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Introduzione
Lo stato dell'informazione-comunicazione, in Italia e nel mondo, è
decisamente preoccupante. Il pluralismo dell'informazione è ormai più apparente
che sostanziale. La tendenza è al peggioramento. Ciò che milioni e milioni di
persone ascoltano, leggono, e soprattutto vedono, ogni giorno, è definito da
gruppi ristretti, che decidono ciò che il grande pubblico deve sapere e ciò che
non deve sapere.
Quasi dovunque il cosiddetto "quarto potere" è ormai così strettamente
intrecciato al potere politico e dipendente da interessi privati, detentori e
controllori dei media, da avere rinunciato quasi del tutto a funzioni di controllo e
di critica. La soverchiante maggioranza dei flussi di comunicazione è ormai
prodotta o controllata da un pugno di colossi mondiali, un vero e proprio
oligopolio mediatico.
Basti pensare che la capitalizzazione dell'industria della comunicazione ha
superato a livello mondiale quella dell'intera industria automobilistica. Nessuno
stupore, dunque, se si riscontra che la comunicazione è un prodotto quasi
esclusivamente a firma dell'Occidente sviluppato, e se esso interpreta le idee
dominanti in quel mondo. Paesi e popoli del resto del pianeta sono esclusi da
questo mercato, nel quale trovano vietato l'accesso perché strutturalmente non
concorrenziali; sono ridotti a spettatori, sottoposti a un martellamento di notizie,
idee, stili di vita e di consumo a loro estranei. Con ciò esposti a processi di
omologazione non solo dolorosi per coloro che li subiscono, ma distruttivi di
lingue,culture,civilizzazioni.
L'Occidente propone ovunque i propri standard di vita e di giudizio come gli
unici possibili. L'agenda del mondo reale è occultata e sostituita dai criteri
totalizzanti dei conglomerati del potere globale, principale dei quali è
l'imperativo assoluto del mercato, in cui tutto (informazione, intrattenimento,
pubblicità) è parte integrante, sinergica, del processo di creazione dei bisogni,
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che a loro volta stimolano una produzione forzosa, artificiale, di merci e
d'intrattenimento. Ne consegue che diventa del tutto indifferente, comunque
secondario, che vi sia un rapporto tra la realtà e ciò che viene riprodotto e
diffuso. Poiché è sempre più evidente che anche l'informazione, i processi
culturali di massa, l'intrattenimento, sono ormai essenzialmente merci, essi
diventano luoghi di creazione del profitto e, al tempo stesso, luoghi di
condizionamento del consumatore. Il sistema mediatico diventa in questo modo
strumento centrale dell'organizzazione del dominio. L'informazione che vi
transita è filtrata, incanalata, controllata in funzione di quegl'interessi.
Dunque è tutto fuorché libera e onesta. In tal modo la società globale, la
cosiddetta "società della conoscenza", è passata in realtà nelle mani dei
produttori di una gigantesca "fabbrica dei sogni", figlia e sorella della
globalizzazione. Se c'è un luogo dove questa globalizzazione ha già espresso
tutta la sua virulenza, questo è il campo della comunicazione. La libertà degli
stessi operatori della comunicazione, all'interno di queste logiche, è
pesantemente delimitata, quando non completamente negata.
Se serve, e serve sempre alla "fabbrica dei sogni", la realtà può essere
sostanzialmente modificata nel passaggio verso la sua raffigurazione virtuale,
abbellita o incupita non importa, comunque manipolata, in funzione delle
esigenze del mercato e, soprattutto, dell'organizzazione del dominio. Il sistema
mediatico non ci restituisce il mondo, dopo averlo fatto passare nella sua
impastatrice, bensì un suo simulacro selettivo, "emozionante", spettacolare.
Perfino le guerre sono ormai condotte in perversa simbiosi con il sistema
mediatico, la gestione delle prime è divenuta inscindibile dal funzionamento del
secondo. Poiché occorre "conquistare le menti e i cuori", allora ogni operazione
mistificatrice diventa lecita, perfino "inevitabile".
La situazione italiana, di assoluto monopolio televisivo e di quasi totale
monopolio mediatico, entrambi inquinati ulteriormente da un gigantesco
conflitto d'interessi, è un caso limite di particolare gravità. Televisioni e giornali
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diventano sempre più autoreferenziali, parlano di sé, tra loro e con il potere, si
riempiono di pettegolezzi, amplificano le inezie e le pongono in primo piano;
dimenticano problemi della gente, contraddizioni della società, la cultura, i
valori civili.
I media favoriscono la svalutazione della sfera pubblica, e la
spettacolarizzazione ed esaltazione del privato. Diritti e doveri vengono
scambiati a piacimento, false emozioni dilagano, annegate in mari di lacrime e
finti incontri, insieme a finte sorprese e personaggi finti scambiati per veri. Si
sostiene che questo è ciò che il pubblico desidera. Il che è vero solo in
apparenza. Perché bisogna aggiungere che il pubblico, specie quello formato da
questi media, desidera e pensa ciò che è socialmente disponibile. E un pubblico
impoverito di idee non è in grado nemmeno d'immaginare alternative, né di
recepire criticamente i messaggi che riceve. I generi sono mescolati ad arte,
l'entertainment si sovrappone all'informazione, entrambi s'intrecciano con la
pubblicità. Tutto viene incluso nella logica dello showbusiness. Quanti sono in
grado di districarsi? Sicuramente non lo sono le vittime più deboli, i bambini,
costretti ad ingurgitare dosi massicce di messaggi che non possono decifrare. I
media fabbricano i pensieri e i desideri che legittimano la loro pretesa di
rappresentare i pensieri e i desideri del pubblico. Milioni di persone sono
dunque sottoposte incessantemente ad un "rumore di fondo" che determina non
solo il livello d'informazione di una società, la sua cultura collettiva, ma perfino
il suo livello emozionale ed etico.
La discesa del tasso d'intelligenza, di alfabetizzazione e dei valori morali e civili
è scandita dagli editti quotidiani dei vari "auditel", divenuti inappellabili giudici
del nostro vivere comune, del nostro modo di divertirci, di consumare.
Inappellabili ed insindacabili, perché determinanti nel definire le correnti di
milioni di euro d'investimenti pubblicitari. E tutto ciò viene deciso e creato in
luoghi senza alcuna legittimazione democratica, ma che influenzano in modo
radicale la vita di grandi masse d'individui. Tutto ciò nuoce alla democrazia,
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all'educazione civica, all'equilibrio psichico dei telespettatori.
Il mezzo dove si svolge quasi tutto il mercato politico del consenso, è
rappresentata dalla televisione. Chi possiede il controllo di questo mezzo, tanto
peggio se monopolistico, può violare i principi basilari di ogni democrazia. Le
società moderne, la nostra inclusa, hanno ancora importanti possibilità di
risposta. Un'informazione indipendente, che spesso non è prodotta per la
vendita, cioè come merce, agisce e contende il passo al sistema dei media,
aiutando il formarsi e l'estendersi dello spirito critico, incoraggiando la
partecipazione democratica alla formazione dell'opinione pubblica.
Non ci si può difendere "come un polipo che lotta contro l'Empire State
Building" (Mc Luhan). Si deve investire e coinvolgere l'intero processo della
comunicazione. Si deve costruire una grande forza positiva, capace non solo di
contestare mezzi e messaggi, ma anche di stimolare forme di lettura critica, di
produrre costantemente punti di vista alternativi e di esigere che essi vengano
rappresentati. Investire il sistema mediatico con una "critica pratica",
sistematica, multilaterale, distribuita su tutto il territorio, davvero pluralista e
aperta ai contributi di tutte le componenti della società civile. Questo movimento
nei fatti già esiste, ma è frazionato e disperso in cento, mille gocce, ciascuna
isolata dalle altre. Il capillare ed importante lavoro compiuto, non riesce quindi a
raggiungere la massa critica sufficiente per sfidare l'imperio, solo
apparentemente inattaccabile, della comunicazione "ufficiale". Occorre
raggiungere il grande pubblico che sta seduto davanti alla televisione, oltre i
limiti in cui è attualmente prigioniera l'informazione indipendente.
Mentre è indispensabile contestare i meccanismi che rendono succubi e indifesi
milioni di telespettatori, i quali non hanno strumenti per difendersi perché
nessuno glieli ha dati, e perché molti di loro, addirittura, sono stati convinti che
non vi sia necessità alcuna di difendersi da bombardamenti così piacevoli.
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Questa guida si pone come strumento di aiuto, un aggancio per orientarsi
nell’oceano di siti inseriti nella rete, indirizzando il surfer
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, attraverso una
meticolosa schedatura di ben sessantacinque siti internet divisi in dodici sezioni
(dall’ambiente alle web-tv) comprendenti notiziari di informazione alternativa.
Una ricerca che descrive, interpreta, la salute dell’informazione in Italia e non
solo (ogni paese si specchia ed è inserito in questo nuovo presente chiamato
globalizzazzione), tutte le varie sfaccettature che si chiamano
controinformazione, informazione alternativa e disinformazione per parlare di
libertà, oggettività e pluralismo nei media della comunicazione.
Un secondo capitolo dedicato al ruolo di internet nell’informazione volto a
interpretare le trasformazioni della società dell’informazione con l’arrivo ed il
successo del più giovane e più interattivo mezzo di comunicazione.
La terza parte di questa ricerca pone gli obiettivi della nostra indagine, la
metodologia, le varie fasi di lavoro per la catalogazione.
Poi abbiamo la sintesi dei risultati raggiunti in base alle peculiarità dei siti
catalogati e tutto ciò che è emerso da tale ricerca.
Nell’appendice è riportato tutto il lavoro di catalogazione e schedatura diviso
per argomento in dodici diverse sezioni e rappresenta il fulcro della ricerca.
Per finire, un piccolo glossario con i termini specifici usati in internet per
agevolare l’utente e tutta la bibliografia e sitografia usata.
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Utente collegato in rete
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Capitolo I
INFORMAZIONE, INFORMAZIONE ALTERNATIVA
& CONTROINFORMAZIONE
1.1 Differenza tra informazione e controinformazione
Che differenza c'è tra "informazione" e "controinformazione"? Tra le tante
risposte possibili, due vengono per prime alla mente. La prima: l'informazione
viene "dall'alto", la controinformazione "dal basso". La seconda: non c'è nessuna
differenza, quando tutte e due usano internet e ogni utente può scegliere quella
che preferisce, e magari confrontarla con l'altra anche se esistono siti web
ufficiali e legati sempre a realtà giornalistiche già presenti con altri mezzi
tradizionali d’informazione e già schierati.
A questo punto nasce un altra domanda: al di fuori di internet c'è la stessa libertà
di scelta? La risposta è "no". Sia perché la controinformazione non dispone dei
mezzi economici dell'informazione, e quindi non può stampare e distribuire
giornali o mettere in piedi emittenti televisive che raggiungano un vasto
pubblico, sia perché in qualche caso i canali informativi sono nelle mani di
qualcuno che decide che cosa il pubblico può sapere e che cosa no.
In ogni normale processo di elaborazione dell'informazione si pone un
problema: ad esempio quando la stampa è legata al potere, è nelle mani di un
governo, filtra le informazioni e parla di stampa ufficiale, stabilisce quali siano
le notizie del giorno, ma in realtà è il governo che la comanda. Questo è un
genere di filtro, non nuovo, che molti paesi hanno conosciuto in passato e si
ripresenta ogni qual volta la democrazia è in pericolo. Su Internet la nozione di
filtro è diversa, in quanto ognuno può accedere a tutte le informazioni possibili
immaginabili. Io, in funzione dei miei interessi, di ciò che voglio sapere in un
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dato momento, sono in grado di estrarre da questa massa di dati quel che più mi
aggrada. Se, ad esempio, l'oggetto della vostra curiosità è la censura che
applicano i governi alle tv del proprio paese, potrete accedere a dati inerenti a
questo tipo di informazione, e se invece vi interessano, che so, notizie sullo stato
di salute della foresta Amazzone, bene, vi è dato procurarvele. Se volete sapere
cosa sta succedendo in questo momento in Cecenia, potete saperlo. In questo
senso, perciò, esiste un filtro: tutta la massa di notizie disponibili intorno alla
Cecenia ve la potete portare a casa. Cosa che non era possibile nel sistema
tradizionale dell'informazione, dove l'offerta consisteva in ciò che la stampa
scritta, tradizionale riportava su tale soggetto, e bisognava andare all'edicola e
comprare tre, quattro o cinque giornali, e neppure così ci si poteva procurare
tutta l'informazione disponibile: non si conosceva quel che scrivevano i
giornalisti russi in Cecenia, o i giornalisti ceceni, né quel che ne pensavano i
giapponesi, o gli americani. Con Internet tutto questo è possibile.
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1.2 Informazione alternativa e controinformazione
Sulla base della differenza dei mezzi utilizzati, si basa una prima
classificazione che comprende due tipi distinti di comunicazione: l’informazione
alternativa e la controinformazione. La loro distinzione è data da un rapporto
diverso che intrattengono coi canali della comunicazione di massa:
l’informazione alternativa non ne crea di nuovi, ma utilizza quelli già a
disposizione, alterandone però i contenuti, modificando i messaggi e il loro
portato ideologico; la controinformazione invece si caratterizza come tale per
l’impiego di mezzi specifici differenti e normalmente trascurati dalla
comunicazione ufficiale. Naturalmente anch’essa contribuisce ad una
modificazione di contenuti, ma la sua attenzione è principalmente diretta ai
codici del destinatario e alla sua ricezione del messaggio.
Esempi di informazione alternativa sono dunque un’emittente radio
indipendente, un sito web che verifica le fonti od opera direttamente sul campo,
una televisione a circuito locale, un cinema con distribuzione di pellicole
orientali o la stampa underground ecc. In tutti questi casi i messaggi tendono ad
una riformulazione dei contenuti in maniera differente da quella propria al
circuito ufficiale dell’informazione. Ma i canali utilizzati sono esattamente gli
stessi della comunicazione di massa ed implicano analoghi problemi per
l’emittente: esso infatti non è in grado di verificare come e fino a che punto è
stato esattamente recepito il suo messaggio. La controinformazione opera invece
nel momento in cui il messaggio viene ricevuto, per modificare la risposta del
destinatario. Essa perciò non è caratterizzata dai suoi contenuti ideologici,
quanto piuttosto dal fatto di realizzarsi alle spalle della comunicazione normale.
Si ha così controinformazione quando per esempio gruppi organizzati preparano
per i film di maggior successo e risonanza volantini con un’analisi chiara ma
rigorosa che smonti i meccanismi manipolatori e sveli l’ideologia dei messaggi,
e li distribuiscono all’uscita del cinema, provocando una prese di coscienza
critica e sensibilizzando l’opinione pubblica.
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1.3 Disinformazione
La disinformazione come metodo di lotta per imporre ad una opinione
pubblica, più o meno ampia, come verità le tesi più comode per la propria parte
non solo politica è una attività probabilmente antica come il
mondo. Dai tempi più remoti , nell'eterno scontro degli uomini per il potere, la
menzogna è stato largamente utilizzata. Solo con la nascita dei movimenti
politici autoritari , nel novecento, la disinformazione divenne una scienza
largamente praticata e "legittimata", in particolare dal movimento comunista
(l'unica verità è quella utile al Partito) e, più rozzamente, dai movimenti nazisti e
fascisti). Ma anche le democrazie non disdegnarono, più legittimamente durante
i conflitti e nei confronti dei nemici con cui erano in guerra, di utilizzare centrali
disinformative. L’uso dell’ attività di "disinformazione" è sanzionata come un
reato in tutte le legislazioni dei paesi occidentali.