Introduzione
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dall’operatore, sia esso produttore, trasformatore o importatore e garantiscano al
contempo la completa rintracciabilità delle materie prime.
Attraverso l’utilizzo di questa tipologia di marchi si potranno avere maggiori
possibilità di penetrazione del mercato e si potrà valorizzare anche l’area geografica
di appartenenza andando, così, ad accrescere la percezione di valore e qualità del
prodotto nel consumatore.
Scopo del lavoro di tesi sarà dunque quello di porre attenzione:
Ö alle esigenze di valorizzazione e differenziazione già realizzate in
diversi paesi dell’Unione Europea, effettuandone una rilettura che ne
evidenzi similitudini e specificità e consenta di ricostruire le
motivazioni che hanno portato a tali scelte;
Ö alle fasi procedurali che occorrerebbe seguire nel caso si volesse
intraprendere anche sul territorio regionale toscano un tale percorso;
Ö agli eventuali vantaggi e svantaggi che potrebbero derivare
dall’impiego e dalla gestione di tali strumenti di valorizzazione.
Metodologia
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METODOLOGIA
Fasi della ricerca
Per perseguire gli obiettivi della ricerca è stato necessario definire un itinerario
specifico, dettagliato secondo alcune fasi di lavoro:
Ö la panoramica del mercato biologico;
Ö l’analisi degli strumenti utilizzati a livello europeo in un’ottica di
qualificazione e differenziazione delle produzioni biologiche;
Ö lo studio di fattibilità per la costituzione di un marchio collettivo per la
valorizzazione delle produzioni biologiche toscane.
Prima fase
La prima fase ha previsto la realizzazione di uno studio che consentisse di
ricostruire la situazione del settore biologico.
Gli step di lavoro che contraddistinguono questa fase possono essere così
riassunti:
Ö reperimento di materiale bibliografico;
Ö raccolta di informazioni presso istituzioni coinvolte a vario titolo
nell’ambito del biologico.
Questo modo di procedere ha consentito di:
Ö analizzare la legislazione in vigore sia a livello europeo, sia a livello
nazionale e regionale;
Ö analizzare gli aspetti tecnici e procedurali e i sistemi di controllo che
contraddistinguono il metodo di produzione biologica;
Metodologia
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Ö analizzare l’andamento del mercato biologico sia in Europa che in Italia
e valutare le problematiche attuali e le prospettive future.
Seconda fase
Nella seconda fase si è passati all’analisi degli strumenti utilizzati a livello
europeo per qualificare e differenziare le produzioni biologiche. In particolare
l’attenzione è stata posta:
Ö sulle motivazioni che hanno portato a tali scelte;
Ö sul tipo di strumento utilizzato per la differenziazione, sulle regole d’uso
e sui disciplinari di produzione;
Ö sulle similitudini e specificità delle esperienze condotte nei paesi
analizzati;
Ö sui vantaggi e svantaggi dovuti alla gestione di tali strumenti di
valorizzazione e differenziazione.
Il materiale utilizzato è il risultato di una ricerca su internet, ricerca che è stata
articolata in questo modo:
Ö ricerca a livello europeo di paesi che possedessero marchi nazionali o
regionali;
Ö ricerca di dati statistici sui paesi in cui sono state avviate esperienze di
questo tipo: sviluppo dell’agricoltura biologica, situazione attuale delle
produzioni vegetali e zootecniche, numero di operatori biologici;
Ö ricerca di informazioni relative ai marchi trovati: data di istituzione,
tipologia, regole d’uso;
Ö ricerca dei disciplinari di produzione relativi a tali marchi.
Metodologia
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Terza fase
Con la terza fase, che ha visto coinvolta l’Associazione Produttori Biologici di
Firenze, è iniziato il vero e proprio lavoro applicativo della tesi.
Lo studio di fattibilità per la costituzione di un marchio collettivo del biologico
da sviluppare in ambito regionale ha consentito di analizzare le scelte possibili cui
ci si trova di fronte per delineare le caratteristiche peculiari di tale marchio.
Gli elementi presi in considerazione sono stati:
Ö i possibili gestori del marchio;
Ö la documentazione necessaria per la costituzione del marchio;
Ö i disciplinari di produzione e i possibili campi di applicazione;
Ö i soggetti controllori;
Ö i vantaggi e gli svantaggi derivanti dalla messa in atto di tale strategia.
Per ognuno di essi sono stati analizzate varie soluzioni con l’intento di
presentare i possibile percorsi che possono essere seguiti per la costituzione di un
marchio collettivo e i relativi vantaggi e svantaggi.
Gli strumenti della ricerca
Le diverse fasi della ricerca hanno richiesto l’adozione di una metodologia di
lavoro differente. Per ogni fase sono stati, infatti, individuati strumenti specifici che
hanno permesso di realizzare gli obiettivi prefissati.
Gli strumenti usati nella prima e seconda fase della ricerca sono stati:
Ö reperimento di fonti bibliografiche;
Metodologia
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Ö raccolta di informazioni attraverso interviste mirate, nel corso
dell’attività di tirocinio, a dirigenti della struttura ospitante;
Ö partecipazione ad un corso sul biologico presso l’Associazione
Produttori Biologici di Firenze. Il corso, della durata di 32 ore, ha
trattato gli aspetti generali dell’agricoltura biologica (legislazione e
controllo) e gli elementi tecnici (metodi di produzioni per i vegetali e per
la zootecnia).
Per la realizzazione della terza fase si è ricorso ad un confronto diretto con
l’Associazione Produttori Biologici interessata a promuovere la costituzione di un
marchio collettivo per le produzioni biologiche toscane.
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CAPITOLO 1
“UNA BREVE PANORAMICA SULLA
SITUAZIONE DEL BIOLOGICO”
1.1 Le origini dell’agricoltura biologica
L’agricoltura biodinamica nacque formalmente nel 1924 a seguito di un corso
organizzato da agricoltori tedeschi, i quali invitarono Rudolf Steiner a divulgare le
prime sperimentazioni su come poter fronteggiare i problemi che stavano nascendo
a causa dell’agricoltura chimica.
Rudolf Steiner, filosofo e ricercatore, fu il fondatore dell’antroposofia, teoria
che vede l’essere umano come particella di un equilibrio cosmico, il quale deve
vivere in armonia con la terra e l’universo se vuole preservare la sua forza e quella
della terra stessa. Questa concezione dell'uomo e del mondo portò nel primo quarto
di questo secolo ad un rinnovamento nel campo della medicina, della pedagogia,
dell'arte e della scienza in genere acquistando numerosi adepti in tutto il mondo
occidentale.
L'agricoltura fu l'ultimo settore al quale Steiner si dedicò prima di morire
esprimendo la sua preoccupazione per i primi segni di degenerazione e debolezza
che accompagnavano l'applicazione dei moderni metodi di coltivazione e, in
particolar modo, il crescente uso di concime chimico.
Egli tenne otto lezioni ad un gruppo di agricoltori, il tema centrale di tali
lezioni era la salute della terra, il mantenimento e l'accrescimento della fertilità al
fine di migliorare la qualità degli alimenti destinati a nutrire l'uomo.
Capitolo 1: “Le origini dell’agricoltura biologica”
16
Successivamente fu H. Pfeiffer, studioso di Steiner, a convertire in modo
organico i suoi insegnamenti in un metodo che prese il nome di agricoltura
biodinamica. Alla fine degli anni ’20 nacquero le prime fattorie biodinamiche in
Germania, Svizzera, Inghilterra, Danimarca e Paesi Bassi.
L’agricoltura biodinamica concepisce l’azienda agricola in maniera olistica
cioè come un’entità in diretta relazione ed equilibrio con l’ambiente circostante, con
la terra e con il cosmo.
I tre principi della biodinamica sono (Fonte: Agricolturabiodinamica, 2003):
1. mantenere la fertilità della terra;
2. rendere sane le piante in modo che possano resistere alle malattie e ai
parassiti;
3. produrre alimenti di qualità.
Il metodo prevede l’utilizzazione delle forze naturali e l’osservazione della
produzione vegetativa in natura; tre appaiono le espressioni fondamentali di queste
forze:
1. la liberazione nella terra di sostanze nutritive necessarie alla pianta;
2. l’inspirazione dall’atmosfera alla terra per mezzo delle piante;
3. l’autoregolazione che esiste in tutti gli organismi viventi.
Per ciò che riguarda il primo aspetto, il processo naturale di liberazione di
sostanze nutritive del terreno avviene grazie alla presenza di vermi, lombrichi,
microrganismi e, quindi, ogni intervento deve avere come scopo la protezione di
questa fauna.
Capitolo 1: “Le origini dell’agricoltura biologica”
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L’inspirazione di sostanze dall’atmosfera è il secondo processo naturale, solo
in piccola parte le piante costruiscono la loro massa vegetativa dalla terra così
l’utilizzo di concime chimico frena e disturba il processo perché crea un surplus di
azoto nell’humus con una grossa quantità di batteri che liberano azoto così da avere
una perdita invece che un’ispirazione.
Il terzo processo naturale e consiste nell’adattamento alle condizioni esterne e
questa operazione può essere aiutata con pratiche come la rotazione e l’uso di
preparati particolari. Le tecniche di coltivazione delineate dai biodinamici sono alla
base dell’odierna agricoltura biologica; certo è, comunque, che la biodinamica si
configura più come uno stile di vita che come una semplice tecnica colturale
associando a quanto detto prima concezioni molto particolari su come raggiungere
la piena armonia con l’universo, come per esempio il rispetto di un calendario di
semina in modo da operare in sinergia con l’andamento degli astri oppure
l’irrorazione dei campi con preparati particolari e seguendo dei rituali ben precisi.
Comunque sia è grazie a questa teoria se oggi siamo arrivati ad avere un tipo di
agricoltura che mira a preservare l’ambiente, i terreni e la salute dei consumatori.
Altri teorizzatori dell’agricoltura biodinamica furono negli anni ’30 sir Albert
il biologo svizzero H. Muller e il medico austriaco Peter Rush, ma fu solo dopo la
seconda guerra mondiale che si ebbe il vero sviluppo di un’agricoltura attenta ai
problemi dell’ambiente. Infatti, negli anni ’50 in Francia si sentì la necessità di
praticare un’agricoltura slegata dall’utilizzo massiccio di prodotti chimici visti i
primi segnali di avvertimento sulle ricadute dell’alimentazione sulla salute.
Questa nuova “coscienza” portò ben presto ad un bivio: da una parte
l’agricoltura tradizionale e dall’altra un’agricoltura che venne denominata biologica.
Capitolo 1: “Le origini dell’agricoltura biologica”
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Il metodo per praticare un’agricoltura biologica venne teorizzato da Raoul
Lemaire nel 1959 e messo in pratica da Jean Bouchet nel 1963; tale metodo
prevedeva la necessità di operare sul terreno con abbondante concimazione organica
e con l’apporto di fosfati naturali, di compiere rotazioni comprendenti colture
sarchiate, prati di leguminose e colture da sovescio e di attuare la lotta agli insetti in
maniera naturale.
Negli anni ’70 furono introdotti i primi disciplinari di produzione, di standards
e di controlli di qualità e le più grandi organizzazioni di tutto il mondo unirono le
forze fondando l’IFOAM (International Federation of Organic Agricolture
Movements) che tutt’oggi è il punto di riferimento internazionale per l’agricoltura
biologica.
Tuttavia, negli anni ’80, ci fu una grande industrializzazione che colpì anche
l’agricoltura: i terreni furono trattati con dosi sempre maggiori di prodotti chimici e
si attuò una produzione volta sempre di più alla quantità e non alla qualità. Si sentì
dunque ancora più forte la necessità di contrapporre all’agricoltura presente un’altra
più naturale e rispettosa dell’ambiente tanto da arrivare agli inizi degli anni ’90,
precisamente nel 1991, all’emanazione del regolamento CEE n. 2092/91 sul metodo
di produzione biologica da parte dell’Unione Europea.
Tale regolamento, che è stato modificato costantemente per adeguarlo alle
nuove esigenze che si sono venute a creare sul mercato, costituisce ancora oggi il
testo base per chi vuole produrre biologico insieme al regolamento CEE n. 1804/99
il quale completa il regolamento n. 2092/91 per ciò che riguarda le produzioni
animali.
Capitolo 1: “Le origini dell’agricoltura biologica”
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1.2 L’agricoltura biologica oggi: un’analisi quantitativa
Nel 2000 il valore del mercato biologico è stato stimato in circa 20 miliardi di
dollari (Fonte: AIAB, 2002).
I maggiori mercati in termini di consumo sono l’Europa e gli Stati Uniti,
seguiti ad una certa distanza dal Giappone, paese che negli ultimi anni ha visto
crescere la propria domanda interna in maniera esponenziale.
Secondo l’International Trade Center di Ginevra, la produzione biologica
continuerà a crescere a livello mondiale mediamente del 20% per anno per
rappresentare nel 2005 fra il 5% e il 10% dei prodotti agro-alimentari consumati dai
principali paesi industrializzati.
Il consumo pro capite varia molto da paese a paese con consumi che si
aggirano attorno ai 100 dollari in paesi come Danimarca e Svizzera fino ad arrivare
a circa 20 dollari in paesi come Italia e Francia.
Tra i paesi con il consumo pro capite minore troviamo la Gran Bretagna con
circa 15 dollari.
Le previsioni dei principali centri di ricerca stimano che entro il 2005 il
consumo pro capite si attesterà in tutti i paesi tra i 50 e i 100 dollari anno.
Capitolo 1: “Le origini dell’agricoltura biologica”
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1.2.1 Uno sguardo alla situazione europea
In tutto il mondo gli ettari coltivati secondo il metodo biologico sono nel 2000
circa 16 milioni, concentrati prevalentemente in Australia e in Argentina, che da
sole rappresentano quasi il 70% delle terre coltivate a biologico (Tabella 1).
L'Italia rappresenta per estensione il terzo paese a livello mondiale e il primo a
livello europeo, mentre nazioni come Germania, Francia, Usa e Giappone sebbene
siano grossi consumatori di prodotti biologici presentano una bassa percentuale di
terra coltivata a biologico.
Questa apparente contraddizione si può comprendere se si esaminano le
caratteristiche geografiche di questi paesi e il modello di agricoltura che hanno
portato avanti dal dopo guerra ad oggi.
Questi paesi, infatti, hanno un territorio caratterizzato da ampie pianure che si
prestano bene ad un'agricoltura intensiva di tipo industriale e hanno sempre
sostenuto lo sviluppo di grosse aziende agricole con grandi possedimenti. Aziende,
queste, che per struttura economica, investimenti effettuati in tecnologie e personale
qualificato sono state poco interessate alla conversione al biologico, soprattutto nel
passato, quando i volumi delle vendite dei prodotti biologici erano veramente
modesti.
Capitolo 1: “Le origini dell’agricoltura biologica”
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TABELLA 1: Ettari coltivati nel mondo secondo il metodo biologico al
31/12/2001
PAESI ETTARI COLTIVATI A BIOLOGICO
Australia 1.050.000
Argentina 3.192.000
Canada 430.600
USA 950.000
EUROPA
Austria 285.500
Belgio 22.410
Danimarca 174.600
Finlandia 147.943
France 419.750
Germania 632.165
Grecia 31.118
Irlanda 30.070
Italia 1.230.000
Lussemburgo 2.141
Olanda 38.000
Portogallo 70.857
Spagna 485.079
Regno Unito 679.631
Totale Europa 4.249.264
Fonte dati europei: organic-europe.net, 2002
Fonte dati mondiali: Soel, 2002
Nel 2001 in Europa si sono registrati circa 132.000 agricoltori biologici, i
quali rappresentano il 2% di tutte le aziende presenti sul territorio (Fonte: Eurostat,
2001).
L'Italia con 56.440 è il primo paese in Europa per numero di aziende; seguono
poi l'Austria con 18.292 aziende, la Spagna con 15.607, la Germania con 14.703 e
la Francia con 10.364 (Tabella 2).
Per quel che riguarda la grandezza delle aziende abbiamo notevoli differenze
all'interno dei paesi europei: le aziende di maggiori dimensioni le troviamo in Gran
Bretagna dove possono arrivare anche a 140-160 ettari; nel resto d'Europa abbiamo
in media dai 40 ai 60 ettari per azienda, fatta eccezione per l'Austria con una media
Capitolo 1: “Le origini dell’agricoltura biologica”
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di 20 ettari e l'Italia dove abbiamo le aziende più piccole d'Europa con, in media,
meno di 20 ettari.
Anche le colture principali si diversificano da paese a paese: nel nord Europa
(Danimarca, Finlandia e Svezia) vengono coltivati soprattutto cereali, legumi e
foraggere, nel centro Europa (Austria, Belgio, Lussemburgo e Olanda) foraggere e
cereali, nel sud Europa (Francia, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna) foraggere, olivi
e viti.
Per quel che riguarda la zootecnia i due paesi che maggiormente vi si sono
dedicati, dall'entrata in vigore del regolamento CEE n. 1804/99, sono stati l'Olanda
e il Belgio. Le specie più allevate in entrambi i paesi sono: gli avicoli seguiti dai
suini e quindi dai bovini.
Dal punto di vista quantitativo i numeri confermano la costante crescita
dell'agricoltura biologica in tutta l'Europa, ma ancora molto va fatto dal punto di
vista qualitativo; pensiamo, infatti, che solo un ristretto numero di aziende vende
effettivamente i suoi prodotti come biologici. Le ragioni di questo sono svariate,
una tra tutte è la non conoscenza dei canali di vendita del prodotto biologico e la
loro mancata ricerca; infatti, le aziende, avendo già ricevuto i finanziamenti previsti
dalla comunità europea, non sono incentivate alla ricerca di canali di vendita
adeguati e si accontentano di vendere il prodotto come convenzionale.
Questo conferma come i mercati siano ancora ben lontani dall’essere
organizzati e come le informazioni non circolino sufficientemente, limitando gli
scambi e rendendo difficile l’incontro della domanda con l’offerta.
Capitolo 1: “Le origini dell’agricoltura biologica”
23
TABELLA 2: Gli agricoltori biologici in Europa al 31/12/2001
PAESI
NUMERO OPERATORI
BIOLOGICI
%
Austria 18.292 12,85
Belgio 694 0,49
Danimarca 3.525 2,48
Finlandia 4.983 3,5
Francia 10.364 7,28
Germania 14.703 10,33
Gran Bretagna 3.981 2,8
Grecia 6.680 4,7
Irlanda 997 0,7
Lussemburgo 48 0,03
Italia 56.440 39,65
Olanda 1.528 1,07
Portogallo 917 0,64
Spagna 15.607 10,96
Svezia 3.589 2,52
Totale Europa 142.348 100,00
Fonte dati: Eurostat, 2001
1.2.2 L’import – export di prodotti biologici in Europa
Fino a qualche anno fa erano i paesi del Nord Europa a soddisfare circa il 70%
della domanda di prodotti biologici attraverso le importazioni. Un ruolo leader in tal
senso era svolto anche dall’Italia (Fonte: AIAB, 2002).
Con l’ingresso di nuovi paesi quali la Spagna e i paesi dell’est europeo gli
scenari sono cambiati e cambieranno ulteriormente man mano che i piani di
conversione andranno a realizzarsi. In Germania per esempio, soprattutto dopo lo
scandalo della mucca pazza, il Ministero dell’Agricoltura ha predisposto un piano di
intervento per portare, entro il 2010, le superfici coltivate a biologico dal 2,5% al
20% della SAU totale, mentre in Francia l’obiettivo del Ministero è di arrivare ad
un milione di ettari entro il 2005.