordo fra gli organi
d’amministrazione e la struttura operativa dell’ente, ma disponeva
anche di competenze di rilievo.
11
10
Eccezion fatta per la nomina del collegio dei revisori, la cui scelta di tre dei cinque
membri competeva ai Ministri del tesoro e del bilancio (art. 8 D.P.R. n. 1670)
11
Il ruolo e le attribuzioni del direttore generale erano espressamente disciplinati
nell’art. 10 del D.P.R. n. 1670.
16
I soggetti fin qui elencati appartenevano a quella parte
dell’organizzazione-struttura caratterizzata da un forte
accentramento decisionale, preposta alla direzione dell’intero
sistema elettrico nazionale.
Viceversa, l’aspetto prettamente imprenditoriale e
gestionale (produzione, personale, distribuzione, rapporto con gli
utenti, etc.) era attribuito ad un sistema decentrato composto, a
livello territoriale, da determinati organi, quali, in ordine
gerarchico, le direzioni centrali, i servizi, i compartimenti, le
direzioni settoriali, i distretti, gli esercizi distrettuali ed infine le
zone
12
.
4.4. L’ATTIVITA’ E I RAPPORTI ESTERNI
Secondo l’art.1 della legge n. 1643, all’Enel era “riservato il
compito di esercitare nel territorio nazionale le attività di
produzione, importazione ed esportazione, trasporto,
trasformazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica da
qualsiasi fonte prodotta”; vi era quindi una riserva di legge a
favore dell’ente per l’esercizio delle intere attività elettriche.
Oltre all’Enel, potevano operare nel settore anche talune
categorie di imprese elencate nell’art. 4 n. 4, 5 e 8 l. cit., nei cui
confronti erano previste una serie di norme, volte ad assicurare un
controllo penetrante da parte dell’ente.
L’Enel poteva, innanzitutto, impartire disposizioni relative al
funzionamento coordinato degli impianti, ordinando, in taluni casi,
12
D. DE PRETIS, op. cit.
17
addirittura di “produrre energia per proprio conto” (art. 11 e 12
D.P.R. n. 342), inoltre, gli era concessa la possibilità di interferire
nella realizzazione di nuovi impianti, tramite il rilascio di
autorizzazioni (art. 17 D.P.R. n. 342)
13
.
Ai soggetti diversi dall’Enel, ivi compresi gli enti locali, non
era concesso “effettuare importazioni, esportazioni e scambi di
energia elettrica, nonché vettoriamenti sui propri elettrodotti” per
conto di terzi (art. 20 D.P.R. n. 342); inoltre veniva inibito
qualunque altro tipo di rapporto commerciale tra loro stessi (art. 2
n. 2 legge n. 452 e art. 10 e 15 D.P.R. n. 342), sempre che tali
attività non fossero effettuate per conto e su disposizione
dell’ente
14
.
5. PRIME RIFORME: LEGGI 393 DEL 1975 E 308
DEL 1982
A cavallo degli anni ’80 vi furono degli interventi legislativi
diretti a modificare e ridimensionare, parzialmente, la posizione di
assoluta supremazia dell’Enel, oltre ad attenuare la sostanziale
chiusura nei confronti di soggetti diversi dall’ente.
Le ragioni di questo mutamento erano da ricercare sia nella
crisi energetica del 1973
15
, che poneva in risalto la debolezza del
13
G. GENTILE e P. GONNELLI, “Manuale di diritto dell’energia”, Milano,
Giuffrè, 1994, pag. 91 e segg.
14
G. CAIA, La gestione del servizio elettrico: profili istituzionali in “Energia”,
1985, pag. 68 e segg.
15
Si trattava di una crisi petrolifera, che si fa convenzionalmente risalire alla guerra
del Kippur del 1973.
18
sistema energetico nazionale, quanto nell’affermarsi di una
programmazione sistematica nel campo dell’energia rappresentata
dai P.E.N. (piani energetici nazionali)
16
.
Furono, quindi, emanate le leggi 2 agosto 1975, n. 393 e 29
maggio 1982, n. 308; la prima provvedeva alle esigenze di
risparmio energetico precisamente agli articoli 10, 11 e 13.
L’art. 10 disponeva, per i progetti di nuovi impianti
termoelettrici dell’Enel, l’adozione di soluzioni tecniche per la
produzione di acqua calda e vapore; la norma era chiaramente
intesa a predisporre le condizioni per l’espletamento del servizio
pubblico locale di teleriscaldamento
17
.
Con l’art. 11 erano autorizzati Comuni e Province ad
assumere iniziative nel campo della produzione e distribuzione di
calore anche abbinati alla produzione di energia elettrica, oltre alla
produzione di quest’ultima tramite gli impianti di incenerimento di
rifiuti e di dissalazione delle acque; l’energia elettrica in tal modo
prodotta aveva comunque un vincolo di destinazione: nel primo
caso andava ceduta integralmente all’Enel, nel secondo poteva
essere esclusivamente utilizzata per l’illuminazione pubblica o per
la trazione di mezzi pubblici.
Le novità più importanti le introduceva, però, l’art. 13, il
quale prevedeva che le concessioni idroelettriche, a cui l’Enel
aveva rinunciato e quelle scadute, per le quali lo stesso non si era
avvalso della facoltà di subentro, potevano essere attribuite agli
enti locali già operanti nel settore energetico, agli autoproduttori e a
16
Per approfondimenti sui P.E.N. si veda: V. ROSSI, La programmazione energetica,
nel volume di G. GENTILE, “Lezioni di diritto dell’energia”, Milano, 1987, pag. 170
e segg.; D’ORTA, La programmazione energetica, nel volume di CASSESE, “Il
governo dell’energia”, Rimini, 1992, pag. 119 e segg.
17
Tale previsione fu riconfermata ed ampliata con l’art. 10 della legge n. 308 del
1982.
19
tutti i soggetti esclusi dal trasferimento all’Enel, ai sensi dell’art. 4,
n. 5, 6 e 8 della legge n. 1643 del 1962; l’innovazione di tale
articolo non consisteva nell’ammettere soggetti nuovi all’esercizio
delle attività elettriche, bensì, consentendo l’acquisizione di nuovi
impianti, permettere che soggetti diversi dall’ente nazionale
potessero svilupparsi imprenditorialmente
18
.
La legge 29 maggio, n. 308
19
, apportava innovazioni ancor
più significative al sistema previgente, in particolare introduceva
una nuova deroga di carattere generale e di rilevante potenzialità, al
regime di riserva dell’Enel, concernente la produzione di energia
elettrica tramite fonti rinnovabili
20
; predisponeva inoltre incentivi
finanziari di vario genere volti a favorire lo sviluppo delle fonti
rinnovabili.
Per l’appunto l’art. 4 consentiva la libera produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili e da impianti combinati di
energia e calore, a condizione che la potenza degli impianti non
fosse superiore a 3000 kWh, prescindendo, inoltre, da qualsiasi
configurazione soggettiva e dalle autorizzazioni previste dalla
normativa in materia di nazionalizzazione.
L’art. 4, 2° comma, prevedeva un’altra ipotesi di deroga alla
riserva, per i recuperi di energia effettuati all’interno di stabilimenti
industriali, ai quali, previa autorizzazione ministeriale, non si
18
G. CAIA, op. cit.
19
Per approfondimenti si veda F. ROVERSI-MONACO e G. CAIA, Commentario
della legge 29 maggio 1982, n. 308, in “Nuove leggi civili commentate”, 1983, pag.
1159 e segg.
20
A norma dell’art. 1 legge n. 308 del 1982 erano considerate fonti rinnovabili “il
sole, il vento, l’energia idraulica, le riserve geotermiche, le maree, il moto ondoso, la
trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali, il calore
recuperabile negli impianti di produzione de energia elettrica, nei fiumi di scarico e
da impianti termici e processi industriali, e le altre forme di energia recuperabile in
processi o impianti”.
20
applicava il limite di potenza sopraindicato; il successivo 4°
comma dell’art. 4 della medesima legge n. 308 disponeva che
qualora gli impianti di cogenerazione fossero gestiti da enti locali,
loro consorzi, aziende speciali o consorzi misti tra soggetti pubblici
locali ed imprese private, i limiti di potenza erano determinati dalle
esigenze di produzione di calore.
Per quanto concerneva l’autoproduzione da fonti rinnovabili
veniva meno il requisito soggettivo e poteva, pertanto, accedervi
qualunque soggetto, di conseguenza risultavano più ampi gli
utilizzi a cui era possibile destinare l’energia autoprodotta: non più
solo per fini industriali, ma anche per usi civili.
In ogni caso, persisteva la potestà esclusiva dell’Enel in
materia di distribuzione agli utenti; stabiliva, infatti, l’art. 4 al suo
5° comma che l’energia eccedente il soddisfacimento dei propri
fabbisogni andava ceduta all’ente, era quindi vietata la cessione a
terzi
21
.
21
Erano fatte salve, dalla disposizione, le imprese degli enti locali, di cui all’art. 4 n.
5 della legge n. 1643 del 1962, ovvero le aziende municipali che già espletavano il
servizio pubblico di distribuzione prima della nazionalizzazione.