5
In secondo luogo, dal punto di vista etnico: la sua storia è, infatti, intrisa di spostamenti di
popolazioni che hanno contribuito a farne la regione in cui si registra la maggiore sovrapposizione
etnica di tutto lo spazio post-sovietico
1
.
La conflittualità che si registra in questi luoghi non è però solo il frutto di spostamenti fisiologici o
naturali, quelli, per intenderci, decisi dalle varie componenti etniche, quanto anche e soprattutto di
spostamenti forzati, cioè ordinati dall’alto, avvenuti sia in epoca zarista sia sovietica. Talvolta essi
volevano essere una risposta drastica alla già presente conflittualità del posto, ma più spesso
rappresentavano una reazione alla fiera resistenza che questi popoli contrapponevano ai tentativi del
potere centrale di sottometterli, in realtà non sono risultati altro che un motivo di tensioni maggiori:
le popolazioni locali, quando non venivano esse stesse deportate, si trovavano di fronte interi popoli
provenienti da regioni che con il Caucaso e le sue etnie non avevano nulla da spartire
2
, con le
conseguenze che si possono immaginare.
Trascorse le epoche del dominio zarista e sovietico, durante le quali la Caucasia costituiva uno dei
confini meridionali dei due imperi, l’instabilità dell’area è aumentata a partire dal 1991 con la
caduta dell’Urss
3
: alle tensioni di tipo etnico tra le innumerevoli etnie sono andate sommandosi le
istanze autonomiste e anti-russe di entità che mai avevano accettato di buon grado le imposizioni di
San Pietroburgo, prima, e di Mosca, poi. Alcune di queste, come la Georgia, sono riuscite ad
ottenere l’indipendenza, altre, come le attuali repubbliche meridionali della Ciscaucasia, sono
ancora sotto il controllo centrale, appena mitigato dalla concessione di maggiori autonomie.
È naturalmente in queste ultime zone che l’indipendentismo risulta essere più forte (caso ceceno
docet): inizialmente di matrice laica, esso è diventato nel corso degli anni un fenomeno a forte
connotazione islamica wahhabita, una delle versioni estremiste della religione musulmana
4
.
Ciò ha contribuito a rendere estremamente complessa la situazione, visto che le componenti
islamiche radicali sono andate intrecciandosi con tensioni interetniche e sentimenti russofobi
5
.
La deduzione che si può trarre è che quindi il Caucaso sia una terra politicamente frammentata,
conseguenza soprattutto della frammentazione etnica; in realtà, anche la configurazione territoriale
1
V. Avioutskii, <<Un altro Caucaso è possibile>>, Limes 6-2004.
2
Ibidem.
3
Ibidem.
4
La Cecenia è l’ultimo territorio caucasico che ha vissuto l’islamizzazione: essa si caratterizza per la velocità con cui ha
assimilato le dottrine wahhabite. Il finanziamento di questo indipendentismo viene effettuato in primo luogo dalla
monarchia saudita desiderosa di estendere la propria influenza politica su tutti i territori a maggioranza islamica, tramite
l'esportazione di questa versione della religione musulmana, nata in Arabia nel corso del XVIII secolo ed adottata dalla
dinastia dei Saud (G. Cat, <<Sangue, potere e petrolio>>, www.italiasociale.org).
5
Precedentemente al wahhabismo (diffusosi in Ciscaucasia nella seconda metà del secolo scorso) un’altra dottrina
radicale si era radicata nella zona a partire dal XVIII secolo, il sufismo. Queste due correnti attualmente nella
Ciscaucasia si contrappongono e spesso si mescolano con etnicismi vari: il wahhabismo ha una forte presa sulla
Cecenia, mentre il sufismo è molto diffuso in Daghestan (da V. Avioutskii, <<Sognando il Califfato sui monti del
Caucaso>>).
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ha la sua importanza. A prima vista, dalla carta politica emerge chiaro un dato: la catena montuosa
del Caucaso fa da spartiacque tra la Russia e gli stati caucasici indipendenti.
In realtà, però, quando diciamo “Russia”, intendiamo una serie di frammenti che vanno a comporre
il confine meridionale e che sono rappresentati da una serie di piccole repubbliche, di enclave
territoriali: dirigendoci da ovest verso est troviamo il territorio di Krasnodar, l’Adighezia, il
territorio di Stavropol, la Karacaevo-Circassia, la Cabardino-Balkaria, l’Ossezia del nord, la
Cecenia
6
e il Daghestan. A sua volta, ogni repubblica è composta di un numero infinito di etnie: in
conclusione, quindi, la frammentazione politica non rispecchia fedelmente quella etnica, che è
ancora maggiore, e rispetta solo in parte la conformazione geografica del territorio.
Questa situazione frammentata non è però prerogativa della sola parte russa della Caucasia: anche la
Georgia, sebbene nelle mappe appaia come un’unica nazione, è caratterizzata dalla presenza di tre
repubbliche più o meno indipendenti (Abkhazia, Sud Ossezia e Agiaria) che ne minano la
sopravvivenza come stato unitario.
A questi si sommano altri motivi di tensione come quello della regione del Nagorno-Karabakh,
enclave armena e cristiana in territorio azero e musulmano, dichiaratasi indipendente da Baku
7
; a
sua volta, l’Azerbaijan vede il proprio territorio diviso in due parti a causa della conformazione
dell’Armenia stessa.
Appare chiaro, quindi, come in Caucasica la conflittualità non sia un elemento ascrivibile solo al
territorio russo di confine ma riguardi tutta l’area.
6
Nella “polveriera” delle repubbliche caucasiche russe, la Cecenia rappresenta sicuramente la zone più critica: a partire
dal disfacimento dell’Urss nel 1991 si sono moltiplicate le istanze indipendentiste di questa piccola repubblica. Mosca,
che dopo il disfacimento dell’Urss aveva altri problemi da affrontare, decise di lasciar fare. Fino al ’94 quando,
preoccupato per la crescente influenza americana in Caucasia, El’cin ordinò di invadere il paese. Da allora la
popolazione cecena vive tra l’incudine e il martello, tra l’esercito russo che non riesce a normalizzare la situazione e i
guerriglieri indipendentisti che non riescono a vincere definitivamente.
A ciò si aggiunge il fatto che in Cecenia più che in altre realtà, le istanze indipendentiste si sommano alla componente
religiosa wahabita, fornendo a Putin un motivo in più (e di forte presa sulla gente) per risolvere la questione una volta
per tutte (M. de Bonis, <<I doppi standard: così il mondo gioca coi ceceni>>, Limes 6/2004).
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M. Cocchiglia, <<Nagorno-Karabakh, una ferita aperta nel cuore del Caucaso>>, www.warnews.it.
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Capitolo 1, LA GEORGIA.
COORDINATE STORICO-GEOGRAFICHE
Cartina 2: mappa geo-politica della Georgia. Fonte: www.deagostini.it
1.1 Ubicazione e conformazione geografica
All’interno della regione caucasica, una particolare attenzione merita la repubblica presidenziale di
Georgia, indipendente a partire dal 1991 ed in precedenza parte della Russia zarista prima e
dell’Unione Sovietica poi.
Svariati sono i motivi per i quali la Georgia risulta importante: per ora ci limitiamo ad una
descrizione geografica che ci risulterà utile in seguito.
1.1.1 Conformazione e confini
Il territorio georgiano si divide tra Caucaso e Transcaucasia: il suo confine settentrionale è
rappresentato dalla cresta della grande catena montuosa (che lo separa dalla Russia); nella parte
centrale è caratterizzato dalla presenza di due pianure, una ad ovest che termina nel mar Nero (è
l’unico stato caucasico indipendente a confinare con il predetto mare), l’altra che prosegue ad est
verso l’Azerbaijan. A sud, infine, prevalgono ancora le montagne con la catena del Piccolo Caucaso
dove troviamo i confini con l’Armenia (sud), la Turchia (sud-ovest) e l’Azerbaijan (sud-est).
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Da ciò emerge quindi come la Georgia confini con tutti gli altri stati caucasici, caratteristica
condivisa con l’Azerbaijan. Ciò che la distingue è però una caratteristica ancora più peculiare: è
l’unico stato a confinare anche con tutte le repubbliche russe caucasiche, tra le quali alcune sono le
aree politicamente più instabili dell’intera regione. E questa è una delle caratteristiche fondamentali
del Paese che ci ritornerà utile in seguito.
1.1.2 Geografia ed infrastrutture
La particolare conformazione territoriale determina in modo chiaro le sue conseguenze sulla
presenza e la disposizione delle vie di comunicazione. Sul versante nord la presenza dei monti (con
cime spesso sopra i 5000 metri) complica le comunicazioni con il territorio russo: a parte la strada
costiera che collega la Georgia al territorio di Krasnodar (che però passa attraverso l’instabile
Abkhazia), ve ne sono pochissime che attraversano il Caucaso
8
, e di queste alcune sono chiuse per
la maggior parte dell’anno. Non vi è d’altronde alcuna linea ferroviaria.
Nella parte meridionale, invece, la presenza della catena del Piccolo Caucaso non oppone grandi
ostacoli alla presenza di strade verso l’Armenia e la Turchia.
Diversamente, la parte centrale, con le sue pianure orizzontali e la sua estensione sulla direttrice est-
ovest, è il territorio ideale per le grandi vie di comunicazione, sia stradali sia ferroviarie. In questa
parte del paese troviamo, infatti, le vie che collegano il Paese all’Azerbaijan e la zona costiera
all’entroterra.
Oltre che alle vie di comunicazione, le pianure centrali sono adatte all’attraversamento di condotte
petrolifere che trasportano petrolio azero ai terminali di Batumi e di Poti, per i quali transitano ogni
anno migliaia di tonnellate di greggio diretto in occidente
9
.
8
Una di queste è il tunnel di Roksky che collega l’Ossezia del Nord con quella del Sud e che per questo è motivo di
forte tensione tra Georgia e Russia visto che la Russia è sponsor dell’indipendenza di quest’ultima (<<Georgia: cauti
passi nel Caucaso>>, www.equilibri.net).
9
<<Georgia, misteri e petrolio>>, www.geopolitica.info.