8
asili, scuole, chiese, impianti sportivi, centri di ricreazione e mi preoccupavo della
qualità della vita degli abitanti e dell’ambiente che li circonda, mettendo a dimora alberi
a centinaia, i vecchi costruttori erano sicuri che non avrei fatto molta strada, perché
secondo loro non capivo che così non si guadagnava, che non si dovevano viziare gli
acquirenti. Quando entrai nella televisione tutti si misero a dire che non avrei retto alla
concorrenza della Mondadori, della Rizzoli, della Rusconi. Quando sono entrato nel
calcio mi successe la stessa cosa. Dicevano che il calcio è un mondo difficile, che sono
in tanti a partire, ma alla fine vince una squadra sola. Uno che non ha esperienza, per
vincere deve aspettare almeno dieci anni. In tutti e tre i casi non è andata come i vecchi
del mestiere avevano pronosticato. Al contrario, entrando in settori legati a vecchie
consuetudini, chi sa innovare, chi sa domandarsi perché si deve fare sempre nello stesso
modo, può inventare nuove soluzioni e conseguire grandi risultati”.
2
Il presente lavoro, nella prima parte, vuole essere un contributo alla conoscenza delle
intuizioni imprenditoriali, delle idee e delle decisioni di cui è punteggiata la storia del
Gruppo Fininvest. Passo dopo passo, si ricostruisce lo straordinario cammino di
apprendimento imprenditoriale compiuto da Silvio Berlusconi nel settore immobiliare,
prima, e nel settore televisivo, poi. Un cammino di apprendimento culminato, nel
settore immobiliare, con la realizzazione delle unità urbane integrate di Milano 2 e
Milano 3 e, nel settore televisivo, con la rottura del monopolio pubblico e la conquista
della leadership del mercato pubblicitario.
Edilizia e televisione sono settori completamente differenti che, almeno in apparenza,
poco o nulla hanno in comune. Ciononostante, alla base dei successi conseguiti nell’una
e nell’altra attività si riscontra l’esistenza di capacità, valori e atteggiamenti
imprenditoriali molto simili. Questo può significare due cose che non si escludono a
vicenda: da un lato, che le diverse iniziative imprenditoriali di un imprenditore multiplo,
2
Ibidem.
9
quale certamente è Silvio Berlusconi, sono collegate da un motivo conduttore,
rappresentato dai tratti della personalità e dalle sue idee e convincimenti di fondo circa
il modo di essere imprenditore e di fare impresa; dall’altro, che l’esperienza e le
competenze imprenditoriali e manageriali accumulate nel settore immobiliare erano in
qualche significativa misura trasferibili nel nuovo campo di attività.
Un elemento importante per il successo duraturo di un’azienda di grandi dimensioni –
accanto alla gestione degli equilibri economico-finanziari e degli equilibri tra funzioni
aziendali – è la gestione di relazioni equilibrate con il mondo politico. I rapporti tra
Fininvest e potere politico non sono al centro dell’attenzione di questo lavoro. Si
lasciano solo intravedere le burrasche attraversate dal Gruppo prima e dopo l’ingresso di
Silvio Berlusconi sulla scena politica del Paese. Negli ultimi anni il Gruppo è stato al
centro delle polemiche del mondo politico, costantemente nel mirino dei media e
oggetto di numerose inchieste giudiziarie. A questo riguardo, la decisione di aprire il
capitale di Mediaset a primari istituti di credito e la successiva quotazione sul mercato
borsistico hanno rappresentato un positivo punto di svolta. Con queste scelte, infatti, le
attività maggiormente esposte alle congiunture politiche venivano enucleate dal resto
del Gruppo e messe nelle condizioni di gestire autonomamente le loro relazioni con il
governo e il mondo politico nell’interesse di un azionariato che vede una significativa
presenza di investitori istituzionali e del risparmio privato.
La seconda parte di questo lavoro è dedicata all’analisi dei bilanci del Gruppo Mediaset
1998-2003. La holding ha conseguito risultati ampiamente positivi. Nonostante il
verificarsi di lunghi periodi di stagnazione economica a livello nazionale e
internazionale, come nel biennio 2001-2002, il Gruppo Mediaset ha mantenuto elevati
livelli di redditività in decisa controtendenza rispetto al principale concorrente nostrano
e ai principali gruppi televisivi europei, rendendosi altresì protagonista di importanti
operazioni sul mercato italiano ed estero.
10
Prima di concludere è giusto ricordare che questo lavoro non si sarebbe potuto svolgere
senza la collaborazione dell’ufficio stampa Mediaset, nella persona della dottoressa
Alessandra Ferrario, del Prof. Federico Pirro e di tutti gli amici che hanno fornito un
contributo importante nella ricerca e nella riproduzione del materiale: i dottori
Alessandro Porcelluzzi e Rosario Terrone, l’ingegnere Debora Sabatini e i colleghi
Gianpaolo Riglietti ed Enzo Ruffo.
11
Parte prima
12
Capitolo primo
Un imprenditore originale
1.1. Silvio Berlusconi, l’infanzia e gli studi
Milano, autunno del 1936. A nord, la città finiva in un quartiere “di ringhiera”,
chiamato per la sua separatezza, Isola Garibaldi. In un modesto caseggiato color ocra al
numero 34 di via Volturno, il 29 settembre nasceva Silvio Berlusconi. Il padre, Luigi,
ventotto anni, era impiegato presso la Banca Rasini, una minuscola “boutique” del
credito ristretta a una sola sede, il numero 5 di piazza Mercanti, e a un solo sportello; la
madre, Rosella Bossi, venticinque anni, faticava in casa ed era impiegata alla Pirelli.
L’infanzia di Silvio fu segnata dalla guerra, una tragedia immane che, come i suoi
coetanei, non potrà mai dimenticare. E i ricordi di quel periodo lo commuovono ancora
oggi: “Sono nato nel 1936 e avevo dunque 6 anni quando la guerra entrò
disastrosamente nella nostra vita quotidiana. Poi arrivò il 1943, la grande crisi, la caduta
del fascismo, l’8 settembre, i tedeschi, la paura, i bombardamenti. Mio padre era
militare al momento della disfatta. I tedeschi avevano iniziato la caccia al soldato
italiano e lui si fece convincere da alcuni suoi amici a riparare con loro in Svizzera.
Fece la scelta giusta. Salvò la sua vita e il futuro di tutti noi.
Mia madre, a quel punto, si trovò con due figli piccoli e il peso di due anziani: suo
padre e la mamma di mio padre, che manteneva con il proprio lavoro di segretaria alla
Pirelli di Milano”.
1
Iniziò una lunga e dolorosa attesa che durò sino alla primavera del
1945. Sino al giorno del ritorno di papà Luigi: “Finita la guerra, andavo ogni giorno ad
aspettare il trenino che veniva da Como. Lì arrivavano i rifugiati che tornavano dalla
1
www.forzaitalia.it/silvioberlusconi/01_carattere.htm
13
Svizzera. Tornavano in tanti, ma non mio padre. Poi un giorno arrivò. Lo riconobbi da
lontano, ebbi un tonfo al cuore, mi scattarono le gambe e con una corsa sfrenata
piombai tra le sue braccia. Quel momento mi è rimasto nella memoria come quello più
straziante e più felice della mia vita”.
2
Quando riabbracciò il padre, Silvio aveva nove
anni.
A Milano si camminava in un paesaggio di macerie. In un anno l’inflazione era salita
del 259 per cento. Cresceva per furti e rapine l’insicurezza. Ma c’era una forte volontà
di resurrezione, prevaleva l’ottimismo, e il risultato arrivò presto, nuovamente dalle
ciminiere usciva fumo, i cantieri tornarono ad essere attivi fino a notte. Luigi Berlusconi
era tornato all’impiego in banca, vi trovò un nipote del fondatore, Carlo Rasini.
Finite le elementari, Silvio frequentò la scuola media, il ginnasio e il liceo dai Salesiani
di via Copernico, “il Sant’Ambrogio”, un convitto di fine secolo dalle parti della
Stazione Centrale. Era una scuola impegnativa, dove si studiava sodo. Il giovane
Berlusconi fece i conti con i ferrei regolamenti salesiani: sveglia alle sette, colazione,
messa, lezioni, compiti, studio. Unica distrazione concessa dai genitori, un film il sabato
pomeriggio. Ma dove trovare i soldi? Silvio cercò una soluzione. L’ostacolo si poteva
aggirare. Diventò assistente dell’operatore del cinema vicino a casa. Gli scrutini lo
segnalavano fra i migliori. Dalla pagella di prima liceo: 7 in italiano, 7 in latino, 9 in
filosofia, 9 in matematica, 8 nelle restanti materie. Intraprendente, a volte cocciuto,
comunque carismatico: in classe e in oratorio era il capo. E dimostrava anche un preciso
senso pratico come ricorda un suo compagno, Giulio Colombo, oggi industriale
metalmeccanico: “Faceva i compiti in un baleno e poi aiutava i vicini di banco in
cambio di caramelle, oggettini e di preferenza 20 o 50 lire. Se il compito non prendeva
la sufficienza, restituiva il compenso. Insomma una specie di “soddisfatti o rimborsati”
2
Ibidem.
14
ante litteram”.
3
Ne completa il ritratto un professore, don Erminio Furlotti, quarant’anni
e più di insegnamento al liceo: “Era sicuro di sé, con propensione a mettersi in mostra.
Se c’era da presentare uno spettacolo del doposcuola, questo ruolo toccava a lui. E se la
cavava bene, esprimendosi con proprietà”.
4
Fra i coetanei aveva tanti amici, ma specialmente uno gli era caro, un mite ragazzo di un
anno più piccolo, vicino di casa nell’Isola Garibaldi, Fedele Confalonieri, di umili
origini, il nonno paterno panettiere in via Borsieri, il nonno materno Borghi elettricista
con bottega in piazza Minniti (un suo figlio – dunque fratello della madre di Fedele – , il
mitico Giuanìn Borghi, si farà strada sino a inventare e ingrandire una fabbrica di
elettrodomestici, l’Ignis). Nacque un sodalizio destinato a durare. Al momento, quel che
li univa era un interesse comune, la musica: Confalonieri pianista, Berlusconi
contrabbassista e cantante organizzarono un complesso musicale, “I quattro doctores”.
Per entrambi, un gradevole passatempo e insieme un’occasione di piccoli guadagni
saltuari.
Presa la maturità classica, si iscrisse alla Statale di Milano in Giurisprudenza. Silvio
comunicò a papà Luigi che gli studi dell’università voleva pagarseli da solo. Con
Confalonieri si esibiva nei ritrovi studenteschi, alle feste universitarie e private. Poi da
solo sulle navi da crociera Costa dimostrò notevoli doti da intrattenitore. Ma non solo:
venditore al vicinato di spazzole elettriche portatili, fotografo di matrimoni e di funerali.
Al terzo anno di università, l’impiego stabile nella “Immobiliare costruzioni”; il titolare
ne valorizzò l’abilità, gli affidò diversi incarichi, si fece aiutare nel disbrigo delle
pratiche. Per il giovane studente, fu l’apprendistato in un mestiere che in breve tempo
gli avrebbe dato ricchezza e potere.
E’ un leader naturale. Sapeva imporsi e farsi ben volere. Nella compagnia di amici era
sempre in primo piano: era lui a determinare il clima e a prendere l’iniziativa. Ha grande
3
Giovanni Ruggeri e Mario Guarino, Berlusconi. Inchiesta sul signor TV, Kaos edizioni, 1994, pp. 22-23.
4
Ibidem, p. 23.
15
considerazione dell’amicizia. Molti dei suoi compagni di scuola e amici della
giovinezza rimarranno al suo fianco in tutto lo sviluppo della sua attività
imprenditoriale.
A venticinque anni si laureò, con lode, discutendo una tesi sugli aspetti giuridici della
pubblicità. Qui forse affondano le radici di quelle conoscenze che saranno così
determinanti per lo sviluppo della realtà imprenditoriale da lui animata a partire dalla
seconda metà degli anni settanta. Con il suo lavoro vinse un premio di laurea del valore
di due milioni di lire, somma di rilievo per il 1961, offerta dalla Manzoni, una delle più
importanti concessionarie pubblicitarie dell’epoca.
Non appena conseguita la laurea, Berlusconi si dedicò alla sua prima iniziativa
imprenditoriale. Essa muoveva da un’idea semplice, che non si discostava dalle molte
operazioni dei tipici immobiliaristi di quegli anni, in cerca di rapidi profitti: si trattava di
acquistare un terreno per costruirvi alcuni edifici.
1.2. Il boom economico
Le radici della Fininvest affondano nell’humus del boom economico. In Italia era finita
l’epoca della ricostruzione e cominciava quella del miracolo economico. Milioni di
italiani cambiarono residenza, lavoro, livello di vita. Una vera e propria rivoluzione del
costume. Si viaggiava in automobile, era quasi triplicata la produzione di vetture. Il
frigorifero e la lavatrice non erano più privilegio di pochi. In trascinante sviluppo la
siderurgia, la chimica, la raffinazione del petrolio, la petrolchimica, l’industria delle
fibre artificiali. Davanti alle fabbriche, invece delle biciclette, estesi parcheggi di
motorette. Si cominciava a telefonare in teleselezione. Dilagava in Rai la TV dei quiz,
dei festival canori, dei teleromanzi. Si espandeva la scolarizzazione. Si vendevano più
libri, più dischi. Le autostrade accorciavano i percorsi. Cominciava a manifestarsi
16
l’abitudine del week-end e talvolta della seconda casa. Era un Paese agricolo-
industriale, dal 1958 crebbe impetuosamente a Paese industriale-agricolo. Rilevante
conseguenza, la netta diminuzione dei disoccupati: dal 10,3% della forza lavoro nel
1950 al 3%, sia pure al prezzo di una diaspora biblica, uno smottamento di masse dalle
montagne alle pianure, dall’interno alle coste, dal Sud al Nord. A Milano (il polo
avanzato del triangolo industriale) la popolazione, che nel 1951 già sfiorava 1,3 milioni
unità in città e 2,5 nell’hinterland, aumentò per effetto dell’ondata migratoria. Nel
comprensorio meneghino, costituito da oltre 100 comuni, tra il 1950 e il 1960 la
popolazione crebbe di 650.000 unità, corrispondenti a 260.000 nuove famiglie.
La pressione degli immigrati, come nei tradizionali modelli metropolitani, si scaricò
nelle periferie. La grande domanda di abitazioni indusse uno sviluppo frenetico
dell’attività edilizia. Ma mancava un modello per uscire dalla povertà e dal caos con una
prospettiva di lungo respiro. I pochi piani regolatori, pur ipotizzati e talvolta deliberati
non furono realizzati. Nulla pose argini alla crescita disordinata.
L’eccesso di domanda, che nel quinquennio ’57-’62 si fece più acuto nel Paese e
nell’area milanese in particolare, favorì l’ingresso di un folto numero di operatori nel
settore. Si assistette al proliferare di piccole imprese, costituite da capomastri e
costruttori improvvisati, che si avvalsero delle agevolazioni fiscali e del facile accesso
al credito (i tassi non superavano il 6%).
Quattro erano, all’epoca, i profili tipici dei protagonisti del settore edilizio-immobiliare.
Innanzitutto i proprietari di aree edificabili: essi vendevano i terreni ubicati nelle zone
della città interessate dai provvedimenti di pianificazione. Il loro obiettivo era quello di
monetizzare la rendita fondiaria.
Complementari ai proprietari di aree edificabili erano gli immobiliaristi di città, i quali
compravano i terreni disponibili e su di essi edificavano.
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Un terzo gruppo di attori era più intraprendente. Esso era costituito da operatori che,
non paghi dell’intervento nel contesto urbano, decidevano di uscire dalla città. Partivano
dal terreno vergine, accettando di misurarsi con numerosi problemi: assenza di
infrastrutture, reti di trasporto insufficienti, esistenza di una cultura abitativa ancora
refrattaria a simili insediamenti. Inoltre, questi progetti, che richiedevano sei-sette anni
per la loro realizzazione, dovevano attraversare almeno una di quelle congiunture
sfavorevoli che ciclicamente caratterizzano il settore. A compensare rischi e difficoltà
erano i risultati attesi, commisurati alla larga scala delle iniziative e tali da assicurare
visibilità all’impresa.
L’ultimo gruppo era formato dagli imprenditori edili, occasionalmente anche
immobiliaristi, che realizzavano le opere di costruzione.
1.3. La prima iniziativa: il condominio di via Alciati
Il neodottore Berlusconi aveva adocchiato un’area in via Alciati, verso la Baggina.
Costava centonovanta milioni, non ne aveva che dieci (i due del premio di laurea della
Manzoni, un po’ di spiccioli messi da parte e quel che potette dargli il padre, generoso
ma non ricco, il quale investì il denaro della sua liquidazione). L’eccessivo scarto tra il
prezzo e la disponibilità avrebbe dovuto indurlo a escludere una qualche praticabilità
concreta dell’intenzione iniziale. Ma non cedette. Carlo Rasini, il titolare della banca
presso la quale Luigi Berlusconi era diventato, col passare degli anni, procuratore
generale, accordò una fidejussione. Il terreno di via Alciati era di un cliente della banca
Rasini. Anche il socio, senza del quale l’operazione non avrebbe potuto certo decollare,
faceva parte della rete di relazioni di Rasini. Era Pietro Canali, un avveduto costruttore
edile. Silvio Berlusconi riuscì ad ottenere forti dilazioni per il pagamento del terreno e a
18
convincere Canali a effettuare l’acquisto in società con lui. Così nel 1961 venne
costituita la Cantieri Riuniti Milanesi (C.R.M.).
Ricorda Berlusconi: “Canali avrebbe voluto darmi una piccola partecipazione in questa
società. Io però avevo trovato il terreno adatto, ottenuto le dilazioni di pagamento,
curato la pratica per la licenza edilizia e conseguito la fidejussione. Mi sembrava giusto
avere di più. Così un giorno mi armai di coraggio e andai da lui per dirgli che sarebbe
stato più giusto fare 50 e 50. Canali mi guardò come se fossi matto e mi rispose che
anche lui doveva essere matto a mettersi in società alla pari con un ragazzino. Ma
aggiunse che, se riuscivo a essere così sfrontato, era probabile che ci sapessi davvero
fare. E accettò”.
5
La fidejussione accordata dalla Banca Rasini consentì l’acquisto del terreno: restava il
problema di finanziare la costruzione. Berlusconi riuscì a vendere gli appartamenti sulla
carta, cioè con l’ausilio del solo progetto: un anticipo alla firma del compromesso, il
resto nel corso dei lavori. Non era cosa eccezionale per il tempo; l’eccesso di domanda
di case permise a molti operatori di attuare questa politica.
Berlusconi si dimostrò abile venditore: accettò di apportare gratuitamente piccole
modifiche agli interni, cioè di personalizzare gli appartamenti, sollecitando in cambio
l’acquirente a reperire un altro cliente.
Mentre l’impresa Canali si occupava della costruzione degli immobili, Berlusconi
assunse l’attività commerciale. Ma non rinunciava a seguire da vicino l’andamento dei
lavori, ponendo spesso attenzione a dettagli che, per quanto minuti, potessero risultare
rilevanti nella percezione della clientela. Venderanno e completeranno gli edifici di via
Alciati in due anni, guadagnandoci qualcosa.
C’è una grande coincidenza tra le caratteristiche di Silvio Berlusconi fin qui descritte e i
tipici tratti dell’imprenditore. La forte tensione all’autorealizzazione, l’assunzione di un
5
Galeazzo Santini, Io ho fatto fortuna così, “Capital”, aprile 1981.
19
rischio calcolato, la tenacia di fronte agli ostacoli da superare. Inoltre, l’azione di
Berlusconi di fatto realizzava molte delle condizioni facilitanti il successo delle
iniziative imprenditoriali: l’attenzione a ridurre al minimo le spese di avviamento, la
capacità di valorizzare e di alimentare un’ampia rete di contatti, l’abilità di stringere
alleanze con coloro che possono a loro volta trarre giovamento dalla buona riuscita
dell’iniziativa, la capacità di ascoltare e mettersi in sintonia con le esigenze della
clientela.
1.4. Nasce l’Edilnord S.a.s.
Alla conclusione dell’operazione, nel 1963, la Cantieri Riuniti Milanesi fu posta in
liquidazione, come spesso avviene per le iniziative immobiliari. Già l’anno prima era
stata costituita una società, la Edilnord S.a.s. In questa iniziativa a Canali e Berlusconi
si unirono quattro soci: Rasini, Piccitto, il commercialista che curava le pratiche della
C.R.M., Enrico e Giovanni Botta, due costruttori milanesi. La nuova impresa, di cui
Berlusconi era socio accomandatario – colui che all’impresa dà tempo e cervello: si
incarica dei permessi, sceglie i progettisti, appalta i lavori, tratta con le burocrazie
comunali-politiche, con gli operai, con i clienti, oppure tira su i muri, distinguendosi dal
socio accomandante, il finanziatore – partì con un progetto ambizioso: la costruzione di
un centro residenziale alle porte di Milano per un totale di 1000 appartamenti con un
insediamento previsto di 4000 persone. A tal fine venne acquistato, sempre nel 1962, un
vasto appezzamento di terreno a Brugherio, tra l’Adda e il Lambro, a sud del canale
Villoresi, di proprietà di un’azienda produttrice di motoscafi, soggetta a procedura
fallimentare. Un’area caratterizzata da nebbia e fumi provenienti dalle industrie
chimiche, meccaniche, del legno e tessili presenti nella zona. Nulla di ridente. Proporsi
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di insediare qui una città di 4000 abitanti era a dir poco una follia. Si dovevano investire
una montagna di soldi, con il rischio di vederli bruciati.
Questo avvio di Brugherio palesa nuovi tratti caratteristici dell’imprenditore: la costante
tensione a realizzare opere al contempo innovative e belle; e, andando all’origine della
sua azione, una tenace volontà di crescere, di fare cose che lascino il segno.
Nel 1963 il progetto planivolumetrico fu presentato e approvato grazie a una
convenzione urbanistica con il comune di Brugherio.
Berlusconi era consapevole dell’importanza di circondarsi di uomini di valore e, per
garantirsi il loro contributo, accettò di sostenerne i costi necessari. Peraltro, con i
collaboratori tendeva a instaurare rapporti di amicizia: a mercenari preferiva compagni
d’avventura.
Nel ’64 cominciarono i lavori di costruzione del condominio della Fontana, 140
appartamenti circa. Si cercò di effettuare, come già era accaduto per via Alciati, la
vendita sulla carta, cioè prima del termine dei lavori. Inizialmente l’imprenditore
pervenne a discreti risultati. Ma presto emerse quanto fosse difficile far prendere in
considerazione ai potenziali clienti l’ipotesi di andare ad abitare in un quartiere
periferico. I problemi dell’inquinamento e del traffico caotico non pesavano a tal punto
da far rinunciare alla comodità del centro città. Inoltre Milano non aveva ancora una
tangenziale in grado di accelerare gli spostamenti di chi abitava nell’hinterland. Né il
naturale residente del centro era l’abitante di Brugherio o di altri paesi limitrofi: per gli
elevati standard qualitativi del progetto, il compratore-tipo era il milanese giovane e di
un certo status sociale.
In questo contesto già difficile, si manifestò una delle crisi cicliche del settore edilizio.
Dopo quasi due anni dall’inizio dei lavori, dei quattro edifici che costituivano il
condominio della Fontana risultava venduta solo una decina di appartamenti, oltre a un
intero stabile che Canali aveva acquistato ancora in fase di costruzione. La società
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attraversava un momento drammatico: Rasini era indispettito e sfiduciato: “qui manca
tutto: scuole, negozi, cinema. La gente non ci verrà”.
6
Primi segni di panico tra i soci,
assemblee tumultuose, non si volevano buttare via altri soldi. L’idea prevalente era
quella di chiudere: “ci teniamo le case costruite, cerchiamo di affittarle, e buonanotte!”.
Berlusconi chiese ed ottenne due mesi per trovare una soluzione. Il mercato delle
vendite ai privati era fermo; però resisteva il mercato delle vendite agli enti, e fu in
quella direzione che il giovane impresario, lui solo non arreso, volle provare a muoversi,
anche se le difficoltà non gli sfuggivano: “Non avevo conoscenze in politica, non
conoscevo nessuno nel mondo degli enti romani, l’unica conoscenza ad alto livello che
avevo era il presidente della Manzoni che mi aveva apprezzato per la migliore tesi di
laurea sulla pubblicità. Il commendator Michiara era presidente del Fondo per dirigenti
commerciali che aveva sede a Roma. Cercai di convincerlo, ma le difficoltà erano
moltissime in quanto fino a quel momento tutti gli investimenti del Fondo erano stati
effettuati nella capitale. Dopo molte difficoltà alla fine riuscii a convincere i consiglieri
del Fondo a venire in delegazione a Brugherio. Tutto venne preparato nei particolari con
un’accelerazione incredibile dei lavori di finitura. Arrivammo a piantare gli ultimi alberi
il giorno prima, gli appartamenti campione furono completati nelle ultime ore della
notte, lavorammo tutti freneticamente fino all’alba. E poi l’idea finale: facciamo vedere
che il mercato milanese è interessato all’iniziativa. Telefonammo a parenti e amici e li
convocammo per la mattina. Demmo loro sommarie istruzioni e li sparpagliammo in
piccoli gruppetti. Dovevano fingersi acquirenti, ignoti gli uni agli altri. Quando
arrivarono i signori di Roma, il più ostile si rivelò il vicepresidente del Fondo, il dottor
Franco Mancuso. Quell’incontro fu un fallimento, ma non mi arresi e mi misi alla
ricerca di questo Mancuso.
6
Ruggeri e Guarino, cit., p. 40.