5
Non a caso la sua approvazione in Parlamento è stata frutto del
sostegno di uno schieramento trasversale, un provvisorio “fronte
laico”, cui si è contrapposto un altro schieramento, anch’esso
trasversale, mettendo in crisi non soltanto il governo di centro-sinistra
− che in quegli anni rappresentava numericamente, oltre che
politicamente, l’unico tipo di coalizione possibile − ma la possibilità
stessa che il paese avesse un governo.
In questa analisi ho cercato di ricostruire la storia di questa lunga
“battaglia”, che va dal 1965, anno della presentazione del progetto di
legge da parte del deputato socialista Loris Fortuna, fino al maggio del
1974, quando il primo referendum popolare della storia italiana
sancisce la volontà da parte dei cittadini di mantenere intatta la legge
sul divorzio.
Nel primo capitolo ho proposto una sorta di “cronologia” di questa
epoca, contestualizzando le vicende relative al divorzio all’interno
degli avvenimenti storici ad esse correlati. Per far ciò ho preso in
considerazione gli avvenimenti relativi alle figure protagoniste di
questa “battaglia”. Partendo dall’avversione per il divorzio da parte
del Vaticano e della Chiesa, fino alle posizioni dei partiti politici più
rappresentativi dell’epoca: la Democrazia Cristiana ed il Partito
Comunista. Non potevo infine trascurare l’impegno assunto da alcuni
esponenti del Partito Radicale e dalla Lid, la Lega italiana per
l’istituzione del Divorzio.
Nel capitolo 2, quello più prettamente sociologico, ho cercato di
fotografare i fattori socio-economici da cui sono scaturiti i profondi
mutamenti che hanno caratterizzato la famiglia italiana tra la seconda
metà degli anni ’60 e la prima metà degli anni ‘70. In particolar modo,
ho focalizzato l’attenzione su due fattori che, a mio avviso,
6
giustificano la mobilitazione per ottenere il divorzio proprio in questo
periodo: il processo di “secolarizzazione” che ha implicato
l’allontanamento dei cittadini italiani dagli storici obblighi morali
imposti dalla Chiesa e la necessità di una profonda modifica
dell’intero diritto di famiglia, che posava le sue radici su principi
ormai superati, discendenti per buona parte dalla legislazione fascista.
Nel terzo capitolo ho ripercorso le tappe dell’ iter legislativo del
progetto di legge Fortuna, fino alla sua definitiva approvazione. Per
ottenere ciò, ho svolto un lavoro di ricerca approfondita sui principali
organi di stampa dell’epoca. Mi sono basato principalmente su “Il
Corriere della Sera” e “L’Espresso”, ma, al fine di svelare importanti
retroscena, ho preso in considerazione anche i principali quotidiani di
partito, da “L’Unità” a “L’Avanti!”, “Il Popolo” e molti altri. Ho
infine messo in evidenza l’operato di testate considerate “minori”, che
hanno reso un notevole contributo alla causa del divorzio, prime fra
tutti “ABC” e “Battaglia Divorzista”.
Nel quarto e ultimo capitolo ho adottato la stessa medotologia di
analisi e ricerca e le stesse fonti precedentemente descritte, per
ricostruire le vicende politiche che hanno caratterizzato il periodo
precedente al referendum, la campagna referendaria, fino alla data
della stessa consultazione popolare, svelando le posizioni e le strategie
adottate dai maggiori partiti del panorama politico italiano. In un
paragrafo, ho inoltre messo in evidenza i problemi relativi alla
parzialità della televisione pubblica, dovuta al controllo diretto da
parte dei partiti di maggioranza governativa.
7
CAPITOLO 1
Cronologia della battaglia per il divorzio
1.1. Il mondo cattolico dopo il Concilio
Intorno alla metà degli anni ’60 il popolo comunista sembra essere
segnato da una doppia tendenza: da un lato si ravvisa la presenza di
forme minoritarie ma avvertibili di radicalizzazione, dall’altro
crescono forme di disimpegno, ripiegamento e allontanamento dalla
militanza attiva. Processi non molto diversi riguardano, d’altra parte, il
mondo cattolico, scosso radicalmente dal pontificato giovanneo e dal
Concilio, nonché affetto dall’inevitabile processo di secolarizzazione
indotto dalla società di massa
1
. Alcuni dati ne testimoniano la drastica
erosione: l’universo di “Azione Cattolica” passa, tra il 1962 e il 1970,
da 3.500.000 iscritti a 1.600.0000, che si riducono ad 816.000 nel
1973
2
. Un censimento compiuto all’inizio degli anni settanta dal
sacerdote Silvano Burgalassi dimostra come la popolazione italiana
fosse costituita per il 5% da “atei” e per il 55% da “indifferenti”. Tra i
credenti il 20% sostiene di ritenersi “conformista”, il 15%
1
Vedi paragrafo 2.2.
2
Cfr. I giovani, la fede e l’avvenire della Chiesa, in «La civiltà cattolica», 1977, in
Crainz G., Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ‘80, Roma, Donzelli,
2003, p. 176
8
“tradizionalista” e appena il 5% “innovatore”. Tra questi ultimi
figurano per lo più giovani, in prevalenza studenti e operai
3
.
In tal senso, non può essere sottovalutata la rottura dei brevi anni
che vanno dalla pacem in terris del 1963 alla chiusura del Concilio
del 1965 e alla Populorum Progressio del 1967. Nella chiesa italiana
il trauma è più forte che altrove in quanto le proposte Consilia et vota,
redatte dai vescovi italiani in vista del Concilio, avevano visto
prevalere la tendenza conservatrice
4
. Lo stesso discorso papale di
apertura del Concilio offre testimonianza del forte mutamento
5
.
Tra i tanti temi capaci di suscitare ansie di trasformazione
nell’ambiente, vale la pena di menzionare il perdurante peso degli
elementi più conservatori delle gerarchie. Si ricordino allora alcune
delle misure intraprese da quest’ultime all’indomani del Concilio,
volte a fissare vincoli e limiti e a disciplinare riforme più prudenti
6
. Su
un altro terreno emergono segnali ben più importanti. Appaiono
scontate le posizioni contrarie delle gerarchie, a proposito del divorzio,
normali le reticenze che accompagnavano i lavori della commissione
sui problemi delle famiglie. La stessa commissione, a maggioranza,
aveva messo in discussione i veti della Chiesa a proposito dell’uso dei
3
Cfr. Burgalassi S., Dissenso cattolico e comunità di base, in “Dizionario storico del
movimento cattolico in Italia 1860-1980, in Crainz, Il paese mancato. Dal miracolo
economico agli anni ’80, 2003, p. 176
4
Cfr. commento di una delle riviste più significative del rinnovamento cattolico,
Compiti nuovi per «Testimonianze», in “Testimonianze”,1962, 48-49. in Crainz, Il
paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ’80, 2003, p. 177
5
Cfr. Vurrucci G., La chiesa postconciliare, in Storia dell’Italia repubblicana, pp. 303-
304, in Crainz, Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ’80, 2003, p. 17 7
6
Già nel 1966 a “Testimonianze” è tolto l’imprimatur ecclesiastico, mentre l’anno
successivo Raniero La Valle viene estromesso dalla direzione de “L’Avvenire d’Italia”,
il quotidiano cattolico maggiormente seguito dal Concilio. All’inizio del 1968 il
cardinale Lercaro, una delle figure più prestigiose del rinnovamento, lascia, non
spontaneamente, la sua carica di guida della diocesi bolognese.
9
contraccettivi. Nel 1968 l’enciclica che ribadirà rigidamente tali
divieti, la Humanae vitae, provocherà forti e diffuse polemiche
7
.
1.2. «Un innegabile ritardo»
I processi avviati non riguardavano solo i ristretti gruppi del
nascente dissenso cattolico, ma aree ben più estese che erodevano
all’interno tradizionali forme di obbedienza alla Chiesa, coinvolgendo
al tempo stesso la politica . Sino al 1971 la legge continuerà a proibire
l’uso e la propaganda degli anticoncezionali, mentre la proposta di
legge sul divorzio, messa a punto dal deputato socialista Loris Fortuna
nel 1965, non sembra essere accolta con particolare interesse.
A differenza delle precedenti proposte in materia, mai discusse in
Parlamento, quella di Fortuna muove faticosamente i suoi passi
accompagnata dalla forte opposizione da parte della Chiesa, delle
associazioni cattoliche e della Democrazia Cristiana, mentre gli
schieramenti laici offrono, almeno in un primo momento, solo un
timido sostegno. La grande stampa dell’epoca sembra quasi ignorare
la questione.
All’interno del Partito comunista prevalgono la prudenza e la
preoccupazione. Nel 1964 Giuseppe Chiarante scrive, sulle colonne di
“Rinascita”, che è necessario superare «un innegabile ritardo» e
battersi contro gli elementi «mostruosi» presenti nella legislazione
della famiglia «a cominciare dai temi più scottanti, quelli che
7
Cfr. Crainz, Il paese mancato.. Dal miracolo economico agli anni ’80, 2003, pp. 175-
184. Il testo della Humanae Vitae in Enchiridion delle Encicliche, Bologna, 1994, vol.
VII, pp. 804 ss.
10
riguardano la parità della moglie e del marito, il divorzio, la posizione
degli illegittimi»
8
. L’articolo è accompagnato da una dichiarazione di
Togliatti che ritiene tali misure «ancora inconcepibili» da noi
9
.
Non stupisce dunque l’imbarazzo con cui il partito accoglie, nel
1965, l’iniziativa di Fortuna. Secondo Berlinguer un’iniziativa del Pci
sul divorzio provocherebbe «uno scatenamento di forze religiose
contro di noi, che metterebbe in forse il successo conseguito dalla
nostra linea verso la questione cattolica a partire dall’articolo 7»
10
.
Natta dal canto suo propone di limitare la proposta di divorzio ai soli
matrimoni civili.
L’opposizione della Chiesa a qualunque ipotesi renderà impraticabile
tali distinzione che avrebbe provocato una gravissima rinuncia da
parte dello Stato a legiferare su tutti i cittadini.
8
Chiarante G., Destino della famiglia, in “Rinascita”, 20 giugno 1964, in ibidem
9
Togliatti P., alcune osservazioni in margine, in ibidem.
10
Ibidem
11
1.3. La proposta Fortuna
Il progetto di legge per il “piccolo divorzio”, era stato avviato il 1
ottobre del 1965 dal deputato socialista Loris Fortuna. I suoi Casi di
scioglimento del matrimonio, prevedevano una limitazione
dell’esercizio del divorzio ad una serie di casi accuratamente definiti:
1) nel caso in cui l’altro coniuge fosse stato condannato con una o più
sentenze definitive: a) all’ergastolo o a cinque o a più anni di
reclusione per uno o più delitti non colposi; b) a qualsiasi pena
detentiva per incesto, delitti sessuali commessi ai danni dei
discendenti, istigazione o costrizione della moglie o delle figlie alla
prostituzione, sfruttamento o favoreggiamento di tale prostituzione; c)
a pena detentiva non inferiore ad un anno per maltrattamenti o per
qualsiasi altro reato commesso in danno del coniuge o dei discendenti;
2) se l’altro coniuge fosse stato prosciolto per totale infermità di
mente da uno dei reati di cui ai paragrafi b) e c) del numero 1 del
presente articolo;
3) se l’altro coniuge avesse abbandonato il tetto coniugale per un
periodo ininterrotto non inferiore a cinque anni o se vi fosse stata tra i
coniugi ininterrotta separazione legale o di fatto per non meno di
cinque anni;
4) se l’altro coniuge, affetto da malattia mentale si trovasse degente in
ospedale psichiatrico o altro luogo di cura da non meno di cinque anni;
5) se l’altro coniuge, quale cittadino straniero, avesse ottenuto
all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio contratto
con il coniuge italiano
11
.
11
Cfr. Coletti, Storia del divorzio in Italia, 1973.
12
Durante la presentazione del disegno di legge, Fortuna giustifica la
necessità della riforma con la condizione di isolamento in cui era
venuto a trovarsi il diritto italiano in questo istituto rispetto agli
ordinamenti stranieri, considerando anche che in quegli anni la media
annua dei figli illegittimi era di circa ventiduemila, e la media annuale
delle separazioni legali si aggirava fra le novemila e le diecimila.
Dopo diversi decenni di resistenza, il divorzio inizia ad essere
sentito e dibattuto come problema di massa e sempre più numerosi
sono coloro che respingono la concezione autoritaria secondo cui la
vita familiare dell’individuo è costretta ad uniformarsi per
imposizione dello stato al dettato di un principio religioso.
Figura 1. Loris Fortuna parla in Piazza del Popolo
13
1.4. La nascita della Lega Italiana per il Divorzio
La reazione positiva dell’opinione pubblica alla notizia del lancio
della proposta di legge sul divorzio pone subito in evidenza la
tendenza dei divorzisti ad organizzarsi e a gestire in proprio la
battaglia per la conquista di quel diritto civile. E’ su queste basi che
essi danno vita alla Lid, la Lega italiana per l’istituzione del Divorzio.
L’organo è indipendente da qualsiasi partito e nasce come autonomo
organismo di massa e di iniziativa politica, sotto l’ala del partito
radicale, che aveva già da tempo dichiarato il divorzio come obiettivo
prioritario su cui basare la propria battaglia politica.
L’idea di una Lega per il Divorzio nasce nel corso di un incontro al
Teatro Eliseo di Roma, promosso dalla sezione romana del partito
radicale
12
. Il convegno è presieduto da Massimo Teodori e vi
partecipano Mauro Mellini, come relatore radicale, Luciana Castellina
per il Pci, il cattolico Migliori e Loris Fortuna. In questa occasione
viene abbozzata l'idea, nuova per il panorama politico italiano, della
costituzione tra i divorzisti di un’ associazione autonoma dai partiti,
sullo stile delle leghe o dei gruppi di pressione anglosassoni.
Mauro Mellini, nella sua relazione al convegno, delinea la struttura
e la tattica del movimento: «Un'azione divorzista autonoma, vivace,
organizzata, politicamente bene orientata, diretta a far lievitare nella
massa sentimenti e convinzioni ormai diffusi, ad incanalare energie, a
coordinare gli sforzi di quanti si battono per il divorzio, a stimolare e
12
Presidenza Lid: Mario Berutti, magistrato; Mario Boneschi, avvocato; Adriano
Buzzati Traverso, docente Università di Napoli; Alessandro Galante Garrone, docente
Università di Torino; Fortuna L., avvocato; Lucio Luzzatto, onorevole; Mauro Mellini,
avvocato; Giuseppe Perrone Capano, onorevole; Ada Picciotto, avvocato. Segreteria
nazionale: Giuseppe Faranda, Giulia Filotico, Gino Frisini, Marco Pannella, Gabriella
Parca.
14
confortare l'azione delle forze politiche decise a sostenere la causa
divorzista, è oggi possibile e si profila efficace»
13
.
Nel gennaio 1966 lo stesso Mauro Mellini, insieme al radicale
Marco Pannella, annuncia la costituzione della Lega italiana per
l'istituzione del divorzio. La struttura della Lega è disegnata come
centro di coordinamento delle attività svolte in tutto il Paese. Un
organismo aperto ed informale, la cui novità principale sta nel fatto
che i componenti della direzione nazionale, pur provenienti da partiti
diversi, ne fanno parte a titolo personale e non come delegati della
forza politica di appartenenza. Tra i membri del comitato promotore ci
sono Loris Fortuna, i magistrati Mario Berutti e Salvatore
Gianlombardo, i parlamentari Lucio Luzzatto del Psiup, Giuseppe
Perrone-Capano del Pli, Giuseppe Averardi del Psdi, lo scienziato
Adriano Buzzati-Traverso, il giurista Alessandro Galante-Garrone.
Il 27 gennaio “Argomenti Radicali” informa sulla costituenda Lid:
«E' per il momento a Roma, in via XXIV Maggio 7, in attesa della
nuova sede, che i promotori della Lega per il Divorzio svolgono, come
Comitato promotore Romano, l'intensa attività organizzativa che
dovrebbe portare nelle prossime settimane al lancio ufficiale in tutta
Italia del nuovo organismo»
14
. Un Comitato di lavoro composto da
una trentina di persone assicura l'attività di corrispondenza, di
elaborazione di documenti, di contatti e di studio. Vengono approntati
statuto e dichiarazione programmatica. Si estende la rete dei
corrispondenti in ogni città e vengono raccolte le prime somme ed i
primi contributi volontari per garantire, già in questa fase, l'assoluta
autonomia dell'attività, e il pieno autofinanziamento
.
13
http://www.radioradicale.it/index.html
14
Ibidem
15
Nello statuto della Lega italiana per il Divorzio si legge: «Per
offrire a questa maggioranza di cittadini la possibilità d'organizzarsi,
di operare efficacemente e rapidamente, d'essere salda e concorde, è
nata la Lega Italiana per l’ Istituzione del Divorzio. Essa dovrà essere
una grande forza di democrazia diretta, potente, ascoltata, anche
temuta; avere chiarezza di obiettivi, solidità di strutture, adeguatezza
di mezzi; affermarsi subito come grande fatto assolutamente
autonomo, libero da qualsiasi subordinazione ideologica e da qualsiasi
condizionamento di partito, capace di chiarezza e di intransigenza
15
».
«La Lid trasformerà i fuorilegge del matrimonio da individui isolati
a massa compatta, dotata di un potere decisionale che fino ad allora
sarebbe stato impensabile»
16
. Le sue delegazioni, diramate in tutta la
penisola, assumono ben presto una fisionomia fortemente dipendente
dalle singole personalità che la sostengono: da Bolzano (Avvocato
Egidio Attinà) a Palermo (dr. Eugenio Barrese); da Vicenza
(Avvocato Fernando Landi) a Siracusa (Gesualdo Arena); da Genova
(dottor Loris Pavacci) a Taranto (Cav. Giuseppe Nardelli). Tra tutte
spiccano la Lid di Bari, attivissima ed efficiente soprattutto grazie
all’operato di Antonio Totarofila, capace di attirare l’attenzione
dell’ambiente politico locale; quella di Torino, legata al mondo
socialista e laico tradizionale, e quella di Milano, connessa più con
l’ambiente socialista nel suo insieme che ai singoli individui.
Fin dagli albori, la Lid si trova a dover fare i conti con
l’assenteismo dei partii laici del governo, intimoriti dall’eventualità di
compromettere la stabilità del centro-sinistra appoggiando con
decisione il progetto divorzista. Deve soprattutto fare i conti con i
15
Ibidem
16
Coletti, Storia del divorzio in Italia, 1973, p. 135.
16
ripetuti tentativi che mirano ad insabbiare, in Commissione di
giustizia, la proposta Fortuna. Il problema inizia a farsi più pressante
in seguito al rinvio della Commissione affari costituzionali, a causa
dell’istanza di incostituzionalità sollevata dai democristiani
17
.
Il 13 novembre 1966, quindicimila persone prendono parte ad una
manifestazione in Piazza del Popolo a Roma. I rappresentanti di tutti i
partiti laici si avvicendano, prendendo la parola davanti a gente
proveniente da ogni parte del paese. E’ il risultato più evidente tra
quelli ottenuti dalla Lid in pochi mesi di lavoro: la capacità di riunire
in un solo schieramento personalità appartenenti a gruppi politici
diversi. Fin dalla sua fondazione, la Lega per il Divorzio scandalizza
gli stessi laici tradizionalisti per il vigore e la violenza con cui porta
avanti la sua battaglia. Non pochi giornali, pur sostenendola,
consigliano di evitare i repentini attacchi al Vaticano, i grandi raduni
di piazza, le campagne condotte sui giornaletti popolari
18
. Ma i
membri della Lid sanno bene che lo scandalo è elemento
indispensabile per informare le masse sull’esistenza del problema
laico.
Coordinamento e chiarificazione appaiono ancora più necessari
dal momento in cui gli antidivorzisti mettono in lizza personaggi di
grosso calibro. Prendendo spunto dalla pronuncia della Commissione
affari costituzionali, che il 19 gennaio del 1967 aveva dichiarato che
la proposta Fortuna non era in contrasto con alcuna norma
dell’ordinamento costituzionale, lo stesso Papa Paolo VI interviene
direttamente nella polemica, con una allocuzione su divorzio e
Concordato rivolta ai membri della Sacra Rota. Il discorso solleva
17
Vedi paragrafo 3.2.
18
Vedi paragrafi 3.3.2., 3.3.3.
17
vivaci reazioni negative, in Italia e all’estero: non sembra infatti
accettabile che il capo di una confessione religiosa pretenda di
interferire nelle decisioni di uno Stato
19
. Il criticato intervento di Paolo
VI si inserisce egregiamente in una abitudine politica dei pontefici in
questa materia: dalle aspre allocuzioni di Pio IX, accompagnate spesso
da lettere personali destinate al re, alle dure encicliche di Leone XIII.
Gerarchia ecclesiastica, notabili della Dc e paraclericali esplodono
il proprio dissenso irrigidendosi ancora di più nel rifiuto della riforma.
Il monopolio della Chiesa in materia di diritto familiare e
matrimoniale risulta ormai fortemente in crisi. Per mantenere intatti i
propri privilegi, i clericali iniziano la loro massiccia pressione affinché
il divorzio divenga oggetto di referendum popolare. Questo appare più
che altro come un tentativo di bloccare l’iter della proposta, al fine di
rinviarla a tempo indeterminato.
Il 28 giugno 1967, Loris Fortuna torna con energia al suo impegno.
In una conferenza stampa, parlando a nome della Lid, annuncia il
proposito di raccogliere centomila firme per richiedere al presidente
della Camera di accelerare l’iter del suo disegno di legge. Davanti ai
giornalisti, il deputato esprime critiche severe nei confronti della
proposta sullo scioglimento del matrimonio che il 9 marzo era stata
avanzata dal Partito Comunista
20
. La proposta, che era stata discussa
in Commissione il 23 giugno, sarebbe dovuta essere abbinata al
progetto Fortuna, ma sembra comprender gravi concessioni alle tesi
degli antidivorzisti. Tra queste, il diritto di divorziare concesso ai soli
cittadini che avevano ottenuto, da almeno cinque anni, la separazione
pronunciata da un tribunale, norma che sembra ignorare del tutto il
19
Vedi paragrafo 3.4.
20
«Atti parlamentari», Camera, IV legislatura, proposta n. 3877, Norme sullo scioglimento del
matrimonio, presentata il 9 marzo 1967 da Spagnoli, Jotti ed altri, vedi paragrafo 3.7.
18
fenomeno delle separazioni di fatto. Il 2 luglio Fortuna firma, con altri
ventidue deputati socialisti, una lettera indirizzata all’onorevole Zappa,
richiedendo che la Commissione di giustizia si pronunciasse sul suo
progetto. I comunisti tennero fede alle promesse pronunciate
dall’onorevole Nilde Jotti in occasione di un congresso della Lid e
annunciano il ritiro del loro progetto, qualora avesse potuto intralciare
il cammino della proposta Fortuna.
A preoccupare in particolar modo Fortuna e la Lid è proprio il
partito liberale. Molti esponenti del partito si dimostrano critici nei
confronti del segretario Malagodi, reo di aver assunto una posizione
decisa in materia di divorzio. Non si conosce, almeno fino a questo
punto, la vera posizione dei liberali e non sembra affatto incoraggiante
la decisione di Malagodi di opporsi all’ingresso nella presidenza della
Lid da parte dell’onorevole Baslini, uno dei più attivi divorzisti
liberali. Inoltre l’esponente del partito presente in Commissione −
Giovanni Palazzolo − è un personaggio notoriamente ostile al divorzio.
Il congresso nazionale del Pli, tenutosi dal 30 giugno al 2 luglio del
1967, chiarisce ogni incertezza. Dopo l’invito da parte della Lid,
rivolto a tutti i divorzisti e laici, a manifestare pacificamente in piazza
davanti alla sede centrale del partito, la questione del divorzio diviene
centrale all’interno del consiglio, che decide di votare in favore del
progetto in Commissione di Giustizia. I componenti della
Commissione contrari all’istituto sarebbero stati sostituiti al momento
del voto.
Si stava realizzando qualcosa che, almeno fino al 1965, sembrava a
dir poco impossibile: comunisti, socialisti, liberali e repubblicani
appaiono per la prima volta uniti davanti ad un comune progetto. Così,
nella petizione popolare promossa dalla Lega, i cittadini manifestano