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variegato, ed in alcuni aspetti confuso, relativamente all’esatta individuazione
delle diverse fattispecie riconducibili al contratto di locazione finanziaria.
Il capitolo primo si prefigge, dunque, lo scopo di analizzare le più
importanti forme in cui si può manifestare il leasing, trattandone non soltanto gli
aspetti civilistici, ma anche le problematiche di natura fiscale e contabile.
Esso inizia con una breve dissertazione sui contratti tipici ed atipici,
specificando come il leasing sia collocabile nei secondi. In seguito si analizza
brevemente il leasing operativo, il quale non ha causa finanziaria ed è quindi
riconducibile all’interno dello schema codicistico del contratto di locazione.
Viene fatto un accenno al sale and lease back, che è, invece, una particolare
tipologia di leasing con una chiarissima finalità finanziaria in quanto si mobilizza
un investimento cedendone la proprietà ma non perdendone l’uso (il possesso).
Per il lease back si affronta brevemente il problema legato alla sua liceità in
quanto secondo parte della dottrina violerebbe il divieto di patto commissorio di
cui all’ articolo 2744 del codice civile.
Sfruttando il collegamento reso possibile proprio dal citato articolo del
codice, si affronta il contratto di leasing addossé il quale, seppur perfettamente
lecito in Francia, non può essere accettato nel nostro ordinamento proprio perché
violerebbe il già citato divieto di patto commissorio. Anche per tale fattispecie
vengono comunque messi in evidenza i vantaggi e i punti di debolezza.
L’analisi delle varie tipologie di leasing finanziario prosegue poi con un
breve paragrafo riguardante il leasing internazionale, il quale, in un mondo sempre
più globalizzato come quello odierno, ha una importanza strategica da non
sottovalutare.
Il capitolo primo prosegue cercando di contestualizzare il leasing
finanziario all’interno dei contratti tipizzati dal codice civile.
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Si ha dunque un paragrafo nel quale si esplicitano i punti di divergenza tra
la locazione finanziaria ed alcuni contratti ad esso affini, quali il mutuo, la
locazione e la vendita con patto di riservato dominio. Nel paragrafo nono del
primo capitolo si pone l’attenzione sull’orientamento della Cassazione in tema di
leasing e si illustra la ratio della suddivisione operata dalla Suprema Corte tra
leasing traslativo e di puro godimento.
Terminata l’analisi delle problematiche civilistiche delle operazioni di
leasing, si passa ad approfondire gli aspetti più prettamente contabili dell’istituto.
Vengono descritti i due differenti metodi di rilevazione contabile delle operazioni
di leasing, ovverosia il metodo patrimoniale e quello finanziario.
Notevole rilevanza viene data al principio contabile IAS 17 che sancisce
che le operazioni di leasing finanziario devono essere contabilizzate usando il
metodo finanziario. Cosa questa che, però, ancora non avviene in Italia in quanto
il codice civile, nonostante la novella del 2003, prevede ancora la rilevazione con
il metodo patrimoniale. La disciplina italiana si presenta invece conforme a quella
degli IAS (International Accounting Standard) per ciò che riguarda la rilevazione
del leasing operativo in quanto ambedue prevedono l’uso del metodo
patrimoniale.
In chiusura della parte introduttiva vengono esaminati i profili fiscali del
leasing finanziario, in particolare per ciò che concerne la deducibilità dei canoni
per il soggetto utilizzatore, tanto nel caso in cui esso sia un professionista, quanto
nel caso che sia un’impresa. Vengono inoltre fatte brevi considerazioni sulla
disciplina IRAP ed IVA applicabile all’istituto.
Gli ultimi paragrafi del capitolo introduttivo sono dedicati a considerazioni
di natura strategica circa i vantaggi, di natura fiscale e di natura extra-fiscale,
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ottenibili a seguito della stipula di un leasing finanziario anziché di un normale
contratto di compravendita.
2. IL LEASING AZIONARIO
Il capitolo secondo è direttamente focalizzato sul leasing azionario. Esso è
un contratto mediante il quale una società di leasing acquista azioni di una
impresa ed in seguito concede tali azioni in godimento all’utilizzatore dietro la
corresponsione di canoni periodici. Nel caso in cui la locataria dovesse essere
anche la società che ha precedentemente venduto le azioni, si configura un lease
back azionario, ossia una particolare fattispecie del contratto in esame nella quale
manca la triangolazione in quanto il conduttore e la società bersaglio si
identificano nella medesima persona.
Nel capitolo secondo viene analizzata la funzione economica del leasing
azionario e vengono esplicitate alcune finalità perseguibili attraverso l’utilizzo di
tale strumento. Tra queste possiamo ricordare: aumento del capitale sociale delle
imprese in vista di uno sviluppo delle attività e di una successiva quotazione nei
mercati regolamentati (senza un corrispondente ampliamento dell’azionariato);
ricapitalizzazione delle imprese in previsione di Basilea 2 riducendo
l’indebitamento; acquisto di partecipazioni di maggioranza (o totalitarie) in S.p.A.
non quotate in borsa, con la possibilità di spalmare, nel tempo, l’esborso relativo;
acquisto di azioni proprie, etc.
Vengono poi analizzati i vantaggi di tale istituto tra i quali ad esempio la
possibilità di effettuare un aumento di capitale senza dover apportare capitali e,
allo stesso tempo, conservare gli equilibri preesistenti in seno alla compagine
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azionaria. Si accenna, inoltre, alla presunta possibilità di dedurre fiscalmente dal
reddito imponibile i canoni pagati dalla locatrice alla società di leasing.
Il terzo paragrafo è dedicato al dibattito sulla liceità del contratto in esame.
Sebbene vi siano stati pareri assai discordanti in materia, oggigiorno è pacifico
affermare la piena legittimità del leasing azionario, anche alla luce del progetto di
legge C.7036 del 2000, nonché della Risoluzione Ministeriale 69/E del 10 maggio
2004.
Vengono inoltre affrontate le problematiche inerenti l’esercizio dei diritti
relativi alle azioni in locazione finanziaria; si analizza la possibile disciplina
riguardante i diritti amministrativi e patrimoniali, il diritto di prelazione, il diritto
di opzione ed infine gli aumenti gratuiti di capitale sociale.
Nel paragrafo successivo si descrive quelle che dovrebbero essere le
pattuizioni presenti in un possibile contratto di leasing azionario, facendo
riferimento a quelli che sono i diritti esercitabili sia dalla società di leasing quanto
dalla locataria.
L’analisi civilistica dell’istituto prosegue attraverso lo studio delle affinità
dello stesso con altre tipologie di contratto (di natura tipica) quali l’usufrutto, il
pegno e la fiducia romanistica.
Il capitolo si chiude con alcune considerazioni circa uno degli elementi più
problematici del contratto di leasing azionario, ovverosia la funzione di garanzia
che dovrebbero svolgere le azioni locate. Tale garanzia, chiaramente sui generis,
sarebbe fittizia, a parere di parte della dottrina, in quanto andrebbe a rilevarsi
inconsistente proprio nel momento in cui dovrebbe esplicare la sua efficacia, cioè
quando la società presenti problemi di natura economico-finanziaria. Si
esplicitano quindi le due tesi contrapposte che affermano l’una la forza e l’altra la
debolezza di tale forma di garanzia.
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3. LE DIFFERENTI TIPOLOGIE DI LEASING
AZIONARIO
Nel capitolo terzo si è proceduto all’analisi di quattro diverse tipologie in
cui può manifestarsi il leasing azionario. La classificazione è stata fatta in
funzione delle finalità che intendono perseguire e non in base alla struttura
dell’operazione. Infatti, in base alla struttura, possiamo distinguere principalmente
due differenti fattispecie, ossia il leasing azionario propriamente detto ed il lease
back azionario, a seconda che vi sia o no trilateralità nell’operazione.
Il capitolo si apre con la descrizione del primo modello di leasing azionario
sviluppato negli anni ’70 in Francia dal Groupment Francais d’Enterprices e
caduto in oblio nel giro di poco tempo. Tale modello si prefiggeva come scopo
l’aumento dimensionale delle piccole e medie imprese e la creazione di un loro
mercato dei capitali.
Strutturalmente si presentava come un lease back azionario nel quale il
ruolo di concedente era svolto non già da una società di leasing, bensì da un fondo
comune di investimento. Si analizzano, dunque, le condizioni necessarie allo
sviluppo, le caratteristiche, nonché i limiti dell’operazione.
Garantire il passaggio generazionale è una seconda finalità perseguibile
attraverso l’istituto in esame. Tale ruolo potrebbe essere di notevole importanza
oggigiorno in Italia in quanto gli imprenditori protagonisti del miracolo italiano
degli anni ’60 sono prossimi a lasciare il timone dell’azienda da loro creata e
spesso i loro eredi non hanno le stesse elevate capacità manageriali. Si configura,
dunque, un problema rilevante che in alcuni casi può portare alla chiusura
dell’azienda, ovvero alla vendita della stessa soprattutto ai colossi multinazionali
(valga per tutti l’esempio dell’Esselunga). Attraverso il leasing azionario l’azienda
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può, invece, essere acquisita anche da dipendenti, i quali, pur avendo forti doti
manageriali possono non avere le disponibilità finanziare per sostenere un
acquisto diretto del pacchetto azionario di maggioranza.
Collegabile a tale funzione è la terza tipologia di leasing azionario
analizzata. Tale strumento può infatti anche essere usato per finanziare operazioni
di take over, ponendosi in tale fattispecie come alternativo ad altri strumenti quali
il leverage buy out. Vengono analizzati i vantaggi ed i punti critici
dell’operazione ed inoltre viene aperta una piccola parentesi sulla disciplina del
LBO.
La quarta ed ultima tipologia descritta è il lease back azionario, il quale può
avere vari scopi, tra i quali indubbiamente il più meritevole di tutela è quello che
cerca di assicurare una crescita dimensionale alle PMI.
Prima della discussione della fattispecie in esame è sembrato opportuno
ricordare brevemente quella che è oggi la disciplina delle azioni proprie secondo il
codice civile, tenendo conto anche della novella del 2003 che ha parzialmente
modificato, tra le altre, anche tale disciplina.
Dopo questo breve excursus si procede con l’analisi del progetto di legge
C.7036 del 2000 che aveva come scopo l’allargamento dell’azionariato, la
capitalizazione e la successiva quotazione delle PMI per mezzo del lease back
azionario. Anche tale progetto non conobbe fortuna in quanto mai approvato.
Si procede, quindi, con l’analisi sistematica del progetto di legge in esame e
delle relativa relazione accompagnatoria, sottolineando, attraverso una lettura
critica, tanto i punti di forza quanto i numerosi punti di debolezza. Ad ulteriore
integrazione e comprensione dell’istituto è riportato anche il resoconto della VI
Commissione permanente (Finanze) in sede referente, nonché il testo del progetto
stesso.
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4. PROFILI FISCALI DEL LEASING AZIONARIO
Il capitolo quarto si occupa direttamente di tutte le varie problematiche di
natura fiscale connesse all’istituto, la cui numerosità è causa della mancanza di
norme in materia che possano fare un minimo di chiarezza.
Il primo problema analizzato è quello riguardante l’imputazione dei
dividendi delle azioni locate. Si è cercato di dare risposta alla questione facendo
riferimento diretto a quelli che sono i principi generali del diritto tributario, quali
l’articolo 53 della Costituzione e l’articolo 1 del TUIR.
Il paragrafo successivo si occupa, invece, del tema di maggior rilevanza ai
fini della convenienza dell’istituto. Vi si analizza, infatti, la vexata qaestio
riguardante l’ammortizzabilità o meno delle partecipazioni, dalla quale dipende la
deducibilità dei canoni pagati dalla locataria. Nel paragrafo in esame si illustra
tanto la tesi della dottrina tradizionale, che nega in toto la possibilità di procedere
ad ammortamento di titoli azionari (e di conseguenza nega anche la possibilità di
dedurre interamente il canone di locazione finanziaria), quanto la tesi di altra
dottrina che sostiene come, in particolari casi, sia ravvisabile la strumentalità delle
partecipazioni e quindi la loro ammortizzabilità, come qualsiasi bene strumentale.
A ciò, ovviamente è connessa la possibilità di deduzione integrale del canone.
Tale fattispecie speciale è individuata nelle cosiddette captive company le
quali sono imprese che vivono per “alimentare” la controllata e dunque i prodotti
da esse forniti sono null’altro che beni strumentali, della quale la controllante di
serve per perseguire il suo fine statutario. Si fa poi un breve riferimento alle
holding per le quali non valgono le considerazioni appena fatte, in quanto il fine
statutario di una holding è la gestione delle partecipazioni e non la produzione di
beni o servizi. La gestione della partecipazione non si rivela, quindi, strumentale
al raggiungimento del fine statutario, bensì fine stesso.
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L’elaborato prosegue nell’analisi degli aspetti fiscali andando a leggere
criticamente la Risoluzione Ministeriale 69/E, emanata il 10 maggio 2004 in
seguito ad un interpello ordinario. L’istante chiedeva il parere
dell’Amministrazione Finanziaria sulla deducibilità, tanto ai fini IRES quanto ai
fini IRAP, dei canoni di locazione finanziaria corrisposti, alla società di leasing, in
virtù di un contratto di leasing avente ad oggetto azioni di una società controllata.
La R.M. afferma che i canoni di locazione finanziaria derivanti da un
contratto di leasing azionario non sono interamente deducibili, in quanto è
deducibile solo la quota interessi di ciascun canone corrisposto ed inoltre è
deducibile solo ai fini IRES. L’Agenzia delle Entrate fonda la sua risposta sul
principio secondo il quale deve essere garantita la neutralità fiscale alle scelte
imprenditoriali in merito all’acquisto diretto, ovvero in leasing, di beni. La
Risoluzione presenta, però, notevoli elementi di criticità adeguatamente
sottolineati. La stessa peraltro ha valore vincolante solo per l’Amministrazione
Finanziaria ed esclusivamente nel caso di specie.
L’analisi dei profili fiscali del leasing azionario prosegue con l’analisi di
una Circolare Ministeriale (la numero 10/E del 16 marzo 2005), nella quale si
affronta il problema del leasing azionario nella disciplina della partecipation
exemption.
Viene in seguito fatto un brevissimo accenno alla disciplina IVA applicabile
all’istituto in esame.
Il capitolo si chiude con lo studio del leasing azionario alla luce delle norme
antielusive. Secondo parte della dottrina, infatti, il leasing azionario avrebbe una
intrinseca finalità elusiva, riconducibile alla possibilità di dedurre fiscalmente i
canoni di locazione finanziaria di azioni, mentre non è possibile dedurre il costo di
acquisto diretto di una partecipazione.
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Si analizza, dunque, criticamente la problematica giungendo alla
conclusione che il leasing azionario, sic et sempliciter, non ha di per sé una
finalità elusiva, poiché attraverso esso sono perseguibili obiettivi aventi una chiara
valenza economica (dunque non può dirsi elusivo secondo quanto disposto
dall’articolo 37 bis del D.p.R. 600 del 1973).
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5. PROFILI CONTABILI DEL LEASING AZIONARIO
Nel capitolo quinto sono stati analizzati gli aspetti contabili dell’operazione,
focalizzando l’attenzione tanto sulla disciplina per l’utilizzatore, quanto su quella
per il concedente.
Si è cercato di superare la difficoltà derivante dalla carenza di fonti dalle
quali attingere informazioni specifiche, procedendo con un metodo indiretto,
andando cioè ad analizzare un parere della Banca d’Italia sulla contabilizzazione
dell’operazione da parte del soggetto concedente.
In seguito si è illustrato un possibile modello di rilevazione contabile da
parte del soggetto utilizzatore, sostenendo la necessità di iscrivere le azioni in
locazione finanziaria secondo il metodo finanziario.
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6. CONSIDERAZIONI FINALI
La tesi si chiude con il capitolo sesto il quale è dedicato ad alcune
considerazioni finali sull’istituto, nelle quali si fa presente che, seppure ancora
pressoché sconosciuto nella prassi commerciale, il leasing azionario potrebbe
godere di notevole fortuna negli anni a venire, proprio grazie alle sue
caratteristiche peculiari che lo rendono, per molteplici aspetti, fortemente
vantaggioso. A patto, però, che esso non venga utilizzato da una ristretta cerchia
di finanzieri d’assalto, interessati esclusivamente al profitto di breve periodo, per
finalità esclusivamente speculative.
Il leasing azionario potrebbe rivelarsi molto utile ad una realtà
imprenditoriale come quella italiana caratterizzata dalla presenza di
numerosissime imprese di dimensioni medio-piccole, che necessitano di capitale
per crescere e rimanere competitive effettuando investimenti ingenti soprattutto in
ricerca e sviluppo.
Si sottolinea, infine, come per rendere possibile lo sviluppo dell’istituto sia
necessaria una evoluzione del mercato finanziario italiano.