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concentra sulle due figure principali, vale a dire quella degli animali domestici (cani e
gatti), che consumano direttamente il prodotto per assolvere ad un bisogno primario,
fisiologico d’alimentazione.
Si analizzerà anche il fenomeno sociale che ha portato ad una crescente presenza di
animali presso le famiglie italiane, e la crescita della disponibilità dei consumatori ad
alimentare i propri animali con prodotti industriali.
E’ proprio la figura dei padroni degli animali il secondo target dei clienti delle industrie
della produzione e distribuzione del petfood. Di questo target che si occupa
dell’acquisto, si cercherà di valutarne il comportamento risolutorio adottato, di
conoscerne i bisogni, le attese, il grado di coinvolgimento nell’acquisto, dove e come
ricerca le informazioni, quali sono i rischi temuti dall’acquisto e il suo grado di fedeltà
al brand e al punto vendita.
Tutto ciò permetterà di giungere ad una segmentazione del mercato.
Dal lato dell’offerta si cercherà di individuare i competitors e le loro caratteristiche
salienti, di capire dove questi operano e risultano forti, analizzando le loro strategie
attuali e future, i loro punti di forza e debolezza e le performance raggiunte.
L’indagine sullo scenario macroeconomico, tenderà principalmente a considerare lo
stato di salute dell’economia italiana, sia in termini attuali che prospettici, poiché dal
clima di fiducia o incertezza che si respira, scaturiscono di conseguenza i
comportamenti dei consumatori, di consumismo o di prudenza e contenimento della
spesa.
La conoscenza della realtà economica, l’osservazione dei comportamenti dei
consumatori in risposta alla realtà congiunturale, permettono di lanciare previsioni per il
futuro del mercato, e guidare le aziende produttrici nella presa delle decisioni di
investimento più razionali e capaci di affrontare la congettura economica.
Sull’analisi del macroambiente verranno anche presentati cenni sulla normativa vigente
nel settore, in particolar modo con riferimento alle indicazioni obbligatorie da fornire in
etichetta e alle garanzie da offrire al consumatore del prodotto.
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L’attenzione sarà rivolta anche alla distribuzione, per conoscere quali sono i canali
attraverso i quali i prodotti dell’industria del petfood giungono al consumatore finale,
quali sono le peculiarità, funzioni e quote di questi.
Si cercherà di analizzare come la distribuzione moderna, che ha assunto un ruolo pro-
attivo nello sviluppo del mercato del petfood, si approcci alla categoria, e la concorrenza
da essa generata attraverso la private label; si cercherà di capire quali sono i plus degli
specialist, che gli consentono trand ancora positivi nonostante lo sviluppo della
distribuzione moderna in tale mercato.
Si considereranno anche gli ordinanti e gli opinion leaders del mercato, come i
veterinari, gli allevatori, gli intermediari, le associazioni e gli enti, che attraverso i loro
giudizi, consigli, opinioni e divulgazione di informazioni, possono influire in positivo o
in negativo sui conti economici delle aziende produttrici.
Si proverà a valutare l’economia del petfood, considerando l’organizzazione del
processo produttivo, le tecnologie e le attrezzature impiegate, soffermandosi in
particolar modo sull’”estrusore” e sul ruolo di questa attrezzatura nel processo
produttivo.
Si tenterà di chiarire il concetto del petfood, la tipologia di prodotti trattati, le loro
caratteristiche e differenziazioni, il vissuto dei consumatori nei loro confronti; si
esaminerà se l’acquisto risulta programmato o se i prodotti vengono banalizzati, o
considerati shopping, e quindi richiedenti raccolta d’informazioni e comparazioni.
L’indagine sarà rivolta anche alla forma di comunicazione attuata nel mercato, alla sua
distinzione tra comunicazione Above e Below the line, in base alle caratteristiche,
budget, obiettivi e dimensioni delle aziende; infatti la comunicazione pubblicitaria
tramite spot televisivi è maggiormente perseguita dai leaders del mercato.
In tale mercato risultano molto importanti le Public Relations e la conquista della
considerazione favorevole dell’opinione pubblica sui propri prodotti ed operato.
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Si valuterà anche la dimensione del mercato, partendo dal fabbisogno nutritivo degli
animali, per determinare la domanda potenziale del mercato, le possibilità di sviluppo
attraverso l’incremento della penetrazione del prodotto.
Verranno analizzati i consumi, come questi si ripartiscono tra cane e gatto, tra umido,
secco e gli altri segmenti del mercato, nonché i tassi di crescita dei diversi segmenti.
Si valuterà anche la ripartizione dei consumi tra le diverse aree geografiche d’Italia.
Prima di giungere alle conclusioni si valuteranno le performance raggiunte dall’industria
del petfood.
Partendo dai dati AC Nielsen (2004) sulle vendite di petfood in volume ed in valore
nelle medio-grandi superfici distributive, dal 1993 al 2003, ho realizzato delle
elaborazioni statistiche elementari, consistenti nel calcolo delle variazioni assolute e di
anno in anno sui dati della serie storica, per analizzare i trend che hanno caratterizzato il
mercato in questi dieci anni.
I dati relativi alle vendite totali in valore e volume, assieme a quelle delle private label,
nonché le variazioni, trovano illustrazione in appositi grafici.
Il capitolo conclusivo è volto alla presentazione delle ultime tendenze presenti sul
mercato, che presentano ancora delle realtà emergenti e di nicchia, ma che possono
presentare dei sentieri strategici che potranno acquisire maggior peso e rappresentare
minacce in un’ottica di concorrenza allargata, e al contempo opportunità per le imprese
capaci di sfruttarle, entrando in tali nuovi ambiti di attività, differenziando ed
arricchendo la propria offerta, cogliendo sinergie per raggiungere vantaggi competitivi
duraturi e difendibili sulla curva di esperienza, difficilmente imitabili.
Tra queste nuove tendenze vi è il cibo biologico e veganiano, in conformità ad un
processo di “umanizzazione” degli animali, alle maggiori cure ed attenzioni ad essi
rivolte, e alle valutazioni di un consumatore che decide sempre di più per
l’alimentazione del proprio animale, secondo le regole che guidano le scelte sulla
propria alimentazione.
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Si assiste anche ad uno sviluppo dei pet corner negli ambulatori dei veterinari, un
fenomeno in Italia ancora agli esordi, mentre negli altri Paesi è una realtà consolidata, e
alla marcazione sull’importanza strategica del packaging, sulla sua capacità
comunicativa, d’innovazione e differenziazione.
Questo studio sarà realizzato con impegno, cercando di far riferimento a fonti affidabili
e competenti. Sarà naturalmente realizzato con la massima umiltà di uno studente che
compie i suoi primi passi nell’ambito del marketing, cosciente di dover ancora imparare
molto e migliorarsi.
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CAP. I LA DEFINIZIONE DEL MERCATO
1. Che cos’è l’industria del petfood
Il petfood è il complesso industriale che si occupa della produzione e
commercializzazione del cibo confezionato per piccoli animali.
Il settore del petfood è fortemente impegnato nella produzione e nello sviluppo di
alimenti per animali d’affezione. Si occupa dell’alimentazione di cani, gatti, uccelli,
pesci ornamentali, piccoli mammiferi e animali da terrario.
Il mercato del petfood è costituito da due destinatari principali: i cani e i gatti. Per
ciascuno di essi è approntata una specifica linea di prodotti, caratterizzata da due distinte
preparazioni: Dry (secco) e Wet (umido).
I prodotti delle diverse linee sono articolati secondo il gusto (es. salmone, pollo…),
secondo l’età dell’animale (es. adulto, puppy), secondo la stazza (large, medium, small),
secondo il formato (es. 20 kg, 15 kg....), secondo lo stile di vita (es. performance,
indoor…), e secondo il posizionamento del prezzo (economy, premium e
superpremium).
La produzione e la commercializzazione di alimenti per cani e gatti costituiscono un
settore industriale in continuo sviluppo.
L’enorme interesse che suscita nei consumatori si traduce in un vantaggio economico
notevole, come conseguenza del benessere che ha spostato la nostra attenzione sul
miglioramento delle condizioni di vita per i nostri cani e gatti.
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2. Un quadro storico
L’invenzione del petfood è tutto sommato recente. Prima della seconda metà del 19°
secolo non esisteva nulla di simile: i proprietari di allora dovevano ingegnarsi a
preparare da soli pasti dagli ingredienti più o meno bilanciati, salvo magari limitarsi ad
usare l’animale come “spazzino” degli avanzi della tavola.
Solo nel 1860 James Spratt ebbe l’idea di commercializzare un prototipo di cibo
industriale venduto sotto forma di biscotto.
Si dimostrò ben più efficace l’idea dei fratelli Chapper, che diede avvio alle prime
partite di cibo in scatola, commercializzate a partire dagli anni ’30.
Geniale fu la trovata di Samuel Geines, quella di produrre un cibo sotto forma di farina,
da vendere in grossi sacchi, si trattava d’ingredienti essiccati, triturati e miscelati, che
venivano finalmente incontro alle esigenze dei grandi allevatori.
Il passare del tempo diede tuttavia ragione a chi aveva scommesso sul cibo umido in
scatola, notevolmente più apprezzato e venduto nelle drogherie.
Restava comunque un problema che si risolse con l’affermarsi della ricerca; il cibo era
lo stesso, sia per cani che per gatti, ci si limitava a cambiare l’etichetta.
Con l’avvento della seconda guerra mondiale e con la conseguente razzia di tutto il
metallo, necessario per costruire armi, si registrò una momentanea vittoria del cibo
secco, che non richiedeva una confezione in lattina.
Una volta rasserenato il clima mondiale, il cibo umido ritrovò ed incrementò il numero
dei suoi fruitori.
Un’ultima innovazione nella storia del petfood, si registrò intorno agli anni ’50 del
secolo scorso, grazie all’introduzione dei processi d’estrusione ed espansione degli
ingredienti utilizzati: secondo una tecnica ancora oggi molto usata, si procedeva ad una
miscelazione e cottura degli alimenti, sottoposti successivamente ad una pressione, in
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presenza di temperatura elevata, in grado di produrre una notevole espansione delle
particelle, e dare così una maggiore digeribilità ed appetibilità al prodotto.
A seguire da questi pionieri dell’alimentazione animale, la ricerca ha fatto grandi passi
in avanti, seguita a ruota dagli organismi preposti al relativo controllo di qualità.
E’ grazie a questi organismi internazionali che il consumatore ha diritto di esser
adeguatamente informato su ciò che compra.
AA.VV., Il mio cane, n°63, la rivista del miglior amico dell’uomo, Sprea Editori,
Sprea &Gussani periodici, maggio 2000.
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CAP. II LA DIMENSIONE ECONOMICA DELL’INDUSTRIA DEL
PETFOOD
1. Una prospettiva dal lato della domanda
Analisi del target
1.1 Il primo cliente: cani e gatti, i consumatori del prodotto, ed il loro ruolo
sociale
Un branco di 44 milioni d’esserini scodinzolanti, miagolanti e cinguettanti, tiene in
sacco oltre 22 milioni di proprietari.
Sono oltre 15 milioni gli animali domestici che abitano le nostre case. Cani (7 milioni) e
gatti (8 milioni), continuano ad occupare nel cuore degli italiani una posizione di
preminenza.
La presenza d’animali presso le famiglie italiane si fa sempre più consistente. Il 48%
delle famiglie italiane possiede un animale domestico.
Queste cifre ragguardevoli si riflettono sul mercato del petfood: i pet lover italiani non
badano al portafoglio quando si tratta di compiacere i bisogni dei loro animali da
compagnia, sempre più viziati.
Cresce la disponibilità dei consumatori ad alimentare i propri animali con prodotti
industriali, e cresce anche il livello delle cure che si prestano loro.
Il mercato del petfood e del pet care è in Italia il primo mercato grocery in termini di
crescita, seguendo una tendenza comune a tutti i Paesi europei.
Non è superfluo far rilevare come non vi è coincidenza tra l’acquirente e il consumatore
del prodotto, gli animali appunto, che possono influire sul repeat dell’acquisto mediante
accettazione o rifiuto.
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Sono influenzati dalla palatabilità e dalla composizione del prodotto, non sono
influenzabili dall’advertising e dalle promozioni.
La popolazione di consumatori (cani e gatti), ha presentato un tasso medio annuo
d’incremento, pari al 2,1% (Fonte: Euromonitor).
La presenza di animali presso le famiglie italiane si fa sempre più consistente e
nonostante fenomeni socio-demografici quali l’inurbamento delle campagne e la
diminuzione delle superfici abitative, si assiste ad una costante crescita del numero degli
animali da compagnia.
Significativo è l’aumento dei piccolissimi animali, che è uno degli effetti delle nuove
tendenze abitative in atto.
Oltre alla popolazione di cani e gatti, si contano 13 milioni d’uccellini, 1 milione 800
mila piccoli mammiferi, 1 milione di animali da terrario e 29 milioni di pesci
ornamentali.
La sempre più marcata zoofilia degli italiani ha anche qualche risvolto poco piacevole,
non mancano, infatti, tra le specie ospitate, anche animali esotici, pratica non ammessa
dalla legge e contraria ai principi di etica.
Sul fronte dell’irresponsabilità, si stimano nel nostro Paese 2 milioni di gatti e 600 mila
cani randagi, abbandoni elevati nei periodi estivi, lungo i bordi delle strade, cause di
frequenti incidenti.
Secondo il Professor Ballerini (1) (docente di Patologia Speciale e Clinica Medica,
presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma, nonché componente
del Comitato Scientifico Alimentazione Animale SCAN dell’UE), il cane ha avuto un
ruolo fondamentale nel determinare il successo dell’Homo Sapiens Sapiens.
La coevoluzione uomo-cane, iniziata molto tempo fa, non è ancora finita, ma è forse
solo all’inizio, e comunque in pieno e rapido sviluppo.
Oggi si sta affacciando una nuova condizione di famiglia allargata uomo-cane, in
relazione anche ai mutati stili di vita.
Tutti i modelli di famiglia passati erano allargati agli animali, ed in particolare al cane;
anche oggi il 50% delle famiglie nucleari o di single sono già allargate al cane o al
gatto.
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Gli animali domestici sono da diversi millenni i migliori amici dell’uomo, e lo hanno
accompagnato nel lungo cammino dell’evoluzione storica della società e anche per
questo si mostra loro riconoscenza e rispetto, che si traducono nell’attenzione per la loro
alimentazione e cura.
La presenza di 8 milioni di gatti si deve all’apprezzamento delle loro caratteristiche:
piccole dimensioni, poca invadenza dell’ambiente domestico, limitato bisogno di cure e
compagnia, facile trasportabilità.
Il gatto risulta il compagno ideale per le persone che hanno uno stile di vita moderno,
urbano e con poco tempo e spazio a disposizione.
Dei milioni di gatti italiani, solo pochissimi sono di razza, possiedono in altre parole un
pedigree, il che mostra che il rapporto uomo-gatto è legato alla sfera affettiva più che al
prestigio o status.
Dei 7 milioni di cani, oltre un milione di essi si può attribuire ad una razza specifica
registrata all’ENCI (Ente Nazionale Cinofilo Italiano).
I criteri di scelta di un cane, oltre che alla razza, riguardano le caratteristiche caratteriali,
e spesso le mode e i fenomeni sociali. Nell’esame del settore cinofilo, che può
indirizzare ed incidere sulle scelte di marketing delle aziende, va riconosciuto che il
cane può anche avere un valore utilitaristico di difesa, di caccia, di soccorso, oltre che di
compagnia.
Il gatto è un animale che ama un’alimentazione variata, di conseguenza i produttori
d’alimenti industriali devono proporre gamme ampie d’alimenti, a forte valore aggiunto.
Gli alimenti scelti sono diversi secondo i rapporti affettivi che il compratore ha con il
proprio animale, perciò la comunicazione ha spesso valore emotivo.
Il gatto è un animale indipendente che non si lascia imporre l’alimentazione, ama la
varietà, ha un comportamento alimentare complesso, diversamente dai cani che in
genere si accontentano di un’alimentazione semplice ed uniforme.
Per i gatti si adopera una comunicazione più ricercata che evoca spesso i messaggi
adottati per l’alimentazione umana.
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Il gatto non mangia, degusta, è capace di distinguere la differenza tra due piatti, anche
se la differenza delle materie prime componenti è minima.
L’universo dei proprietari dei gatti è in prevalenza femminile, sensibile ai messaggi
basati sulle emozioni, più di quanto non lo sia l’universo dei proprietari dei cani.
Il gatto è nutrito in rapporto al legame che esiste con il proprietario. Si distinguono tre
rapporti emotivi tra gatto e proprietari:
Il gatto “utile”
È desiderato principalmente dai bambini, serve per distrarli e farli giocare. In altri casi
ha il compito di dare la caccia ai topini delle case di campagna. L’alimentazione per lui
scelta è di basso prezzo e non deve creare complicazioni e perdite di tempo per i
proprietari.
Il gatto “adulato”
Ha una forte relazione emotiva con il padrone, che gli attribuisce sensibilità umana.
L’alimentazione non deve solo nutrirlo, ma dargli anche piacere.
Si sta assistendo al fenomeno dell’animale moderno, con conseguente moderno
trattamento adeguato, curato ed abituato a mangiare bene e molto, ricoverato in cliniche
sempre più specializzate, sottoposto ad indagini cliniche strumentali sempre più
sofisticate, come quelle praticate nella medicina umana.
(1) AA.VV., Molossi n°10, (la rivista dei grandi cani) Sprea Editori, Milano, novembre 2001, pp.44-46.