Il diritto ambientale si pone oggi specifiche finalità legate alla protezione e
salvaguardia della qualità della vita, alla gestione razionale delle risorse, alla
messa in atto di strategie di prevenzione.
Particolare attenzione è ovviamente dedicata al comparto dei rifiuti.
La disciplina dei rifiuti ha subito una notevole evoluzione e importanti modifiche
di regolamentazione rispetto alla originaria formulazione.
Ormai da anni, sono in atto in tutta Europa, e nel pianeta tutto, importanti
processi di capovolgimento delle “vecchie politiche”.
Le dure critiche e contestazioni degli anni 60 sembrano aver sortito il loro effetto.
In tempi recenti, inoltre, le grandi evoluzioni tecnologiche hanno dato nuova luce
al comparto dei rifiuti : il trattamento dei rifiuti può e deve oggi costituire una
importante opportunità.
Bisogna attuare delle “nuove politiche” che non si limitino soltanto al controllo
dell’inquinamento provocato dai rifiuti, ma individuino come loro obiettivo
centrale una più efficiente gestione, che migliori l’impatto ambientale, riduca
l’incidenza dei costi di smaltimento e permetta il costante riutilizzo delle materie
usate, traendo utilità dagli oggetti e dai materiali usati e rifiutati.
Le istituzioni ed i cittadini devono essere coinvolti nella realizzazioni di tali
politiche, al fine di perseguire un concreto e tangibile “sviluppo sostenibile”.
Capitolo 1
L’EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA SUI RIFIUTI :
LA DISCIPLINA COMUNITARIA
Con la firma del Trattato di Roma, in Campidoglio, nel 1957, Francia, Germania,
Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo istituirono la Comunità Economica
Europea.
Il Trattato, aveva come finalità principale la equilibrata crescita economica di tutti
gli Stati membri della Comunità.
In materia ambientale, gli obiettivi sanciti dal Trattato riguardavano la
salvaguardia ed il miglioramento dell’ambiente, al fine di proteggere la salute
umana e migliorare la qualità della vita dei cittadini.
Tra tutti, il comparto dei rifiuti, ha costituito uno dei primi settori di intervento.
E’ stato infatti in questo ambito che la CEE ha assunto iniziative normative di
disciplina con l’applicazione degli artt. 110 e 235 del Trattato.
Tali articoli avevano lo scopo di armonizzare le legislazioni nazionali e
contrastare le distorsioni alla concorrenza tra le imprese dei diversi Stati membri,
rese più marcate dall'evidente legame che sussisteva tra merci, destinate a
circolare liberamente, e rifiuti, sottoposti a rigoroso regime amministrativo, per
prevalenti finalità di protezione sanitaria ed ambientale
1
.
Una disparità tra le disposizioni in applicazione o in preparazione nei vari Stati
membri per lo smaltimento dei rifiuti, avrebbe creato delle disuguaglianze nelle
condizioni di concorrenza e avrebbe perciò avuto un'incidenza diretta sul
funzionamento del mercato.
In maniera opposta, una regolamentazione efficace e coerente dello smaltimento
dei rifiuti, tale da non ostacolare gli scambi intracomunitari e da non alterare le
condizioni di concorrenza, avrebbe favorito la protezione della salute umana e
dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento,
dell'ammasso e del deposito dei rifiuti e avrebbe inoltre incentivato il recupero dei
rifiuti e l'utilizzazione dei materiali di recupero al fine di preservare le risorse
naturali.
Tali considerazioni portarono successivamente il Consiglio delle Comunità
europee, ad emanare la direttiva 75/442/CEE
2
, che dettava norme sui rifiuti, la
direttiva 78/319/CEE
3
relativa ai rifiuti tossici e nocivi e la direttiva 76/403/CEE
4
relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili.
1
P. Dell’Anno, Manuale di Diritto Ambientale, Padova, 2001, pag. 440.
2
Direttiva 15 luglio 1975.
3
Direttiva 20 marzo 1978.
4
Direttiva 6 aprile 1976.
Di queste tre direttive, le prime due possono essere considerate come generali,
aventi cioè per oggetto la problematica complessiva dei rifiuti, mentre l’ultima è
di tipo speciale, poiché si riferisce a particolari tipologie di rifiuti
5
.
Grazie all’adozione di tali direttive, furono introdotte, per la prima volta, alcune
definizioni di importanza strategica nell’ambito del comparto dei rifiuti.
Di particolare rilevanza era l’art. 1 della direttiva 75/442/CEE, Direttiva del
Consiglio relativa ai rifiuti, che fornì le nozioni di “rifiuto” e di “smaltimento”.
Per rifiuto andava intesa “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o
abbia l 'obbligo di disfarsi secondo le disposizioni nazionali vigenti”, mentre al
termine smaltimento venne conferito un duplice significato : “la raccolta , la
cernita , il trasporto , il trattamento dei rifiuti nonché l ' ammasso e il deposito dei
medesimi sul suolo o nel suolo” e l’insieme delle “operazioni di trasformazione
necessarie per il riutilizzo , il ricupero o i riciclo dei medesimi”.
Tali direttive, vanno inquadrate nell’ambito del Primo Programma di Azione della
CEE, che fondava i suoi strumenti sulla protezione ambientale, mettendo a punto
soluzioni immediate per situazioni gravi e contingenti di inquinamento
ambientale.
L’obiettivo della Comunità Europea era la promozione della prevenzione o della
riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, il recupero dei rifiuti
5
P. Dell’Anno, Manuale di Diritto Ambientale, Padova, 2001, pag. 440
mediante riciclo e il reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere
materie prime secondarie e l'uso di rifiuti come fonte di energia.
Gli Stati membri erano chiamati ad adottare le misure necessarie per assicurare
che i rifiuti fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e
senza usare procedimenti o metodi che avrebbero potuto recare pregiudizio
all'ambiente.
Per assicurare la protezione dell'ambiente, vennero utilizzati degli strumenti
regolativi, conosciuti con il nome di command and control, e dei sistemi
d'autorizzazione per le imprese incaricate di trattare, ammassare o depositare
rifiuti per conto altrui, che richiedevano un apparato amministrativo competente e
capace di controlli tempestivi.
La parte dei costi non coperta dalla valorizzazione dei rifiuti doveva essere
ripartita secondo il principio del "chi inquina paga"
6
, per cui il costo della
protezione dell’ambiente doveva essere addebitato a chi aveva causato
l’inquinamento (c.d. internalizzazione dei costi da inquinamento), in modo da
incitarlo a ridurre l’inquinamento provocato dalle proprie attività e ricercare
prodotti e tecnologie meno inquinanti.
Negli anni ’90, la direttiva 75/442/CE è stata oggetto di importanti modifiche. Le
esperienze acquisite nell'applicazione di tale direttiva da parte degli Stati membri,
ed il fallimento delle politiche di command and control, evidenziarono la necessità
6
Polluter Pays Principle
di una più efficace gestione dei rifiuti nell'ambito della Comunità e dell’adozione
di misure che oltre a provvedere in modo responsabile allo smaltimento e al
recupero dei rifiuti, ne limitassero la formazione promuovendo le tecnologie
"pulite" e l’impiego di prodotti riciclabili e riutilizzabili, tenendo conto delle
potenzialità e delle possibilità del mercato per i rifiuti ricuperati.
Non più, quindi, una politica di emergenza, ma una politica comune dell’ambiente
con l’obiettivo della prevenzione in campo ambientale e la possibilità di uno
“sviluppo durevole e sostenibile” (Quinto Programma d’Azione della Comunità
Europea).
Furono emanate la direttiva 91/156/CEE
7
, relativa ai rifuti, la direttiva
91/689/CEE
8
, relativa ai rifiuti pericolosi, e la direttiva 94/62/CEE
9
sugli
imballaggi e sui rifiuti da imballaggi.
Tra queste direttive, di particolare importanza è la 91/156/CEE, che modifica la
precedente direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti. Essa ha la struttura di una
normativa quadro, che obbliga a perseguire una serie di obiettivi sulla base di
determinati criteri e principi.
Ai sensi della presente direttiva, i cui articoli fanno riferimento agli allegati
elaborati insieme alla direttiva stessa, si intende per :
a) "rifiuto": qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate
nell'allegato I
10
, “Categorie di rifiuti”, e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o
abbia l'obbligo di disfarsi
11
.
7
Direttiva 18 marzo 1991.
8
Direttiva 12 dicembre 1991.
9
Direttiva 20 dicembre 1994.
b) "produttore": la persona la cui attività ha prodotto rifiuti ("produttore iniziale")
e/o la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre
operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;
c) "detentore": il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene;
d) "gestione": la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti,
compreso il controllo di queste operazioni nonché il controllo delle discariche
dopo la loro chiusura;
e) "smaltimento": tutte le operazioni previste nell'allegato II A, “Operazioni di
smaltimento”;
f) "recupero": tutte le operazioni previste nell'allegato II B, “Operazioni di
recupero”;
g) "raccolta": l'operazione di raccolta, di cernita e/o di raggruppamento dei rifiuti
per il loro trasporto.
La Commissione, conformemente alla procedura descritta nell'articolo 18 della
direttiva, ha, in seguito, preparato ed adottato
12
un elenco dei rifiuti che rientrano
nelle categorie di cui all'allegato I, definito Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER).
10
L’allegato I era composto da 16 categorie (ad es. residui di produzione, prodotti fuori norma,
prodotti scaduti, etc,) la cui indicazione era esemplificativa e non tassativa; vedi B. Caravita,
Diritto dell’ambiente, ed. Il mulino, Bologna, 2001
11
La definizione comunitaria rappresentava la combinazione di un concetto soggettivo di rifiuto,
legato alla volontà del detentore di disfarsi della cosa, con un concetto oggettivo, legato alla
volontà del legislatore di dichiarare rifiuti anche cose di cui il detentore non vuole disfarsi; vedi B.
Caravita, Diritto dell’ambiente, ed. Il mulino, Bologna, 2001
12
Decisione 94/3/CEE, 20 dicembre 1993.
Questo sarà oggetto di un riesame periodico e, se necessario, sarà riveduto
secondo la stessa procedura.
Il CER è un elenco delle tipologie dei rifiuti, organizzato prevalentemente sulla
base del loro processo di formazione, il cui scopo è identificare in maniera il più
univoca possibile i rifiuti in ambito comunitario al fine di consentire statistiche
attendibili a supporto delle politiche ambientali in materia di rifiuti, per il
monitoraggio della loro corretta attuazione negli Stati Membri e la valutazione
dell'efficacia delle azioni previste ed attuate nel perseguimento degli obbiettivi di
riduzione della produzione e pericolosità dei rifiuti, del loro riciclo e recupero e
del loro corretto smaltimento definitivo (funzioni ex ante ed ex post).
Si tratta quindi di “una nomenclatura di riferimento con una terminologia comune
per tutta la Comunità, con lo scopo di migliorare tutte le attività connesse alla
gestione dei rifiuti”.