V
Non di tutti i Paesi, chiaro: tralasciando quelli del sud est asiatico,
ci siamo addentrati solo nelle normative dei Paesi con cui la
giurisprudenza italiana è venuta più spesso a scontrarsi, in concreto
i Paesi dell’area maghrebina, quelli del Corno d’Africa e dell’Africa
occidentale.
Fase del nostro lavoro che, a dir la verità, ha sollevato non pochi
grattacapi, tanto in ordine al reperimento del materiale normativo,
quanto circa le difficoltà emerse nella traduzione di testi normativi
arabi tradotti in altre lingue: per quanto precisi i commentatori
stranieri, è un dato incontrovertibile quello della difficoltà obiettiva
della traduzione legale, specie tra legislazioni di ordinamenti non
appartenenti alla stessa area di influenza giuridica.
In ogni caso, risolti i nostri problemi, il passo successivo è stato
quello di verificare, almeno a livello teorico, sul piano normativo, i
punti di attrito possibili tra il nostro ordinamento e quello degli altri
paesi, tenendo conto della soluzione approntata dagli altri Paesi
europei, in primis la Francia, sicuramente lo Stato maggiormente
coinvolto dalla questione.
Inevitabile come, compiuto un minimo accenno alla disciplina delle
norme preliminari al Codice Civile del 1942, corpus normativo
essenziale per la soluzione di diverse delle sentenze che
commenteremo successivamente, si sia dedicata maggiore
attenzione alla riforma del sistema di diritto internazionale privato,
entrata in vigore con la legge del 31 maggio 1995, n. 218.
Il passo successivo è stato breve: individuare come i giudici,
tenendo conto delle modifiche introdotte dalla legge di riforma, ma
non solo, abbiano dato soluzione alle controversie sorte in tre
diversi ambiti: la filiazione, l’educazione e la cittadinanza. A parte
le considerazioni sullo status dei figli di coppie, di cui almeno un
genitore intrattenga un rapporto poligamico, situazione
pacificamente ammessa in gran parte dei Paesi musulmani, risolte,
oltre che alla luce della giurisprudenza italiana in materia, anche
tenendo conto delle direttive ministeriali al riguardo.
VI
In effetti questa è sicuramente la parte più complessa del nostro
lavoro: al di là delle mere pronunce, spesso se ne sono affrontati gli
aspetti procedurali, le questioni non risolte, gli immancabili
richiami normativi, nonché la bontà dei risultati, specie se
confrontati con quelli cui sono raggiunti i giudici degli altri Paesi
europei.
Paesi osservati, oltre che nella loro giurisprudenza, anche nelle
linee di fondo della loro esperienza di Stati accoglienti.
Il risultato è quello, forse, di una situazione in grande evoluzione, in
cui i primi punti fermi cominciano ad essere posti adesso, a distanza
di quasi vent’anni dal primo arrivo di massa di immigrati di fede
islamica.
Certo affascinante, il problema sembra un gioco ad incastri, il cui
unico obiettivo è il soddisfacimento dell’interesse di Stato, famiglie
e, soprattutto dei minori, vera parte debole del rapporto.
1
PREMESSA
Italia: terra d’immigrazione?
Rispondere a questa domanda porta a scardinare il tradizionale
concetto «d’Italia quale Paese di emigranti in cerca di fortuna»,
viste le oltre sette milioni di partenze nei primi anni del secolo
scorso
1
.
Eppure, pare proprio che l’incidenza del problema
“immigrazione” sia sempre più forte: oggi gli stranieri in Italia
secondo le statistiche ufficiali sono oltre 1.990.159 unità
2
.
Rispetto alla stessa data dell’anno precedente gli iscritti in
anagrafe sono aumentati di 440.786 unità (+28,4%): da notare
come tale incremento sia superiore a quello di 214.484 unità
(+16,1%) registrato negli oltre 14 mesi intercorsi fra il
Censimento del 21 ottobre 2001 e il 1° gennaio 2003
3
.
Tuttavia appare un dato sottostimato: lo sfasamento
temporale fra l’ottenimento del permesso di soggiorno e
l’iscrizione in anagrafe determina una notevole differenza fra la
popolazione straniera regolare e quella residente. Se, infatti, al 1°
gennaio 2004 la popolazione straniera regolare viene stimata in
oltre 2,6 milioni, secondo i dati della Caritas, tenendo conto anche
dei minori, sotto rappresentati nei dati dei permessi di soggiorno,
l’ammontare della popolazione straniera residente è pari a quasi
due milioni.
Tuttavia nel corso del 2004, questo divario dovrebbe essere
stato in gran parte colmato, via via che i regolarizzati sono entrati
nel novero della popolazione residente.
Non bisogna, poi, dimenticare un altro fattore determinante:
i cittadini stranieri nati in Italia.
L’incremento degli stranieri che vivono nel nostro Paese è,
1
B. BEZZA, Gli italiani fuori di Italia: gli emigrati italiani nei movimenti operai dei paesi
d’adozione 1880-1940, Milano, Franco Angeli editore, 1983.
2
Dati ISTAT, http://censimenti.istat.it.
3
Dati del Ministero dell’Interno, http://www.interno.it.
2
infatti, dovuto anche al perdurante aumento dei nati di
cittadinanza straniera (figli di genitori entrambi stranieri residenti
in Italia), che si traduce in un saldo naturale attivo di 31.132 unità.
Oggi, i cittadini stranieri nati in Italia sono 159.060, ed è
evidente che si tratta di stranieri di seconda generazione e non di
immigrati; sono concentrati per il 64,8% nel Nord, il 27,7% nel
Centro e il 12,5 % nel Meridione. Un quarto di essi si trova in
Lombardia: seguono Emilia Romagna, Veneto e Lazio,
rispettivamente con 18, 17 e 16 mila residenti.
La graduatoria per nazione vede in prima posizione il
Marocco, con 30.697 nati, l’Albania, con 19.231, e con meno di
10.000 unità la Tunisia, la Cina e le Filippine
4
.
E’ chiaro che la crescita della popolazione straniera dovuta
ai flussi naturali è nettamente inferiore rispetto a quella
determinata dai flussi migratori (411.970 unità), ma, in ogni caso
è significativa se contrapposta al bilancio naturale negativo dei
residenti di cittadinanza italiana.
Altra componente da non sottovalutare è quella delle persone
di origine e cultura straniera diventate cittadini italiani: l’ambito
multiculturale si amplia così nuovamente, a prescindere dalla
mera cittadinanza.
Detto questo, una notazione sembra scontata quanto
necessaria: questa importante presenza non è il frutto di un
fenomeno statico, ma, anzi, in costante crescita.
Proprio a causa dell’estrema elasticità del fenomeno deriva
l’esigenza di uno studio approfondito dei problemi connessi a tale
incontro-scontro di culture: l’Italia, infatti, si sta confrontando in
modo sempre più pressante con un problema che altri Paesi
europei hanno avvertito da tempo, quello dell’integrazione nel
proprio sistema sociale e normativo di consuetudini e istituti
palesemente in conflitto con la tradizione giuridica locale
5
.
E’ chiaro come il problema, poi, si presenti più grave con
4
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, Roma, Anterem, 2004, p. 43.
5
S. FERRARI, Musulmani in Italia, Bologna, Il Mulino, 2000, p. 7 ss.
3
riguardo ai valori e agli usi di cui sono portatori i cittadini
appartenenti a culture lontane da quella romanistica-occidentale:
un caso per tutti, quello della cultura islamica.
I musulmani, oggi in Italia, rappresentano circa il 35% della
popolazione complessiva di stranieri, oltre 820.000 fedeli, su oltre
un milione di musulmani totali, provenienti in gran parte da
Marocco, Albania, Senegal, Egitto, Tunisia e in misura minore da
altri Paesi dell’area africana e asiatica
6
.
Tra di essi prevale nettamente la comunità sunnita rispetto a
quella sciita, diffusa specialmente in Iran (93% di musulmani), in
Iraq (62%), in Libano (un terzo dei musulmani locali), in
Afghanistan (un quarto) e nello Sri Lanka (un quinto)
7
.
La componente nordafricana tra i musulmani non ha più la
maggioranza assoluta, arrestandosi al 48%, mentre il 28%
proviene dall’est Europa, il 10% dall’Africa Occidentale e un
altro 10% dal Subcontinente indiano.
Appare importante ricordare come oggi più di un 1
musulmano su 4 arrivi dall’Est Europa, dove si fa riferimento
prevalente al modello islamico turco
8
, notoriamente più laico
9
.
Nonostante tali valori appaiano già di per sé rilevanti,
sembra necessario operare un collegamento con quanto accadeva
solo quindici anni fa, nel 1991, quando gli stranieri regolarmente
presenti in Italia erano appena 656.757 mentre i musulmani
godevano di un peso percentuale maggiore, che si assestava
intorno al 38% delle presenze totali
10
.
Per capire l’andamento di tale presenza sarà forse opportuno
osservare i dati anno per anno degli ultimi dodici anni, riportati
nella tabella qui di seguito.
6
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 215 ss.
7
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 216.
8
E. OKTEM, Evoluzione del rapporto fra laicità e Islam in Turchia, in “Rivista della
cooperazione giuridica internazionale”, 2004, fasc. 16, p. 100 ss.
9
CARITAS, Allargamento a Est e immigrazione, Roma, IDOS, 2004, p. 91 ss.
10
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 1992, Roma, Anterem, p. 217 ss.
4
Cristiani Musulmani Ebrei Induisti Animisti Buddisti
1991 44,6 38,0 0,6 2,1 1,5 2,5
1999 45,9 36,8 0,3 2,5 1,4 2,5
2000 45,1 37,2 0,3 2,4 1,4 2,5
2001 45,2 36,4 0,3 2,3 1,4 2,6
2002 45,7 36,6 0,3 2,3 1,4 2,5
2003 49,5 33,0 0,3 1,9 1,2 1,9
Storicamente la presenza musulmana si è costituita a partire
dagli anni ottanta, durante il quarto flusso migratorio che ha
investito l’Europa, quello più fluido e meno regolamentato,
costituito da immigrati economici e da rifugiati spinti da un
intreccio di motivi politici ed economici
11
.
Si tratta di flussi che spesso hanno assunto i tratti della
clandestinità e che si sono diretti verso Paesi non molto attraenti
dal punto di vista economico, ma facilmente accessibili o perché –
nella fase iniziale – privi di legislazione, o perchè i controlli
all’ingresso risultavano facilmente eludibili: sarà così che Italia,
Spagna e Grecia diventeranno meta di flussi migratori.
Elemento caratterizzante questo quarto ciclo migratorio,
tuttora in corso, non è la reale e vasta esigenza del mercato del
lavoro dei suddetti Paesi europei, quanto la difficile situazione
economica e politica degli Stati di partenza, che ha trovato più
semplice soluzione nella migrazione
12
.
I caratteri propri di questo flusso non cambiano negli anni
novanta, anzi appaiono rafforzati, con la formazione di nuovi
consistenti flussi provenienti dai Paesi dell’Europa balcanica in
seguito al crollo dei regimi comunisti. Si tratta, anche in questo
caso, di flussi difficilmente controllabili in cui si sovrappongono i
11
F. CASTRO, L’Islam in Italia: profili giuridici, in in “Quaderni di diritto e politica
ecclesiastica”, 1996, fasc. 1, p. 269 ss.
12
S. FERRARI, Musulmani in Italia, cit., p. 7 ss.
5
motivi economici, sociali e politici o per la presenza di situazioni
conflittuali, come accade in Bosnia e in altre zone dell’ex
Jugoslavia, o per il collasso delle istituzioni statali e della società,
com’è avvenuto in Albania. Situazioni simili spingono
all’emigrazione anche da altre aree, in particolare dal Kurdistan
turco e iracheno.
Una novità di questi flussi è costituita dalla composizione
demografica: i nuclei familiari costituiscono la percentuale più
importante, soprattutto in Italia, dove cominciano ad arrivare
donne e bambini, accanto a uomini, i primi a partire
13
. Tendenza
inversa riguarda, invece, la popolazione immigrata senegalese,
che con una presenza di 47.762 unità, si compone quasi
esclusivamente di uomini soli
14
.
Detto questo, occorrerà valutare nello specifico le
caratteristiche di questa importante presenza.
Come dicevamo, le presenze raggiungono quasi quota
800mila unità:
PAESI SOGGIORNANTI % SUL TOTALE
Albania 233.616 10,6
Marocco 227.940 10,4
Tunisia 60.572 2,8
Senegal 47.762 2,2
Egitto 44.798 2,0
Macedonia 33.656 1,5
Pakistan 30.506 1,4
Nigeria 24.986 1,1
Totale 783.397 35,6
13
S. FERRARI, Musulmani in Italia, cit., p. 7 ss.
14
COMMISSIONE PER LE POLITICHE DI INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI, Secondo Rapporto
sull'integrazione degli immigrati in Italia, online in http://www.cestim.it/integra2/integra2_
index.htm.
6
Sfugge a questa statistica la componente irregolare
dell’immigrazione, fenomeno fortemente presente, come
dimostrano le due recenti procedure di sanatoria.
Includendo una stima approssimativa sia degli immigrati
attualmente in corso di regolarizzazione provenienti dai Paesi a
maggioranza musulmana, sia dei musulmani con cittadinanza
italiana, si può quindi arrivare a stimare la presenza di un numero
di fedeli molto più alto di quanto rappresentato dai dati statistici
ufficiali.
Caratteristica propria di questa folta comunità è la pluralità
dei paesi d’origine: diversamente da quanto, infatti, accade in altri
paesi europei, caratterizzati da due o tre nazionalità nettamente
prevalenti, in Italia i principali paesi di provenienza sono almeno
nove, a cui occorre aggiungere una molteplicità di gruppi di
minore consistenza
15
.
L’Albania è, a tutt’oggi, il paese da cui proviene la
componente islamica più numerosa, con circa 233.616 presenze
regolari, che rappresentano il 10,6% della popolazione immigrata
e il 23,36% del totale della popolazione musulmana
16
.
Segue poi il Marocco con una presenza di 227.940 unità,
rappresentante il 10,4% della popolazione immigrata totale e il
22,79% di quella musulmana
17
.
Particolarità di queste due nazionalità sta nel fatto che sono
tra quelle maggiormente cresciute negli ultimi anni, sia in termini
assoluti che in quelli percentuali: la crescita è stata del 432,65%
per gli albanesi e del 309,25% per i marocchini in soli cinque
anni
18
.
E’ evidente come questi due gruppi nazionali presentino un
alto tasso d’irregolarità interna, che emerge in occasione delle
procedure di regolarizzazione, in seguito alle quali si ha un
15
OIM, Gli albanesi in Italia, Milano, Franco Angeli, 2004.
16
Elaborazione propria su dati Istat.
17
Elaborazione propria su dati Caritas.
18
Elaborazione propria su dati Istat.
7
aumento considerevole del loro valore.
Circa la composizione demografica per sesso, la popolazione
musulmana presenta ancora un irrilevante tasso di presenze
femminili. Le donne superano di poco il 20% tra gli immigrati
originari dei paesi del Nord Africa e raggiungono circa il 36% tra
gli albanesi, che così si attestano tra le comunità con il livello
percentuale più basso di donne
19
.
Tuttavia il fenomeno è destinato a mutare con il passare
degli anni e la sempre maggiore presentazione di domande per il
ricongiungimento familiare, che ad oggi rappresenta il 13,7% dei
visti rilasciati. In particolare per gli immigrati africani il valore
risulta assai più alto della media degli altri Paesi (18,1% vs.
7,5%)
20
.
In netta controtendenza il dato concernente le domande di
entrata per motivi di lavoro, che si attesta attorno al 3,8% contro il
10% del valore medio globale, valore che indica un orientamento
inverso rispetto a quanto accadeva solo pochi anni fa, quando gli
africani erano giovani uomini soli venuti per lavorare e i
ricongiungimenti erano relativamente esigui, almeno rispetto a
quelli richiesti da altri gruppi continentali e nazionali
21
.
E le restanti componenti della grande comunità islamica?
In effetti, se gran parte dell’immigrazione islamica trova
radice nel continente nero, ben il 28% dei fedeli è europeo: i
serbo-montenegrini entrati sono stati più di 51.000 (quasi due
quinti sono stati i permessi rilasciati per turismo e oltre un terzo
per transito), gli albanesi più di 40.000 (oltre un quarto di
permessi rilasciati per ricongiungimento familiare), i turchi quasi
34.000 (di cui poco meno della metà per turismo e oltre un mezzo
per affari)
22
.
19
Elaborazione propria si dati Istat.
20
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 94 ss.
21
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 94 ss.
22
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 94 ss.
8
Le popolazioni di origine musulmana provenienti da
Marocco, Tunisia e Albania sembrano essere le più interessate al
radicamento in Italia, fatto confermato dall’aumento numerico di
minori appartenenti a tali nazionalità e al loro crescente
inserimento nel sistema scolastico italiano
23
.
Le analisi sociologiche compiute sulla permanenza degli
stranieri in Italia confermano come, tra i residenti di lunga data, si
collochino gli immigrati africani, con una quota di soggetti
residenti da almeno cinque anni del 64,6%
24
.
Tra i grandi gruppi nazionali del Nord Africa solo quello
marocchino resta di alcuni punti sotto.
Va, tra l’altro, sottolineato che i gruppi nordafricani, se si fa
eccezione per l’Algeria, sono concentrati nella fascia di quanti si
sono stabiliti in Italia da più di dieci anni: non a caso sono
considerato gruppi storici nel panorama migratorio italiano
25
.
Analoghe considerazioni si possono fare anche per alcune
delle altri componenti della grande famiglia islamica, quali ad
esempio alcuni paesi dell’area afro-occidentale, in particolare
Ghana, Nigeria e Senegal, di cui i soggiornanti di lunga durata
sono addirittura l’87%, fenomeno tutto sommato comprensibile se
si considera come le lavoratrici domestiche di questi paesi
cominciarono ad arrivare in Italia con gli inizi degli anni ’70
26
.
Essenziale, volendo compiere un indagine statistica che si
presenti come introduttiva rispetto ad una analisi sulla situazione
dell’ordinamento giuridico italiano, e in particolare delle norme di
diritto di famiglia, è valutare l’effettiva consistenza dello stato
civile degli immigrati.
I dati più aggiornati affermano come il numero dei
matrimoni, in cui almeno uno degli sposi sia straniero, sia
cresciuto ad un ritmo sostenuto negli ultimi anni, seppure in modo
23
S. FERRARI, Musulmani in Italia, cit., p. 7 ss.
24
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 84.
25
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 84.
26
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 84 ss.
9
non uniforme nel tempo.
La percentuale di matrimoni di stranieri sul totale dei
matrimoni avvenuti è quasi raddoppiata dal 1989 al 1995 (dal
2,2% al 4,3%), con incrementi particolarmente sostenuti tra il
1994 e il 1995
27
.
La crescita più importante ha riguardato i matrimoni tra
uomini italiani e donne di cittadinanza straniera, che nel corso
degli anni hanno acquistato un peso sempre maggiore e, oggi,
rappresentano la maggioranza dei matrimoni di stranieri; in
questo caso, però, le donne provenienti dall’area musulmana
risultano in netta minoranza rispetto al grande numero di straniere
coniugate con un italiano: solo il 7,9%
28
.
Molto meno diffusi sono i matrimoni di un’italiana con uno
straniero, che sono gradualmente diminuiti: in questo caso però il
36,8% degli sposi proviene dal Nord Africa, in particolare dal
Marocco
29
. La quota più bassa è relativa ai matrimoni di due
stranieri, che rappresentano il 13,5% del totale: in questo caso la
grande maggioranza dei matrimoni viene celebrata tra stranieri
della stessa nazionalità.
La percentuale più alta di questi matrimoni si ritrova nel
Centro-Nord del Paese, mentre le regioni meridionali presentano
tutte valori inferiori alla media. A differenza dei matrimoni
italiani, i matrimoni civili in questo caso sono la maggioranza, tra
l’altro in crescita costante
30
.
Per quanto riguarda il numero di nati da almeno un genitore
straniero, il valore è cresciuto negli ultimi anni più del numero di
matrimoni di stranieri: oltre 33.000 le nascite quest’anno, anche in
questo caso più frequenti al Centro-Nord rispetto al Sud.
27
COMMISSIONE PER LE POLITICHE DI INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI, op. cit.
28
LETTERE AFRICANE, http://www.inafrica.it.
29
LETTERE AFRICANE, op. cit.
30
LETTERE AFRICANE, op. cit.
10
La maggioranza dei nati, a differenza dei matrimoni,
proviene da coppie di ambedue i genitori stranieri, seguite da
quelle in cui lei è straniera e lui italiano
31
.
Per quanto riguarda la presenza di minori, ricordata la
precisazione compiuta dalla Caritas, il valore, nelle statistiche
ufficiali, è di 282.224 unità.
L’incidenza media nazionale dei minori stranieri residenti
sul totale degli stranieri residenti è pari al 21,3%; valori superiori
si riscontrano, però, per i minori provenienti dall’Africa (25,4%) e
dall’Asia (19,5%). Valutando i valori dei singoli stati di
provenienza gli elementi di disomogeneità sono notevoli: i
nordafricani hanno una percentuale di minori del 28%, il più alto
tra quelli esaminati, che supera, tra l’altro, di otto punti il dato
medio degli stranieri dell’Africa occidentale e di 10 punti quello
dell’Africa orientale
32
.
Il rapporto più elevato tra minori e la totalità dei residenti,
per gli immigrati di fede musulmana, si trova in Molise (32%),
seguito da Valle d’Aosta, Trentino e Emilia Romagna (30%);
quello minore in Puglia (21%)
33
.
Strettamente legato alla questione della presenza di minori
stranieri in Italia è il fenomeno della scolarizzazione di questi.
Nell’anno scolastico 2003/2004 gli alunni immigrati sono
diventati 282.683 con un aumento record, rispetto l’anno
precedente, di oltre 50.000 unità
34
.
Di questi oltre 100.000 sono musulmani, con conseguenti
rilevanti problemi di gestione delle classi e di programmazione
didattica, oltre che di rivendicazione culturale; problemi che,
astrattamente, si possono prospettare anche per i lavoratori di fede
islamica. E’ chiaro come, seppur non esaustivo, il quadro che esce
da questo insieme di dati confermi le caratteristiche del quarto
31
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 75 ss.
32
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 159 ss.
33
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 159 ss.
34
Dati del Ministero dell’Istruzione, http://www.istruzione.it.
11
ciclo migratorio in cui l’Italia è coinvolta: alto tasso d’irregolarità,
che emerge in concomitanza con le iniziative legislative di
regolarizzazione; influsso rilevante della nuova immigrazione
proveniente dai paesi destrutturati o lacerati da conflitti
35
: prova
evidente ne è proprio l’Albania, che è passata dalle 2.000
presenze nel 1991 alle 233.616 del 2004
36
.
Inoltre i comportamenti sono ancora differenziati rispetto
all’esperienza migratoria: crescono i ricongiungimenti familiari
per alcune nazionalità, mentre per altre prevale ancora la tendenza
a considerare l’immigrazione un’esperienza non definitiva
37
.
Le differenti provenienze nazionali, anche solo sotto il
profilo demografico, definiscono, dunque, in modo molteplice le
strategie della popolazione d’appartenenza musulmana presente in
Italia. Esse veicolano poi una grande complessità anche per quel
che riguarda la tipologia di Islam professato e vissuto: se è, infatti,
vero che la fede professata può costituire un innegabile elemento
aggregante, non così nell’Islam, dove, di fatto, lungi dall’aver
espressioni omogenee, risulta profondamente filtrata dalle diverse
culture etniche e nazionali
38
. Proprio questa estrema
frammentazione comporta inevitabili problemi soprattutto nella
gestione della componente immigrata.
Spicca, tra le questioni di maggiore interesse, soprattutto
quella del rapporto tra il nostro ordinamento giuridico e quello dei
paesi di provenienza; e ancora oggi, come in passato, il settore
maggiormente coinvolto è quello del diritto di famiglia:
matrimoni misti, ripudio, poligamia, sono ormai termini entrati
nel nostro uso quotidiano. Ebbene, quid iuris? E quale diritto per i
figli, punto di incontro di due mondi?
Il senso della nostra ricerca sarà proprio questo: valutare il
dato di partenza, la Shari´a, e compararla con il nostro
35
S. FERRARI, Musulmani in Italia, cit., p. 7 ss.
36
OIM, op. cit.
37
CARITAS/MIGRANTES, Dossier statistico Immigrazione 2004, cit., p. 160.
38
S. FERRARI, Musulmani in Italia, cit., p. 7 ss.
12
ordinamento, con il chiaro obiettivo di trovare una soluzione
accettabile per entrambi i fronti, sulla stregua di quanto compiuto
dalla giurisprudenza italiana, analizzando anche la soluzione
fornita dai giudici di altri Paesi europei.