5
Fortunatamente l'uomo ha scoperto, accanto ad un'anima da
predatore, una coscienza ecologica, e non solo come singolo, ma come
società organizzata, come Stato.
È una coscienza ecologica che si è potuta tradurre in norme di
tutela, in regolamentazioni dell'attività umana in ambienti fortemente
minacciati. Ma, aspetto fondamentale per un'efficace azione di
protezione globale dell'ambiente, è stata soprattutto una coscienza
ecologica che si è tradotta in atti internazionali frutto della
cooperazione tra Stati.
Diversamente si è però ripartita l'attenzione dei legislatori
nazionali ed internazionali, tra ambiente marino ed ambiente terrestre.
È proprio su quest'ultimo che maggiormente si è esercitata la
coscienza ecologica del mondo: la maggior parte di norme interne, atti
e convenzioni riguardano l'ambiente in generale, ma hanno
evidentemente come obiettivo ultimo l'ambiente terrestre; parchi e
riserve sono modellati ecologicamente e giuridicamente sull'ambiente
terrestre.
All'ambiente marino si è, fino a poco tempo fa, concesso di
utilizzare norme e modelli pensati per le zone terrestri.
6
Norme e modelli che si sono rivelati del tutto inadeguati alle
esigenze di protezione di un ambiente così particolare quale quello
marino.
Si è giunti finalmente ad una regolamentazione specifica per i
mari, che ha coinvolto, in ragione del carattere aperto dell'ambiente in
parola, in misura maggiore che per l'ambiente terrestre, gli Stati,
esigendo da essi azioni coordinate ed una vasta cooperazione.
Il parco marino internazionale delle Bocche di Bonifacio
racchiude in sé tutte le risposte alle esigenze di protezione del mare; è
il modello per la tutela del futuro; è il futuro ecologico e politico
dell'Europa Unita che sarà ma tocca a noi, ora, farlo realtà. Tocca a
noi, ora, farlo crescere con una maturità ecologica che dovrebbe ormai
appartenerci e che invece ancora stenta contro la cultura del predare.
Se sarà quest'ultima a vincere, con il parco marino internazionale
perderemo non solo una grande occasione di tutela e sviluppo, ma
anche una grande occasione per dare al mare ed all'ambiente tutto, un
futuro.
7
CAPITOLO I
PROTEZIONE DEL MARE
Sommario: 1. Evoluzione della normativa sulla protezione dell’ambiente marino -
2. La convenzione sul diritto del mare, Montego Bay 1982.
8
1.1 EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA SULLA PROTEZIONE
DELL’AMBIENTE MARINO
Solo negli ultimi 25 anni il diritto del mare ha registrato una
notevole evoluzione nel settore della protezione dell’ambiente marino
1
.
È infatti negli anni ’70 che si attua una modifica sostanziale nei
contenuti della disciplina internazionale, che fino ad allora aveva visto
la protezione dell’ambiente marino oggetto di convenzioni piuttosto
limitate nella loro applicazione ed efficacia.
Si trattava, innanzitutto, di convenzioni che, dato il loro carattere
sinallagmatico, creavano diritti ed obblighi per i soli Stati contraenti:
non era ancora emerso, a livello nazionale ed internazionale, il
concetto di un obbligo generale e reciproco relativo alla protezione
dell’ambiente marino in quanto tale.
1
Altri settori interessati da tale evoluzione sono stati quelli dell’esplorazione
dei fondali marini, dello sfruttamento e della ricerca scientifica in mare. Vi è stata
un’evoluzione parallela sia nella normativa internazionale che in quella interna.
9
Erano inoltre convenzione che riguardavano o determinati tipi di
inquinamento (convenzioni a carattere settoriale) o determinati bacini
(convenzioni a carattere regionale).
Le prime prevedevano particolari poteri e doveri degli Stati rispetto
a tali specifici tipi di inquinamento
2
.
Le seconde invece riguardavano zone di mare particolarmente
esposte al pericolo di inquinamento, o perché rientranti nella categoria
dei mari chiusi o semichiusi, o perché interessate da un elevato
traffico marittimo, o entrambe (es. il Mediterraneo)
3
.
Tale settorialità emergeva ancora di più, se possibile, sul piano
nazionale. Le leggi interne, per lo più di attuazione ed esecuzione
delle convenzioni, non potevano non rispecchiarne il carattere
frammentario.
2
Si prenda, ad esempio, tra le altre la Convenzione di Londra del 12 Maggio
1954 per la “Prevenzione delle acque del mare dall’inquinamento da idrocarburi”.
3
Nelle stesse Convenzioni di Ginevra del 1958 sul diritto del mare, le uniche
norme relative alla protezione dell’ambiente marino dall’inquinamento, sono gli
articoli 24 e 25 della Convenzione sull’Alto Mare, riguardanti le sostanze
inquinanti speciali e l’esplorazione del fondo marino. Dunque norme a carattere
particolare e non generale.
10
Tutto ciò rispetto ad un problema la cui unica soluzione, al
contrario, non poteva che essere globale, con la creazione di una
disciplina più generale del fenomeno dell’inquinamento e della
protezione dell’ambiente marino, applicabile a tutti gli stati ed ai loro
reciproci rapporti.
Come detto, solo negli anni ’70 l’approccio normativo al
problema inizia a cambiare. È facile trovare le cause della svolta:
l’emergere di un “... interesse collettivo della comunità internazionale
alla tutela dell’ambiente marino e l’affermazione dell’impegno di ogni
Stato per la difesa dell’interesse in questione
4
.
Una notevole spinta all’evoluzione del diritto del mare in tal
senso fu data dall’opinione pubblica sensibilizzata al problema da
alcuni incidenti marittimi
5
che provocarono elevatissimi tassi di
inquinamento nelle aree interessate. È in questo clima di ritrovata
sensibilità ecologica che il diritto del mare vede nascere, da una parte,
una seconda generazione di convenzioni (della c.d “seconda
generazione”) e, dall’altra, comportamenti unilaterali degli Stati (note
diplomatiche, leggi interne, decisioni giurisprudenziali) che
porteranno
4
U. Leanza, Nuovi saggi del diritto del mare, Torino, 1988, pp. 394 ss.
5
Fra gli altri: il disastro della Torrey Canyon nel 1967 nel Canale della Manica;
quello dell’Amoco Cadiz nel 1978 nel Mar del Nord.
11
ben presto a nuove norme internazionali generali sulla prevenzione e
repressioni dell’inquinamento marino. Il primo risultato di tale
processo di evoluzione è rappresentato dalla Dichiarazione della
Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano tenutasi a
Stoccolma nel Giugno 1972
6
, la quale, fra l’altro, fissa dei principi
generali sul problema dell’inquinamento al Principio 6
7
e
dell’inquinamento marino al Principio 7
8
.
Di rilievo è anche il Principio 22 che prospetta una cooperazione
tra gli Stati per l’“... ulteriore sviluppo del diritto internazionale in
materia di responsabilità e di indennizzo delle vittime
dell’inquinamento e di altri danni ecologici causati dalle attività
6
Per l’Atto Finale della Conferenza di Stoccolma v. Documento delle Nazioni
Unite A/Conf. 48. La Conferenza ha adottato una dichiarazione di 26 Principi ed
un Piano d’Azione costituito da 109 Raccomandazioni divise in cinque gruppi
riguardanti: gli insediamenti umani; la gestione delle risorse naturali;
l’inquinamento; gli aspetti educativi, sociali e culturali; il rapporto tra sviluppo e
ambiente.
7
“... deve essere incoraggiata la giusta lotta dei popoli di tutti i paesi contro
l’inquinamento”.
8
“Gli Stati dovranno adottare tutte le misure possibili per impedire
l’inquinamento del mare da sostanze che possano mettere in pericolo la salute
dell’uomo, nuocere alle risorse biologiche ed alla vita degli organismi marittimi,
arrecare nocumento alle attrattive naturali o nuocere alle altre utilizzazioni
legittime del mare”. Il testo in italiano è tratto da La protezione internazionale del
mare contro l’inquinamento. Raccolta e classificazione di testi (a cura di V.
Starace, F. Panzera), Milano, 1979, p. 377.
12
effettuate nell’ambito della loro giurisdizione o sotto il loro controllo,
in regioni situate al di là dei limiti di tale giurisdizione”
9
.
Si concretizza dunque la preoccupazione di non preservare
esclusivamente gli interessi degli Stati costieri, di non coinvolgere
solo questi ultimi nell’opera di protezione e preservazione, ma di
tutelare l’intero ambiente marino, anche con la collaborazione di
quegli Stati fino ad allora, per la maggior parte, rimasti giuridicamente
al di fuori del problema (es. gli Stati utenti del mare).
Una conferma in tal senso è data dall’articolo 192 della
Convenzione di Montego Bay 1982 sul diritto del mare: “Gli Stati
hanno l’obbligo di preservare e proteggere l’ambiente marino”.
Il generico riferimento agli “Stati” riafferma la nuova visione
globale del problema
10
.
Emerge evidente la differenza di contenuto delle norme della
seconda generazione rispetto alle precedenti.
9
Nel 1976 la Commissione di Diritto Internazionale delle N.U. nel suo
“Programma di articoli sulla responsabilità internazionale degli Stati” ha indicato la
violazione della norma che vieta l’inquinamento massiccio come un tipo
particolarmente grave di illecito.
10
Un rafforzamento di tale articolo è rappresentato dall’art. 194 che collega tale
obbligo a quello degli Stati di impedire che l’uso del rispettivo territorio rechi
danno al territorio e all’ambiente marino di altri Stati e, più in generale, ai luoghi
posti oltre gli ambiti della loro sovranità e quindi anche dell’alto mare.
13
Si prevede ora un obbligo per tutti gli Stati alla tutela
dell’ambiente marino e si attribuisce ad ogni Stato il potere di
intervento e repressione del fenomeno dell’inquinamento marino. I
poteri attribuiti agli Stati hanno carattere pubblicistico e sono
esercitabili da qualsiasi Stato nei confronti di qualsiasi altro Stato. Si
passa dunque dalla sinallagmaticità delle convenzioni anteriori al ’70,
alla validità erga omnes degli obblighi attuali.
A livello di legislazioni nazionali, l’esistenza di norme
internazionali generali in materia di prevenzione dell’inquinamento
determina l’immissione diretta ed automatica di tali norme generali
nell’ambito dei singoli ordinamenti statali.
Sorge la necessità, per gli ordinamenti statali, di adottare leggi
generali di attuazione che rendono possibile l’applicazione ai rapporti
concreti, dei principi generali che vengono automaticamente immessi
nell’ordinamento statale.
14
Un esempio di produzione legislativa di tale tipo,
nell’ordinamento italiano, è dato dalla legge del 1982 n. 979, recante
Disposizioni per la difesa del Mare
11
. Essa riassume i contenuti della
normativa internazionale attuandoli nell’ordinamento statale: è legge
generale esplicante effetti erga omnes. L’evoluzione del diritto in tale
settore interessa dunque anche la normativa statale. Prima della grande
svolta del ’70 infatti, le leggi dello Stato non erano altro che leggi di
esecuzione delle convenzioni internazionali e come tali valevoli solo
nei confronti degli Stati contraenti. Ma vi è di più. Si registra
un’accresciuta importanza del diritto interno che si vede fra l’altro
attribuita la disciplina della fase relativa alle conseguenze
dell’inquinamento. L’ordinamento internazionale infatti limita la propria
disciplina al solo apprestamento dei presupposti necessari per la soluzione
dei problemi concreti provocati dall’inquinamento marino.
Alla soluzione definitiva di essi devono provvedere
necessariamente gli Stati.
11
G.U., 18 Gennaio 1983, n. 16, S.O. Art. 1, 1 comma: “Il Ministro della
Marina Mercantile attua la politica intesa alla protezione dell’ambiente marino ed
alla prevenzione di effetti dannosi alle risorse del mare, provvedendo alla
formazione di intesa con le Regioni, del piano generale di difesa del mare e delle
coste marine dall’inquinamento e di tutela dell’ambiente -marino, valido per tutti il
territorio nazionale, tenuto conto dei programmi statali e regionali anche in materie
connesse, degli indirizzi comunitari e degli impegni internazionali”.