Introduzione
2
Gli effetti macroscopici di tali inquinanti sono rappresentati
dall�incremento di acidit� delle precipitazioni atmosferiche e dall�effetto
serra.
1.1.1 Anidride Solforosa (SO
2
)
La maggior parte dei combustibili fossili contiene una quantit� pi� o
meno elevata di zolfo, che, durante la combustione, passa quasi
integralmente nei fumi, trasformandosi in anidride solforosa SO
2
.
La necessit� di ridurre le immissioni degli ossidi di zolfo
nell�atmosfera, soprattutto imposta da una normativa di carattere
internazionale sempre pi� restrittiva, ha dato luogo allo sviluppo di
numerosi processi di desolforazione dei fumi di combustione. Tali processi
sono principalmente basati sull�assorbimento della SO
2
in soluzioni acquose
o su adsorbenti solidi e si differenziano per il tipo di reagente impiegato, per
le condizioni operative nelle quali viene condotto il trattamento e per la
possibilit� o meno di recuperare la SO
2
, eliminata dalla corrente gassosa, in
una forma che possa essere vantaggiosamente commercializzata [3].
Per quanto riguarda la rimozione della SO
2
dai fumi di combustione
prodotti dai motori per autotrazione o dai bruciatori per riscaldamento
domestico, le grosse implicazioni economiche hanno indirizzato le soluzioni
verso l�eliminazione dello zolfo dal combustibile. Oggi sul mercato si
trovano combustibili a basso tenore di zolfo.
1.1.2 Gli ossidi di azoto (NO
X
)
La reazione dell�azoto con l�ossigeno pu� dar luogo a numerosi
ossidi. Di questi, solo alcuni contribuiscono significativamente
all�inquinamento atmosferico dovuto ai processi di combustione, e cio� il
Introduzione
3
monossido di azoto NO, il biossido di azoto NO
2
e il protossido di azoto
N
2
O. NO e NO
2
costituiscono quelli che vengono comunemente indicati con
NO
X
.
L�NO non sembra provocare danni in quanto tale, ma solo per effetto
della sua conversione ad NO
2
. Per questo motivo, tutte le normative sulle
emissioni si riferiscono alle massime quantit� in peso ammesse
considerando gli NO
X
come se fossero costituiti al camino soltanto da NO
2
[4].
Esistono due modi differenti per procedere alla riduzione degli NO
X
.
Il primo consiste nell�intervenire sul processo di combustione; il
secondo consiste nel trattare i gas di scarico.
Tra i metodi catalitici di trattamento dei gas di scarico � da
considerare il sistema catalitico SCR che utilizza ammoniaca iniettata in
fase gassosa nei fumi di impianti fissi. L�ammoniaca reagisce fra i 300 e i
420�C con gli NO
X
, producendo acqua e azoto per effetto dell�azione
combinata della temperatura e del catalizzatore.
1.1.3 Idrocarburi incombusti (HC)
Gli idrocarburi incombusti sono costituiti pi� propriamente da
emissioni organiche che si producono in seguito all�incompleta combustione
del combustibile. Tali inquinanti emergono dalla camera di combustione
sotto forma di gocce o di vapore, ma anche come prodotti di degradazione
termica del combustibile in specie a pi� basso peso molecolare.
La formazione di HC avviene attraverso diversi meccanismi: quello
principale ha luogo all�interno della camera di combustione, dove la
miscela combustibile/comburente non riesce a bruciare completamente.
Introduzione
4
Infatti, nel caso di un motore a combustione interna, durante la fase di
compressione la miscela incombusta viene forzata negli spazi vuoti tra il
pistone e le pareti del cilindro, intorno alla candela e alla valvola di
aspirazione, raffreddandosi in seguito allo scambio termico con le pareti.
Quando la fiamma arriva nell�intercapedine, non pu� propagare all�interno e
la miscela non brucia o brucia solo parzialmente, mentre nella fase di
espansione i gas incombusti finiscono di nuovo nel cilindro. La
concentrazione di HC nelle emissioni � incrementata dalla presenza di olio
lubrificante nel combustibile o sulle pareti del cilindro, in seguito ad un
processo di assorbimento e desorbimento dei vapori di combustibile nello
strato di olio presente. Anche il �quenching� della fiamma nel volume della
fase gassosa, prima che tutta la fiamma raggiunga le pareti, pu� generare
idrocarburi incombusti. Infine, la crescita di depositi sulle pareti della
camera di combustione fa aumentare la formazione di HC mediante un
meccanismo di assorbimento e desorbimento di idrocarburi dai depositi
superficiali.
La concentrazione di HC nelle emissioni � funzione del rapporto di
alimentazione: decresce per miscele sempre pi� povere, fino a quando il
combustibile non � pi� capace di accendersi con un conseguente incremento
di HC.
1.1.4 Il particolato atmosferico
Con il termine particolato vengono indicati tutti i tipi di sospensione
in atmosfera sia allo stato liquido che allo stato solido.
Una classificazione del particolato viene fatta in base alle
dimensioni: si distinguono a questo proposito la classe delle particelle fini,
Introduzione
5
aventi diametri equivalenti al di sotto dei 2.5 µ m, e la classe delle particelle
grossolane, aventi dimensioni superiori ai 2.5 µ m.
E� stato evidenziato che le particelle appartenenti alla stessa classe
hanno un�origine comune [5].
L�analisi dei prodotti allo scarico dipende dal particolare sistema che
si sta osservando; ad esempio nei combustori a letto fluido si riscontrano dei
fenomeni di trascinamento dei materiali costituenti il letto da parte del gas
combusto; nei motori a combustione interna si trovano tracce di particolari
elementi dovuti alla natura del combustibile e dei lubrificanti impiegati: �
facile, infatti, trovarvi solfati, composti organici condensati, selenio, cadmio
e piombo. La cattiva combustione nei motori Diesel � la causa della
produzione di considerevoli quantit� (in termini di taglia del combustore) di
particolato.
Il particolato viene emesso all�atmosfera e su questo si fissano anche
gli altri inquinanti gi� visti; nel loro insieme precipitano al suolo e diventano
responsabili dei fenomeni di alterazione dell�acidit�. Questi fenomeni hanno
come conseguenza la corrosione delle costruzioni edilizie, che contengono
materiale calcareo, ed inoltre sono responsabili dell�imbrunimento
caratteristico delle superfici esterne di edifici e sculture monumentali.
La pericolosit� dell�inquinamento atmosferico dovuto alle particelle
in sospensione � venuta alla ribalta solo negli ultimi venti anni poich� prima
solo gli inquinanti gassosi venivano ritenuti responsabili delle deposizioni
acide. Inoltre, l�analisi qualitativa e quantitativa delle particelle era molto
difficile. I campioni di acqua piovana contenuti nei recipienti di raccolta in
genere riflettono la quantit� e la composizione delle precipitazioni in una
certa area, ma, fino a che non vengono raccolte con strumenti progettati allo
Introduzione
6
scopo, i campioni risultanti non possono fornire informazioni attendibili [1].
Inoltre, le particelle sono spesso una miscela di sostanze diverse; diventa
problematico identificarne i componenti e le fonti.
Nonostante questi ostacoli, la US Enviromental Protection Agency
(EPA), sul finire degli anni settanta, stabil� che il problema rappresentato dal
particolato era abbastanza importante da giustificare uno sforzo di ricerca
nella raccolta e nell�analisi dei campioni.
Oltre a ricoprire di una patina scura gli edifici e a danneggiare i
materiali esposti per il prevalente carattere acido del particolato, le particelle
in sospensione contribuiscono alle foschie che, durante l�estate, ricoprono
vaste zone degli Stati Uniti orientali provocando fenomeni di assorbimento
della luce e riducendo la visibilit�.
Nell�atmosfera le particelle fini derivano principalmente da processi
chimici, in particolare reazioni di combustione, e sono essenzialmente a
carattere acido. Inoltre spesso si accompagna a queste la presenza di metalli
pesanti, l�inglobamento di sostanze aromatiche e la presenza di piombo,
derivante dall�aggiunta di piombo tetraetile e tetrametile nei combustibili
per autotrazione, per cui il particolato � da considerare un �composto�
altamente cancerogeno.
Dunque, anche per quanto riguarda il particolato, il problema
dell�abbattimento � molto sentito. Dal 1975 i paesi facenti parte della
International Energy Agency (IEA), provvedono a stilare un documento, in
cui si riportano i valori limite relativi alle emissioni di particolato delle
industrie di ciascuna nazione aderente.
Introduzione
7
PAESE NUOVI IMPIANTI IMPIANTI ESISTENTI
Australia 65-210 -
Austria 50-150 50-150
Belgio 50 50-500
Canada 125 -
Cecoslovacchia 100-250 100-250
Danimarca 50 50-150
Finlandia 60-540 60
Francia 50-100 50-100
Germania 50-150 50-150
Giappone 50-300 50-300
Italia 50-150 50-150
Olanda 20-50 -
Nuova Zelanda 105 105
Polonia 190-3700 380-4995
Spagna 50-100 200-750
Svezia 35-50 35-50
Svizzera 55-160 55-160
Taiwan 25-500 50-500
UK 50-300 50-300
USA 40-125 60-125
La tabella riportata indica gli intervalli di emissione standard (basate
su gas umido al 6% di O
2
, STP) di particolato (mg/m
3
). Le emissioni
standard per gli impianti nuovi e per quelli esistenti sono riferite ad impianti
di potenzialit� differenti. Per una regola generale, si pu� affermare che i
requisiti a cui rispondono i nuovi impianti sono pi� rigorosi di quelli che
Introduzione
8
troviamo negli impianti attualmente in funzione. Le emissioni standard di
particolato pi� basse riportate in tabella sono pari a 20 mg/m
3
e si
riferiscono ad una nuova centrale termoelettrica, costruita in Olanda sul
finire del 1992, che impiega carbone come combustibile.
1.1.4.1 Gli effetti del particolato sulla salute dell�uomo
Abbiamo gi� menzionato sopra gli effetti drammatici che il
particolato produce sul patrimonio ambientale e monumentale. Non da
meno sono gli effetti sulla salute dell�uomo.
L�azione diretta del particolato pu� consistere in irritazioni o
aggressioni dell�epidermide e degli occhi in relazione alla natura ed alla
concentrazioni di polveri. Per l�apparato respiratorio si hanno seri rischi se
le dimensioni del particolato sono molto ridotte. Infatti le mucose nasali
riescono a trattenere particelle di dimensioni intorno a 10 µ m, le ciglia
polmonari riescono a fare espellere con tosse e starnuti particelle grandi
all�incirca di 0.5 µ m mentre le particelle pi� fini tendono ad accumularsi
nelle cavit� pleuriche o a diffondersi nelle vie linfatiche.
Oltre ad esplicare un�azione lesiva strettamente meccanica, il
particolato pu� veicolare metalli nocivi nel nostro organismo (piombo,
mercurio, rame, cadmio, selenio e molti elementi radioattivi) che proprio
attraverso i polmoni possono arrivare al sangue ed esplicare la loro azione
tossica.
Studi epidemiologici condotti da Mauderly [6], hanno evidenziato un
incremento del 30% della possibilit� di contrarre un tumore ai polmoni per
quei lavoratori che svolgevano le loro mansioni quotidiane a contatto con i
fumi di un motore Diesel. Lo studio condotto � arrivato alla conclusione che
Introduzione
9
nelle aree ad alta densit� urbana il rischio di contrarre il cancro per la
popolazione si alza al crescere della densit� e al diminuire della qualit�
dell�aria. Il rischio � rilevante quando la concentrazione di particolato
nell�aria � dell�ordine di 10
2
�10
4
µ g/m
3
. Inoltre, considerando
l�adsorbimento sulle particelle di idrocarburi aromatici (PAHs) quali 1-
nitropirene e benzo(a)pirene, sostanze con effetti mutageni sulle cellule
umane, si evince che, affinch� l�aspettativa di vita si mantenga quella attuale
(74 anni), anche nel prossimo secolo, la concentrazione di particolato
nell�atmosfera dovrebbe al massimo aumentare di valori nell�ordine di 10
�6
per anno, considerando che attualmente la concentrazione di particolato
nell�atmosfera negli Stati Uniti � di 2-3 µ g/m
3
.
1.1.4.2 Formazione del particolato
La natura chimico-fisica del particolato varia in relazione alla
posizione della fiamma all�interno della camera di combustione [7].
All�avviamento del bruciatore un minimo di formazione di nerofumo pu�
anche risultare gradito, in quanto l�annerimento delle pareti della camera
porta vantaggi nei bruciatori industriali perch� incrementa l�efficienza del
trasferimento di calore per i ben noti fenomeni di irraggiamento [5].
Il particolato �giovane�, che si forma nella camera di combustione,
ha una dimensione che � di circa 5 µ m; questa, per fenomeni di
agglomerazione delle particelle, aumenta fino a raggiungere i 200 µ m e
oltre. Durante questa fase, il carattere radicalico del particolato diminuisce.
Per ben studiare la formazione del particolato che poi ritroviamo all�uscita
del bruciatore, bisogna evidenziare una particolare �storia termica� delle
Introduzione
10
particelle di combustibile che viaggiano all�interno della camera di
combustione.
La prima considerazione da affrontare � che la maggior parte del
particolato che ritroviamo in uscita dal combustore � costituito da
combustibile non bruciato e questo � attribuibile soprattutto alla difficolt� di
bruciare le gocce di combustibile (o le particelle di carbone nel caso in cui si
usi il combustibile solido) pi� grandi, nei tempi e nelle condizioni tipiche
dei bruciatori, con bassi eccessi d�aria e con fiamme a bassa emissione di
NO
X
.
Il problema fondamentale � dunque di produrre, in ingresso alla
camera di combustione, uno spray di combustibile (o di polverino di
carbone) che abbia una distribuzione granulometrica quanto pi� stretta
possibile in modo da progettare con accuratezza la camera di combustione al
fine di ridurre gli incombusti [8].
La goccia che entra nella camera di combustione inizia a bruciare: in
questa fase si verifica l�evaporazione delle sostanze volatili contenute
all�interno della goccia di combustibile; successivamente ha inizio la
combustione vera e propria preceduta da fenomeni di pirolisi a cui sono
sottoposti le frazioni pi� pesanti del combustibile. In questa fase si ha una
lieve formazione di particolato che viene definito primario; a questo si
affianca il cosiddetto soot (nerofumo) che ha un�origine molto complessa,
ma riconducibile a fenomeni di pirolisi in fase omogenea con formazione di
radicali insaturi molto reattivi che, per nucleazioni successive, portano alla
formazione di clusters carboniosi su cui spesso si adsorbono idrocarburi
policiclici.
Introduzione
11
Il secondo stato di crescita delle particelle include i diversi
meccanismi di crescita superficiale, coagulazione e aggregazione. In questa
fase le particelle prima crescono da un diametro di 1-2 nm ad uno di 10-30
nm e inglobano composti idrocarburici, quali molecole di acetilene e
poliacetilene, poi si aggregano in strutture simili a catene in cui le sferule
hanno dimensioni dell�ordine di centinaia di nanometri.
Quando la particella abbandona la zona di fiamma, per �consumarsi�
completamente, deve essere ossidata in fase omogenea. Purtroppo
l�ambiente che incontra la particella, in questa fase della combustione, � il
meno favorevole: da un lato, i fumi hanno un contenuto di ossigeno molto
basso e prossimo a quello del camino, dall�altro, la temperatura va
diminuendo. Per completare l�ossidazione, sono necessarie temperature e
pressioni parziali di ossigeno elevate e tempi di permanenza, all�interno
della camera di combustione, sufficientemente lunghi.
Nella fase conclusiva di scarico, la bassa temperatura favorisce
l�adsorbimento sulla superficie del particolato degli idrocarburi a bassa
tensione di vapore, dell�acido solforico e dei solfati.
1.1.4.3 Abbattimento del particolato
Il problema dell�abbattimento del particolato dai gas di combustione
viene affrontato facendo considerazioni che riguardano principalmente
l�efficienza in relazione stretta con criteri economici [9]. La scelta di una
determinata apparecchiatura per tale scopo va fatta tenendo conto di svariati
fattori, il primo dei quali riguarda le dimensioni delle particelle da trattare e
la provenienza di queste. Infatti la scelta dell�apparecchiatura dipende
essenzialmente da:
Introduzione
12
portata dei gas da trattare;
temperatura;
dimensioni delle particelle;
efficienza da realizzare;
costo dell�operazione.
Le apparecchiature normalmente utilizzate nelle centrali
termoelettriche per l�abbattimento del particolato nei gas di combustione
possono essere suddivise nelle seguenti categorie:
separazione inerziale;
abbattimento elettrostatico;
lavaggio a umido;
filtrazione a barriera;
processi innovativi.
1.1.4.4 Separatori inerziali
Le apparecchiature che fanno parte di questa categoria sono adatte
alla separazione di particelle solide o liquide presenti in correnti gassose. Il
loro impiego risulta essere conveniente per la semplicit� costruttiva delle
apparecchiature, per i bassi costi di installazione e manutenzione e per una
buona efficienza di rimozione almeno sul range di particolato per cui sono
stati dimensionati; inoltre essi possono operare anche a valori di temperatura
e pressione elevati.
I cicloni e le camere a gravit� sono i separatori pi� diffusamente
impiegati. Entrambe le apparecchiature non sono adatte per separazione di
particolati fini e di solidi coesivi.
Introduzione
13
1.1.4.5 Precipitatori elettrostatici
I precipitatori elettrostatici (EPS) utilizzano forze di natura elettrica
per eliminare particellati da correnti gassose; sono maggiormente usati nel
controllo delle emissioni di particolato negli impianti che impiegano
bruciatori di grande taglia.
Sono impiegati con successo sia su bruciatori di gasolio, sia su
combustori di carbone. Sono apparecchiature ad alta efficienza e, se usate in
maniera opportuna, capaci di raggiungere rendimenti superiori al 99.5%
anche per particelle di dimensioni molto fini dell�ordine dei decimi di µ m.
Hanno una grossa flessibilit� di esercizio, cio� sono capaci di
lavorare con portate variabili e temperature anche molto elevate. A fronte di
un costo di installazione molto elevato, hanno costi di manutenzione e
gestione molto contenuti.
L�impossibilit� di trattare gas esplosivi, il controllo pi� rigoroso
durante l�esercizio e il costo maggiorato, quando si trattano particelle con
elevata resistenza elettrica, rappresentano gli svantaggi nell�impiego di tale
tecnologia.
La separazione elettrostatica si basa sulla possibilit� di abbattere le
particelle sospese nelle correnti gassose attraverso un�azione elettrostatica
consistente nel caricare tali particelle e poi provocare la loro scarica
(neutralizzazione) e dunque il loro accumulo su appositi elettrodi. La
trattazione teorica dei filtri elettrostatici si basa sull�illustrazione dei
seguenti punti:
l�azione di carica del particellato tramite l�impiego di campi elettrici;
l�utilizzo di particolari elettrodi che innescano l�azione di carica;
Introduzione
14
l�impiego di elettrodi che fungono da raccoglitori di polveri;
la rimozione delle polveri.
1.1.4.6 Separatori a umido
I separatori a umido costituiscono un�ulteriore classe di
apparecchiature che si occupano della rimozione del particolato dalle
correnti gassose. Vengono essenzialmente classificati come scrubber tutte
quelle apparecchiature che �lavano� i gas, ovvero tutte quelle
apparecchiature che eseguono la rimozione degli inquinanti (polveri e specie
gassose) con l�impiego di un fluido di servizio che � in genere acqua (un
fluido a basso costo).
L�impiego delle torri di lavaggio � particolarmente indicato quando
si richiedono alte efficienze anche con polveri di dimensioni
granulometriche al di sotto di 1µ m e quando i solidi da asportare sono
coesivi ed esplosivi.
Gli scrubber, tuttavia, comportano elevati consumi di acqua, alti ∆ P,
la necessit� di riscaldare i gas in uscita ed inoltre producono un refluo
liquido che deve essere trattato.
1.1.4.7 Filtrazione a barriera
Tale operazione viene condotta interponendo nel flusso gassoso un
mezzo filtrante, che pu� essere di diverse forme o materiali, in funzione
delle esigenze di processo.
Introduzione
15
1.1.4.7.1 Mezzi filtranti
Dal punto di vista del materiale costruttivo, i mezzi filtranti possono
essere di tre principali tipi: filtri di stoffa, filtri metallici e filtri ceramici.
Il pi� comune di questi sono i filtri di stoffa. La scelta del tipo di
tessuto da impiegare viene fatta sulla base di diverse considerazioni sia
fluidodinamiche e sia riguardanti le condizioni chimico-fisiche delle polveri
da asportare. I materiali pi� comunemente usati sono il poliestere (Dacron e
Kodel), il polietilene, il polifluoroetilene (Teflon) e le poliammidi. I filtri di
stoffa possono essere del tipo a tessuto, che d� luogo a maggiori perdite di
carico, e non tessuto. La temperatura operativa ottimale � intorno ai 100�C,
con punte fino a 250�C, in ogni caso � necessaria l�assenza di �nebbia�
acida.
L�efficienza dei filtri di stoffa � straordinariamente elevata (>99%)
su tutte le particelle di diametro superiore a 0.1µ m e richiedono un basso
consumo di energia. A fronte troviamo l�inconveniente che i fumi da trattare
devono essere sostanzialmente freddi, incombustibili ed asciutti ed inoltre, il
costo di installazione e di esercizio di tali filtri � elevato.
Nelle installazioni industriali i tessuti filtranti sono foggiati a forma
di �tubi�, di tasche o di borse, con o senza supporto. Nel caso dei mezzi
filtranti non supportati la direzione del flusso di gas � generalmente
dall�interno verso l�esterno, e il gradiente di pressione li mantiene in forma
aperta, mentre, dotando l�elemento filtrante di un supporto (griglie
metalliche), il flusso di gas pu� essere diretto anche dall�esterno verso
l�interno.
La pulizia degli elementi filtranti si rende necessaria perch� sul
tessuto, durante il ciclo operativo, si depongono le particelle formando una