2
Enrico avrebbe preferito la nomina a commissario straordinario del
Comitato Industriale Oli e Grassi, ma al suo posto fu nominato il fratello
Umberto. La prima nomina a commissario dell’Agip fu conferita a Mario
Argentin che la rifiutò segnalando il nome di Enrico Mattei. In un primo
momento anche E. Mattei rifiutò e diede compito a sua volta a Cazzaniga
di fare attribuire la nomina a Gustavo Adolfo Comba, esponente della
Standard Oil Company of New Jersey. Con quest’episodio viene sciupata
l’epica anti-americana che si attribuiva alla figura di Mattei. Vedremo che
gli stessi americani con Charles Poletti, ufficiale americano responsabile
dell’amministrazione militare alleata nell’Italia del Nord, ratificheranno la
nomina di Mattei e in ricordo di Ferrari Aggradi il “tutto procedette in
piena armonia”. Si sarebbe potuto ritenere che Cazzaniga, nominato
commissario straordinario il 6 aprile del 1945 per gli Oli Minerali e
Carburanti Succedanei, molto legato alla Standard Oil, avesse avuto
qualche influenza sulla nomina di Mattei. Lo stesso Cazzaniga affermava
che: “Poletti si disinteressava” alla vicenda di quei commissari e Mattei
“non teneva per niente” a quella nomina che non “sollecitò mai”.
L’Azienda Generale Italiana Petroli (Agip) fu costituita, il 19 maggio del
1926, da un capitale azionario ripartita fra diversi enti di stato. Nello statuto
si attribuiva con l’art. 1 “lo svolgimento d’ogni attività relativa all’industria
e al commercio dei prodotti petroliferi”, inoltre, con l’art. 6 comma 1
veniva “affidato l’incarico di eseguire ricerche petrolifere in Italia e nelle
colonie”. Importante è considerare che essa doveva svolgere “la ricerca,
l’acquisto e la coltivazione di giacimenti petroliferi” il “trattamento
3
industriale” e “il commercio” di prodotti petroliferi, “l’esercizio dei mezzi
di trasporto marittimi e terrestri necessari ai fini su indicati” e l’assunzione
di partecipazioni in “altre società aventi oggetto analogo”, nonché
“qualsiasi operazione finanziaria, industriale, mobiliare, in ogni modo
connessa od attinente agli scopi sociali” (Art.2).
Nel 1945, l’Agip veniva vista come un’azienda controllata dallo stato e
operante secondo le regole del mercato. Manteneva al suo interno un
eccesso di burocratizzazione e una scarsa organizzazione. Con la gestione
delle raffinerie di Livorno, saccheggiata dai tedeschi, quella di Bari,
inutilizzabile perché predisposta alla lavorazione, con alto costo, del
pesante petrolio Albanese, i depositi fuori uso, le pompe distrutte, le
attrezzature disperse e le ricerche bloccate in quel momento, l’Agip andava
riorganizzandosi con il peso della sconfitta di guerra.
Le società e il governo americano, venivano attratte dall’Agip ed in
particolare dalle sue concessioni in Romania dove gli americani
controllavano il 50 % delle risorse.
2
Oltre la Romania gli americani
vedevano con interesse le ricerche avviate in Val Padana e la rete di
distribuzione che offriva una notevole potenzialità. Un nuovo ordine
internazionale stava prendendo forma. Le potenze occidentali tenevano
presente, nella politica di ricostruzione, la sconfitta italiana per meglio
imporsi nel controllo della commercializzazione delle fonti d’energia che
acquisivano una rilevante considerazione. Cosi le truppe americane nel
proprio quotidiano, "Stars and Stripers", del 28 giugno del 1944,
2
Cazzaniga, testimonianza, 24 maggio1998, in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti
Editrice, 1995, p. 28.
4
consideravano che “ la questione delle riserve di petrolio per la difesa del
futuro” è “al centro di controversie” e in:
“in passato, le società petrolifere hanno saputo fare molto bene i propri affari
senza i denari del governo o senza la gestione governativa; quando è stato
necessario il governo ha potuto dare tutto l’appoggio necessario in campo
diplomatico (….) ”.
3
Gli affari del petrolio in Italia nel 1945 venivano gestiti da società
americane e inglesi. Complessivamente le imprese americane avevano
investito $73.517.480 suddivisi in 44 aziende. La società maggiormente
interessata era la Standard Oil N.J. con una quota del 33’9 % di tutti gli
investimenti americani in Italia, pari a $24.934.331. Tra le altre vi erano al
terzo posto la Socony Vacuum, con investimenti pari a $8.964.153, e la
Texas Company, con investimenti pari a $1.947.146. Questi dati,
documentati da un “Inteligence Memorandum”, il 17 luglio 1946,
del
dipartimento di Stato, dimostravano gli interessi che le aziende petrolifere
americane avevano in Italia. Gli investimenti nel settore petrolifero
rappresentavano circa la metà dell’intero investimento americano. Pochi
mesi prima della liberazione, il 22 marzo del 1945, Joseph C. Grew,
facente funzioni di Segretario di Stato degli Stati Uniti, sulla base
d’informazioni giunte dall’ambasciata di Roma, sul fatto che l’Italia “ non
ha abbandonato l’intenzione di una politica petrolifera fortemente
controllata dal governo”, telegrafò ad Alexander Kirck, Ambasciatore a
3
Acs, Roma, Pcm, 1944-47, Comando supremo, 11 luglio 1944. Viviani 1985, II, p. 68 definisce questo
ufficio il<<primo nucleo dei servizi segreti>>, in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti
Editrice, 1995, p. 34.
5
Roma, affermando che ci “sarebbe motivo di considerevole
preoccupazione” qualora “relativamente agli affari petroliferi il governo
italiano contemplasse, dopo la guerra, il proseguimento di politiche simili
a quelle seguite durante i decenni precedenti”.
5
Molte saranno
successivamente le pressioni di Kirck, per istruzioni di Grew, su Bonomi e
gli altri esponenti del governo. Si voleva far capire bene agli italiani quale
fosse la politica petrolifera americana. Attraverso le richieste di ristabilire
la proprietà delle proprie aziende petrolifere americane, sequestrate in Italia
durante la guerra, si consentiva a società americane di “esercitare la
concorrenza sul mercato italiano” cosi potendo “garantire nelle operazione
di produzione, raffinazione e distribuzione”, le stesse condizioni
riconosciute alle aziende nazionali italiane. Quelle istruzioni, cosi
proseguivano:
“Naturalmente viene riconosciuto il diritto del governo italiano di entrare
direttamente negli affari petroliferi, ma voi dovreste mettere in evidenza gli
svantaggi di una simile condotta, specialmente nella situazione che si determinerà
in Italia nel dopo guerra. Nella produzione, raffinazione e distribuzione, l’industria
petrolifera privata può offrire ai consumatori i vantaggi derivanti da operazioni su
vasta scala e dalla lunga esperienza, tali che parrebbero difficili che essi possano
venir contrastati da imprese italiane che non avessero una consistente protezione.
La partecipazione del governo italiano agli affari petroliferi creerebbe perciò una
posizione concorrenziale, tale da dare al governo la continua tentazione di
ricorrere alle pratiche arbitrarie che caratterizzarono la condotta delle società
petrolifere governative durante il fascismo. Un ripetersi di tale situazione sarebbe
5
Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti Editrice, 1995, p. 32.
6
svantaggiosa per i consumatori italiani e nocivo alle relazioni commerciali italo-
americane”.
Pertanto, si temeva che la partecipazione del governo italiano negli affari
del petrolio avrebbe comportato la prosecuzione di “politiche arbitrarie”
capaci di difendere gli interessi, sia propri sia dei consumatori in
opposizione all’imperialismo americano, con un’autonoma politica
petrolifera che garantiva il massimo utile con il minimo mezzo, in Italia e
all’estero, e in concorrenza con le altre compagnie. Ciò dava talmente
fastidio che il telegramma concluderà in modo presuntuoso e arrogante:
“Qualora, dopo la guerra, il governo italiano dovesse mantenere un interesse
nell’Agip e nell’Anic, a questi organismi non dovrebbe essere consentito di
ricorrere alle pratiche arbitrarie cui essi si sono lasciati andare in passato. Alle
aziende nelle quali è interessato il governo italiano non dovrebbe essere accordato,
nelle normali transizioni commerciali, un trattamento preferenziale rispetto alle
imprese possedute o controllate da cittadini americani ”.
6
Molti di questi argomenti si ritrovano fra i diversi telegrammi, analizzati da
Perrone, scambiati tra il Dipartimento di Stato e l’ambasciatore americano
a Roma, ma non solo. Interlocutore era anche l’ambasciata inglese e il
Ministro degli Esteri De Gasperi, che assicurava agli alleati “che non è
nell’intenzione del governo italiano di adottare misure di natura
preferenziale in favore dell’Agip o di altre società italiane rispetto alle
6
Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti Editrice, 1995, p. 33.
7
società straniere.
7
Per ciò che riguarda la politica petrolifera e gli interessi
nazionali vi era maggiore attenzione da parte del Presidente del Consiglio
Bonomi, Parri e del Ministro degli Esteri De Gasperi, mentre si riduceva
nei Ministeri del Tesoro di Soleri, Ricci e negli organi di gestione
dell’Agip. Già il 10 aprile del 1945, Potretti, Presidente dell’Agip, propose
al consiglio di aprirsi maggiormente all’iniziativa privata delle compagnie
straniere:
“Fatta eccezione per qualche lavorazione in atto (…) ogni ulteriore investigazione
può essere lasciata (…) alla privata iniziativa”. “Confidiamo, tuttavia, che, con il
concorso dei gruppi appartenenti ai paesi alleati, sia possibile risarcire le perdite
non ancora esattamente valutabili, per riprendere, nello spirito della comprensione
e dell’antica amicizia, l’attività che aveva associato, in un passato recente, le due
gloriose bandiere”.
8
Sulla stessa posizione, con l’intento di “sospendere ogni iniziativa, tendente
all’attuazione di nuovi programmi di ricerche petrolifere ovvero allo
sviluppo di programmi in corso di espletamento” e di “dare in concessioni
a società o a privati i cantieri attivi”,
il Ministro del Tesoro Soleri
comunicava le sue intenzioni al Ministro dell’Industria Gronchi. Tale
posizione sarà ribadita anche successivamente con l’elezione a Ministro del
Tesoro di Ricci. Tale politica rinunciataria, non in linea con le ambizioni di
Mattei e denunciata dallo stesso al Presidente del Consiglio Parri, con la
7
Frus, 1945-IV, 1308-10, 1307, 1304-23, in op. cit., p. 34.
8
“La rivista italiana del petrolio”, agosto1945, in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti
Editrice, 1995, p. 36.
8
liquidazione del presidente dell’Agip, Petretti, non ostacolò tra il dicembre
e il gennaio del 1946, l’autorizzazione, a tecnici americani e inglesi, per
prendere visione dei documenti con i risultati delle ricerche.
10
Secondo
Elmer Thomas, membro della Gulf, si trattava d’informazioni molto
importanti. Successivamente, anche lo stesso Mattei, innanzi a una
proposta d’acquisto di 60 milioni, per un complesso di macchinari obsoleti,
cederà alle pressioni di Soleri, e avvierà l’alienazione di tutte le attrezzature
di ricerca. Poul H. Frankel, studioso di questioni petrolifere, intravedeva
dietro la vendita dell’Agip un progetto che avesse la consapevolezza di
strozzare l’Agip stessa e favorire le società americane. La questione “della
messa in liquidazione dell’Agip”, secondo Nicolò Pignatelli Aragona, “era
un episodio che ricalcava una prassi degli alleati seguita in Germania e in
Italia al fine di ridurre l’influenza dei governi nell’economia”.
11
Le cose furono così fino alla nomina di Mattei che sconvolgerà, i rapporti e
inciterà le pressioni, degli alleati attraverso il consiglio d’amministrazione
dell’Agip, gli industriali, alcuni politici e la burocrazia ministeriale. Questa
posizione isolata e l’assenza di legami a qualsiasi tipo di cartello dovette
influire ad orientarlo verso la scelta statalista.
12
Il 17 ottobre del 1945,
Mattei si dimise da commissario perché dal 4 ottobre era entrato a far parte
del consiglio d’amministrazione dell’Agip. Pochi giorni dopo, il 31 ottobre,
l’assemblea ratifica la decisione d’inserire Mattei nel comitato esecutivo
con ampia procura. Conserverà questa posizione quasi ininterrottamente
10
Colitti, 1979, p. 66, in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti Editrice, 1995, p. 37.
11
Pignatelli, testimonianza, 7 dicembre 1988, in op. cit., p. 38.
12
Cefis, testimonianza, 11 febbraio 1989. Colitti, 1979, pp.41 ss., in op. cit., p. 39.
9
fino alla costituzione dell’ENI. Tra gli uomini che affiancarono Mattei
ritroviamo Boldrini, docente universitario di statistica, marchigiano come
Mattei, con ottimi legami negli ambienti finanziari e politici,
d’orientamento cattolico, e Carlo Zanmatti, che fu nominato il 6 dicembre
del 1943 commissario governativo dell’Agip. Zanmatti era in servizio
all’Agip dalla sua fondazione e subito dopo la caduta del regime fascista
temeva un suo licenziamento da parte dell’autorità governative giacché non
era molto apprezzato dai governi del dopoguerra. Proprio per tali timori,
Zanmatti, nell’incontro con Mattei, nel giugno del 1945, seppe ben
prospettare quali fossero le reali potenzialità dei giacimenti nella Valle
Padana. Molto promettente veniva mostrata la località di Caviaga nel quale,
a seguito di ricerche svolte nel 1940 per conto dell’Agip, da parte della
Geophisical Co. Di Los Angeles, e il proseguire dei lavori, si portarono in
produzione alcuni pozzi di metano. Cosi riuscirà ad ottenere da Mattei il
sostegno per lo sviluppo delle ricerche e delle perforazioni a Caviaga e
l’attribuzione della carica d’amministratore delegato e direttore generale
dell’Agip Minerarie. Veniva ricordato in un volume che iniziava a
raccogliere la campagna di stampa contro l’ENI da Mattei come:
“Amico fedele collaboratore prezioso nella grande battaglia combattuta per
l’indipendenza economica de popolo italiano”.
13
13
Mattei, 1982, p 64. La raccolta è Stampa e oro nero, in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma,
Gamberetti Editrice, 1995, p. 41.
10
Indipendenza che ostacolerà i rosei rapporti che l’Italia aveva
faticosamente costruito con De Gasperi. Gli obbiettivi della politica
americana andavano contro i valori Nazionali che Mattei e Zanmatti
perseguivano. Il controllo su quasi tutte le riserve petrolifere da parte degli
americani, con il sostegno dei diversi Dipartimenti di Stato e l’appoggio dei
differenti presidenti, non facilitavano questa ardua impresa.
“Complessivamente non più di una dozzina di società controllano la massa della
produzione e della commercializzazione di quel periodo che si muove nel
commercio internazionale. Invero, per ragioni pratiche, tale controllo viene
esercitato da sette società”,
dichiarava, senza considerare la zona sovietica, John A.Loftus, capo della
Petroleum Division del Dipartimento di Stato. Tra queste ritroviamo: La
Standard NJ (mutatasi Exxon Corporation), la Socony Vacuum (mutatasi in
Socony-Mobil Oil Company e poi in Mobil Oil Corporation), la Standard
Oil of California (Socal, utilizza il marchio Chervon), la Texas Oil
(Texaco), la Gulf Oil Corporation, la Royal Dutch Shell Oil Company
(Schell), l’Anglo-Persian (Britisch Petroleum). Le prime cinque controllate
da capitale americano, la sesta anglo-olandase (controllata per il 40% dagli
inglesi), la settima inglese. Secondo le parole di Loftus queste società,
attraverso vari intrecci azionari:
“guidano operazioni congiunte in molti parti del mondo. Per esempio quattro di
loro controllano oltre il 70 % delle azioni dell’Iraq Petroleum Company, che a sua
11
volta controlla tutto il petrolio in Iraq, del Quasar; della Costa dei Pirati e di altre
zone meno importanti di quello che fu l’impero ottomano”.
14
Nel linguaggio corrente vengono chiamate come “the Cartel”,
“International Majors”, “Oil Majors”, “The Majors”, “Seven Majors”, “
Big Majors”, o “The Seven” ma dagli anni cinquanta, secondo la
denominazione di Mattei, saranno nominate come le “Sette Sorelle” o
“Seven Sister”. Negli anni cinquanta le “sette sorelle”:
“controllavano oltre il 90 % delle riserve petrolifere al di fuori degli Stati Uniti,
del Messico e dell’economie a pianificazione centralizzata; contavano per almeno
il 90% della produzione petrolifera mondiale (definita sopra); possedeva almeno il
75% della capacità di raffinazione mondiale; e fornivano circa il 90 % del petrolio
trattato sui mercati internazionali”.
15
Le “sette sorelle”:
“erano pertanto nella condizione di esercitare un controllo informale
sull’economia petrolifera mondiale, facendo incontrare le risorse con la domanda
e mantenendo i prezzi a livelli remunerativi ma non irragionevoli. Dietro questo
sistema privato di controllo, si ergeva il potere del governo degli Stati Uniti”.
16
14
Pro, Londo, Oil, pp.206, 205,. in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti Editrice, 1995,
p. 42.
15
Painter, 1986, p. 206, in op. cit., p. 82.
16
Painter, 1986, p.206, in op. cit., p. 83.
12
Le linee generali di questa composizione furono dettate, in una conferenza
intitolata “An Oil Policy for the United States”, tenuta, a Chicago nel 1944
al Council on Foreing Relations, da Harold L. Ickes, segretario degli interni
e capo della Petroleum Administrationfor war (Paw) del governo
americano. Dichiarò che “gli Stati Uniti possiedono circa il 40% delle
riserve petrolifere mondiali conosciute”, ma “vogliono” assicurarsi “i più
ampi rifornimenti possibili” e “ per quanto più a lungo possibile”. Nella
relazione, Ickes, delineava le migliori condizioni per lo sfruttamento delle
risorse petrolifere, fra le quali l’assenza degli stati e libera concorrenza
negli affari petroliferi. Non nascondeva, inoltre, le influenze che le società
petrolifere avevano sui governi americani condizionandone la loro politica
e i loro interessi su alcune questioni. Ciò è riconoscibile nel momento in
cui il Presidente Roosvelt, nel 1943, si era interessato alla realizzazione di
un organismo che, per coordinare gli “ interessi dei vari dipartimenti e
agenzie” interessati “nel petrolio all’estero”, fu affidato a Ickes.
17
Il ruolo
che svolgeva questo organismo politico consisteva nel consigliare
l’adozione d’interventi, in difesa dell’iniziativa privata in materia
petrolifera, alla diplomazia americana. Spruille Braden, assistente del
segretario di Stato, in un suo intervento, nel 1946, sul “Department Of State
Bulletin” affermava “che l’iniziativa privata costituisce il mezzo migliore,
e nella maggior parte dei casi l’unico mezzo realmente efficace” per lo
sviluppo.
18
Loftus, in un discorso, del 30 luglio nel 1946, all’università di
Pittsburg, dal titolo “Oil in the United States Foreing Policy”, vedeva
17
Ibid, Ickes, pp. 5,6,10,7, in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti Editrice, 1995, p. 43.
18
<<Department of State Bulletn>>, 22 settembre 1946, in op. cit., p. 44.
13
nell’America un potenziale nazionale petrolifero possibile, proiettato verso
il futuro, solo se fossero stati capaci di divenire “importatori di petrolio”
con società petrolifere capaci di “svilupparsi all’estero”. Proseguiva
nell’enunciare alcune condizioni essenziali per una politica petrolifera
americana efficiente e capace di tenere in considerazione non solo la
promozione dello sviluppo, ma anche l’“ubicazione strategica in tempo di
guerra”. Inoltre affermava <<noi>> dobbiamo:
“ incoraggiare e facilitare, con criterio, la partecipazione del capitale e delle
imprese americani nello sviluppo di tali fonti d’approvvigionamento, non
semplicemente per il più facile accesso che tale partecipazione può garantirci, ma
anche perché è risaputo che il personale specializzato tecnico e manageriale
dell’industria petrolifera americana ha una superiore competenza nell’assicurare il
pronto ed efficiente sviluppo delle risorse in ogni luogo”.
In conclusione Loftus annuncia che:
“il Dipartimento di Stato sta attualmente prestando aiuto e guida nel concepire
nuovi modelli di cooperazione fra le società petrolifere americane e i paesi
stranieri”.
19
Tale argomento lo ritroveremo nelle posizioni americane contro
l’assegnazione all’Agip delle ricerche petrolifere in Val Padana. Le carte
relative al discorso di Loftus sono state trovate in Inghilterra. L’Office
19
Pro, London, Oil, pp.204, 205, 207, in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti Editrice, 1995,
p. 45.
14
Foreing, era indispettito dalle pretese americane e dalla sua politica
“combattiva” per il fatto che, gli stessi britannici, avevano forti interessi a
riguardo ma venivano affrontati in maniera differente. La libera iniziativa
non veniva ben vista da uno stato che possedeva un’industria petrolifera
Nazionalizzata già dal 1914. Le preoccupazioni per l’ambasciata inglese a
Washington erano giustificate in quanto gli Stati Uniti dovevano
“assicurarsi il controllo su tutte le fonti di riferimento dell’emisfero
occidentale”. Anche se in America “le idee del Dipartimento (di Stato)
sono più tosto confuse”,
20
cosi concludeva la comunicazione del Foreing
Office, chiari erano gli obbiettivi che si volevano raggiungere in Italia per
ostacolare lo sviluppo dell’industria petrolifera di stato e le ricerche
dell’Agip.
Tale azione ebbe due importanti sostenitori: l’industria privata italiana con
la Montecatini e l’Edison, e la stampa americana con un elevato interesse
da parte del New York Time. Il 19 giugno del 1949, con una
corrispondenza da New York, di Leo J. Wollemborg sul “Tempo di
Milano”, si apre la campagna giornalistica contro la politica petrolifera
nazionale italiana. Vi erano “ severi commenti” tanto che:
“Secondo il parere di funzionari dell’Eca, che è direttamente interessata agli
sviluppi economici nei paesi dell’Erp, gli Stati Uniti vedrebbero con favore la
possibilità di diminuire l’esportazioni di petrolio verso l’Italia, ma essi sono
20
Ibid, British Embassy, Washington to FO, 7 agosto 1946, in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma,
Gamberetti Editrice, 1995, p. 45.
15
contrari a qualsiasi politica monopolistica. E si ricorda che ad adottarla violerebbe
i principi ispiratori degli accordi economici tra Italia e Stati Uniti”.
21
Attraverso una lettera scritta alcuni giorni prima, da T. Orchard Lisle,
direttore di “The Oil Forum”, rivista di petrolieri americani, apparsa su
“New York Times” il 16 giugno del 1949, al Presidente del Consiglio, si
parlava di un “esistente pericolo in Italia” a causa dei dibattiti in fase di
svolgimento in parlamento che riguardavano la legislazione petrolifera ove
vi era la possibilità di concedere all’Agip l’esclusiva delle ricerche in Val
Padana. Tale “virtuale nazionalizzazione” avrebbe comportato, secondo
Lisle, un “ostacolo molto serio” a “ulteriori aiuti dell’Eca in campo
petrolifero”. Le minacce di quella lettera diverranno realtà in quanto l’Agip
non riuscirà ad avere alcun finanziamento dal European Recovery Program
(Erp) per l’acquisto delle proprie attrezzature.
22
L’assenza di finanziamenti
per la ricostruzione ci fu nonostante la Standard N.J. aveva notevoli
interessi in Italia attraverso il controllo della Società Petrolifera Italiana
(SPI) di Fornivo, fondata nel 1905. Importante notare che Lisle affermava
di “non essere ispirato da alcuna società petrolifera” anche se agiva per
conto dei petrolieri.
21
Il tempo di Milano, 19 giugno 1949, in Perrone N., Obbiettivo Mattei, Roma, Gamberetti Editrice,
1995, p. 46.
22
Rossi, 1955, p. 473; Colitti, 1979, p. 121, ibid, p. 46.