6
Il reinserimento, in quest’ottica, potrebbe essere metaforicamente paragonato ad una
“cartina tornasole” che ha il compito di testare il cammino intrapreso fino a quel
momento in quanto, sia che il soggetto sia reduce da un percorso comunitario sia che
abbia seguito un percorso terapeutico riabilitativo presso i servizi territoriali, egli mette
alla prova le sue reali motivazioni al cambiamento, il suo grado di responsabilizzazione
verso le proprie difficoltà e la sua tenuta rispetto a situazioni nuove che contribuiranno a
strutturarne l’identità.
La mia esperienza di tirocinio al Ser.T mi ha portato da un lato a constatare l’estrema
delicatezza della fase del reinserimento e, purtroppo, dall’altro a rilevare che, a tanta
problematicità, corrisponde un sistema d’offerta piuttosto frammentato, in cui non è
chiaramente definita la linea di confine tra il ruolo-intervento dei servizi del settore e
l’azione autonoma dei soggetti.
Dal mio punto di vista, il reinserimento dell’ex tossicodipendente dovrebbe essere
supportato da un lavoro di rete tra le varie risorse del territorio, competenti e operanti
nel settore, finalizzato al progressivo e costante accompagnamento del soggetto verso il
raggiungimento di una sua autonomia. Questa è anche la filosofia che sta alla base
dell’azione dei servizi, tuttavia concretamente è difficile da mettere in atto a causa della
“precarietà” della realtà operativa.
Nel caso specifico della realtà milanese, ho avuto modo di osservare non solo
l’inesistenza di una rete d’offerta ben strutturata che coinvolgesse sia il pubblico che il
privato, indispensabile se si pensa al contesto metropolitano in questione, poco
“accogliente” rispetto all’integrazione dei soggetti più deboli, ma anche una concezione
lineare del percorso inadeguata rispetto alle esigenze della maggioranza dell’utenza, che
tende alla cronicizzazione.
Quanto detto si concretizza in un lavoro di supporto al soggetto che è complicato dalla
scarsità delle risorse e che quindi favorisce l’inserimento, anche se problematico, solo
delle persone che dispongono di maggiori risorse. E il resto dell’utenza? Rimane
ancorata al Ser.T instaurando un rapporto di dipendenza anche nei confronti della
struttura.
La mole di lavoro nei servizi pubblici è notevole, per cui come ho sperimentato io
stessa, l’assistente sociale e gli altri operatori, nei limiti delle loro possibilità, cercano di
mantenere una relazione di continuità anche con questa tipologia d’utenza, tuttavia nella
maggioranza dei casi non riescono ad attivare con loro e in loro dei cambiamenti
rispetto alla situazione in cui si trovano.
7
Alla luce di queste riflessioni ho deciso di produrre l’elaborato in questione, finalizzato
non solo a porre ulteriormente l’attenzione rispetto alla funzione “chiave” svolta dal
reinserimento nell’ambito del processo d’uscita dalla tossicodipendenza, ma soprattutto
a dare rilievo a dei nuovi percorsi di reintegrazione sociale e lavorativa basati
sull’importanza del sostegno e dell’accompagnamento costante all’ex
tossicodipendente, nei quali è ben definito il ruolo giocato dai servizi in un contesto di
lavoro di rete.
Data la scarsità della documentazione in materia e per rendere più comprensibili le mie
riflessioni, ho deciso di analizzare un progetto sperimentale del Comune di Milano
attualmente in fase di realizzazione: Nuovi percorsi per il reinserimento - ricerca
intervento nell’area del reinserimento sociale, che secondo il mio parere ben
rappresenta un’alternativa alla frammentazione dell’azione cittadina in quest’ambito e
una alla risoluzione delle problematiche di reinserimento degli utenti cosiddetti cronici,
in carico ai Ser.T da anni, compromessi da più punti di vista (sanitario, sociale,
lavorativo, familiare…) e quindi incapaci di sostenere i percorsi lineari d’inserimento
diffusi allo stato attuale nei servizi.
Gli aspetti fondamentali di tale progetto sono:
o la ridefinizione del concetto stesso di reinserimento, non più inteso come
momento a sé stante ma bensì come parte integrante del trattamento, ponendosi
in tal senso in rapporto di continuità rispetto a quanto fatto fino ad allora,
permettendo così al soggetto di sentirsi meno disorientato e solo nel momento
del “rientro alla normalità”.
o la sperimentazione di un tutor che si occupi a tutto tondo del soggetto,
ponendosi come intermediario e mediatore rispetto agli altri operatori del caso.
La funzione dei diversi servizi sarebbe in tal senso indirizzata al lavoro fianco a fianco
con l’utente nella ridefinizione della sua identità e del suo ruolo nella società,
portandolo a riconoscere i suoi limiti ma soprattutto le sue potenzialità.
Non si tratta certo di un compito semplice data la delicatezza dei cambiamenti richiesti,
tuttavia ho ritenuto opportuno analizzarlo in quanto rappresentativo delle riflessioni che
stanno alla base dell’elaborato in questione, sopra elencate, e perché espressione
dell’importanza che ricopre la collaborazione tra le diverse realtà territoriali competenti
nel settore, allo stato attuale poco definita nell’ambito della realtà milanese.
8
A supportare l’importanza del sostegno e dell’accompagnamento, richiamato nel
progetto analizzato, è dedicato il quarto capitolo, nel quale provvederò ad analizzare le
figure del tutor e dell’assistente sociale quali punti di riferimento costanti nel percorso
di cambiamento.
La prima parte ( primo e secondo capitolo), introduttiva rispetto al corpus centrale
costituito dall’analisi del progetto, è finalizzata sia all’analisi del contesto legislativo di
riferimento sia alla definizione dell’importanza ricoperta dall’inserimento lavorativo nei
percorsi di reinserimento.
L’inquadramento normativo (primo capitolo) ha la funzione di mettere in luce il legame
che comunemente associa la tossicodipendenza alla devianza in virtù della pericolosità
sociale che contraddistingue il fenomeno e che successivamente influenzerà il rientro
stesso dell’ex tossicodipendente nella società, in quanto essendo ancora etichettato
come tossico, faticherà egli stesso a non riconoscersi come tale (processo
d’interiorizzazione dell’etichettamento). L’analisi legislativa a livello nazionale, sarà
poi ristretta all’ambito lombardo e poi a quello milanese, con l’intento di esaminare il
sistema d’offerta a livello di reinserimento degli ex tossicodipendenti e le linee guida
che ne indirizzano le azioni.
Il lavoro e le fasce deboli è invece l’argomento del secondo capitolo, finalizzato a
definire l’importanza che assume il lavoro in qualità di realizzazione personale in virtù
dell’appropriazione di un proprio status sociale. A tal proposito presenterò brevemente
quella che è la condizione delle cosiddette fasce deboli nella società contemporanea
delineando nello specifico le difficoltà presentate dagli ex tossicodipendenti rispetto
all’inserimento lavorativo.
Infine nelle conclusioni cercherò di trarre le somme rispetto al ruolo dei servizi e delle
linee guida che indirizzano le politiche di reinserimento degli ex tossicodipendenti, alla
luce sia delle mie riflessioni di base che di quanto esaminato nell’elaborato.
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CAPITOLO I
LEGISLAZIONE E TOSSICODIPENDENZA
Le problematiche relative alla tossicodipendenza rappresentano un settore complesso
all’interno delle politiche sociali in virtù dell’associazione che lega il fenomeno sia al
concetto di devianza sia a quello di illegalità. Spesso, infatti, per definire la
regolamentazione in materia si ricorre alla nozione di “politiche di controllo”, orientate
appunto ad affrontare comportamenti e fenomeni di devianza.
A tal proposito, prima d’inquadrare il quadro legislativo italiano in materia, del quale
analizzerò i principali riferimenti normativi e le linee d’azione volte all’intervento
sociale, premetto un breve excursus sul processo di costruzione delle politiche di
controllo legato a quei comportamenti definiti problematici.
Il campo d’analisi sarà poi ristretto alla regione Lombardia e ancora più nello specifico
alla realtà milanese, nell’ambito della quale prenderò in esame il reinserimento sociale
dell’ex tossicodipendente.
1.1 L’origine delle politiche di controllo
All’interno di ogni società vi è sempre una distinzione tra “normalità” e “devianza”.
Secondo Giddens
1
tale dicotomia è frutto della “costruzione sociale” di ciò che ogni
società considera deviante, risultato però dell’ articolazione di dinamiche sociali
normali. L’autore quindi evidenzia quasi una “continuità tra il comportamento
criminale e quello rispettabile”, che lo porta ad ammettere il concetto di normalità
della devianza.
Tuttavia come ricorda De Leonardis
2
: “Non potremo ignorare che la distinzione tra
normalità e devianza segna i giudizi, le definizioni, le istituzioni (come produttrici di
categorie e normatività) e di conseguenza le relazioni sociali e i trattamenti rivolti a chi
con l’etichetta di deviante è connotato. Non potremo soprattutto ignorare che alcuni
comportamenti messi in atto da determinate persone (o categorie d’individui) vengono
accolti come riprovevoli e necessitanti di trattamento ( penale o terapeutico), mentre
comportamenti <sostanzialmente> simili oppure posti in essere da altri non vengono
percepiti e trattati come tali.”
1
G. Giddens, Sociologia, Il Mulino, Bologna, 1994
2
O. De Leonardis, Le istituzioni. Come e perché parlarne, Carrocci, Roma, 2001
10
Questa differenza di trattamento si ricollega alla distinzione tra aspetti sostanziali e
aspetti di “costruzione sociale” dei fenomeni e delle categorie interpretative che
portano ad applicare etichette di normalità (e la conseguente accettabilità) o,
all’opposto, di devianza (e la conseguente inaccettabilità) a comportamenti, che dal
punto di vista sostanziale, sono oggettivamente non dissimili. Sono quindi le definizioni
e la differenza nei giudizi a produrre conseguenze sui destini delle persone cui si
applicano.
Secondo F. Prina
3
sono definiti come devianti : “Quella parte di comportamenti
problematici che viene socialmente definita come meritevole di attenzione e regolazione
sociale”.
Per comprendere gli orientamenti delle politiche di controllo si tiene conto di diverse
direzioni:
- Le forme di “costruzione sociale” dei problemi, la percezione degli stessi e delle
loro cause a livello di senso comune e il ruolo che in tale costruzione svolgono i
media;
- Alle domande che provengono dalle collettività locali in termini di sicurezza, di
controllo del territorio, di risposta a comportamenti considerati intollerabili;
- Alle teorie scientifiche di interpretazione dei fenomeni di devianza e criminalità
che appaiono in quel dato momento più utili e funzionali;
- Alle esigenze e agli interessi che si esprimono nell’ambito del sistema politico e
dei decisori pubblici a diversi livelli;
- Agli interessi e alle prassi delle istituzioni chiamate ad attuare le diverse
politiche e in particolare alle modalità in cui nella fase di implementazione delle
politiche decise, si pongono i servizi e gli operatori che in essi vi agiscono.
Lo schema seguente
4
rappresenta come un comportamento problematico, (es. la
tossicodipendenza) attraverso un processo di costruzione sociale in cui hanno un ruolo
attivo media, esperti ecc, venga definito come un problema meritevole di attenzione,
che provoca domande di controllo, di risposta, di occultamento. Tali domande sono
rivolte al sistema politico, dal quale potranno ricevere una o più risposte istituzionali,
che assumono il carattere di dettato normativo (penale o amministrativo), la cui
trasformazione in politiche è compito di istituzioni diverse (di controllo e/o
trattamento), delegate esplicitamente a darvi attuazione.
3
F. Prina, Devianza e politiche di controllo, Carocci, Roma, 2003
4
F. Prina, Devianza e politiche di controllo, Carocci, Roma, 2003. Pag. 75
11
Figura 1 Fattori di produzione delle politiche e relativi nessi.
Esso vuole anche indicare come nella produzione delle politiche di controllo si
intrecciano fattori che appartengono a piani diversi: quello riferibile alle dinamiche
socio-relazionali, quello inerente alla dimensione culturale, ideologica, scientifica,
quello che attiene agli interessi politico- economici. All’elaborazione dei contenuti delle
politiche concorrono oltre alle idee di senso comune, che intorno a quel dato
comportamento o fenomeno si sono andate condensando (e che sono alla base delle
reazioni informali poste in essere socialmente), le ricerche, le analisi, le spiegazioni
elaborate dalla comunità scientifica. Tuttavia le soluzioni che vengono adottate
risentono e sono il riflesso di altri elementi cui il sistema politico presta grande
Comportamento
problematico
Sua definizione come
devianza e come problema
sociale
Relazioni sociali
informali
Interpretazioni colte
Paradigmi scientifici
Saperi tecnici
Interpretazioni di senso
comune e aspettative di
soluzione
Movimenti sociali
Imprenditori morali
Interessi forti
Produzione
normativa
Istituzioni delegate:
-agenzie di controllo
-istituzioni di trattamento
Sistema politico
Relativi interessi
(consenso/potere)
Applicazione e implementazione delle politiche
12
attenzione: il peso degli interessi forti (economici e non solo), il ruolo che possono
giocare movimenti sociali e l’interesse dello stesso sistema politico finalizzato a
conservare e ad accrescere il proprio consenso in ambito elettorale e quindi il proprio
potere. Il peso e il ruolo di fattori elencati (comunità scientifica, il senso comune, i
movimenti sociali, gli interessi prevalenti, le esigenze di consenso e conservazione del
sistema politico) dipende da un insieme di circostanze e vicende legate ai tratti
caratteristici che connotano i sistemi sociali in un determinato periodo. Se si prendono
in esame le vicende che hanno caratterizzato, negli ultimi decenni, le scelte rispetto alle
norme e alle politiche, è facile vedere come l’evolversi delle forme di controllo e dei
contenuti, che hanno dato vita alle reazioni istituzionali rispetto ai problemi di devianza,
sia stato segnato da momenti in cui è prevalsa la cultura degli operatori e dei movimenti
di difesa dei diritti delle persone, altri in cui invece le preoccupazioni di consenso del
sistema politico prendono il sopravvento, momenti in cui la pressione dell’opinione
pubblica ha imposto soluzioni d’emergenza, altri ancora in cui è stata decisiva
l’influenza delle indicazioni elaborate da esperti e quindi ha prevalso l’espressione della
cultura scientifica.
Lo schema inoltre evidenzia come la produzione normativa non rappresenti in sé la
risposta alle aspettative di soluzione dei problemi, in quanto rappresenta solo l’avvio di
un processo di costruzione di politiche che dovranno essere poi realizzate da attori
individuali e collettivi differenti. Solo questo complesso processo sarà in grado di
determinare dei mutamenti sia nelle modalità di manifestarsi dei comportamenti
problematici , sia nella loro definizione di inaccettabili, devianti, socialmente meritevoli
di attenzione, con effetti di modificazione delle aspettative e delle domande di
soluzione.
1.2 L’Unione Europea e la lotta alla droga
In quanto l’Italia è membro dell’Unione Europea, mi sembra giusto premettere
all’analisi della normativa italiana in tema di tossicodipendenze, un inquadramento sulle
linee d’azione della Comunità Europea in materia che influenzano il nostro stesso
quadro legislativo.
La lotta alla droga costituisce una delle priorità dell’Unione Europea tanto che è stato
approvato il piano d'azione per la lotta contro la droga (2000-2004). Esso prevede
un approccio globale, pluridisciplinare e integrato di lotta contro la droga volto a coprire
13
tutti gli aspetti del fenomeno: riduzione della domanda, riduzione dell'offerta, lotta al
traffico ed azione internazionale.
Gli strumenti previsti per conseguire le finalità sopra dette sono:
ξ Cooperazione doganale e di polizia attuate direttamente tra i servizi degli Stati
membri con la mediazione di Europol;
ξ Cooperazione giudiziaria;
ξ Ravvicinamento delle norme di diritto penale degli Stati membri.
In molti casi al problema della tossicodipendenza si associa quello della criminalità, per
questo secondo l’U.E è necessario un approccio equilibrato finalizzato alla riduzione
della domanda e dell'offerta. Lo scopo è di giungere, in cinque anni, ad una diminuzione
del consumo da parte dei giovani di età inferiore ai 18 anni, nonché del numero dei
decessi dovuti a tossicodipendenza. La riduzione della produzione di droga richiede una
cooperazione tra paesi produttori e paesi consumatori intesa a promuovere lo sviluppo
sociale ed economico dei primi. Il piano individua una serie di priorità:
ξ Lotta contro il consumo e la produzione di cannabis, anfetamine, ecstasy;
ξ Preparazione di progetti integrati di lotta contro la delinquenza urbana,
soprattutto tra i più giovani;
ξ Azioni in materia di salute (epatite), di emarginazione sociale e di giustizia
penale;
ξ Preparazione all'ampliamento mediante la partecipazione dei paesi candidati ai
programmi dell'UE.
Priorità che comportano il raggiungimento dei seguenti obiettivi :
ξ Continuare a considerare la lotta contro la droga la principale priorità dell'azione
interna ed esterna dell'UE;
ξ Proseguire un approccio integrato ed equilibrato che concili la riduzione
dell'offerta e della domanda;
ξ Proseguire l'elaborazione dei dati con l'ausilio dell'osservatorio di Lisbona e di
Europol;
ξ Promuovere la cooperazione internazionale, particolarmente attraverso le
Nazioni Unite;
ξ Mobilitare adeguate risorse.
14
1.3 La Legislazione italiana in tema di tossicodipendenze
1.3.1 Il cammino verso l’approvazione del Testo unico per le
tossicodipendenze
La prima forma di regolamentazione del fenomeno delle tossicodipendenze è
rappresentata dalla legge 22 dicembre 1975 n. 685 : “Disciplina degli stupefacenti e
sostanze psicotrope. Prevenzione e cura dei relativi stati di tossicodipendenza”.
Questa legge introduce i concetti di cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenze
ed una prima distinzione tra consumatore e spacciatore.
Il provvedimento si basa su:
ξ Distinzione tra piccolo e grande spaccio;
ξ Distinzione tra spacciatore e consumatore prevedendo la non punibilità per la
detenzione ad uso personale di modiche quantità di sostanze stupefacenti;
ξ Possibilità di mantenere l’anonimato in caso di scelta di sottoporsi ad un
programma terapeutico.
Successivamente tale provvedimento è stato modificato dalla legge 26 giugno 1990 n.
162, “Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della legge 685/75 recante disciplina
degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenza”.
Questo legge modifica e sostituisce alcuni articoli della legge 685/75, inerenti sia gli
organismi per lo studio delle tossicodipendenze sia le sanzioni e il trattamento di chi
commercia, produce e utilizza sostanze illegali.
Pochi mesi dopo, il 9 Ottobre 1990, viene approvato quello che ancora oggi è il
principale riferimento normativo nazionale in tema di tossicodipendenza: il D.P.R.
309/90 "Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza"
che integra e riassume le precedenti leggi in materia (Legge n. 685/75 e Legge n.
162/90) riepilogando tutte le indicazioni relative ai vari aspetti legati alla produzione,
distribuzione, consumo di sostanze stupefacenti e della prevenzione, cura e
riabilitazione degli stati di tossicodipendenza ed alcoldipendenza. L’attuale regime
prevede quindi:
Il divieto PENALMENTE SANZIONATO di ogni attività concernente gli stupefacenti,
non volta all'uso personale;
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Il divieto SANZIONATO AMMINISTRATIVAMENTE delle attività di importazione,
acquisto, detenzione, di sostanze stupefacenti destinate all'uso esclusivamente
personale.
Esso definisce inoltre quali sono le sostanze stupefacenti, che il Ministero della Sanità
ha provveduto a catalogare in quattro tabelle, compiendo una distinzione tra "droghe
leggere" e "droghe pesanti".
Il Testo unico ha unificato e in parte modificato le leggi 685/75 e 162/90 per allinearsi
alle risoluzioni della Comunità Europea, in particolare in merito ai seguenti obiettivi:
- combattere in modo efficace la diffusione degli stupefacenti potenziando
l’attività della Polizia Giudiziaria;
- dichiarare sempre illecito l’uso di stupefacenti per uso personale;
- creare sanzioni;
- escludere le ipotesi di liberalizzazione e legalizzazione delle droghe.
Il D.P.R 309/90 è composto da 136 articoli, suddivisi in 12 titoli, che affrontano il
problema delle sostanze psicoattive sotto diversi aspetti:
ξ L’individuazione degli organismi coinvolti nella lotta alla droga
ξ La regolazione dell’uso di sostanze;
ξ La repressione delle attività illecite;
ξ Le attribuzioni delle competenze regionali, provinciali e locali;
ξ Gli interventi informativi ed educativi;
ξ Gli interventi preventivi, curativi e riabilitativi.
Il Titolo 1, comprendente gli articoli dall’1 al 16, è dedicato agli “organi e alle tabelle”.
Gli organi previsti e le loro relative funzioni sono elencati nei diversi articolo come
segue:
ξ L’art.1 istituisce il Comitato nazionale di coordinamento per l'azione antidroga.
ξ Nell’Art.2 vengono definite le funzioni che spettano al Ministro della sanità.
ξ L’Art.3 istituisce il Servizio centrale per le dipendenze da alcool e sostanze
stupefacenti o psicotrope.
ξ La composizione del servizio centrale per le dipendenze da alcool e sostanze
stupefacenti o psicotrope è descritta nell’Art.4.
ξ Nell’Art.6 sono elencate le modalità della vigilanza fabbricazione di sostanze
stupefacenti o psicotrope quando sussistano sospetti di attività illecite.
ξ L’Art. 8 prevede l’applicazione di sanzioni in caso di opposizione alle ispezioni.
16
ξ Le funzioni del Ministro dell'interno (Art.9).
ξ Istituzione di Uffici antidroga all'estero (Art 11).
ξ L’art. 12 stabilisce la consultazione e il raccordo tra lo Stato le regioni e le
province autonome.
ξ L’art. 13 dispone che le sostanze stupefacenti siano raggruppate in sei tabelle
mentre l’Art. 14 stabilisce i criteri per la loro realizzazione:
- Tabella 1 indica oppio e oppiacei, foglie di coca e alcaloidi eccitanti,
anfetamine, ovvero tutte le sostanze che producono effetti sul sistema nervoso
centrale determinando dipendenza fisica e/o psichica e quelle che producono
allucinazioni o distorsioni della realtà;
- Tabella 2 indica sostanze di tipo cannabis;
- Tabella 3 indica sostanze barbituriche;
- Tabella 4 indica sostanze di uso terapeutico che provocano dipendenza;
- Tabella 5 indica le preparazioni contenenti sostanze elencate nelle tabelle
precedenti;
- Tabella 6 indica prodotti ad azione ansiolitica, antidepressiva o psicostimolante
che possono dare dipendenza.
- L’ Art. 15 definisce gli adempimenti del Ministero della sanità e delle regioni.
- L’Art 16 elenca le imprese autorizzate.
Il Titolo 2 comprende gli artt. 17-25 riguardanti le “autorizzazioni”
Art. 17 Obbligo di autorizzazione.
Art. 18 Comunicazione dei decreti di autorizzazione.
Art. 19 Requisiti soggettivi per l'autorizzazione.
Art. 20 Rinnovo delle autorizzazioni.
Art. 21 Revoca e sospensione dell'autorizzazione.
Art. 22 Provvedimenti in caso di cessazione delle attività autorizzate.
Art. 23 Cessione o distruzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Art. 24 Sostanze stupefacenti o psicotrope confiscate o acquisite.
Art. 25 Distruzione delle sostanze consegnate o messe a disposizione del Ministero
della sanità.
17
Il Titolo 3 (artt. 26-37) disciplina le “disposizioni relative alla coltivazione e
produzione, alla fabbricazione, all’impiego ed al commercio all’ingrosso di sostanze
stupefacenti psicotrope”. Esso si ripartite:
ξ nel Capo I, relativo alla coltivazione e alla produzione: Art. 26 Coltivazioni e
produzioni vietate; Art. 27 Autorizzazione alla coltivazione; Art. 28 Sanzioni
previste; Art. 29 Vigilanza sulla coltivazione raccolta e produzione di
stupefacenti; Art.30 Eccedenze di produzione.
ξ nel Capo II relativo alla fabbricazione: Art. 31 Quote di fabbricazione; Art. 32
Autorizzazione alla fabbricazione; Art.33 Idoneità dell'officina ai fini della
fabbricazione; Art. 34 Controllo sui cicli di lavorazione; Art. 35 Controllo sulle
materie prime.
ξ nel Capo III disciplinante l'impiego: Art. 36 Autorizzazione all'impiego
ξ nel Capo IV che regola il commercio all'ingrosso: Art. 37 Autorizzazione al
commercio all'ingrosso.
Il Titolo 4 (Artt.38-49) “disposizioni relative alla distribuzione”. Esso si riparte:
ξ nel Capo I relativo alla vendita, all'acquisto e alla somministrazione: Art. 38
Vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope; Art. 39 Buoni acquisto;
Art. 40 Confezioni per la vendita; Art. 41 Modalità di consegna; Art.42 Acquisto
di preparazioni di sostanze stupefacenti o psicotrope da parte di medici
chirurghi; Art. 43 Obblighi dei medici chirurghi e dei medici veterinari; Art. 44
Divieto di consegna a persona minore o inferma di mente; Art. 45 Obblighi del
farmacista;
ξ nel Capo II che disciplina i casi di approvvigionamento obbligatorio:
Art. 46 Approvvigionamento e somministrazione a bordo delle navi mercantili;
Art. 47 Approvvigionamento e somministrazione nei cantieri di lavoro; Art. 48
Approvvigionamento per le necessità di pronto soccorso;
ξ nel Capo III che delibera in merito alla ricerca scientifica e alla sperimentazione:
Art. 49 istituisce gli istituti di ricerca scientifica e disciplina i criteri di
assegnazione di stupefacenti e sostanze psicotrope.