2
Il secondo capitolo analizza le vicende legate al Patto di
Londra e alla Grande Guerra, ed il terzo capitolo presenta il
periodo che va dal dopoguerra al Trattato di Rapallo del 1920
che segna un temporaneo arresto delle ambizioni italiane sulla
Dalmazia e sull'Adriatico in generale. Il quarto capitolo tratta
invece degli effetti del Trattato di Rapallo e delle successive
vicende della Dalmazia negli anni tra le due guerre,per
concludere con l'annessione della Dalmazia all'Italia, avvenuta
nel 1941 e alla perdita definitiva nel 1944-45 sancita
formalmente con il Trattato di pace del 1947.Una costante di
tutto il lavoro sono i dati relativi alla quantificazione degli
italiani sui quali ho prestato particolare attenzione riportando
anche i dati di fonte jugoslava e croata.
Le motivazioni di questa ricerca, che focalizza l'attenzione solo
sulla Dalmazia e non anche su altre regioni come l'Istria che
pure ha avuto un percorso per certi versi similare, risiedono
nel fatto che in questi ultimi anni molto si è parlato dell'Istria,
delle foibe e delle vicende dell'esodo postbellico, ma
pochissimo, o quasi nulla si è detto della Dalmazia, che ha
una sua specificità e che pure ha conosciuto un esodo
3
rilevante della componente italiana in un periodo precedente,
ossia dopo il 1918. Esodo di cui troppo poco si è detto. Troppo
poco si è anche parlato della distruzione di Zara, unica città
italiana ad essere stata rasa al suolo dai bombardamenti
alleati della seconda guerra mondiale come la tedesca Dresda.
4
Capitolo I - LA DALMAZIA: IL CONTESTO
GEOGRAFICO, STORICO ED ETNICO
I.1. Inquadramento geografico
La Dalmazia è il territorio che dalla Porta Liburnica e dal
Vallone di Buccari si estende verso sud-est comprendendo la
fascia costiera (con isole annesse) delimitata dalle Alpi
Dinariche e Bebie, fino alla foce del fiume Bojana, attuale
confine tra Montenegro e Albania. Questo confine naturale è
solidamente racchiuso dalle Dinaridi (con l'eccezione del fiume
Narenta che si estende quasi interamente nel territorio
erzegovese ed entra in Dalmazia solamente per l'ultimo breve
tratto), tanto da farne una regione totalmente eterogenea con
la Balcania interna e da sempre in collegamento culturale,
politico, economico e sociale con la penisola italiana.Si è
anche voluto vedere la catena delle Dinaridi come una
continuazione delle Alpi, considerando quindi la Dalmazia
come parte della regione italiana. In realtà, forse per la sua
5
posizione al di là dell'Adriatico, spesso non è stata sentita
dagli abitanti della Penisola come parte integrante di essa; ma
la sua storia, la sua cultura e parte della sua etnia sono state
latine, venete ed italiane.
Oggi la Dalmazia per la sua quasi totalità è parte integrante
della Repubblica Croata, tranne un piccolissimo corridoio che
costituisce l'unico accesso al mare della Repubblica della
Bosnia Erzegovina, poco dopo la Neretva con la cittadina di
Neum, e l'ultima parte dopo Ragusa (Dubrovnik), che dalle
bocche di Càttaro (Kòtor) fino a Dulcigno (Ulcinj) è parte della
Repubblica di Serbia e Montenegro.
La multietnicità che l'ha sempre caratterizzata oggi è venuta
meno, la popolazione è quasi totalmente croata, tranne una
consistente componente serba nella zona di Knin, dove nel
1991 con la disgregazione della Jugoslavia si autoproclamò la
Repubblica Serba della Krajina, secessionista rispetto alla
Croazia a sua volta secessionista rispetto alla Jugoslavia.
Nell'agosto del 1995 con una fulminea operazione di guerra
lampo la Croazia ha provveduto a rioccupare la Krajina e a
ristabilire i propri confini di nazione riconosciuta nei confini
6
ereditati dalla precedente Repubblica Croata Federata nella
Repubblica Socialista Federativa Jugoslava. Da allora la
popolazione serba è fuggita e stenta a rientrare nonostante il
processo di pace avviato nella regione e nonostante lo stato
croato, soprattutto dopo la morte di Tudjman, abbia
intrapreso una politica di tutela e garanzie delle minoranze
che dovrebbe portarlo in un futuro non troppo lontano ad
entrare a pieno titolo nell'Unione Europea. Sempre dopo il
1991 sono rispuntate ufficialmente alcune comunità dalmato-
italiane che erano date per scomparse dopo gli eventi bellici
della II guerra mondiale. Comunità italiane organizzate
esistono oggi a Veglia, a Zara, a Spalato, a Ragusa, a Cattaro,
più alcuni nuclei sparsi non organizzati in comunità a
Sebenico, a Cùrzola, Lesina, ad Arbe e nelle altre isole
dalmate
1
. Sono piccole comunità che però testimoniano di una
presenza che non è mai venuta meno, ed oggi, superati i tempi
cupi delle ideologie totalitarie, possono guardare al futuro con
rinata speranza e cauto ottimismo. Esistono inoltre residui di
popolazioni albanesi, greche, tedesche e turche che non hanno
una loro caratterizzazione nazionale così marcata come nel
1
Guido Rumici, Fratelli d'Istria: italiani divisi 1945-2000, Milano, Mursia , 2001
7
caso dei veneto-dalmati, e che sono pressoché e quasi
totalmente amalgamate con la restante popolazione croata,
serba o montenegrina.
8
I.2. Tra età antica, medioevo ed età moderna
Tra le tribù illiriche che occuparono la penisola balcanica si
distinsero verso il sec. II a.C. i Dalmati. Scesi al mare, estesero
il loro dominio tra i fiumi Cikola e Narenta. I Romani
impiegarono quasi due secoli per sottometterli, dal 158 a.C.
all'11 d.C. Una volta pacificato il paese, Augusto istituì la
"Superior Provincia Illyricum", compresa tra i fiumi Arsa e
Sava a Nord, Morava occidentale ad Est e Drin a Sud con
capitale Salona, nei pressi dell'attuale Spalato. Sotto i Flavii la
provincia prende il nome di "DALMATIA" ed è terra di confine
tra l'Impero Romano d'Occidente in cui è inserita e quello
d'Oriente. Le invasioni barbariche che seguirono il crollo
dell'Impero Romano d'Occidente dopo il 476 d.C. non
toccarono le coste orientali dell'Adriatico, la sovranità passò
così automaticamente a Bisanzio nel secolo VI che la
eserciterà in certe zone fino al 1180. Nei primi anni del sec.
VII il territorio viene invaso e devastato dagli avari e dagli slavi
al loro seguito, la Dalmazia bizantina si riduce così alle città di
Dulcigno, Antivari, Budua, Cattaro, Ragusa, Spalato, Traù e
9
Zara con i territori circostanti e le isole, oltre questi territori si
insediano stabilmente gli slavi e più propriamente i croati. A
partire dall'VIII sec. varie isole (Meleda, Cùrzola, Lesina e
Brazza) vengono occupate dagli slavi narentani. Tra il 1000 e il
1400 si delineano tendenze geopolitiche contrastanti. Le città
dalmate cercano di rafforzare la loro autonomia. Venezia e i Re
di Croazia e Ungheria cercano di stabilire invece il loro
dominio, la prima per assicurarsi la via marittima verso il
Levante, i secondi per assicurarsi l'accesso al mare e all'Italia.
Chiamato in aiuto dalle città minacciate dai Croati e dai
Narentani, il doge Pietro II Orseolo il giorno dell'Ascensione
dell'anno 1000 - o più probabilmente del 998 - con una flotta
consistente prese il mare iniziando così la penetrazione
veneziana nella regione. A Parenzo (in Istria) ed a Pola
ricevette l'omaggio degli istriani. Il 6 giugno a Zara, quello
delle città della Dalmazia, nonché di Arbe e di Ossero. Il Doge,
sconfitti i pirati che avevano i loro covi alle foci della Narenta,
sbarcò a Cùrzola ed a Làgosta. Fu sottomessa Traù mentre
Ragusa rese spontaneo omaggio
2
.
2
Alvise Zorzi, La Repubblica del Leone. Storia di Venezia, Milano, Bompiani, 2001
10
Il Doge, tornato a Venezia ricevette tutti gli onori, ed il Senato
dispose che ogni anno nel giorno dell'Ascensione, con
particolare cerimonia, venisse celebrato "Lo sposalizio del
Mare". Il Doge, con a fianco il Patriarca, dal Bucintoro (la
particolare imbarcazione a remi) versava nel mare una
ampolla di acqua benedetta e gettava un anello prezioso
accompagnando il rito con le parole:
"Desponsamus te, Mare, in signum veri perpetique domini"
(Sposiamo te, o Mare, in segno di vero e perpetuo dominio). La
cerimonia si svolge ancor oggi con la massima solennità
sempre nel giorno dell'Ascensione
3
.
Con l'anno 1000 in Dalmazia cominciò la presenza della
Repubblica Veneta che si sostituì a Bisanzio, contrastata sino
al 1400 dagli ungheresi e dai loro vassalli croati. La
dominazione veneziana fu tutt'altro che morbida, tanto da far
dire ad alcuni autori che essa era caratterizzata da un sistema
di sfruttamento indiscriminato e di repressione poliziesca tale
da indurre molti a sperare in una liberazione da parte dei
3
Ibidem
11
Turchi
4
. In effetti Zara si ribellerà sette volte al dominio della
Serenissima. E Venezia, nel 1202, quando con la sua flotta
porterà in Oriente i crociati (IV Crociata), li farà sostare
davanti a Zara, conquistare la città, ed abbattere le sue mura.
Venezia si fece saldare in questa maniera il residuo debito che
i crociati avevano contratto nel pagamento dei noli per il
trasporto
5
.
A cominciare dal 1409, Venezia si estenderà stabilmente in
Dalmazia. Era il 31 luglio quando i veneziani fecero la loro
entrata a Zara, da allora gli zaratini presero a considerarla e
celebrarla come una loro festa patronale chiamandola la
"Santa Intrada".
Il Rinascimento porterà sia in Dalmazia come nella Penisola
una ventata di rinnovamento e di splendore, con un fiorire
delle lettere, delle arti, dei costumi.
Ragusa (Dubrovnik) riesce fin dal sec. XI a mantenersi
autonoma, anche se dal 1205 al 1358 accetta la protezione di
Venezia, e nel rinascimento è in tutto per tutto una tipica città
4
Marco Picone Chiodo, L'Italia nella Grande Guerra la, controstoria, supp. to rivista
"Etnie", n. 15/1988, pag. 19.
5
Alessandro Marzo Magno, Il leone di Lissa – viaggio in Dalmazia, Milano, il Saggiatore,
2003 ,pag. 90–91.
12
italiana omologa alle altre repubbliche marinare italiane. Vi si
parlava il Raguseo, lingua neolatina che sarà lingua ufficiale
del consiglio fino al Quattrocento quando sarà sostituita
dall'italiano.
Tra il 1409 ed il 1480 si costituisce la Dalmazia Veneziana
tradizionale, detta anche Schiavonia. Nel 1409 Ladislao di
Napoli cedette Zara, Novegradi (Novigrad), Vrana, l'isola di
Pago per 100.000 ducati a Venezia. Poco dopo si sottomisero
Arbe, Ossero e Nona, nel 1412 Scardona, Ostrovizza e
Sebenico, nel 1420 Traù, Spalato, Cattaro e le isole di Brazza,
Lesina e Cùrzola, nel 1423 il territorio di Pastrovicchio a sud
di Càttaro, nel 1444 Poglizza e Almissa, nel 1452 il litorale di
Macarska e nel 1480 l'isola di Veglia. Le città con i loro
distretti vengono governate da un conte o capitano veneziano,
a Zara risiede il Provveditore Generale di Dalmazia e Albania.
La costa tra Fiume e Carlopago è territorio asburgico
assegnato all'Ungheria mentre tra la Narenta e le Bocche di
Càttaro si stende la Repubblica di Ragusa che stretta tra
austriaci, turchi, spagnoli e veneziani aveva saputo con le sue
13
arti diplomatiche e la sua abilità commerciale ingrassarsi
"come un verme nel lardo"
6
.
I dalmati, i "Fedelissimi Schiavoni" come li chiamavano i
veneziani, costituirono anche il nerbo delle milizie della
Serenissima in oltre mare. Nella giornata di Lepanto nel 1571,
quando furono sconfitti i turchi e arrestata definitivamente la
minaccia islamica all'Europa erano presenti con una flotta di
sedici galere. Tra tutte si distinse quella di Traù comandata
dal Sovracomito Alvise Cippico. Il palazzo della famiglia
Cippico esiste ancor oggi a Traù (Trogir) e lo si può vedere
nella centrale "Kohl-Genschera ulica" così ribattezzata dalla
nuova Croazia in onore dei due politici tedeschi che molto
solertemente si adoperarono per un veloce riconoscimento
della Croazia indipendente da parte dell'Unione Europea. Si
trova in quella che era la "narodni trg" (piazza del popolo)
della Jugoslavia socialista, di fronte alla Cattedrale di San
Lorenzo che è uno dei massimi capolavori di arte romanica in
Dalmazia.
6
Joze Pirjevec, Serbi croati sloveni, Bologna, il Mulino, 1995, pag. 76
14
Con la pace di Candia (1671) Venezia ottiene una fascia
costiera continua tra Nona e Spalato, con le paci di Carlowitz
(1699) e Passarowitz (1718) acquista Tenin (Knin), Verlicca,
Signo (Sinj), Duare, Vergoraz, Citluk, Castelnuovo (Herceg
Novi), Risano ed una fascia tra Stremizza e Imoschi. Il dominio
di Venezia si stenderà lungo tutta la costa e progressivamente
verso l'interno, consolidando la propria presenza nella regione
contro i Turchi, durante le guerre di Candia (pace di Karlovitz)
e di Morea (pace di Passarowitz). Il dominio della Serenissima
durerà ininterrottamente sino al 1797. Saranno quattro secoli
di intensi scambi commerciali e culturali. L'Ateneo di Padova
non solamente accoglierà i giovani dalmati, ma in quella
Università vi saranno undici Rettori dei giuristi, sei degli
artisti, quattro professori di filosofia, sette di diritto canonico e
di dogmatica, uno di diritto civile, quattro di medicina, tutti
provenienti dalla Dalmazia.
15
I.3. Napoleone e la situazione dopo la Restaurazione
Nel 1797 sotto la spinta rivoluzionaria di Napoleone il dominio
della Serenissima nella regione volge al termine, ma la
Dalmazia e i "fedeli schiavoni" giocano un ruolo importante nei
vani tentativi di sopravvivenza della millenaria repubblica.
Nelle Pasque Veronesi dell'aprile 1797, con i cittadini di
Verona insorti contro i giacobini e i francesi, combatté un
reparto di schiavoni ed i soldati dalmati si distinsero per
valore. Le truppe schiavone presidiavano Vicenza, Padova e
Poveglia. Inoltre difendevano il forte di Brondolo. In laguna,
Alvise Viscovich di Perasto, al comando della goletta "Annetta
Bella" affondò il vascello francese "Liberateur d'Italie".
Il 6 maggio 1797, nella incertezza degli eventi e
nell'indecisione del Maggior Consiglio, Francesco Pesaro,
procuratore di San Marco, cercò di convincere l'indeciso Doge
Ludovico Manin a trasferirsi a Zara per continuare la
Repubblica. "Tolè su el Corno (simbolo del potere ducale,
n.d.r.), e andè a Zara" (Prendete il Corno e andate a Zara) gli
dirà in veneto.