2
ξ l’accentramento delle attività nei centri d’eccellenza a fronte dell’esigenza di
copertura di tutto il territorio, anche delle zone più disparate.
La sanità è quindi alla continua ricerca di un difficile equilibrio fra universalismo ed
equità, da una parte, ed efficacia, efficienza ed appropriatezza dei servizi dall’altra,
tenendo conto che l’indicatore di raggiungimento degli obiettivi resta comunque la
soddisfazione del malato piuttosto che il risultato di bilancio. L’introduzione
“dell’azienda nell’ospedale” ha rappresentato una soluzione che ha fatto discutere: come
conciliare logiche riconducibili alla ricerca del profitto con la lotta per la vittoria sulla
malattia? Ormai il processo di aziendalizzazione è definitivamente avviato, non è
possibile tornare indietro, ma è ancora opportuno cercare di ottimizzare le modalità
d’applicazione e di utilizzo degli strumenti di carattere aziendale.
Nella legge 502.1992, che sancisce la prima riorganizzazione del nostro sistema
sanitario, vengono definiti i LEA, cioè i livelli essenziali di assistenza che devono
essere sempre e comunque garantiti dal sistema alla popolazione. L’azienda sanitaria
rappresenta lo strumento operativo del servizio sanitario nazionale attraverso cui
vengono erogate le prestazioni che costituiscono la risposta sistematica alle esigenze dei
cittadini:riveste quindi una funzione di pubblica utilità e ha il compito di dare attuazione
alla programmazione nazionale e regionale per quanto concerne gli obiettivi di salute.
Molte sono state le novità introdotte da quella legge: dalla regionalizzazione
all’introduzione di principi di management e di elementi di competitività fra le strutture,
da un coinvolgimento più deciso della componente medica nella gestione economica dei
servizi all’attribuzione di autonomia alle singole aziende. Ma soprattutto è cambiato il
modo di vedere il paziente, considerato come un utente del sistema sanitario nazionale
interessato soprattutto alla qualità delle prestazioni che riceve piuttosto che alle
dinamiche di potere interne alla struttura a cui si rivolge.
Nel processo di cura non è coinvolto solo il paziente, ma anche i medici, gli infermieri e
gli operatori; tutti sono chiamati ad adeguarsi alle novità che il governo e le regioni
hanno introdotto nel sistema per riuscire a sfruttare appieno le potenzialità in esso
presenti, per valorizzare ciò che la ricerca e le nuove tecnologie hanno portato alla luce,
per perseguire il miglioramento continuo che nasce dall’accumulo di conoscenze e di
esperienze, e per fornire una risposta sempre più vicina, da un punto di vista sia clinico
che umano, alle aspettative di coloro che hanno bisogno di assistenza.
3
Dove c’è un processo
3
, è necessaria un’organizzazione dello stesso per raggiungere il
risultato nel miglior modo possibile. Nell’azienda sanitaria tutto ruota attorno ai
processi e in questo periodo, superando la tradizionale suddivisione in funzioni e
mansioni, si sta “ritornando alle origini”: l’introduzione del percorso di cura scaturisce
infatti proprio da un nuovo modo di intendere e gestire il lavoro del personale medico e
sanitario, che punta su un’organizzazione che pone al centro il paziente, attorno al quale
si sviluppa il flusso delle attività, con il coinvolgimento di strutture e ruoli organizzativi.
I profondi cambiamenti della sanità hanno comportato la nascita di un nuovo sistema di
professionalizzazione e di responsabilizzazione nel quale anche gli operatori sanitari
non medici, un tempo chiamati professionisti ausiliari, vengono ad assumere rinnovata
importanza. Per rendere possibile ciò, è stata necessaria una trasformazione
nell’organizzazione di queste professioni: nuove competenze, nuove qualifiche, nuovi
percorsi formativi. Una vera e propria rivoluzione, iniziata nel 1994 con l’abolizione dei
mansionari e conclusasi, per quanto riguarda l’ambito normativo, nel 2000, con
l’istituzione della dirigenza.
Questo lavoro nasce da un personale interesse per il settore, per le numerose peculiarità
che lo caratterizzano rispetto ad altri campi, nonché per le difficoltà di definizione dello
stesso: si tratta infatti di un ambito che racchiude in sé più determinanti, in primis il
sociale, l’economico, l’etico e il morale.
Essendo l’argomento sconfinato, vengono analizzati solo alcuni aspetti, che si diramano
lungo un preciso percorso: in particolare, il progetto ha origine dalla definizione delle
nuove figure professionali sanitarie e, seguendo un cammino a ritroso, si risale al
dipartimento, come modello strutturale per gestire efficacemente tali nuove figure, e
all’evoluzione organizzativa e tecnologica che ha contraddistinto l’azienda sanitaria nel
suo complesso. L’assetto dipartimentale viene quindi a rappresentare il collegamento fra
due riorganizzazioni che si sono verificate nel settore, quella generale, iniziata nel 1992
con il decreto legislativo 502, e quella specifica nel campo delle professioni sanitarie
non mediche.
Il primo capitolo si apre con un excursus sugli elementi fondamentali
dell’organizzazione (struttura, meccanismi operativi, stile di direzione) e sui rapporti
che fra gli stessi intercorrono e che conducono alla definizione di forme organizzative.
3
L’introduzione dell’organizzazione per processi segna il superamento della logica per funzioni e
rappresenta un momento decisivo per l’innovazione organizzativa. Un processo si compone di più
funzioni: tipico delle aziende sanitarie è ad esempio il processo di diagnosi, di definizione della terapia,
di ricovero e riabilitazione messo in atto dal medico nei confronti del paziente.
4
Vengono poi prese in considerazione le principale teorie organizzative, classica,
soggettivista, contingentista e successive evoluzioni, ed evidenziati gli aspetti
riconducibili all’azienda sanitaria
4
.
Facendo riferimento al modello di analisi proposto da Henry Mintzberg e restringendo il
campo all’azienda sanitaria, quest’ultima viene ricondotta alla configurazione
organizzativa della burocrazia professionale, in quanto costituita da attività stabili e
complesse allo stesso tempo, molto formalizzate e sottoposte a un potere gerarchico
forte. Il carattere di professionalità deriva dalla presenza di attività che richiedono
notevoli conoscenze da parte degli operatori e comporta che il meccanismo di
coordinamento principale sia la standardizzazione delle capacità, attraverso la
definizione di standard e la presenza di percorsi formativi e comuni. Permangono
comunque dei margini di discrezionalità all’interno dei quali il professionista può agire
come più ritiene opportuno.
Tale assetto organizzativo appare però caratterizzato da eccessiva rigidità, e come tale
inadeguato a fronteggiare la dinamicità e la forza dei cambiamenti nell’ambiente di
riferimento, e ciò ha comportato dei notevoli problemi di funzionamento: per risolverli e
per rendere possibile l’introduzione di significative innovazioni, è stato necessario
modificare profondamente le logiche interne al sistema, puntando verso una gestione
per processi e un’organizzazione orizzontale delle attività.
In tal modo gli assetti diventano più flessibili, aumentano le collaborazioni tra operatori
e dirigenti, si appiattiscono le strutture grazie anche all’inserimento di strumenti
d’integrazione quali team e gruppi di progetto e si introducono il knowledge
management (cioè il management fondato sulla conoscenza) e la learning organization,
in cui la struttura appare sempre pronta ad apprendere dai propri errori e ad interagire
con l’ambiente, in quanto fondata sulla comunicazione, sull’informazione e su una
cultura dell’adattamento e della partecipazione diffusa. La realizzazione di tali
cambiamenti richiede però un sostanziale rafforzamento dei sistemi informativi, che si
4
Ad esempio dalla scuola classica derivano la specializzazione spinta dei compiti, il perseguimento
dell’efficienza e la ricerca della massimizzazione del risultato, mentre rientrano nell’approccio
soggettivista la focalizzazione sul rapporto tra operatore e paziente e lo spirito di collaborazione che
caratterizza l’attività delle unità operative. È possibile invece attribuire alla scuola contingentista
l’adattamento ai vincoli e alle opportunità che il rapporto azienda sanitaria-ambiente presenta e la ricerca
dell’equilibrio tra processi tecnici e comportamenti sociali. Gli studi successivi hanno importanza
soprattutto in rapporto allo studio dei network che si stanno creando anche nel settore sanitario, mentre la
teoria dei costi di transazione può guidare le scelte di make or buy alla ricerca dell’ottimizzazione
nell’utilizzo delle risorse disponibili.
5
concretizza anche tramite l’introduzione nell’azienda sanitaria delle tecnologie
informatiche.
L’informatica diventa quindi strumento di supporto e di sviluppo e viene utilizzata a
tutti i livelli gestionali, dal nucleo operativo al vertice decisionale, con varie modalità.
Una delle funzioni che essa svolge è quella di massimizzare l’integrazione fra le attività
svolte, e in questo senso ha notevole importanza il sistema informativo integrato HRP
(Hospital Resource Planning), specifico per il settore sanitario, in grado di fornire una
visione globale di quanto avviene in azienda e di fornire ai manager informazioni
fondamentali per una gestione competitiva. L’azienda sanitaria trova ancora grandi
ostacoli nel seguire la velocità dei cambiamenti tecnologici, anche a causa di difficoltà
nel mercato delle applicazioni software per il settore, ma sta sicuramente compiendo
grandi sforzi nella direzione del progresso informatico.
Oltre all’integrazione, le tecnologie informatiche favoriscono l’adozione di strategie di
networking e hanno un forte impatto per quanto riguarda i flussi di comunicazione e
d’informazione sia interni che esterni, attraverso le reti intranet, extranet e internet. In
particolare, risulta molto cambiato il rapporto con il paziente, che si trova a poter
usufruire di servizi accessibili tramite computer e ad avere una cartella clinica
informatizzata, completa di tutti i dati rilevanti per il medico e aggiornabile in tempo
reale.
Il secondo capitolo, centrato sul dipartimento, si collega al primo in quanto va a studiare
quello che è stato scelto sin dal 1992 come modello organizzativo di carattere
macrostrutturale nell’azienda sanitaria per favorire la diffusione delle innovazioni
attraverso le competenze, le conoscenze e le idee, e il passaggio verso una logica per
processi e una gestione orizzontale delle attività. L’introduzione del dipartimento
comporta anche una modifica degli assetti di potere, con la creazione di un livello
intermedio, che va ad accentuare il decentramento delle responsabilità e di conseguenza
comporta l’empowerment di figure prima diversamente gestite attraverso anche un
differente utilizzo della delega.
Il dipartimento è lo strumento organizzativo adatto per una corretta gestione delle
competenze specifiche e delle responsabilità cliniche dei soggetti che operano
nell’azienda sanitaria e rappresenta una risposta alle difficoltà economiche, alle
pressioni competitive, alle evoluzioni della domanda e ai cambiamenti che si sono
verificati nell’ambiente di riferimento. Soddisfa inoltre le attuali esigenze di flessibilità,
complessità e specificità dell’azienda sanitaria, favorendo l’utilizzo di strutture
6
matriciali, in cui sono presenti più linee di responsabilità e che permettono la
valorizzazione dei diversi sistemi d’autorità senza danneggiare l’unitarietà del sistema.
Dopo un excursus storico-normativo sul dipartimento, in cui si parla brevemente anche
del rapporto tra lo stesso e l’Università per quanto riguarda le aziende ospedaliere
universitarie, ne vengono analizzate le funzioni e le tipologie applicate. Tale strumento
organizzativo, infatti, da un lato svolge attività finalizzate al miglioramento della qualità
della prestazione, dall’altra aumenta il livello d’efficienza, favorendo anche una
riduzione dei costi. Seguendo vari criteri di classificazione, scaturisce la suddivisione in
base alle finalità che il dipartimento si pone (fasce d’età, settori nosologici, intensità
delle cure…) o secondo i servizi che eroga (per funzione, a struttura, di organo o di
apparato, a progetto). Alcuni dipartimenti presentano caratteristiche particolari e sono
espressamente previsti dalla legge, come ad esempio il dipartimento di prevenzione e il
dipartimento d’emergenza.
Le suddivisioni più importanti sono però quella in dipartimento strutturale o funzionale,
e forte o debole. Il primo si colloca lungo la linea verticale e gestisce risorse
specificatamente assegnategli, mentre i secondi sono posizionati lungo la linea
orizzontale, hanno funzioni di coordinamento e dispongono solo di risorse condivise. La
divisione fra forte o debole nasce invece dal grado di delega organizzativa: un
dipartimento forte ha poteri di intervento sulle unità operative che lo compongono
5
e
responsabilità di carattere economico, che un dipartimento debole non ha, se non in
misura molto limitata.
I meccanismi operativi preposti al funzionamento del dipartimento sono l’atto aziendale
e il regolamento, e fra gli strumenti di gestione ritroviamo il budget. Gli organi di
governo sono costituiti dal comitato di dipartimento (organo collegiale) e dal direttore
dello stesso (organo monocratico). Grandissima importanza rivestono anche i gruppi di
lavoro interdipartimentali, temporanei o permanenti: si tratta di strumenti d’integrazione
trasversali, a carattere multiprofessionale e multidisciplinare, che riscuotono grande
successo, in particolare per lo svolgimento di funzioni di staff, in quanto operanti in
base ai principi di fiduciarietà, orientamento ai risultati, flessibilità e innovatività.
Sull’utilizzo del dipartimento nelle aziende sanitarie e sui limiti che esso presenta, è
inoltre riportata una riflessione critica di Federico Lega, che sottolinea come le quattro
tipologie di dipartimento (funzionale, strutturale, debole e forte) rappresentino gli
5
Un dipartimento ha infatti come proprie articolazioni le unità operative, i moduli funzionali e i moduli
organizzativi.
7
estremi di un continuum all’interno del quale viene effettuata la scelta del modello da
applicare
6
. In conclusione al capitolo, vengono presentati alcuni dati sulla reale
introduzione e sull’effettivo successo che tale strumento ha riscosso nelle strutture del
sistema sanitario italiano.
I cambiamenti che si sono verificati nel sistema sanitario nazionale, in particolare gli
aspetti di responsabilizzazione, l’importanza crescente assunta dai ruoli di
coordinamento in un assetto organizzativo sempre più integrato e orizzontale, la
valorizzazione delle competenze professionali, delle capacità e delle conoscenze del
singolo (in sintesi del capitale umano), hanno ovviamente dei riflessi anche sulla
gestione del personale, funzione che ha rilevanza strategica all’interno dell’azienda
sanitaria per quanto concerne la professionalità e il comportamento degli operatori.
Il terzo capitolo tratta in particolare dell’innovazione verificatasi nell’ambito delle
professioni sanitarie non mediche. Il dipartimento, come detto, è un assetto
organizzativo che assume particolare rilevanza rispetto alle nuove professioni, in quanto
la riforma di cui queste ultime sono state oggetto prevede l’organizzazione in forma
dipartimentale delle stesse e l’istituzione della relativa dirigenza, con la figura del
direttore di dipartimento.
Innanzitutto viene chiarito il concetto di professionalità e quali sono le sue componenti,
attraverso gli schemi proposti da Vaccani e da Wilensky. All’interno delle aziende
sanitarie, oltre ai medici, operano infatti molti professionisti
7
, la cui valorizzazione è
stata prevista anche nel Piano Sanitario Nazionale e rientra a pieno titolo nel percorso di
modernizzazione del sistema. Le professioni sanitarie non mediche venivano
qualificate, fino al 1999, come ausiliarie: tale aggettivo sottolineava con forza la
posizione di marginalità e d’inferiorità delle stesse rispetto alla dominanza della figura
del medico, status sottolineato anche dalla presenza di un rigido mansionario, di una
formazione basata su scuole professionali e da una ristrettissima libertà decisionale
6
L’autore mette in evidenza la necessità di un atteggiamento collaborativo da parte degli operatori e della
presenza di un certo grado di coerenza con l’ambiente e la cultura organizzativa. Se prendiamo
quest’ultima come variabile di contesto e la natura dei processi produttivi specifici dell’ambito sanitario
come variabile strutturale, il limite del dipartimento appare quello di riproporre a livello macro le logiche
di divisione settoriale applicate a livello microstrutturale, senza andare a modificare gli assetti gerarchici.
Appare quindi necessario, per rendere concreto il cambiamento, focalizzarsi sulle persone e rivedere
l’organizzazione del lavoro, tramite l’utilizzo dei gruppi di lavoro come principale strumento per
l’integrazione clinica e il coordinamento delle attività; in questo contesto il dipartimento viene ad
assumere la funzione di unità di staff a supporto dei gruppi di lavoro, ed è in tale ruolo che esplica al
meglio le sue potenzialità.
7
Appartenenti al ruolo sanitario, tecnico, amministrativo e professionale.
8
nell’esercizio delle proprie attività. Tutto ciò è venuto meno: in un percorso di decisa
valorizzazione, tali figure hanno assunto un nuovo ruolo e nuova importanza.
La loro formazione è diventata di livello universitario, con l’istituzione del diploma
prima e delle lauree triennali e specialistiche poi, è prescritto l’ECM anche per tali
figure, il mansionario è stato sostituito dai profili professionali. L’operatore sanitario
viene ad essere investito di nuove competenze e anche grazie a una preparazione che si
acquisisce sia in ambito universitario che attraverso l’aggiornamento continuo, e,
componente fondamentale, l’esperienza, appare capace di assumersi nuove
responsabilità (in un chiaro processo di empowerment) e di gestire nuovi spazi di
autonomia.
Le leggi di riforma fondamentali per i professionisti sanitari sono la 42.1999, che
elimina la qualifica di ausiliario e istituisce il diploma universitario, e la legge
251.2000, che definisce le quattro aree in cui tali figure rientrano: professioni sanitarie
infermieristiche e professione sanitaria ostetrica, professioni sanitarie riabilitative,
professioni tecnico sanitarie (area tecnico-diagnostica e area tecnico-assistenziale),
professioni della riabilitazione. Stabilisce inoltre le modalità per l’accesso alla dirigenza
e rimanda al CCNL per la definizione dei nuovi inquadramenti contrattuali.
I criteri guida fissati dalle indicazioni normative sono il contenuto dei profili
professionali emanati dal 1994 al 2001 per tutte le figure professionali, la formazione di
base e post base, come stabilita dagli ordinamenti didattici, e il contenuto del codice
deontologico. Questi tre elementi rappresentano i fondamenti che devono guidare
l’esercizio della professione da parte di ogni operatore. Il codice deontologico, in
particolare, contiene i principi etici, che valgono anche al di fuori dell’ambito
occupazionale: la condivisione dei valori ha notevole importanza in quanto rappresenta
l’elemento fortemente unificante all’interno dell’organizzazione in cui il professionista
opera.
I limiti alla libertà d’azione sono invece di carattere professionale e consistono nell’atto
medico, per quanto riguarda le attività che richiedono le conoscenze che solo un medico
può avere, e nelle competenze previste per le professioni sanitarie laureate non mediche,
che operano comunque all’interno dell’azienda sanitaria, quali sono ad esempio le
figure del biologo, dello psicologo e del chimico.
I concetti che caratterizzano le nuove professioni sanitarie infermieristico-ostetrica,
tecnica, della riabilitazione e della prevenzione sono quindi quelli di
ξ competenza
9
ξ responsabilità
ξ autonomia professionale,
anche se all’interno delle rispettive attribuzioni, che risultano molto ampliate rispetto al
passato, e di un rapporto di stretta collaborazione con la figura del medico, a cui spetta
comunque il potere di decidere sul percorso di cura del paziente.
Tali figure professionali svolgono un importante ruolo anche nel passaggio verso una
gestione per processi, più precisamente verso il percorso del paziente, in quanto
vengono coinvolte nella formazione di gruppi di lavoro trasversali. La loro attività viene
organizzata nella maggior parte delle aziende in un Servizio (o Ufficio) Infermieristico,
unità caratterizzata da autonomia decisionale, con responsabilità sulla programmazione,
gestione e coordinamento del personale non medico, sull’aggiornamento dello stesso e
sulla qualità delle prestazioni assistenziali erogate. Il Servizio Infermieristico
rappresenta una rilevante innovazione organizzativa, ma da un punto di vista
metodologico è importante sottolineare l’introduzione dell’evidence based nursing, il
moderno processo per affrontare la complessità assistenziale sulla base delle evidenze
scientifiche.
Come detto, la legge 251.2000 istituisce per le professioni sanitarie delle quattro aree
anche posizioni dirigenziali: tali organi non rappresentano ancora una realtà, in quanto
mancano ancora i soggetti adeguatamente formati per ricoprire l’incarico (in possesso di
laurea specialistica), ma per ora sono stati nominati dei direttori in carica per tre anni. È
stato modificato anche l’inquadramento contrattuale, con la previsione nell’area del
comparto di posizioni di coordinamento e con l’introduzione dei livelli Bs e Ds, e con la
riqualificazione delle figure degli operatori professionali collaboratori, operatori
professionali coordinatori e operatori professionali dirigenti
8
.
Il quarto capitolo segna il passaggio dalla teoria alla pratica. Inizialmente viene descritto
l’assetto istituzionale della Regione Marche, assai peculiare data la presenza di un’unica
azienda sanitaria che racchiude tredici zone territoriali corrispondenti alle precedenti
ASL, a cui si affiancano due aziende ospedaliere e l’Agenzia regionale sanitaria, di cui
viene illustrato il ruolo di supporto all’organo politico regionale. L’ASUR
9
è stata
costituita nella legge regionale di riorganizzazione emanata nel 2003 e ha provocato il
ridisegno delle linee di potere, con una netta divisione fra i luoghi di governo, accentrati
8
Nella terminologia introdotta dal CCNL 1998-2001 tali figure corrispondono rispettivamente
all’operatore professionale sanitario (categoria C), collaboratore professionale sanitario (categoria D) e
operatore professionale esperto (categoria Ds).
9
L’acronimo sta per Azienda Sanitaria Unica Regionale.
10
nell’azienda, e i luoghi di gestione delle malattie, demandati a livello di zona
territoriale.
La Regione Marche si contraddistingue inoltre per una particolare attenzione alla
formazione e all’innovazione: sono state emanate le linee guida per l’e-health, è in
funzione un efficace sistema di telemedicina e di emergenza, è prevista la diffusione
della chip-card, una sorta di carta d’identità elettronica del paziente contenente la sua
storia clinica. Viene inoltre favorita la diffusione dei gruppi di progetto e dell’evidence
based medicine, nonché la continuità assistenziale. Focalizzandosi poi sull’introduzione
del modello dipartimentale, viene descritto in base a quali principi e con quali modalità
questo è stato applicato e come sono cambiati gli equilibri di potere a seguito della
diffusione di tale strumento. Bisogna tener presente che la presenza dell’azienda unica
ha provocato anche a livello dipartimentale delle ripercussioni: abbiamo infatti
dipartimenti aziendali (a livello ASUR), sovrazonali (che coprono più zone territoriali),
zonali e distrettuali
10
.
Nella seconda parte del capitolo, si presenta invece il Servizio Infermieristico della zona
territoriale n. 8 di Civitanova Marche, le modalità di funzionamento, i compiti che
ricopre e le attività che vengono svolte. In particolare, viene presentata l’intricata linea
di coordinamenti che sussistono tra dipartimenti e Servizio Infermieristico, che
scaturisce dalla significativa presenza di rapporti funzionali o di staff da un lato e
gerarchici o di line da un lato. Oltre alla figura del caposala di dipartimento, hanno
grande importanza anche il referente infermieristico e il coordinatore dipartimentale,
che, come si evince dalla denominazione, ha la funzione di gestire i collegamenti
interdipartimentali o tra dipartimenti e servizio infermieristico.
Infine, si presenta brevemente “il futuro”: la situazione attuale è infatti transitoria, in
previsione dell’attivazione del Dipartimento delle Professioni Sanitarie, che sarà
articolato sia a livello ASUR che a livello di zona territoriale e ulteriormente suddiviso
nelle quattro aree previste dalla 251.2000. Si viene così chiaramente a formare una
struttura matriciale, che nasce dalla combinazione di rapporti gerarchici e rapporti di
area, che sarà ulteriormente articolata su entrambi i livelli, aziendale e di zona
territoriale. Un assetto così complicato richiede certamente la presenza di coordinatori,
di cui è in corso di valutazione il fabbisogno sulla base di ipotesi di necessità per ogni
singola area professionale.
10
Il distretto rappresenta un’ulteriore articolazione della zona territoriale.
11
A conclusione di questo lavoro, desidero ringraziare il dott. Marcello Bozzi, del
Dipartimento Servizi alla Persona e alla Comunità della Regione Marche, l’ispiratore di
questa tesi, che mi ha fornito il materiale per iniziare a costruire il mio progetto di
ricerca e che mi ha sempre dimostrato una grandissima disponibilità, e la dottoressa
Mara Buccolini, Dirigente del Servizio Infermieristico, Dirigente dell’Assistenza
Infermieristica, nonché Capo Servizi Sanitari Ausiliari, della zona territoriale n. 8 di
Civitanova Marche, che mi ha dedicato parte del suo tempo per illustrarmi il
funzionamento del Servizio Infermieristico nella zona territoriale di sua competenza e
l’evoluzione organizzativa che porterà all’istituzione del Dipartimento delle Professioni
Sanitarie, nonché i principali aspetti che caratterizzeranno lo stesso.
12
Capitolo 1
L’evoluzione dell’assetto organizzativo nelle aziende
sanitarie: il passaggio dalla burocrazia ai modelli innovativi e
l’introduzione delle nuove tecnologie informatiche.
1. Gli elementi fondamentali dell’organizzazione e la dinamica delle
teorie organizzative.
La definizione dell’assetto organizzativo rappresenta una tappa di fondamentale
importanza nell’ambito della predisposizione di un sistema aziendale; l’organizzazione,
la gestione e la rilevazione sono infatti le tre dimensioni necessarie per il funzionamento
dell’impresa.
La gestione si occupa degli aspetti direttamente riferibili alla produzione e allo scambio
dei beni e servizi cui l’azienda è preposta, mentre la rilevazione s’interessa degli aspetti
contabili e informativi che scaturiscono dallo svolgimento dell’attività d’impresa e della
determinazione dei risultati conseguiti.
L’organizzazione costituisce l’area di interesse che va a studiare i criteri di divisione e
di specializzazione del lavoro, e le necessarie modalità di coordinamento delle attività
che ne scaturiscono, nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi posti dal vertice. La
variabile organizzativa realizza in particolare un collegamento tra la variabile sociale,
riferita alle persone, sia nella loro individualità che come gruppo, dalle quali trae origine
il comportamento aziendale, e la variabile tecnica, rappresentata dagli strumenti
utilizzati e dalle conoscenze necessarie nello svolgimento delle attività
1
. Quattro sono
gli elementi che devono essere riuniti in una combinazione specifica in modo
appropriato:
ξ la struttura organizzativa, cioè il modello di divisione e coordinamento delle
unità organizzative e delle posizioni di responsabilità da cui l’azienda è
composta
1
L.Brusa, “Strutture organizzative d’impresa”, in F.M.Spano,“ L’organizzazione e la gestione dei
processi di governo, tecnostrutturali e di supporto delle aziende sanitarie pubbliche”, Giuffrè, Milano,
2004
13
ξ i meccanismi operativi, cioè i processi e gli strumenti che facilitano le
relazioni organizzative (fra questi rientrano i sistemi informativi)
ξ lo stile di direzione (leadership), che esprime la tipologia di relazioni che si
instaurano fra superiore e subordinato
ξ la cultura organizzativa
2
, che secondo la definizione accreditata di Schein è
l’insieme di valori, principi guida, interpretazioni e modi di pensare condiviso
dai membri di un’organizzazione e trasmesso come corretto ai nuovi
membri
3
.
Per la predisposizione di un assetto organizzativo coerente alle necessità e agli obiettivi
d’impresa occorre tener conto non solo delle suddette variabili organizzative, ma anche
delle relazioni e delle interdipendenze che le legano.
Struttura, meccanismi e cultura organizzativa sono infatti collegati da un rapporto di
stretta interdipendenza, il che comporta l’attuazione di un processo continuo di mutuo
aggiustamento, al fine di raggiungere un equilibrio complessivo. Questo significa che,
nel caso dell’introduzione di un’innovazione, alla progettazione strutturale bisogna
abbinare un allineamento dei sistemi operativi e un’attività di rafforzamento delle
competenze individuali e della cultura aziendale nella direzione indicata dal
cambiamento in atto
4
.
È necessario, infatti, raggiungere adeguati livelli sia di congruenza e coerenza interna,
per non trovarsi di fronte a disfunzioni organizzative e comportamenti arbitrari, sia di
coerenza e congruenza con l’ambiente di riferimento e le finalità istituzionali
dell’azienda. L’assetto organizzativo si configura quindi come la risultante di un
processo e di un insieme di azioni e interventi volti al raggiungimento dell’equilibrio fra
variabili organizzative.
2
R. Daft, “Organizzazione aziendale”, Apogeo, Milano, 2001
3
La cultura organizzativa è un concetto composito, caratterizzato da molteplici aspetti, che riflette allo
stesso tempo i comportamenti, le norme, i valori, la leadership e la filosofia aziendale. Un’unica
definizione di cultura è pressoché impossibile: oltre a quella citata, « altre definizioni sono:
ξ la cultura è un sistema di significati pubblicamente e collettivamente accettati, operante in un
gruppo determinato (…) che serve a interpretare la situazione delle persone alle persone
stesse (Pettigrew, 1968)
ξ la cultura è l’insieme di due componenti principali: la sostanza, cioè i significati contenuti
nelle sue ideologie, norme, valori; e le forme, cioè le pratiche grazie alle quali questi
significati vengono espressi, affermati, comunicati ai membri
ξ la cultura non è una risorsa, un avere da utilizzare per migliorare le prestazioni organizzative,
quanto un modo di essere. Una condizione costitutiva con la quale fare i conti. (Smirchic,
1983) »,
in M. Bergamaschi, “L’organizzazione nelle aziende sanitarie”, McGraw Hill, Milano, 2000
4
M. Bergamaschi, “L’organizzazione nelle aziende sanitarie”, op. cit. , pag. 7
14
Proprio da questo presupposto, cioè dal fatto che numerose sono le forze e gli stimoli
esercitati sull’organizzazione da fattori sia interni che esterni, nasce la distinzione di
Mintzberg
5
fra struttura e configurazione organizzativa: quest’ultima rappresenta
l’insieme delle caratteristiche dell’azienda che vanno adattate ai fattori situazionali
rispettando una coerenza esterna, e dal continuo confronto fra interno ed esterno deriva
l’individuazione delle variabili più opportune per l’azienda. La struttura invece ha
origine dalle aree aziendali, in base alle quali è possibile tracciare lo schema delle
responsabilità all’interno dell’azienda, e dà luogo ad una rappresentazione statica degli
equilibri interni.
L’analisi di Mintzberg discende da due elementi essenziali della progettazione
organizzativa, cioè i meccanismi di coordinamento e le parti componenti
l’organizzazione. I primi si articolano in:
ξ supervisione diretta (ricorso alla gerarchia)
ξ standardizzazione dei processi di lavoro (quando si specificano e si
programmano i contenuti del lavoro)
ξ standardizzazione degli output (quando si specificano i risultati del lavoro)
ξ standardizzazione degli input (quando si standardizzano le capacità e le
conoscenze andando ad influenzare la formazione dei lavoratori)
ξ reciproco adattamento (ricorso a processi di comunicazione informale di tipo
orizzontale che coinvolgono le persone fra cui deve attuarsi il coordinamento)
Le parti componenti l’organizzazione sono:
ξ il vertice strategico
ξ il nucleo operativo
ξ la linea intermedia (gerarchia di autorità collocata fra il nucleo operativo e il
vertice strategico)
ξ la tecnostruttura (all’esterno della gerarchia costituita dall’autorità di line)
ξ lo staff di supporto (unità di staff che forniscono specifici servizi indiretti).
Per chiarire la differenza fra posizioni di line e di staff occorre ritornare alla struttura
organizzativa, in quanto questa ha il compito di indicare i rapporti di dipendenza
formale e di predisporre un sistema di coordinamento e comunicazione fra unità
organizzative volto a rendere possibile l’integrazione fra le funzioni svolte.
5
H. Mintzberg, “ La progettazione dell’organizzazione aziendale”, il Mulino, Bologna, 1985