7
Anche il clima economico è diverso rispetto agli anni ’80. Il
miglioramento continuo delle condizioni di vita sembra, a seguito della
crisi economica, venir meno. Il consumatore appare guidato nei suoi
acquisti dall’obiettivo di difesa e di mantenimento delle condizioni
raggiunte nel decennio precedente.
A fronte di pressioni di natura consumista si manifestano spinte verso la
presa di coscienza che i prodotti sono un mezzo per soddisfare le esigenze
di un individuo e non certamente un fine.
E’ a questo tipo di consumatore che le imprese devono rispondere
cercando di cogliere, in modo economico, tutte le differenze e particolarità
che lo caratterizzano.
Per riuscire in questo intento si sono sviluppate più che metodologie,
filosofie di lavoro quali il CRM e il direct marketing.
Il Marketing relazionale e il CRM
Il concetto di marketing si identifica con quello di creazione di una
relazione personalizzata con il cliente: il cosiddetto “marketing
relazionale”.
Secondo una logica di marketing relazionale, lo scambio con il cliente
non va considerato una semplice transazione, delimitata nello spazio e nel
tempo, bensì deve essere visto come parte di una relazione di lungo
periodo. Il concetto di marketing relazionale, tuttavia, non si limita a
prevedere che il rapporto con il cliente sia considerato nell’ottica di una
relazione di lungo periodo, ma richiede altresì che tale relazione sia gestita
in modo tale da garantire la piena soddisfazione del cliente. L’adozione di
una tale logica presuppone l’esistenza di due condizioni: l’individuazione
del cliente e l’esistenza di fiducia reciproca tra azienda e cliente. Questo
significa che il rapporto business-to-consumer diviene molto simile a quello
business-to-business, in cui le parti necessariamente si conoscono, sono
8
legate da una certa fiducia reciproca ed è possibile instaurare un rapporto di
collaborazione in grado di produrre benefici per ambo le parti. Questo
consente di:
9 aumentare il numero di relazioni con i migliori consumatori;
9 gestire le relazioni, ottenendo informazioni utili per delineare le
strategie;
9 influire sulla customer satisfaction;
9 sviluppare le relazioni, instaurando un rapporto fiduciario con il
cliente grazie all’eliminazione delle eventuali aree di insoddisfazione (e
quindi limitare il churn) e alla capacità di recepire le indicazioni provenienti
dal mercato.
I quattro punti cardine del marketing relazionale sono quindi:
1. la “mass customization”, ossia la possibilità di ottenere un prodotto
che risponda ai bisogni di specifici segmenti di mercato, al limite di un
singolo utente;
2. “il valore” che deriva agli interlocutori dall’instaurarsi di una
relazione di lungo periodo;
3. la partecipazione dell’utente alla progettazione del servizio;
4. la fedeltà della clientela, conseguenza dei primi tre fattori.
Il Direct Marketing
L’approccio operativo che trova fondamento nel concetto di marketing
relazionale è il cosiddetto direct marketing, definito come “un sistema di
marketing interattivo, che utilizza uno o più mezzi di comunicazione per
ottenere una risposta misurabile e/o una transazione da qualsiasi contatto”.
Potremmo dire che, se il fine è quello di stabilire una relazione
personalizzata di lungo periodo tra azienda e cliente tale da garantire la
customer satisfaction (logica di “relationship marketing”), la metodologia
utilizzata si basa su una comunicazione selettiva, capillare e interattiva, che
si avvale di rilevazioni continuative sul livello di soddisfacimento della
9
clientela e utilizza il feedback proveniente dalla stessa per migliorare la
qualità del servizio (approccio di “direct marketing”).
Schematizzando, il direct marketing si connota per le seguenti
caratteristiche:
1. Selettività del messaggio: l’impresa invia la sua comunicazione ad un
target selezionato e individuato nominativamente di clienti (suspects,
prospects, users, customers, advocates);
2. Personalizzazione del messaggio: per ciascun soggetto memorizzato
nel database di marketing, la comunicazione viene personalizzata, sulla
base dei comportamenti del soggetto stesso e dei suoi bisogni specifici;
3. Interattività della comunicazione: il soggetto raggiunto dal messaggio
è spinto ad attuare un “comportamento”;
4. Misurabilità dell’efficacia e dei risultati dell’azione: a ciascuna
iniziativa di marketing fa seguito una risposta del destinatario che da luogo
a un risultato economico misurabile;
5. Efficienza relativa dell’azione: le risposte, certe e misurabili,
comportano investimenti contenuti, rispetto alle modalità di comunicazione
generalizzata e impersonale.
Tra gli strumenti più frequenti usati per il marketing diretto troviamo:
9 Il mailing commerciale;
9 L’e-mail e l’utilizzo delle mailing list;
9 Il marketing telefonico;
9 L’invio di cataloghi;
9 Gli inviti a fiere, presentazioni e manifestazioni;
9 Il volantinaggio;
9 Il co-marketing.
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Marketing relazionale e Internet: il Web Marketing
Dal momento che le nuove tecnologie vanno a modificare il processo
d’acquisto del consumatore e, di conseguenza, il rapporto azienda-cliente,
la tecnologia diventa una variabile importante del marketing relazionale.
Quando si parla degli effetti rivoluzionari della tecnologia nel campo
dei media, ci si riferisce ai progressi resi possibili dalla digitalizzazione
delle forme di comunicazione (dati, testi, immagini e suoni) e dalla
possibilità di integrare le diverse forme di comunicazione in un unico
medium, cioè Internet. L’impatto di Internet in termini di marketing è un
tema di grande attualità e interesse sia teorico sia operativo. Dal punto di
vista teorico, il marketing relazionale e Internet sembrano sposarsi molto
bene per ciò che riguarda le esigenze dell’uno e le possibilità offerte
dall’altro: il relationship marketing, infatti, presuppone un ambiente di
comunicazione molto interattivo e Internet consente di sviluppare ben due
forme di interattività: l’interattività con il testo e l’interattività con le
persone. L’interattività con il testo (navigazione) permette di costruire
percorsi personalizzati di comunicazione e di erogazione dei servizi;
l’interattività con le persone (comunicazione, che può essere one-to-one o,
all’interno di comunità virtuali, many-to-many) differenzia l’ambiente che
si viene a creare con Internet dagli altri new media multimediali (come i
CD-Rom) e consente di costruire rapporti di fiducia, altrimenti
difficilmente ipotizzabili in un ambiente mediato da tecnologia.
La possibilità di interagire con il cliente in modo semplice ed
economico, e già dal primo stadio del processo d’acquisto (la percezione
del bisogno), offre alle aziende un’incredibile opportunità: quella di
muovere dall’offerta di prodotti e servizi standard all’erogazione di prodotti
e servizi personalizzati.
Passare dalla trasmissione monodirezionale dei messaggi ad un dialogo
efficace apre infatti la possibilità di far partecipare il cliente alla fase di
progettazione del servizio (personalizzazione del servizio). Lo sfruttamento
11
di tale possibilità di personalizzazione, però, rimane ancora un traguardo da
raggiungere per gran parte delle aziende italiane dotate di sito web. Queste,
pur avendo iniziato a rafforzare la propria presenza sulla Rete, si può dire
che si trovano ancora in una fase intermedia di sviluppo dell’operatività sul
web. Infatti, quasi tutte utilizzano il sito internet oltre che a scopo
promozionale, anche per l’offerta di servizi di tipo informativo. Sono in
costante aumento le aziende che offrono all’utenza finale la possibilità di
effettuare servizi di tipo dispositivo (ordine e pagamento on line) o di tipo
consultivo (customer service on line, chat line con operatore, ecc.); tuttavia
si è ancora lontani dal raggiungere la cosiddetta “interattività sistemica”,
che configura la possibilità per la clientela di interloquire ad alto livello con
l’azienda e di ottenere prodotti o servizi completamente “fatti su misura”.
A quel punto sarà possibile, ad esempio, permettere a ciascun cliente di
ottenere un prodotto o servizio veramente con caratteristiche personalizzate
e operare con una politica di “segment of one”, cioè considerare ogni
singolo cliente come un mercato indipendente dagli altri.
Tuttavia, anche allo stadio attuale di interattività informativa e operativa
i vantaggi sono notevoli per entrambe le parti e sono legati alla possibilità
per l’azienda che opera con internet di instaurare un rapporto cosiddetto di
learning relationship: infatti diventa possibile per l’azienda acquisire prime
informazioni sulle esigenze dei clienti e, sulla base di queste, personalizzare
la comunicazione.
L’interazione col cliente inizia ad assumere le caratteristiche di un
rapporto di collaborazione in cui, più i clienti “istruiscono” l’azienda, più
diventa facile per quest’ultima offrire quello di cui hanno bisogno, più
diventa difficile per i concorrenti conquistare tali clienti. Il cliente che ha
instaurato un tale rapporto con una determinata impresa, infatti, nel caso
decidesse di cambiare, dovrebbe investire una enorme quantità di tempo ed
energie per istruire il concorrente su ciò che la prima impresa già conosce.
Gli investimenti attuati quotidianamente nella relazione assumono nel
12
lungo periodo un valore consistente e vanno a costituire un forte deterrente
al cambiamento del rapporto.
Quella che si delinea sembra dunque essere una situazione “win-win”,
visto che, sia il cliente, sia l’azienda di servizi traggono vantaggio dal
rapporto di collaborazione.
Ad essere precisi, tuttavia, va detto che dal punto di vista dell’impresa
l’attivazione di un tale rapporto si presenta, non solo fonte di un
considerevole vantaggio competitivo ma, insieme, condizione
indispensabile per la sopravvivenza.
Le considerazioni su come Internet sia allo stesso tempo una grande
opportunità e una pericolosa minaccia sono a tutti note: la Rete può offrire
alle imprese notevoli vantaggi, a patto, però, che esse ne sfruttino le
potenzialità. Nel caso in cui ciò non accada il rischio di essere sostituti nelle
preferenze dei consumatori è molto maggiore di quello che era prima
dell’avvento di Internet, data la maggiore informazione disponibile e la
maggior facilità di cambiamento: la concorrenza, infatti, è “a portata di
click”.
La possibilità di fidelizzare la clientela non esaurisce i vantaggi che
Internet può offrire alle imprese. Di rilievo è anche la possibilità di ridurre
il time-to-market dei servizi offerti al mercato, cioè il tempo necessario per
progettare, produrre e lanciare nuovi prodotti, e, soprattutto, la possibilità di
perfezionare il time-to-acceptance (tempo necessario ad ottenere il
gradimento del cliente), variabile che dovrebbe essere considerata ben più
importante, visto che la “puntualità” nell’offerta sembra essere un elemento
strategico ancor più importante della “rapidità”.
Introduzione a questo lavoro
Dovendo operare in questo contesto competitivo, dovendo rispondere ad
un cliente sempre più esperto e sempre più attento alla propria
soddisfazione, le aziende, come accennato precedentemente, devono
13
guardare con un occhio più attento sia il mercato, sia la propria struttura sia
il rapporto tra queste due realtà.
Questo mio lavoro applica ad un caso specifico, il sito GlamOnWeb,
una metodologia usata per capire come i marchi del gruppo La Perla,
mediante un’analisi testuale, si posizionano nell’immaginario del
consumatore.
I primi due capitoli sono prettamente introduttivi e fanno una
panoramica rispettivamente su cosa sia la semiotica applicata al marketing,
con tutte le sue sfumature e le varie filosofie, e cosa sia il posizionamento,
in particolare nel settore moda; e su cosa sia e su come si costruisca un
catalogo, anche in questo caso approfondendo particolarmente il catalogo di
moda.
Il terzo capitolo, invece, spiega la teoria che sta dietro ad un’analisi di
data mining, ossia come si analizza un fenomeno, cercandone le cause,
partendo da una matrice di dati. Queste analisi sono dette di tipo
esplorativo, ossia si parte raccogliendo i dati ma senza prendere in
considerazione nessun modello, infatti saranno i dati stessi, espressione del
fenomeno che si sta analizzando, a creare eventualmente un modello;
esplorativo significa tentare di esplorare il fenomeno cercandone la cause,
se queste esistono, senza pregiudizi o previsioni. In particolare il capitolo è
incentrato su una specifica analisi, detta analisi testuale; ossia si applicano
le tecniche solitamente usate per dati quantitativi a dati qualitativi,
opportunamente rielaborati, di carattere testuale: le parole.
Il quarto capitolo, invece, espone uno studio svolto dalla TNS Sofres,
una delle più grandi società di ricerche di mercato, in collaborazione ad un
gruppo di ricercatori accademici: la Semiometria. Questo studio, come si
avrà modo di spiegare meglio nel capitolo, associa dei sentimenti e delle
emozioni a determinate parole e sulla base di queste riesce ad individuare i
vari stili di vita. Sono stati individuati cinque assi fondamentali
rappresentativi di altrettante coppie di valori dicotomici: “Dovere-Piacere”,
14
“Attaccamento-Distacco”, “Spirito-Materia”, “Cuore-Ragione” e “Umiltà-
Sovranità”. Questi assi, poi sono serviti come modello da incrociare
all’analisi svolta sul sito GlamOnWeb, oggetto di studio del quinto
capitolo, e cuore di questo lavoro.
Il quinto capitolo è un’applicazione ad un caso reale della teoria
spiegata nella prima parte di questo elaborato. Come oggetto di analisi si è
scelto il sito GlamOnWeb che vende on-line i prodotti del gruppo La Perla.
Partendo dalle descrizioni testuali del prodotto, intese anche come
trasposizione in parola dell’immagine stessa del prodotto, si sono analizzate
le parole utilizzate cercando una qualche associazione con i marchi del
gruppo. Una volta eseguita l’analisi testuale i nostri dati sono stati incrociati
con il modello della Semiometria, cercando di interpretare il nostro caso
con questo studio. Questo ci ha permesso di dare un “carattere” ad ogni
marchio in base al suo posizionamento sul piano interpretato con i
significati della Semiometria. Tutto ciò è dato dall’utilizzo di determinati
termini associati a determinati marchi; in base a questa analisi, come si avrà
modo di spiegare meglio, è stato possibile distinguere i marchi maschili dai
femminili in base ai sentimenti che suscitano, ma questo poi è stato fatto
per capire anche le differenze tra i singoli marchi. Concludendo, questo
studio ci ha permesso di distinguere un marchio da un altro in base alle
emozioni e sensazioni che questo suscita nel consumatore, dando così un
“carattere” distintivo ad ogni linea di prodotti.
Questo lavoro rappresenta la conclusione di un percorso e di una fase
della mia vita estremamente felice, serena e stimolante, ma tutto ciò non
sarebbe stato possibile senza l’aiuto dei miei genitori, capaci di guidarmi e
sostenermi, dei miei nonni, che mi hanno sempre incoraggiato, dei miei
amici, che hanno rappresentato il divertimento e un appoggio sicuro ed
15
infine di mia sorella, che con il suo affetto mi ha fatto superare i momenti,
seppur rari fortunatamente, meno felici.
Mi piace ricordare, tra gli amici, Claudio e Massy, che sono come dei
fratelli, Patrizia, compagna di studi e d’interminabili chiacchierate, Carla,
confidente speciale, Teo, con cui sono stato inseparabile per 5 anni, Gabry,
amico sincero, Luca, compagno di mille avventure, Luca, amico e
compagno di camera, Sara, amica dolce e premurosa e Claudia, che con me
ha lavorato a questa tesi.
Vorrei, infine, ringraziare il prof. Camillo che mi ha guidato nella
stesura di questo lavoro.
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Capitolo 1
LA SEMIOTICA E IL MARKETING
1.1 Le semiotiche in gioco nelle differenti “filosofie della
pubblicità”
Esistono delle vere e proprie ideologie pubblicitarie, che possono
essere molto differenti le une dalle altre e che le campagne sono dei
discorsi sui prodotti, suscettibili di essere analizzate anche come dei
discorsi impliciti sulla buona o cattiva maniera di parlare del prodotto, e
quindi di fare pubblicità.
La semiotica non ha per oggetto l’analisi della significazione e quindi
del discorso? Molto di più, il principio stesso dell’intervento della
semiotica, strutturale in ogni caso, è di aiutare a passare dalla ricezione
delle differenze alla definizione delle relazioni. Nel dibattito che s’ instaura,
la semiotica può apportare una certa oggettivazione o una certa
esplicitazione delle poste in gioco non esclusivamente commerciali,
disponendo le diverse filosofie le une in rapporto alle altre sulla base della
loro comune problematica: il rapporto tra il discorso pubblicitario e la
“realtà del prodotto”.
In un’intervista accordata a Ch. Blachas, J. Feldman diceva molto
giustamente: “Io non esprima la verità. Io esprimo la mia verità. Il mercato
pubblicitario ha bisogno di differenze, di talenti diversi. Séguéla esprime la
verità di Séguéla. Philippe Michel esprime la verità di Ph. Michel”. Ma i
semiotici, molto più essenzialmente, più intimamente, si potrebbe dire, si
sentono interessati poiché la stessa semiotica è nata da opzioni e da
17
controversie sostenute sullo stesso argomento: il rapporto del discorso e del
senso con la “realtà”.
“A cosa serve la semiotica?”, domandò una volta uno spirito semplice
ad un semiotico, “Serve a non parlare a sproposito”, fu la risposta.
Impedendosi di parlare a sproposito, la semiotica mette tra parentesi, in un
certo modo, ogni posizione gnoseologica, luogo delle “convinzioni intime”,
e dà la parola a tutti. La libertà del soggetto e la coerenza dell’oggetto
semiotico si ottengono a questo prezzo.
Così il dibattito dei pubblicitari è, a suo modo, quello dei semiotici.
Che i pubblicitari parlino del rapporto tra la pubblicità e il prodotto, che i
teorici del linguaggio parlino del rapporto tra il discorso e il mondo, la
questione è sempre la stessa. La funzione del linguaggio, che sia verbale o
non verbale poco importa. I pubblicitari si domandano se il valore del
prodotto, per il consumatore, preesiste alla pubblicità o se è la pubblicità a
crearlo; i semiotici, se il linguaggio è la rappresentazione di un senso già là
o se ne è la costruzione. Arrivandovi l’una dalla pratica, l’altra dalla teoria,
la pubblicità e la semiotica giungono di fatto alla stessa doppia
problematica: la funzione del linguaggio e “l’origine” del senso.
J. Séguéla ha detto: “Il mestiere della pubblicità è di dare del
carattere al consumo. Essa deve cancellare la noia dell’acquisto
quotidiano rivestendo di sogno i prodotti che, senza di essa, sarebbero solo
ciò che sono…Guardate Marlboro, è una sigaretta che, dalla prima tirata,
vi trasforma in cow-boy. Ecco qui la magia della nostra arte. In ogni
consumatore c’è un poeta che dorme. È lui che la pubblicità deve
risvegliare. Il nostro mestiere è di fare entrare del fumo da un lato di una
galleria e di vedere uscire una locomotiva dall’altro”
1
.
In questo campo però, esistono numerosi punti di vista, infatti alcuni
parlano di “informare sul prodotto”, di “sfruttare la vera natura del
prodotto”, di ”dire la verità” o ancora di “proporre una tranche de vie poco
1
J. Séguéla, Hollywood lave plus blanc, cit. pp. 254-256
18
più vera del vero”. Mentre altri, al contrario, parlano di fare in modo che i
prodotti non siano più ciò che essi sono nel quotidiano, di “rappresentare e
modificare il rapporto di presentazione”, di “spostare la visione del mondo”
o di “creare un’analogia”. Ovvero il dibattito tra chi pensa ad una funzione
rappresentazionale del linguaggio (attraverso un discorso, l’uomo cerca di
interpretare la realtà, gli oggetti del mondo, e di recepire i sensi “già là”) e i
partigiani della funzione costruttiva del linguaggio, che negano la
possibilità o la legittimità di una tale rappresentazione, considerando che
l’uomo non conosce le cose se non nella misura in cui sono costruite dal
proprio discorso. In termini più professionali, s’istaura un’opposizione tra il
valore inerente al prodotto (che sarà manifestato o “utilizzato” dalla
pubblicità) e il valore creato dalla pubblicità stessa. A partire dal momento
in cui si proietta sul quadro semiotico la categoria funzione
rappresentazionale vs. funzione costruttiva, che è stata riconosciuta come
quella che articola l’universo delle ideologie della pubblicità, si avranno
quattro posizioni possibili, interdefinite secondo le relazioni di contrarietà,
di contraddizione o di complementarietà. E, di conseguenza, si avranno
quattro ideologie così disposte e denominate:
Pubblicità referenziale (D. Ogilvy) Pubblicità mitica
(J. Séguéla)
Funzione rappresentazionale Funzione costruttiva del
del linguaggio linguaggio
Funzione costruttiva denegata Funzione rappresentazionale
denegata
Pubblicità sostanziale (J. Feldman) Pubblicità obliqua
(Ph. Michel)
19
Illustriamo ora le quattro posizioni attraverso i quattro ideologi della
pubblicità D. Ogilvy, Ph. Michel , J. Séguéla e J. Feldman. Costoro sono
ideologi nel senso che hanno scelto, in modo polemico, di valorizzare una
posizione a spese delle altre.
1.2 La Pubblicità Referenziale
La pubblicità referenziale è quella di D. Ogilvy. È una pubblicità della
verità concepita come adeguazione alla “realtà”, come la quasi-restituzione.
“Fornite i fatti”, proclama Ogilvy. Si tratta allora di ri-produrre un brano di
vita affinché il consumatore si dica: “Eh, si, è proprio così, si parla della
realtà”. Questo potrà essere il rumore dell’orologio della Rolls Royce
2
.
La realtà di D. Ogilvy si rivela quella della vita quotidiana, delle
pratiche, dei gesti e delle situazioni che rinviano ad altre pratiche, ad altri
gesti e ad altre situazioni e finiscono così per dare un effetto di densità e di
spessore al “vissuto”. L’ideologia referenziale, che mira a produrre spot ed
annunci realistici, assunta a tal punto da D. Ogilvy da divenire una vera e
propria etica. L’onestà è, in ultimo, costitutiva della competenza creativa:
“Non scrivete mai un annuncio che non vorreste mettere sotto gli occhi
della vostra famiglia. Non mentite alla mia. Non fate ad altri…Se dite delle
menzogne sul prodotto, presto o tardi sarete scoperti, sia dal governo, che
vi perseguirà, sia dal consumatore che vi punirà non comprando il vostro
prodotto; i buoni prodotti si vendono grazie ad una pubblicità onesta”
3
.
2
Ecco l’inizio del testo del famoso annuncio Ogilvy per Rolls Royce: « cos’è che fa della Rolls
Royce la migliore macchina del mondo? Non c’è alcuna magia là dentro, solamente una cura
paziente per ogni dettaglio, dice un eminente ingegnere di Rolls Royce. “A 100 Km/h, la cosa che
fa più rumore nella nuova Rolls Royce è l’orologio elettronico”, dichiara l’editorialista tecnico
della rivista The Motor. Il silenzio del motore è sorprendente. »
3
D. Ogilvy, Les confessions d’un publicitaire, cit., p. 101
20
Diciamo semplicemente che il far-sembrar-vero della pubblicità
referenziale si affida a discorsi 1) narrativi, 2) figurativi (e non astratti) e 3)
descrittivi (e non normativi), ovvero, tradotto nel linguaggio Ogilvy: 1)
delle articolazioni prima/dopo, 2) delle informazioni concrete o degli
aneddoti e 3) assenza di aggettivi o do slogan.
Infine, la pubblicità referenziale vigila affinché il discorso appaia il
puro enunciato delle relazioni necessarie tra le cose, e lo svolgimento
sintagmatico si ritrovi nella linearità dello spot o del testo.
Finché si può, si eviteranno le sospensioni o i flashback che farebbero
dell’enunciazione una costruzione.
1.3 La Pubblicità Obliqua
La pubblicità obliqua è la negazione della pubblicità referenziale. Essa
ne scalza l’ideologia positivista. Il senso è da costruire, non è già dato.
Pubblicità del paradosso, che letteralmente va contro l’opinione comune,
simula l’incongruo e il non immediato, dove colui che guarda il manifesto è
il soggetto di un fare interpretativo. L’efficacia del discorso non si misura
più con la rapidità di lettura o di reazione del destinatario. Secondo D.
Ogilvy il consumatore è il soggetto di un’azione o piuttosto di una reazione,
ossia di un fare pragmatico. Per Ph. Michel, che è l’ideologo della
pubblicità obliqua, il consumatore al quale ci si indirizza è il soggetto di un
fare cognitivo. Si mette alla prova la sua intelligenza. Mentre la pubblicità
di Ogilvy ricerca un tempo di lettura vicino allo zero e una comprensione
immediata per una reazione più rapida possibile (il percorso dell’occhio più
semplice possibile, il rapporto testo-immagine più naturale possibile) la
pubblicità obliqua considera come un valore la mediatezza della propria
comprensione, il tramite di una co-produzione del senso con l’enunciatario.