V
sotto il profilo storico e istituzionale – della maggior parte degli altri nostri vicini e
anche di molti Paesi geograficamente più lontani. Questa considerazione ha influito sul
presente lavoro in modo assai incisivo, suggerendo la predisposizione di un apparato
documentale, in cui sono riportati i testi principali dell’evoluzione costituzionale della
Svizzera, a partire dal 1803, al testo costituzionale del 1874 che è stato continuamente
aggiornato fino alla revisione totale andata in votazione il 18 aprile 1999 ed entrata in
vigore il 1º gennaio 2000. Quest’ultimo testo, come tutti i testi legislativi in vigore in
Svizzera, è facilmente consultabile nella sua versione aggiornata dopo ogni modifica,
per decisione del Consiglio Federale del gennaio 1997, nella Raccolta sistematica del
diritto federale al sito della “Confoederatio Helvetica” http://www.admin.ch . Per il
testo della Costituzione federale del 29 maggio del 1874, si rimanda all’indirizzo
http://ospitiweb.indire.it/~costituz/estero/svizzera.htm, la cui fonte è il 1° vol. di
Costituzioni straniere contemporanee cura di Paolo Biscaretti di Ruffia, Milano,
Giuffrè, 1985. Per i gli altri testi qui riprodotti, si tratta invece di documenti non sempre
reperibili soprattutto per il pubblico italiano, ma che rivestono una grande importanza
per comprendere la specificità dell’evoluzione svizzera. Per lo stesso motivo, in tutti i
casi in cui in questo lavoro si è fatto riferimento a circostanze della storia elvetica – e a
volte anche della cronaca – di cui non si poteva presumere la conoscenza da parte del
lettore italiano, si è cercato di chiarire nelle note tali riferimenti. In molti casi, quindi, le
note svolgono una funzione quasi di contrappunto rispetto al testo.
La riflessione storico-scientifica è articolata in due parti, ciascuna delle quali consta
di tre capitoli. La prima parte ricostruisce la formazione storica del modello svizzero,
nelle sue componenti fondamentali: neutralità nei confronti dell’esterno; federalismo
come modalità di convivenza tra le diverse componenti territoriali, culturali e
linguistiche della Confederazione; partecipazione diretta dei cittadini alla
determinazione delle principali decisioni politiche come fattore decisivo di
stabilizzazione del sistema.
VI
La seconda parte è invece dedicata a tratteggiare l’articolazione della struttura
istituzionale della Svizzera e le modalità del suo funzionamento effettivo. In questo
contesto, vengono evidenziati in modo particolare l’equilibrio tra i diversi livelli
territoriali dello Stato (Confederazione, Cantoni e Comuni) e l’impatto sulle istituzioni
dell’ampio uso degli strumenti di democrazia diretta, cui viene dedicato anche un
approfondimento di tipo teorico. L’ultimo capitolo della seconda parte tratteggia le sfide
di fronte alle quali si trova la Confederazione all’inizio del terzo millennio e il tipo di
risposte che essa cerca di dare.
È inoltre importante sottolineare che questo studio riprende e rielabora temi e
problemi che ho avuto più volte occasione di trattare nei miei anni di ricerca. In
particolare, il secondo capitolo riprende e amplia una relazione presentata nel 1992 a
Nizza in occasione del Colloque dell’Association Française des Historiens des Idées
Politiques (AFHIP), mentre il quinto riprende un articolo pubblicato nel n. 2/1996 di
“Federalismo e Società” con il titolo La democrazia “semi-diretta” in Svizzera. Questo
lavoro, così come quelli che l’hanno preceduto, deve molto all’attività di insegnamento
svolto nell’àmbito dei corsi di Storia delle Dottrine Politiche presso la Facoltà di
Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano cui ho collaborato dal 1985 e di
quello di Dottrina dello Stato che ho tenuto sino al 2003 presso l’Università
dell’Insubria a Como. La mia attività di studio e di ricerca sul federalismo in Svizzera si
ritrova anche in alcune pubblicazioni collettanee, curate dal prof. Ettore A. Albertoni
che mi hanno permesso di trattare degli aspetti federali di Germania, Svizzera e Austria
e sono state pubblicate nel 1993 e nel 1995 a Milano,
1
cui si aggiungono alcuni degli
interventi presso l’AFHIP (Assiociation franςaise des historiens des idées politiques)
2
e
1
V. Ravasi, «Dal sacro romano impero alla Germania, Svizzera e Austria» in AA.VV., Dottrine
politiche e istituzioni del federalismo(America e Europa), Milano, EURED, 1993 e in
AA.VV., Il federalismo nel pensiero politico e nelle istituzioni, a cura di Ettore A. Albertoni,
Milano, EURED, 1995.
2
V. Ravasi, «Considérations sur la démocratie directe en Suisse» in La pensée démocratique.
Actes du Colloque d’Aix-en-Provence (21-22 septembre 1995), Aix-en-Provence, Presses
Universitaires d’Aix-Marseille, 1996 e, della stessa autrice, Naissance du fédéralisme helvétique
in “Revue de la Recherche Juridique. Droit Prospectif”, Presses universitaires d’Aix-Marseille,
XIX, n. 58, 1994.
VII
quello a Grenoble in occasione del 150° anniversario delle conquiste rivoluzionarie del
1848 e del cinquantenario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nel
1998
3
. Un debito altrettanto considerevole devo confessare verso le biblioteche
cantonali ticinesi – in particolare quelle di Lugano e Mendrisio, nonché l’Archivio
Cantonale di Bellinzona – e verso i servizi di documentazione della Cancelleria
Federale. In più ho avuto la fortuna di fare un’esperienza come candidata nelle elezioni
del Consiglio Comunale di una cittadina ticinese nel 2004 e la mia attività di
funzionario della Repubblica e Cantone Ticino mi hanno permesso di vedere una serie
di aspetti da un punto di vista non solo teorico, ma dal di dentro delle istituzioni federali
di cui parlo in questo mio contributo.
Un ringraziamento particolare lo devo alla prof.ssa Paola Viviani, relatrice in
quest’occasione, che ha accompagnato, forse senza saperlo o ricordarlo con una
signorilità e una naturalezza che le fa onore, tutta una lenta evoluzione dei miei interessi
per il diritto pubblico e per l’organizzazione dello Stato. Ho sostenuto infatti con lei
all’inizio degli anni Ottanta a Milano l’esame di ‘Diritto costituzionale comparato’ e in
quell’occasione ho avuto il mio primo approccio con lo studio del diritto: per me si
trattava di un interesse nuovo che affrontavo dopo aver conseguito una prima laurea in
Pedagogia. In più con la Prof.ssa Viviani ho avuto la fortuna di collaborare, prima a
Milano, alla facoltà di Scienze politiche dell’Università Statale e poi presso l’Università
dell’Insubria con numerose iniziative di incontri e lezioni comuni. Ricordo un episodio
per tutti: l’uscita degli studenti del suo e del corso da me tenuto, all’Università della
Svizzera Italiana a Lugano e ai lavori del Consiglio Nazionale Federale che svolgeva la
sua sessione in Ticino. Un grazie di cuore.
Coldrerio, 21 luglio 2005
3
V. Ravasi, «La démocratie directe en Suisse», in Les droits de l’homme et le suffrage universel
1848-1948-1998, Parigi, L’Harmattan 2000.
Anno Accademico 2004 - 2005
Parte I
L’evoluzione storica
2
Capitolo I
La storia e le origini
Dalle prime alleanze all’elaborazione della neutralità svizzera
Scrivere un saggio sulla storia elvetica è un’impresa disperante, perseguibile solo a
costo di molte generalizzazioni, perché la storia svizzera è in realtà molte storie
1
. Questa
è una considerazione valida, in realtà, per quasi ogni storia “nazionale”, se solo ci si
prende il disturbo di entrare un po’ nel dettaglio; nel caso della Svizzera il problema
offre però ulteriori gradi di complicazione.
Il primo e più fondamentale elemento di complicazione è quello spaziale. La
Svizzera è un piccolo Paese che si estende su un territorio montuoso al centro del
massiccio alpino: da un punto di vista strettamente pratico l’unità territoriale della
Svizzera è semplicemente un’astrazione giuridica. Come ben sanno tutti coloro che
hanno avuto la ventura di attraversare il territorio svizzero, quest’ultimo è, per gran
parte della sua estensione, un mosaico di valli collegate in modo più o meno disagevole
dai valichi alpini. Se questa è la situazione attuale dei collegamenti, si può ben
immaginare quali fossero le difficoltà di collegamento e di scambio tra le singole
comunità valligiane e tra queste e il resto del mondo in tempi andati: pensiamo al
Medioevo. Questa considerazione consente, a sua volta, di immaginare il grado di
autonomia effettiva e di solidarietà interna di queste comunità, costrette per gran parte
del tempo ad autoamministrarsi e risolvere i conflitti interni, oltre che a difendersi da
eventuali scorrerie di predoni, benché nominalmente soggette ad un qualche lontano
1
Per un riepilogo della storia svizzera si rimanda ai seguenti testi di carattere generale: William
Martin, Storia della Svizzera, Bellinzona, Casagrande 1980; AA.VV., Nuova storia della
Svizzera e degli Svizzeri, redatta dal Comité scientifique pour une Nouvelle Histoire de la Suisse,
voll. 3, Lugano/Bellinzona, Casagrande, 1982-1983; Emilio R. Papa, Storia della Svizzera.
Dall’antichità ad oggi. Il mito del federalismo, Milano, Bompiani, 1993.
3
signore feudale i cui emissari passavano una volta all’anno, in estate, a prelevare il
contributo dovuto dalla comunità.
È in questo tessuto di autonomie locali che si sviluppano le singole storie il cui
incrociarsi genera la trama della vicenda svizzera.
L’altro fondamentale aspetto spaziale che condiziona l’evoluzione delle storie
elvetiche è il rovescio della medaglia delle difficoltà di collegamento. Le regioni alpine
della Svizzera sono il tramite necessario di qualsiasi traffico lungo la direttrice nord-
sud: il transito di uomini e merci tra l’area germanica e quella italiana – attraverso la
valle del Reno, piuttosto che verso il lago di Costanza – trova la sua via di
comunicazione più naturale lungo il valico del San Gottardo. È così che la ripresa dei
traffici commerciali nel corso del XIII e del XIV secolo, esaltando l’importanza
strategica di queste vie di comunicazione, proietta le comunità valligiane sulla scena
politica del tempo, costringendole a misurarsi con problemi di dimensioni ben più
ampie di quelle consuete; problemi che esse affronteranno con gli strumenti perfezionati
nei secoli precedenti, la capacità di autodifesa, la solidarietà valligiana e la capacità di
mediazione.
La nascita dei primi accordi di assistenza e difesa reciproca tra comunità valligiane
è legata sia alla soluzione di problemi di vicinato, sia all’evolversi dei rapporti con i
signori feudali che, con l’espandersi dei traffici, tendono a rendere più pesante il costo
della loro protezione e ad assumere un ruolo più attivo rispetto alle singole comunità,
comprimendone le autonomie che si erano sviluppate nel frattempo, innanzitutto quella
di nominare i giudici incaricati di risolvere i conflitti interni alla comunità. Non a caso,
il contenuto principale del primo patto giurato di cui si conserva ancora il documento,
stipulato il 1º agosto 1291 fra le comunità valligiane di Uri, Schwytz e Unterwald
2
,
2
Il testo del Patto del Grütli, in traduzione italiana, lo si può leggere in Emilio R. Papa, cit., pp.
29-30, ma anche nel sito ufficiale delle autorità federali della Confederazione Elvetica
all’indirizzo http://www.admin.ch/ch/i/schweiz/bundesbrief/index.html con la foto della
pergamena ufficiale conservata all’Archivio Federale di Svitto, munita dei due sigilli di Uri e di
Unterwald (quello di Svitto è andato perduto).
4
concerne il rifiuto di ricevere giudici che non siano abitanti delle valli, oltre che un
patto di assistenza reciproca (auxilium et consilium)
3
.
Questo patto venne giurato con evidente funzione difensiva nei confronti degli
Asburgo, i signori che accampavano pretese feudali verso le tre comunità alpine. Infatti
proprio attraverso un conflitto sempre più aperto contro gli Asburgo, finalizzato a
sottrarsi alla loro tutela, le comunità alpine stipularono un ampio tessuto di accordi, che
coinvolse progressivamente le comunità circostanti.
Il contesto politico entro cui si sviluppò l’evoluzione di questo tessuto di accordi
verso forme di unità politica confederale è costituito dal conflitto con i duchi d’Austria,
nel corso del quale i Waldstätten (i tre Cantoni originari) affermarono anche una
superiorità militare che costituì un altro dei fattori caratterizzanti di questo stesso
processo. All’inizio questa superiorità non fu altro che la prima tappa della messa in
disarmo dell’antica cavalleria feudale: i valligiani appiedati, armati di picche, su terreni
scoscesi e disagevoli avevano buon gioco contro i cavalieri in armatura pesante e il
massacro nella battaglia di Morgarten (1315) anticipò le analoghe vittorie che gli arcieri
inglesi conseguirono sulla cavalleria feudale francese nel corso della guerra dei Cento
anni, a Crecy (1346) e Azincourt (1415). Su questa base però, i Waldstätten
costruiscono un’intera tattica militare basata sul disciplinato utilizzo di una fanteria ben
addestrata, che varrà a stabilire per alcuni secoli la reputazione di invincibilità delle
truppe svizzere, facendone progressivamente una sorta di grande potenza militare.
Questi che abbiamo delineato sono i fattori principali che governarono il processo
di aggregazione dei Cantoni confederati sino all’inizio del Cinquecento. Questa
aggregazione coinvolse, peraltro, anche comunità politiche cittadine, come Zurigo,
Berna e Lucerna, che affiancandosi alle originarie comunità montane ampliarono
3
Come ricorda Otto Brunner, nell’universo giuridico del Medioevo “Consiglio e aiuto sono un
po’ dovunque le categorie fondamentali dell’agire politico, sia esso orientato verso l’interno o
verso l’esterno.”. Otto Brunner, Land und Herrschaft. Grundfragen der territorialen
Verfassungsgeschichte Österreichs im Mittelalter, Wien, 1965 (V ed.), tr. it. Terra e potere.
Strutture pre-statuali e pre-moderne nella storia costituzionale dell’Austria medievale, Giuffrè,
Milano, 1983, pp. 379-380.
5
significativamente il ventaglio degli interessi dei confederati, includendovi specifici
interessi commerciali, militari e geopolitici. Zurigo era infatti città imperiale – vale a
dire soggetta solo alla giurisdizione diretta dell’Imperatore – dotata di una spiccata
vocazione mercantile e artigiana; rappresentava la principale direttrice di traffico
commerciale verso le città della Germania meridionale. Lucerna, città soggetta agli
Asburgo, costituiva lo sbocco più diretto verso l’altopiano centrale della Svizzera,
Basilea e la valle del Reno. Berna, infine – anch’essa città imperiale – era per parte sua
una repubblica aristocratica dalla spiccata vocazione militare, che aveva nel tempo
assoggettato i territori circostanti, arrivando a controllare buona parte dell’altopiano
centrale e le vie di traffico verso la Francia.
Un tratto essenziale di questo processo di aggregazione è il suo carattere plurale e
discontinuo. L’originario patto del 1291 fra i tre Cantoni di Uri, Schwytz e Nidwald,
rinnovato nel 1315 unitamente ad Obwald, viene affiancato da ulteriori patti separati tra
i confederati e Lucerna (1332), Zurigo (1351), Glarona e Zugo (1352), Berna (1353). Il
contenuto di questi patti separati non è omogeneo – sia Zurigo, sia Berna si riservano la
facoltà di concludere alleanze separate con terzi, del tutto indipendentemente dai
confederati, mentre Lucerna fa espressamente riserva della propria sottomissione ai suoi
legittimi signori feudali – inoltre essi sono affiancati da accordi e alleanze separate sia
tra i contraenti stessi, sia tra alcuni di essi e altre comunità circostanti. Il risultato di
questi accordi non è altro che una rete disordinata di impegni spesso contrastanti tra
loro e, comunque, subordinati a valutazioni di convenienza contingente, che non
escludono quindi neanche la possibilità di conflitti tra alleati
4
. Non mancano, in realtà,
anche accordi comuni, come la cosiddetta “Carta dei Preti” del 1370
5
, che stabilisce
alcune regole comuni in materia di applicazione della giurisdizione ecclesiastica, e la
Convenzione di Sempach del 1393, che definisce termini e modalità di collaborazione
in campo militare.
4
Tra il 1438 e il 1450 Zurigo si schiera con gli Asburgo contro i confederati dando il via ad una
serie di sanguinosi conflitti che coinvolsero anche il re di Francia, Carlo VII.
5
Di cui peraltro non è parte Berna.
6
Entrambi gli accordi iniziano a definire – forse ancor più come esigenza che come
risultato pratico – uno spazio territoriale e giuridico comune ai confederati, definendo
forme di consultazione periodica attraverso la convocazione di delegati all’uopo
designati, che si riuniscono in Dieta.
Peraltro, il principale interesse comune dei confederati è costituito dal sistema di
alleanze e protettorati che man mano viene a costituirsi intorno a loro come risultato
delle politiche espansionistiche separatamente perseguite da ciascuno di essi: da Berna,
in direzione nord (verso Soletta, con cui la città stipula un accordo di alleanza, e la valle
del Reno), ovest (verso il Paese di Vaud e la valle del Rodano) e sud (verso il Vallese);
da Zurigo, in direzione nord-est, verso il Toggenburg; da Schwytz, anch’esso in
direzione nord-est, verso Appenzello e San Gallo, in diretta concorrenza e spesso in
contrasto con Zurigo; da Uri, in direzione sud, attraverso il Passo del San Gottardo,
verso la Val Leventina e Bellinzona. Col passare del tempo il peso di queste politiche
espansionistiche – in buona parte perseguite attraverso accordi commerciali e alleanze
militari – diventa tale da poter essere sostenuto solo potendo contare sull’appoggio o sul
soccorso degli altri confederati, così che il sistema di alleanze e protettorati tende ad
assumere una fisionomia collettiva, con tutta una serie di paesi e comunità soggette ad
una pluralità di confederati. Tale situazione genera sempre più frequenti esigenze di
contatto e coordinamento tra i confederati, anche se passerà ancora molto tempo prima
che queste esigenze giungano a trasformare le riunioni dei delegati dei Cantoni in un
organismo comune sufficientemente stabile.
Parallelamente a questi fattori “unitari”, nella compagine dei Cantoni confederati
cominciano a delinearsi anche una serie di linee di frattura, che potremmo definire
strutturali e che danno luogo ad altrettanti delicati equilibri. La più importante è quella
tra i Cantoni forestali e quelli cittadini, caratterizzati da situazioni economiche, sociali e
da istituzioni politiche nettamente differenti. I Cantoni forestali sono costituiti da
comunità montane relativamente prospere, grazie anche ai servizi che prestano rispetto
7
ai transiti commerciali attraverso i valichi, ma costrette a fare i conti con la povertà del
suolo e la scarsità di terreni sfruttabili, abituate quindi all’uso comune delle risorse
naturali (alpeggi, prati e boschi), con un’eccedenza di popolazione che trova i suoi
sbocchi prevalentemente nell’attività bellica, al servizio della comunità oppure di terzi.
Sotto il profilo politico, il governo dei Cantoni forestali è assicurato attraverso l’antico
regime assembleare (Landsgemeinde) di tutti gli uomini liberi, benché l’assetto effettivo
del potere tenda frequentemente ad assumere forme oligarchiche, attraverso la
prevalenza delle famiglie più ricche. Dall’altra parte, i Cantoni cittadini, e in particolare
Zurigo e Lucerna, hanno economie nettamente orientate alla produzione artigianale e
allo scambio; essi dominano le campagne circostanti, attraverso una rete di rapporti
feudali, e hanno un’organizzazione politica di tipo corporativo, da cui sono però esclusi
i sudditi delle campagne. Quest’ultima circostanza, unita al bisogno di sbocchi
territoriali dei Cantoni forestali e alla solidarietà delle comunità valligiane nei confronti
dei contadini sudditi delle città, genera una tensione costante tra Cantoni forestali e
cittadini, condizionando modalità e termini dell’allargamento della Confederazione ad
altre compagini politico-territoriali. In tal modo, Soletta e Friburgo entreranno
formalmente nella Confederazione su basi di parità con gli altri otto Cantoni solo nel
1481, anche se l’alleanza con Berna e la partecipazione attiva di questi Cantoni alle
vicende dei confederati datano dalla fine del XIV secolo.
Nel corso del XV secolo l’intreccio di questi contrastanti fattori di unione e
disunione, nel contesto di una rapida evoluzione dei rapporti di potere esterni
6
, porta il
sistema delle alleanze confederali assai vicino alla rottura, prima con il decennio di
guerre tra Zurigo e i confederati (1438-1450), poi con la guerra borgognona (1473-
6
Ad occidente, la fine della guerra dei Cento anni tra la monarchia francese e quella inglese ha
rimesso in gioco la Francia, sia sotto il profilo politico, sia sotto quello economico. A sud i
conflitti tra le signorie italiane attirano l’attenzione – economica e militare – di Uri verso la valle
del Ticino. A nord, l’aggregazione territoriale borgognona rappresenta una minaccia consistente
agli equilibri consistenti. Ad oriente il conflitto tra Zurigo e Schwytz diventa occasione per un
nuovo tentativo di recupero dell’influenza asburgica nella regione, proprio mentre la casa
d’Asburgo torna ad occupare il trono imperiale (1439), togliendo così ai confederati la
possibilità di continuare ad appoggiarsi all’Impero contro i loro più vicini e potenti signori
territoriali.
8
1475) e il problema dell’inclusione di Friburgo e Soletta nel quadro degli accordi
confederali. Lo sbocco di questa situazione è costituito da una modifica del tessuto di
accordi tra gli otto Cantoni, che nel 1481 a Stans giurano nuovamente la propria
alleanza e accolgono nella Confederazione i due nuovi Cantoni cittadini
condizionandone l’autonomia in materia di politica estera al preventivo accordo degli
altri Cantoni o della maggioranza di questi; viene inoltre introdotto il principio
dell’unanimità per tutte le decisioni collettive importanti. Con la Convenzione di Stans
il sistema di alleanze confederali comincia ad assumere un carattere più stabile e un
assetto più marcatamente difensivo. In un contesto europeo che vede il progressivo
spostamento delle correnti di traffico commerciale verso l’Atlantico e il Mare del Nord,
e mentre tutt’intorno al massiccio alpino cominciano ad organizzarsi una serie di entità
politiche territoriali di rilievo, lo spazio di manovra dei confederati comincia a
restringersi e diventa quindi sempre più importante la solidarietà reciproca.
Parallelamente, si incrementa il ruolo svolto dai soldati mercenari al servizio delle
nuove entità politiche statali, anche se l’avvento dell’artiglieria da campo inizia ad
erodere la superiorità tattica delle fanterie svizzere.
Nel corso del XV secolo avviene l’ultimo tentativo di riassorbire l’enclave elvetica
all’interno del grande sogno di una rinnovata unità imperiale, forgiata intorno ai domini
personali di Massimiliano I d’Asburgo (1459-1519), che divenne l’ultimo dei cavalieri
nell’immaginazione popolare. Massimiliano aveva riunito su di sé l’eredità austriaca dei
diversi rami asburgici, deteneva per conto del figlio minorenne la reggenza dei Paesi
Bassi borgognoni e vantava pretese sul Ducato di Milano; ascendendo alla dignità
imperiale Massimiliano si lanciò in un grandioso programma di riforma mirante a dare
struttura e risorse autonome all’amministrazione imperiale. Nel 1495 la Dieta imperiale
convocata a Worms deliberò l’istituzione di tribunali imperiali permanenti, di un
esercito e di tasse imperiali per mantenerli; anche i Cantoni svizzeri, ancora
formalmente soggetti all’autorità imperiale, furono chiamati a contribuire e ad aderire
9
alla Pace imperiale proclamata dalla Dieta. Il rifiuto di aderire alle deliberazioni di
Worms e il conflitto esploso tra le comunità grigionesi – alleate dei confederati – e
Massimiliano, in qualità di loro signore territoriale, per una questione di diritti di
giurisdizione contestati, divennero il pretesto per la guerra tra le forze imperiali e i
confederati (1499-1500). L’esito militare favorevole ai Cantoni elvetici e l’accordo che
concluse il conflitto ribadirono sostanzialmente uno status quo in cui i confederati erano
tacitamente sciolti dalla tutela imperiale. L’anno successivo anche Sciaffusa e Basilea
aderirono alla Confederazione, con le medesime limitazioni già applicate a Friburgo e
Soletta, seguite – nel 1513 – da Appenzello.
Nel 1515 la sconfitta delle truppe elvetiche a Marignano, ad opera dei Francesi,
pone fine alla fase di espansione territoriale dell’alleanza confederale e dei singoli
Cantoni, nonché ad ogni intervento diretto nella politica continentale, che comincia ad
essere contrassegnata dal conflitto tra le ambizioni imperiali della dinastia asburgica e
la Francia dei Valois, ormai avviata sulla strada della formazione di un forte Stato
nazionale, unitario e centralizzato.
Alla vigilia delle guerre di religione scatenate dalla Riforma, la Confederazione
assume dunque l’assetto che manterrà per i tre secoli successivi. Nell’arco dei due
secoli trascorsi dai primi accordi collettivi, il sistema delle alleanze confederali ha
supportato la creazione di un’area di influenza ben più ampia di quella rappresentata dai
territori dei confederati, da cui sono stati progressivamente espulsi i signori feudali, per
affrancarsi infine anche dall’autorità imperiale. Nel confronto con le potenze emergenti
del XVI secolo, però, la Confederazione continua ad essere un mosaico privo di
un’identità e di una politica precisa, diversa dal mantenimento dello status quo. Pur nel
quadro di una solidarietà essenzialmente difensiva, ogni Cantone continua a perseguire
le proprie politiche, indipendentemente e a volte anche in contrasto con quelle degli
altri confederati. Del resto, il meccanismo che governa le decisioni collettive è rimasto
sostanzialmente invariato nel tempo. Benché la Dieta cominci a riunirsi regolarmente,
10
essa resta sostanzialmente una semplice conferenza diplomatica, in cui i delegati sono
rigorosamente legati alle istruzioni ricevute, cosa che non manca di rallentare i processi
decisionali. L’incompiutezza istituzionale e il particolarismo imperante offrono inoltre
facile gioco alla pressione delle diplomazie straniere – innanzitutto quella francese e
quella imperiale – e alla corruzione collegata con il reclutamento delle milizie
mercenarie
7
.
La Riforma protestante e il secolo di guerre civili religiose che ne sono la
conseguenza rappresentano, nel contesto della storia europea, il faticoso travaglio
necessario a dare alla luce lo Stato moderno. Il superamento della guerra civile avviene
sulla base della relativizzazione delle differenze confessionali e della progressiva
eliminazione dei corpi intermedi la cui presenza caratterizzava l’universo politico uscito
dal Medioevo: un processo, questo, che si protrarrà sino alla Rivoluzione francese e,
negli Stati tedeschi, anche oltre.
La rottura dell’unità religiosa contagia rapidamente anche i confederati: Zurigo
aderisce alla Riforma nel 1525; Berna, Basilea, Sciaffusa e San Gallo la seguono tra il
1527 e il 1530, mentre la predicazione riformata fa proseliti anche nei Paesi alleati dei
Grigioni e del Vallese, in Turgovia e a Neuchâtel; per parte sua, Ginevra accoglie la
Riforma nel 1526. La frattura tra Cantoni cattolici e riformati è assai netta sotto il
profilo geografico e politico: in pratica restano saldamente cattolici i tre Cantoni
originari (Uri, Schwytz e Unterwald) e i Cantoni cittadini di Zugo, Lucerna, Soletta e
Friburgo; quest’ultimo, peraltro, resta strettamente legato a Berna, di cui è tradizionale
alleato. Gli ultimi due Cantoni rurali, Glarona e Appenzello, mantengono la tolleranza
religiosa, anche se nel 1591 il conflitto confessionale provocherà la scissione di
Appenzello in due Semi-cantoni, uno cattolico e l’altro riformato.
La Riforma si innesta nel variegato quadro degli accordi confederali come un
ulteriore fattore di divisione interna. Mentre l’adozione o meno del culto riformato
7
A partire dalla metà del XV secolo si diffonde la prassi delle pensioni riconosciute ai notabili
locali a fronte del reclutamento mercenario, prassi destinata a durare praticamente sino
all’Ottocento.
11
all’interno dei tredici Cantoni sovrani è considerata una questione esclusivamente
interna, da cui gli altri confederati sono assolutamente esclusi, il nodo fondamentale è
rappresentato dalle sorti (confessionali) dei territori soggetti ai confederati nel loro
insieme: per arrivare alla soluzione più ovvia, vale a dire la libertà di culto per le
comunità soggette, ci vorranno ben quattro conflitti tra i confederati nell’arco di quasi
due secoli (quelli conclusi con le due paci di Kappel – nel 1529 e nel 1531 – e le
battaglie di Villmergen, nel 1656 e nel 1712
8
). La vittoria dei Cantoni cattolici nelle
prime tre occasioni comporterà infatti il mantenimento della religione cattolica nei
baliaggi comuni, con il risultato di avviare una serie di migrazioni interne, da questi
territori ai Cantoni riformati, che non mancheranno di impoverire i baliaggi stessi.
Sotto il profilo dell’organizzazione politica interna dei Cantoni, la Riforma ha
effetti assai importanti, con la costituzione di vere e proprie Chiese di Stato nei Cantoni
riformati. Qui come negli altri Paesi che aderiscono alla Riforma, le autorità secolari
traggono beneficio da quello che è il nucleo fondamentale del pensiero politico
protestante, vale a dire la dottrina paolina dell’ubbidienza alle autorità costituite
9
. Su
questa base ideologica, condivisa da Lutero, Zwingli e Calvino
10
, viene a costituirsi un
rapporto nuovo tra autorità temporali e comunità dei fedeli, in cui le prime assumono un
ruolo di tutela nei confronti della seconda. Questa evoluzione ha un suo pendant
nell’alleanza tra Chiesa cattolica e autorità temporali e sfocia in un unico risultato
comune, costituito dal rafforzamento della potestà temporale.
8
La vittoria dei Lucernesi sui Bernesi nel 1656 permette ai Cantoni cattolici di conservare per
altri cinquant’anni i vantaggi politico-confessionali ottenuti nel 1531; nel 1712 vinsero invece i
Cantoni riformati, cioè principalmente le forze di Berna, Neuchâtel, Vaud e Ginevra.
9
“Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori; perché non v’è autorità se non da Dio; e le
autorità che esistono, sono ordinate da Dio; talché chi resiste all’autorità, si oppone all’ordine di
Dio (...).”, Epistola ai Romani, 13.
10
Per un esame delle dottrine politiche della Riforma e delle sue influenze sul pensiero politico, si
rinvia al secondo volume dell’opera di Quentin Skinner, The Foundation of Modern Political
Thought, Cambridge, Cambridge University Press, 1978; tr. it. Le origini del pensiero politico
moderno, 2 voll. Bologna, Il Mulino, 1989.