4
Per tale motivo quindi è stato opportuno svolgere una ricerca presso l’Archivio di Stato
di Napoli, consultando i fasci relativi al periodo in cui Ernesto Capocci fu direttore
dell’Osservatorio (1833-50 e 1860-64) e cercando di ricostruire i rapporti tra
l’astronomo e i maggiori intellettuali dell’epoca. Un ringraziamento particolare va
esteso alla dottoressa Emilia Olostro Cirella per la gentile collaborazione. Per la stessa
finalità si è consultato l’Archivio del Dipartimento di Astronomia dell’Università di
Bologna, con l’aiuto del prof. Maurizio Bonoli e della dott. Marta Zuccoli. Le ricerche
sono state estese anche al paese natale di Ernesto Capocci, dove si era pensato di
rinvenire della corrispondenza atta a ricostruire il percorso di tale personaggio, ma
purtroppo la ricerca non ha dato esito positivo, e così si è ritenuto opportuno rinviare
tale aspetto ad un’altra occasione. Le ricerche si sono indirizzate soprattutto verso lo
studio della produzione letteraria dell’astronomo; in particolare al rinvenimento di
un’opera che dalle fonti storiografiche veniva considerata perduta. Tale rinvenimento è
stato possibile grazie alla presenza a Napoli di un discendente dello scienziato, il dott.
Marcello Belmonte Capocci, il quale ha permesso che se ne riproducesse una copia
dell’originale.
5
INTRODUZIONE:
La presente tesi si è prefissa di analizzare la figura di Ernesto Capocci, personaggio di
rilievo nel panorama scientifico e culturale della Napoli della prima metà
dell’Ottocento.
Il motivo di tale scelta sta nel fatto che Capocci non fu uno scienziato “sic et
simpliciter”, ma un uomo dalla vasta cultura e dai molti interessi che, lungi dal limitarsi
a scrivere solo opere scientifiche, si misurò con diversi generi letterari, spaziando dal
romanzo storico allo scritto di natura politica, dal genere fantastico alla pura
dissertazione scientifica. Ed è questo l’aspetto che ha colpito chi scrive e che ha indotto
a trattare questo tema. Un altro motivo che ha fugato qualsiasi dubbio sull’opportunità
di scegliere tale argomento è stato il rinvenimento presso la biblioteca personale di un
discendente dell’astronomo, il dott. Marcello Belmonte Capocci, della copia di un’opera
dell’astronomo napoletano, “Relazione del primo viaggio alla Luna fatto da una donna
l’anno di grazia 2057”, della quale si è svolta un’analisi critica.
Prima di questo, si è ritenuto opportuno comunque fare un excursus storico della Napoli
tra Settecento e Ottocento e in particolare dell’ambiente scientifico che la
caratterizzava, trattando della nascita delle Accademie, degli studi e dei salotti privati
che furono tipici di quel periodo.
Per comprendere meglio il personaggio Capocci e la sua opera si è parlato innanzitutto
della città in cui nacque, dell’ambiente nel quale si formò dei maestri e colleghi che
fecero di lui un astronomo di fama internazionale, della sua produzione scientifica e
letteraria nonché della sua iscrizione a prestigiose società e accademie dell’epoca.
6
La presenza dell’elemento fantastico nell’opera di Ernesto Capocci ha reso opportuno
analizzare questo tema, partendo dall'epoca della Grecia classica e arrivando alla
creazione del genere della “science-fiction” ideato da Hugo Gernsback nel 1923.
L’elemento divulgativo risulta essere la componente fondamentale di quest’opera
fantastica. E’ il tema dell’aerostato, diffusissimo in Europa e a Napoli a partire dalla
seconda metà del Settecento e presente nell’opera di Capocci, a veicolare la scoperta
scientifica tipica di quel secolo. L’importanza di Napoli come sede di numerose
ascensioni ha reso necessaria una trattazione sull’argomento e sul ruolo che la città
assunse all’epoca come sostenitrice delle prime sperimentazioni dei pionieri del volo. A
conclusione di tale studio sono state allegate le riproduzioni di incisioni, alcune delle
quali hanno per tema il viaggio fantastico, altre quelle dell’aerostato. Infine, in
appendice sono stati inseriti documenti riguardanti Ernesto Capocci tesi a chiarire il
contenuto del seguente lavoro svolto.
7
CAPITOLO I:
I.1 Accademie, studi e salotti scientifici nella Napoli del Settecento.
Nei primi anni del Settecento in Europa si combatté una battaglia decisiva per la civiltà
fra i tradizionalisti, attaccati all'aristotelismo, alla logica scolastica, e i moderni, che
ponevano le proprie radici nel sistema cartesiano
1
e nel pensiero di Leibniz e di
Newton
2
. Da questa battaglia nasceranno un nuovo tipo di intellettuale e di modello
culturale, nonché un diverso modello economico e politico che esalta la libera iniziativa
e il benessere dei singoli individui.
Anche Napoli venne toccata da questi nuovi stimoli culturali; in breve tempo i contatti
stabiliti con le maggiori capitali europee, con i centri di ricerca e di pensiero e con le
accademie inglesi e francesi
3
le fecero assumere un carattere internazionale,
1
Da Renè Descartes (1596 d.c. – 1650) prende il nome il cartesianesimo, filosofia rigidamente
deterministica. Il libro in cui Cartesio espone la maggior parte delle sue teorie scientifiche è Principia
philosophiae, pubblicato nel 1644. Cfr. B Russel, Storia della filosofia occidentale, Milano, 1996, titolo
originale History of Western Political and Social Circumstances from the Earliest Times to the Present
Day, traduzione a cura di Luca Pavolini, prima edizione 1991, pp.540-541.
2
Secondo la nuova concezione della fisica matematica e materialistica tutti i fenomeni dovevano essere
ridotti a leggi matematiche ed essere chiari, misurabili e sperimentabili. Idem.
3
Le origini delle Accademie risalgono al XV secolo, anche se la più completa manifestazione si verificò
nel XVIII secolo, che senza dubbio ne rappresentò il culmine. Il movimento accademico europeo, nel
quale si riflettendo tutte le tendenze e le potenzialità dell’Illuminismo, coincise con l’inizio del
riconoscimento pubblico della scienza e con la trasformazione radicale dei letterati, che avrebbe portato,
poi, alla formazione di una riconoscibile comunità di intellettuali. Le prime istanze accademiche nacquero
dai programmi linguistici e politico-culturali del XVI secolo. Con l’Académie Française (1637), all’epoca
di Richelieu, venne creato un organismo statale con l’importante compito della codificazione linguistica,
destinato a divenire un modello europeo seguito, sotto un rigido controllo governativo, da numerose altre
istituzioni specializzate. Con l’Accademia dei Lincei (Roma, 1603-67) le tradizionali società di storia
naturale si orientarono verso questo stesso modello, laddove società statali e privilegiate come la Royal
Society (Londra, 1662) e l’Acadèmie Royale des Sciences (Parigi, 1767) divennero esempi di nuove
forme di organizzazione del lavoro scientifico, finalizzate a una conoscenza della natura fondata su basi
matematiche. L’obiettivo di questo tipo di accademia fu quindi, sin dall’origine, quello di collegare la
progressiva evoluzione del pensiero umano alla nuova idea di scienza. Cfr. V. Ferrone e D. Roche,
L’Illuminismo. Dizionario Storico, Milano, 1997, pp.263-282.
8
procurandole l'ammirazione di molti stranieri - parigini, londinesi e tedeschi - che si
recarono numerosi nella città partenopea, attratti soprattutto dalla vivacità del suo
ambiente culturale
4
. Qui, infatti, venivano svolti appassionanti dibattiti, favoriti da un
insegnamento universitario che stava al passo coi tempi e dal fiorire di studi privati
dove, piuttosto che la logica, si preferiva insegnare la matematica e la medicina. Anche
a Napoli la fisica, l'astronomia e l'ottica newtoniana soppiantarono presto il pensiero di
Cartesio, diffondendosi velocemente e in anticipo rispetto ad altri centri di studio grazie
a matematici come Ariani, i fratelli De Martino, Celestino Galiani e Pietro Giannone
5
.
I.1.1 La Riforma Universitaria di Celestino Galiani e l’inizio del Regno
di Carlo di Borbone
Il primo segno tangibile dello spirito innovatore di Galiani
6
a Napoli fu la “Riforma
Universitaria”. Già nel 1732 egli aveva presentato due dettagliate relazioni
sull'Università napoletana, ma solo due anni dopo, con l'avvento di Carlo al trono del
4
Verso la fine del XVIII secolo la collaborazione amichevole fra le società assunse un ruolo
fondamentale nella formazione di un pensiero scientifico europeo, al di là di ogni deplorevole spirito
nazionalistico. Cfr. A. Brancati, Popoli e Civiltà , Firenze, 1991, vol. II, pp.655-657.
5
Pietro Giannone (Ischitella, Foggia 1676-Torino 1748).
Storico italiano. Nel 1698 Pietro Giannone cominciò a frequentare l’Accademia Medinacoeli dove si
discuteva di scienza, storia e filosofia e fu proprio grazie alle idee diffusesi in questo ambiente, di cui
faceva parte anche Giovanni Battista Vico, che egli passò dal gassendismo al cartesianesimo aiutato in
questo dalla lettura del filosofo francese Nicholas de Malebranche.
Cfr. M. Nardi, L’universo e la Terra. Storia dell’Astronomia, Firenze, 1994, pag.18.
Cfr. Giuseppe Ricuperati, Pietro Giannone, in Enciclopedia Europea a cura di S. Berlina, G. Dragoni e G.
Gottardi, Milano,1992, vol. V, pag.440, Cfr. L. Garzanti, Pietro Giannone, in Dizionario biografico degli
Scienziati e dei Tecnici, a cura di L. Garzanti, Bologna, 1999, pag.260.
6
Tra gli intellettuali capaci di cogliere la lezione di G. Battista Vico e di P. Giannone si segnala Celestino
Galiani, precursore di una riforma universitaria che porterà all’istituzione di una prima cattedra in Europa
di Commercio e Meccanica (attuale Economia) con lezioni in Italiano anziché in latino affidate ad
Antonio Genovesi, convinto assertore che i Lumi possano apportare interessanti contributi nel commercio
e nell’agricoltura. Di quella cattedra saranno allievi Domenico Caracciolo, Carlo De Marco, Gaetano
Filangieri, Giuseppe Palmieri, Mario Pagano, Nicola Valletta, Vincenzo Cuoco, ovvero tutti i grandi
nomi della cultura napoletana del 700 riformatore. Cfr. Enciclopedia Europea cit., vol. V, pag.199.
9
Regno di Napoli, la riforma poté essere attuata. Le indicazioni del Galiani, anche se
realizzate solo in parte, accoglievano i suggerimenti del nuovo modo razionale e
scientifico di porsi di fronte alla natura e determinarono l'istituzione di nuovi
insegnamenti; le cattedre di matematica divennero due, venne sdoppiata la cattedra di
anatomia e chirurgia; si istituì una cattedra di botanica e chimica ed una di fisica
sperimentale, che ebbe vita breve.
Nel 1732 Celestino Galiani, Bartolomeo Intieri e Nicola Cirillo fondarono
un'Accademia delle Scienze, su modello della Royal Society di Londra e
dell'Accadémie des Sciences di Parigi. L'istituzione si prefiggeva di studiare e
documentare la natura fisica, geografica, economica e sociale del Meridione senza farsi
condizionare da alcun problema di natura filosofica o metafisica o da preoccupazioni di
ordine teologico. L'Accademia cessò la sua attività nel 1740 per la morte di alcuni dei
suoi più validi membri, come il Cirillo, e per la partenza di altri, come il Galiani e
Nicola De Martino. Nella sua breve esistenza essa aveva rappresentato il centro della
vita scientifica cittadina, come anni prima aveva fatto quella degli Investiganti
7
.
Il 1734 segnò l'inizio della storia moderna dell'Italia del sud. Certamente la conquista da
parte di Carlo di Borbone della città più popolosa d'Italia
8
sancì il processo di
rinnovamento culturale avviato in essa già da alcuni decenni e i cui tratti caratterizzanti
furono la formazione di una nuova classe dirigente e di intellettuali e l'inizio di una
politica di rinnovamento in campo economico e sociale. La volontà riformatrice del
sovrano è considerata dagli storici un classico esempio di dispotismo illuminato.
7
L’Accademia era stata fondata nel 1663 allo scopo di affrontare i problemi della filosofia naturale
mediante l’esperimento. Gli Investiganti propugnavano le vie della scienza galileana e cartesiana.
Cfr. R. De Sanctis, La nuova scienza a Napoli tra ‘700 e ‘800, Milano,1986, pag.4.
8
Con circa 35.000 abitanti, è la terza città europea dopo Parigi e Londra. Ibidem, pag.12.
10
L'assolutismo in questa sua forma deriva dall'incontro di due processi storici distinti: da
un parte il progressivo rafforzamento del potere monarchico, con la conseguente
centralizzazione degli uffici statali a scapito dei tradizionali gruppi dirigenti, dall'altra
l'evoluzione del pensiero scientifico e filosofico tra i secoli XVII e XVIII e la
conseguente formazione della nascente borghesia basata su valori quali la libertà, la
tolleranza, la ragione, l'istruzione, l'uguaglianza. Le grandi monarchie non potevano più
ignorare l'esistenza di una opinione pubblica in senso moderno e furono perciò costrette
a prenderne atto e a fare concessioni su più fronti per conservare il proprio potere. Il
dispotismo illuminato infatti si sviluppò più come risposta a specifiche esigenze di
rafforzamento militare e di riorganizzazione amministrativa e finanziaria che come reale
adesione dei sovrani alle idee e alle proposte degli illuministi.
In questo senso va inteso l'intervento riformatore di Carlo, la cui politica per anni
sembrò davvero segnare una svolta nella storia del Regno: le lotte contro i privilegi di
cui godeva la Chiesa e contro il baronaggio, un sistema feudale che ancora dominava in
tutto il paese, inaugurarono l'azione riformatrice del sovrano. Per consolidare la sua
posizione, Carlo rafforzò l'autorità statale, rinnovò l'apparato amministrativo ormai
obsoleto, modificò il sistema fiscale e tentò di sollevare il paese dalle gravi condizioni
di decadenza economica in cui si trovava. Il marchese di Montealegre, uomo di grande
cultura e pieno di iniziative, fu nominato Segretario di Stato. Il suo staff era composto
da uomini provenienti dalla élite intellettuale della città.
Il corso riformatore subì una battuta di arresto per la terribile epidemia di peste del
1743, che sterminò gran parte della popolazione di Messina, dilagò in tutta la Calabria e
pesò enormemente sulle già non floride finanze dello Stato. Il governo di Montealegre
11
uscì indebolito da questa situazione, così il marchese venne destituito consentendo alle
forze più tradizionaliste di soppiantare quelle progressive. Ciononostante, la nuova
politica aveva dato dei frutti: il volume dei traffici commerciali era aumentato, erano
sorte alcune industrie tessili, erano stati compiuti lavori di pubblica utilità, come strade
rotabili, di cui il Regno era drammaticamente sprovvisto, era stato costruito un nuovo
molo e rifatto il vecchio. Importanti opere architettoniche, come la Reggia col bosco di
Capodimonte del 1735 e il teatro San Carlo nel 1737, la cui sezione e la cui pianta
originale vennero pubblicate nell'Encyclopédie di Diderot come esempio di teatro
moderno, avevano abbellito la città. Carlo cercò di rafforzare le strutture del nuovo
Stato anche fondando alcune scuole militari, che contribuirono a conferire basi più
solide alla cultura scientifica: in esse infatti prevalevano le materie di tipo tecnico, che
si basavano sulla matematica. Nel 1735 fu fondata la Reale Accademia di Marina e nel
1754 la Reale Accademia del Corpo degli Ingegneri. Altri centri di insegnamento non
controllati dal Re, anzi spesso in contrasto con la Corte, furono il Seminario
dell'Arcivescovado, dove si insegnava il calcolo differenziale e integrale, e il Collegio
dei Gesuiti, fornito di aggiornati strumenti per l'osservazione astronomica.
In questo periodo accanto alle istituzioni ufficiali vennero affiancati diversi studi privati
e salotti scientifici. I primi erano delle proprie scuole private, spesso gestite da
professori titolari di cattedre universitarie che sfruttavano un po' della fama acquisita
per arrotondare i miseri stipendi accademici. Queste scuole, in cui si insegnavano le più
nuove dottrine scientifiche in maniera più libera che all'Università, contribuirono a
formare un tessuto culturale avanzato, soprattutto in campo scientifico.
Nati invece grazie al mecenatismo di alcuni aristocratici fautori dello sperimentalismo,
12
e per la mancanza di biblioteche pubbliche o di gabinetti scientifici sufficientemente
attrezzati, i salotti erano riunioni che si tenevano in case private e che avevano per
argomento questioni matematiche e lo svolgimento di esperimenti di fisica.
E' proprio di questo periodo lo sviluppo a Napoli del fenomeno tutto italiano delle
“donne studiose e colte” che ravvivarono questi salotti partecipando a dibattiti
culturali
9
. Un merito particolare spetta alla bolognese Laura Bassi, che ottenne dal
Senato accademico una cattedra di insegnamento diventando così la prima docente
universitaria della nostra storia
10
. Nella città si distinsero molte nobildonne, tra le quali
Faustina Pignatelli, che si occupò con tanto acume della questione della misura delle
forze da meritare gli elogi di Pietro De Martino, e Maria Angela Ardighelli, insegnante
di matematica e fisica che fin da giovanissima si esibì in argute conferenze
sull'elettricità nel salotto del principe di Tarsia, un gabinetto scientifico privato famoso
per le apparecchiature di fisica, più moderne di quelle universitarie
11
.
9
Le possibilità, anche se minime, che si erano aperte alle donne all’inizio del XVIII secolo andarono
rapidamente svanendo. La scienza tornò ad essere campo maschile anche grazie al contributo dei filosofi
dell’Illuminismo. Con la Rivoluzione Francese scomparvero i salotti, che erano stati gli unici luoghi dove
le donne erano potute entrare in contatto con la scienza. Cfr. A. Rebiere, Les femms dans la sciences,
Parigi, 1897, pp.83-98.e C. Avelsagard, Women mathematics: the silent minority, Inghilterra, 1988,
pp.32-34.
10
Attraverso il suo maestro, Gaetano Tacconi, insegnante e medico di famiglia, Laura Bassi fu ascoltata
da professori e dotti gentiluomini su diversi argomenti, suscitando in molti un vivo interesse. Venne così
eletta all’Accademia di Bologna e nel 1732 sostenne l’esame di laurea; fu la seconda donna al mondo ad
avere tale riconoscimento. Nel 1738 convolò a nozze con il fisico Giovanni Giuseppe Verrati, contro il
volere del Senato Accademico, che la voleva come una “simbolica vergine colta”. Dal matrimonio ebbe
otto figli, ma ciò non le impedì di proseguire con determinazione i suoi studi di fisica. Laura Bassi ebbe
scambi epistolari con i più grandi fisici del tempo, tra cui Alessandro Volta. All’età di 65 anni le fu
assegnata la cattedra di fisica sperimentale ed al marito toccò il ruolo di assistente Notevole fu il suo
contributo per l’introduzione della fisica newtoniana in Italia, ma venne considerata più per
l’eccezionalità del suo caso che per il suo grande ingegno. Le figure maschili che sostennero Laura Bassi
furono il padre, il maestro, il marito, ma soprattutto Prospero Lambertini, cardinale, arcivescovo ed infine
pontefice con il nome di Benedetto XIV. Cfr. G. Loria, Donne matematiche, in Scritti, conferenze e
discorsi sulla storia delle matematiche, Padova, 1936, pp.447-466. Articolo pubblicato in Atti. Regia
Accademia Virgiliana di Mantova, 1902.
11
La Pignatelli era in corrispondenza su argomenti scientifici con i maggiori scienziati dell'epoca.
Idem.
13
Il movimento culturale favorito dall'opera riformatrice di Carlo di Borbone fece di
Napoli uno dei maggiori centri dell'Illuminismo italiano ed europeo, dando un
contributo importante allo sviluppo dell'economia e della legislazione, nonché alla
costruzione dello Stato moderno. Da un punto di vista scientifico in questi anni nacque
la figura del “ricercatore” diverso per la tipologia del ricercatore moderno in quanto la
vecchia classificazione considerava gli intellettuali al servizio di un signore o di un
governo, o persone dotate di sufficienti mezzi per dedicarsi ad una ricerca. Nel
Settecento incominciano a nascere varie istituzioni scientifiche che consentiranno la
formazione dello scienziato ricercatore in senso moderno.
Nel 1754 all'Università di Napoli venne istituita una cattedra di economia politica, la
prima in Italia e in Europa, assegnata ad Antonio Genovesi; le sue lezioni formeranno
un'intera generazione di studiosi di valore. Nel 1753 Genovesi pubblicò il “Discorso sul
vero fine delle lettere e delle scienze”, in cui la scienza non è più intesa come pura
ricerca, ma come elemento indispensabile per ogni politica sociale di progresso e di
rinnovamento. In particolare, il Genovesi sottolineava che senza un uso nuovo e
adeguato delle scienze, che potenziasse i mezzi tecnici, non era possibile far rinascere il
commercio né migliorare l'agricoltura. La stessa istruzione doveva cambiare e diventare
più pratica e tecnica e meno teorica. Questa concezione della scienza e della tecnica
come strumenti indispensabili per il progresso della società creò a Napoli quella
predisposizione culturale e quel notevole investimento di intelligenza e attività che a sua
volta realizzò tutte le importanti istituzioni scientifiche tra la fine del Settecento e la
prima metà dell'Ottocento.
14
I.1.2 Il Regno di Napoli al tempo di Ferdinando II
Nel 1759 Carlo di Borbone divenne re di Spagna. A Napoli lasciò il figlio Ferdinando di
appena otto anni, che proclamò re
12
, e un consiglio di reggenti, tra cui dominava la
figura di Bernardo Tanucci, che governò per quasi vent'anni, forte dell'autorità di Carlo
che dalla Spagna continuò ad interessarsi attivamente al Regno.
In questi decenni il riformismo borbonico fu irto di contraddizioni, incerto, privo di una
linea di azione chiara e di uno sviluppo in qualche misura coerente. E’ indubbio che i
legami con la Spagna, l’intera sistemazione dei poteri e la debolezza dell’assolutismo
furono i principali fattori frenanti, ai quali bisogna aggiungere l’arretratezza culturale
della classe dirigente. Lo stesso Bernardo Tanucci dimostrò di non possedere gli
strumenti adeguati a indirizzare le scelte verso quegli obiettivi che pure lucidamente
vedeva: la soppressione degli istituti e delle pratiche che producevano spreco,
parassitismo, privilegio
13
. La nobiltà napoletana, avida di onori e di guadagni che le
derivavano dalla gestione delle cariche, che si autoperpetuava attraverso una rigida
difesa di se stessa, fu il primo scoglio contro il quale andò ad arenarsi la volontà
riformatrice di Tanucci fondata sì su un’alta concezione dello Stato ma incapace di
12
Nel 1759, a causa della morte del fratellastro Ferdinando IV, Carlo fu chiamato alla sovranità del regno
di Spagna lasciando il trono del Regno di Napoli a suo figlio Ferdinando che non aveva compiuto ancora
nove anni. La designazione di Ferdinando fu dovuta al fatto che il primogenito, Filippo, minorato
mentale, era inabile al trono mentre il secondogenito, Carlo, doveva seguire il padre per succedergli sul
trono di Spagna. Cfr. R. M. Selvaggi, Ferdinando II di Borbone, 1996, pag.8 e ss.
13
Tanucci iniziò una serie di riforme nell’amministrazione che, anche se difettose o incomplete, erano
per quei tempi molto liberali e ardite. Provvide con leggi e trattati al commercio, che ne fu molto
avvantaggiato anche se ancora condizionato dalle imposte che rimasero inalterate; istituì l’imposta
fondiaria, realizzò il catasto, migliorò i tribunali e la procedura civile ma non riuscì, per la mancata
collaborazione degli altri, a migliorare la procedura penale che, più di quella civile, necessitava di radicali
riforme. Fece ogni sforzo per diminuire il potere della feudalità e per sottrarre il regno all’influenza
clericale. Restrinse i diritti dei feudatari abolendo le servitù personali e trattenendo i baroni a corte,
diminuì le tasse di cancelleria romana, limitò il diritto d’asilo e restrinse le immunità del clero. Cfr. A.
D’Ambrosio, Storia di Napoli dalle origini ad oggi, Napoli, 1995, pag.154 e 155 e. Cfr. Enciclopedia
Europea cit., pag. 1825.
15
mobilitare tutte le risorse umane ed intellettuali di cui avrebbe potuto disporre contro la
nobiltà dei feudi e dei suoi privilegi
14
. L'Illuminismo, che in questi anni a Napoli era nel
pieno del suo rigoglio da un lato stimolava il Tanucci, dall'altro suscitava le sue riserve.
Tuttavia egli proseguì la politica riformatrice, e anche se molte riforme dovettero subire
pesanti battute di arresto a causa delle difficoltà economiche, le opere pubbliche
continuarono e aumentò anche il peso della nuova intellettualità formatasi alla scuola di
Antonio Genovesi.
Nel 1761, forse proprio su suggerimento del Genovesi, vennero istituite alcune nuove
cattedre; tra le altre, una di matematica e di algebra e una di chimica, con annesso
gabinetto per gli esperimenti. Negli stessi anni fiorirono gli studi di medicina, che
godevano in città di un'antica e gloriosa tradizione.
Nel 1767 Bernardo Tanucci incaricò Genovesi di preparare una riforma universitaria
per adeguare l'ateneo alle nuove esigenze della scienza. Il progetto però non venne mai
attuato, probabilmente per incomprensioni fra i due uomini, entrambi figure centrali
della Napoli dell'epoca, ma diversissimi come formazione e cultura. Nonostante tutto
infatti Tanucci rimaneva un tradizionalista, uno statista la cui formazione era
sostanzialmente giuridico-letteraria, mentre Genovesi rappresentava il nuovo sapere
caratterizzato dalle scienze naturali ed economiche. L'insegnamento di Genovesi già
presentava i germi del pensiero rivoluzionario, anti-dispotico e libertario che non
potevano piacere né essere compresi fino in fondo da Tanucci, il quale intendeva
soprattutto proporre misure anti-ecclesiastiche e attuare riforme giuridiche, senza per
14
Per la verità anche dopo la caduta del Tanucci vi furono riforme di contenuto antifeudale. Si trattò però
di correttivi parziali. A Napoli, come negli altri Stati italiani, l’assolutismo riuscì solo a mettere alcuni
importanti premesse allo scardinamento legislativo degli istituti feudali, che sarà praticato più avanti
nell’età napoleonica. Cfr. A. Brancati, op. cit., vol. II, pag.532 e 533.
16
questo ripudiare la tradizione.
Solo negli ultimi anni di governo Tanucci cercò un avvicinamento alle nuove istanze e
si mostrò particolarmente attivo, forse per non isolarsi troppo dall'ambiente di Corte
dove la regina Maria Carolina, infatuata dalle idee illuministe, sembrava volesse ridare
nuovo slancio al riformismo, ma il suo nuovo atteggiamento non riuscì a salvargli il
posto: nel 1776 la regina lo fece dimettere. La caduta del Tanucci rafforzò il potere
della regina, la quale «nella valida età di venticinque anni, avventurosa di molti figli,
bella, superba per natura e per grandezza di sua casa poté di facile assoggettare il
marito, solitamente inteso a corporali diletti»
15
.
Da quel momento fino al 1792 il Regno di Napoli visse un periodo felice dal punto di
vista culturale, mentre sul fronte politico e militare appoggiò una serie di imprese
piuttosto avventate che portarono allo scontro dell'esercito napoletano con i Francesi a
Roma, alla disfatta, alla fuga del re a Palermo, all'ingresso dell'esercito francese a
Napoli e alla proclamazione della Repubblica Partenopea il 23 gennaio 1799
16
.La breve
e gloriosa esperienza della Repubblica Partenopea si concluse nel sangue; sul patibolo
(impiccati o decapitati, secondo l'origine borghese o nobile), finì tutta “l'intellighentia”
cittadina e numerosi scienziati che sacrificarono la loro vita in nome degli ideali
15
Nel 1759 Bernardo Tanucci per volere di Carlo di Borbone fu nominato Presidente del Consiglio di
Reggenza. Ma la politica del Tanucci venne sempre ostacolata dalla regina Maria Carolina, gelosa
dell’autorità del Ministro. Tra i due iniziò una tacita lotta che durò oltre otto anni ma alla fine la regina
ottenne dal marito (che pur di compiacere la moglie non si attenne alle direttive del padre) la destituzione
del governatore Tanucci. Cfr. R. M. Selvaggi, op. cit., 1996, pp.31-34.
16
IL 24 gennaio, con le strade ancora ingombre delle barricate e dei corpi dei caduti in guerra, il generale
Jean Antoine Ètienne Championnet proclamò, in S. Lorenzo, la Repubblica Partenopea. Ma la Repubblica
era stata già proclamata due giorni prima presso Castel Sant’ Elmo da un gruppo di patrioti che con uno
stratagemma avevano occupato il forte e vi avevano issato la bandiera francese. Quest’azione contribuì a
facilitare le trattative di resa della città perché i “lazzari”, vedendo sventolare la bandiera repubblicana sul
castello temettero, giustamente, di essere attaccati alle spalle. Cfr. A. D’Ambrosio, op. cit., 1995, pag.157
e 158.
17
rivoluzionari
17
.
Da quel momento tutti i tentativi di ammodernamento della città e dello Stato sarebbero
caduti nel vuoto, essendo venuto a mancare quel tessuto culturale diffuso che permette
ad una iniziativa istituzionale di diventare sostrato civile. Le esperienze più avanzate
non sarebbero riuscite a stabilizzarsi e a diventare parte integrante della città e dello
Stato.
17
Recenti studi affermano che sarebbero state oltre diecimila le persone uccise nei giorni della
restaurazione, più di un'intera classe dirigente. Ibidem, pp.21-29.