ix
inevitabile. La NATO oltre ad impedire la creazione di un'altra alleanza che
potesse in qualche modo risultarne un copione, basandosi magari sugli stessi
valori, e che finisse col competere con essa in Europa e nel mondo, riuscì a creare
un importante e ineguagliabile forum di consultazione dove sciogliere le divisioni
tra i suoi stessi membri, permettendo di inglobare al suo interno persino un
difficile e doloroso conflitto, come quello tra Grecia e Turchia, prevenendone il
drammatico esito, che a molti sembrava ormai inevitabilmente scontato.
Obiettivo di questo lavoro non è tanto quello di analizzare la logica interna
dell'Alleanza, né tanto meno studiarne lo sviluppo dalle origini fino ai giorni
nostri (seppur si tratta di argomenti affrontati qua e là, ma in maniera molto breve
e concisa). Ci si concentrerà principalmente sul singolo episodio del primo
allargamento della NATO del dopo Guerra Fredda, cercando di individuare quei
meccanismi, patti più o meno espliciti, finzioni, bugie spesso accettate per buone,
insomma quel “gioco delle parti”, che si cela dietro quest'“improvvisa” iniziativa
americana, le cui origini, come si vedrà, appaiono essere alquanto sfuggenti e
poco chiare persino agli occhi degli stessi protagonisti della vicenda.
Il lavoro si compone di tre distinte parti.
Nella prima parte si analizzerà l'allargamento della NATO, inserendolo ed
analizzandolo all'interno di un contesto ancora più ampio ed ambizioso, come
quello di trasformare la NATO per permetterle di affrontare le nuove minacce del
dopo Guerra Fredda, comprese quelle sorte “out of area”. L'obiettivo era forgiare
una nuova Alleanza in grado di affrontare le minacce dei cinquant'anni a venire,
come essa aveva già fatto nei cinquant'anni di Guerra Fredda appena trascorsi
(capitolo 1). Verranno analizzati due eventi che, in modo particolare,
contribuirono alla trasformazione della NATO in un'organizzazione più grande e
con responsabilità maggiori: l'unificazione della Germania e le tragiche vicende
della ex Jugoslavia. Queste ultime, ed in modo particolare la guerra del Kosovo,
purtroppo, fecero da sfondo all'intero processo politico sottostante alla decisione
di allargamento e al summit di Washington del 1999 (la scelta della stessa città
nella quale, nel 1949, era stato ratificato il Trattato istitutivo, sembrava quasi
x
voler sottolineare una “nuova nascita” per la NATO). In occasione del meeting
per il cinquantenario dell'Alleanza Atlantica, si tennero i festeggiamenti per
l'ingresso dei tre nuovi membri: Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca – i tre di
Visegrád. Tuttavia, sulla scia degli eventi che di lì a poco portarono al
bombardamento contro le forze di Milosevič e alla scoperta della pulizia etnica
operata nella regione, si può capire come gli sforzi compiuti dall'Alleanza per
articolare un nuovo concetto strategico (che andasse ad aggiornare quello
precedentemente siglato nel 1991) furono offuscati e trascurati dagli stessi media,
la cui attenzione si focalizzò principalmente proprio sulla campagna aerea e sulle
chances di riuscita della stessa (capitolo 2). Partendo dal presupposto che
l'allargamento dell'Alleanza non deve essere ritenuto un fenomeno isolato e a sé
stante, ma come parte di un processo decisionale, spesso non lineare, e
dell'ambiente interno ed internazionale complesso nel quale si sviluppa la politica
estera americana del dopo Guerra Fredda, il capitolo 3 servirà a dare un quadro
abbastanza dettagliato della linea politica seguita dall'amministrazione Clinton.
Una strategia per nulla consolidata e lineare, ma adatta ad evitare, in caso di
battute d'arresto o fallimenti, conseguenze disastrose: al massimo si sarebbe avuto
un rallentamento del già lento progresso dell'ordine occidentale (a guida
americana) verso aree sempre più vaste del globo. Un processo “step-by-step”,
quello deciso dall'amministrazione americana, che può essere scomposto in
quattro fasi principali: la prima vede un processo di modifica ed aggiustamento di
organizzazioni di sicurezza europee già esistenti durante la Guerra Fredda ed un
graduale intensificarsi delle visite e dei contatti diplomatici tra la NATO e i paesi
dell'Europa centro-orientale, la formulazione del “Nuovo concetto strategico” nel
1991, del “Democratic Enlargement” ed il lancio dell'importantissimo progetto di
“Partnership for Peace”, che diverrà una tappa essenziale nel processo di
integrazione all'interno delle strutture militari della NATO da parte degli aspiranti
membri. La seconda fase servì a forgiare un solido consenso attorno al progetto,
sia all'interno del governo americano che all'interno della NATO stessa. Il
Consiglio Nord Atlantico adottò il principio dell'allargamento, lasciando però
aperta ogni possibilità su chi, come e quando realizzarsi. I successivi nove mesi
furono caratterizzati da un intenso dibattito all'interno dell'Alleanza per contrattare
xi
i dettagli del progetto e culminarono, nel settembre 1995, con la pubblicazione
delle linee guida per l'allargamento, lo “Studio sull'allargamento della NATO”,
dando inizio alla terza fase del processo. Questa servì alla NATO per convincere
gli altri Stati che il suo allargamento non era in alcun modo indirizzato in funzione
anti-russa e che esso non avrebbe escluso alcuno Stato o gruppo di Stati da
eventuali allargamenti futuri. Il summit di Madrid, infine, segnò l'inizio della
quarta fase, durante la quale si dette inizio alla ratifica del Trattato dopo aver
proceduto, nei Paesi che lo richiedevano, ad un referendum popolare.
Nella seconda parte dell'elaborato si procederà ad un’analisi politica,
sociale, economica e militare dei tre nuovi membri della NATO. Attraverso un
rapido excursus storico, dalla caduta dell'impero sovietico e il ritiro delle truppe
dell'Armata Rossa dai loro territori, nel 1991, sino all'ingresso nell'Alleanza
Atlantica, appena otto anni dopo, si cercherà di fornire un quadro completo del
processo di democratizzazione e del transito ad un'economia di mercato operati da
Polonia (capitolo 1), Ungheria (capitolo 2) e Repubblica Ceca (capitolo 3). Si
tenterà, inoltre, di individuare quelli che sono stati i loro sforzi di adempiere gli
obblighi imposti dalla Partnership for Peace per riuscire ad armonizzare i loro
eserciti con le forze NATO, nonché ammodernarli ed attrezzarli con una
tecnologia al passo con i tempi. I sistematici tagli alle spese militari, in seguito a
cospicue riduzioni dei budget della difesa, tuttavia resero l'intero processo
alquanto approssimativo, o per lo meno, molto limitato. Quello che si tenterà di
dimostrare, nel corso di tutta questa seconda parte è che la prospettiva di un
futuro, probabile ingresso nelle strutture di sicurezza europee, attraverso
un'organizzazione importante come la NATO, venne ritenuto da tutti i governi
post-comunisti di questi tre Stati come una priorità da perseguire anche a costo di
enormi sacrifici. Al tempo stesso, questo permise di risolvere annose controversie
regionali sul problema delle minoranze etniche (soprattutto in Ungheria) e dei
confini territoriali, riuscendo a trovare dei compromessi stabili e duraturi,
condizione questa, che fu ritenuta essenziale per permettere loro di accedere nella
NATO. In definitiva, dunque, si mostrerà come il maggiore e più importante
contributo fornito dall'ingresso dei tre Paesi di Visegrád, non fu tanto nel campo
militare (i guadagni per l'Alleanza in quel settore furono quanto mai modesti), ma
xii
principalmente in campo politico, permettendo di rendere la zona più stabile ed
integrata, fornendo al tempo stesso un valido contributo, non solo alla NATO, ma
a tutta l'Europa. Infine, nel capitolo 4, a conclusione di questa seconda parte, si
analizzeranno i problemi tecnici imposti dall'allargamento, si confronteranno le
stime sui costi che un simile progetto avrebbe comportato e si presenteranno le
previsioni sulla spartizione di questi costi tra i membri dell'Alleanza e i nuovi
candidati. In particolare, sarà curioso vedere come le stime riguardo ai costi del
progetto variassero in maniera considerevole in base a chi fosse la fonte ed il suo
grado di interessamento all'intera operazione. In genere, vigeva una sorta di
proporzione inversa: maggiore era il loro interesse nel far avanzare l'allargamento
dell'Alleanza, minore era la stima dei costi che secondo loro questo processo
avrebbe comportato, o per lo meno, essi tentavano di sottolineare come, in
definitiva, si trattasse di costi facilmente sostenibili ed in linea con i budget di
difesa militari nazionali (nonostante le notevoli riduzioni subite da questi ultimi in
seguito alla fine della Guerra Fredda).
Nel Capitolo 1 della terza parte ed ultima parte, verrà analizzata più nel
dettaglio una delle possibili spiegazioni offerte circa i motivi dell'allargamento
della NATO: quella secondo cui la NATO si sarebbe estesa verso Est perché gli
Stati Uniti vollero che la NATO si espandesse verso est. La decisione sarebbe
stata una linea “improvvisamente” seguita dall'amministrazione Clinton in politica
estera, tra l'ottobre 1993 e il gennaio 1994, e fu sempre questa amministrazione a
deciderne tempi e modalità, e a determinarne e destinatari, spesso anche contro il
volere di molti dei loro alleati e senza che ci fosse un vero e proprio dibattito
politico interno agli stessi Stati Uniti, tra i due schieramenti politici, ben che meno
all'esterno d'essi, con gli alleati. In effetti, si sosterrà siano state soltanto tre figure
chiave ad aver impresso una rapidità incredibile ad un progetto che a molti
sembrava apparentemente dover rimanere solo teorico, o per lo meno realizzarsi
in tempi molto più lunghi: il Presidente Clinton, il suo consigliere per la Sicurezza
Nazionale, Anthony Lake, e il suo Assistant Secretary of State, Richard
Holbrooke. Ad ogni modo, i motivi reali che spinsero il Presidente Clinton a dare
seguito ad una politica di ampliamento dell'Alleanza restano ancora difficili da
stabilire, se ne elencheranno alcuni, mentre nel Capitolo 3, si tenterà di confutarne
xiii
degli altri, che la stessa amministrazione Clinton tentò di far passare per buoni,
per celare il loro ruolo assolutamente preponderante nel processo di decisione
riguardo all'allargamento e in quello di accettazione all'interno della stessa
Alleanza. Nel Capitolo 2, invece, ci si soffermerà maggiormente sugli effetti (se
davvero ce ne furono) di questo progetto sulla situazione politica, sociale e
militare russa, andando ad analizzare quelle che erano le preoccupazioni dei
leader di Mosca, le contromisure adottate per attutirne gli effetti e cercando di
capire quali sarebbero potuti essere gli “antidoti” che Americani ed alleati
avrebbero potuto escogitare contro simili timori, spesso, come si dirà, infondati.
Sempre in questo secondo capitolo, si vedrà quali furono le posizioni degli altri
alleati europei che, eccezion fatta per la Germania, si dimostrarono alquanto
indifferenti all'intero progetto, standosene letteralmente a guardare, salvo poi
alzare la voce nel momento in cui si profilava la possibilità di dover pagare una
larga parte dei costi di un progetto americano, e che molti di essi giudicavano
privo di opportunità e al tempo stesso non indispensabile.
PARTE I
La nuova NATO del dopo-
Guerra Fredda
2
I. Introduzione
Nel 1991, con il crollo dell’ultimo grande impero territoriale europeo,
ossia l'Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda, molti ritenevano che la
NATO fosse ormai destinata a scomparire, o a stagnare fino a perdere ogni
rilevanza. Trascorsa una decade da allora, la NATO non solo è sopravvissuta, ma
si è anche rafforzata ed ampliata in termini di missioni e di capacità. L'Alleanza è
riuscita a sfuggire alla logica storica del suo scioglimento per una serie di ragioni.
La riluttanza da parte dell'Occidente a rinunciare ad un sistema di difesa
collettiva, risultato di uno sforzo comune di cooperazione, coordinamento e
integrazione di diversi sistemi internazionali e ad un sistema che gli avrebbe
permesso di affrontare i pericoli derivanti dall'uso improprio degli armamenti
nucleari presenti negli Stati già membri dell'Unione Sovietica e soprattutto nella
Repubblica Russa. La riluttanza da parte della superpotenza rimasta, gli Stati
Uniti, a rinunciare ad un braccio armato politicamente accettabile sia all'esterno –
nei paesi dell'Alleanza – sia al proprio interno. La riluttanza, infine, da parte della
maggior parte dei Paesi europei membri della NATO a rinunciare ad uno
strumento di difesa collettivo dall'aspetto rassicurante, dal momento che
permetteva loro di superare il problema di dotarsi di un proprio sistema di difesa
singolo, nazionale, dopo essersi posti per più di quarant'anni al riparo dello scudo
collettivo dell'Alleanza, nucleare e non.
2
Questo insieme di riluttanze ha finito col tradursi in tutta una serie di
sollecitazioni volte a mantenere in vita l'Alleanza, cercando di reinterpretarne gli
intenti senza correre il rischio di modificare gli articoli del Trattato del 1949. Due
eventi contribuirono in modo particolare alla trasformazione dell'Alleanza in
un'organizzazione più grande e con responsabilità maggiori: le tragiche vicende
nell'area dell'ex Jugoslavia e l’allargamento del 1999. Senza sottovalutare
l’importanza che la decisione di bombardare le truppe di Milosevič ha avuto sul
2
Barié Ottavio, “La NATO durante e dopo la Guerra Fredda”, in Massimo de Leonardis (a cura
di), La nuova NATO: i membri, le strutture, i compiti, Il Mulino, Bologna, 200, p.37
3
futuro e soprattutto sulla credibilità dell’Alleanza
3
, in questo lavoro analizzeremo
in modo dettagliato soprattutto la fase del primo allargamento della NATO del
dopo-Guerra Fredda, approvato il 30 aprile del 1998 dal Senato americano, con 81
voti a favore e 19 voti contrari, con l'inclusione di Polonia, Ungheria e Repubblica
Ceca.
L'invito ai tre Paesi di Viségrad
4
giunse durante il vertice di Madrid
nell’estate 1997. La scelta della capitale spagnola non fu del tutto casuale:
essendo la capitale dell'ex dittatore Franco, era destinata a diventare il simbolo
della possibilità offerta ai Paesi con un passato di tipo dittatoriale di unirsi alla
comunità democratica e contribuire alla comune difesa NATO – Italia e Germania
ne erano la prova provata. L'idea di un'espansione dell'Alleanza era in realtà già
stata imposta dal 1994 e le sue radici, come vedremo, possono essere rintracciate
già nel 1991-92. Si tratta, in effetti, di un concetto dinamico, e non di un evento
statico con un inizio ed una fine. Il termine “allargamento” divenne un concetto
con un alto valore simbolico, che andava ben oltre la semplice modifica
dell'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO): si trattava di
un'espansione delle frontiere dell'ordine americano.
5
La sua espansione verso est
si è indissolubilmente legata ad un importante fattore: l'estensione di una sfera
d'influenza, occidentale ma soprattutto americana.
3
Analizzerò la vicenda dell'intervento della NATO in Bosnia nel secondo capitolo.
4
L'organizzazione regionale formata nel 1991 da Ungheria, Cecoslovacchia (poi divisasi in
Repubblica Ceca e Slovacchia) e Polonia, il cui maggior risultato fu la creazione di una “free trade
zone” limitata. Il gruppo di Viségrad non intese mai assumere finalità di tipo militare, dal
momento che ognuno dei suoi membri giudicava che la NATO fosse la soluzione di lungo termine
migliore per i loro problemi di sicurezza.
5
Menotti Roberto, Mediatori in armi. L'allargamento della NATO e la politica USA in Europa,
Edizioni Angelo Guerini e Associati Spa, Milano, aprile 1999, p.12
4
Capitolo 1
La NATO ed il primo allargamento post-Guerra
Fredda
Remarkable generations of Americans invested in
Europe’s peace and freedom with their own sacrifice. They
fought two world wars. They had the vision to create
NATO and the Marshall Plan. The vigor of this
institutions, the force of democracy, the determination of
people to be free – all these helped to produce victory in
the Cold War. But now that freedom has been won, it is
this generation’s responsibility to ensure that it will not be
lost again, not ever.
Bill Clinton
1. Difesa e cooperazione: la NATO
“La NATO (North Atlantic Treaty Organisation), costituita con il Patto
Atlantico, siglato a Washington il 4 aprile 1949, ha come fine principale quello di
creare un coordinamento ed una mutua assistenza in materia di difesa: in
particolare l'articolo 3 stabilisce un'alleanza collettiva militare contro
l'aggressione. Caratteristica peculiare del Patto atlantico è di essere dotato di una
struttura organizzativa, sia civile che militare. Quella civile è esercitata tramite il
Consiglio, composto da rappresentanti degli Stati membri, cui spettano le funzioni
consultive e decisionali finalizzate a promuovere accordi tra gli Stati in campo
politico, scientifico e culturale. La struttura militare presenta al vertice un
Comitato militare, composto dai capi maggiori delle forze armate degli Stati
membri, articolato in quattro Comandi supremi: il Comando alleato in Europa, il
5
Comando alleato dell'Atlantico, il Comando alleato della Manica, il Gruppo
regionale Stati Uniti- Canada.”
6
Nelle parole del Presidente americano Truman in occasione della ratifica
del Trattato, l'Alleanza avrebbe dovuto garantire “uno scudo contro l'aggressione
e contro la paura di un'aggressione”. Fornendo loro protezione, la NATO avrebbe
permesso agli Europei occidentali di scrollarsi di dosso quella paura paralizzante,
ereditata all'indomani della seconda guerra mondiale, e di ritrovare il giusto
slancio per agire nuovamente in maniera costruttiva. Un timore che non era
rappresentato soltanto dalla presenza dell'Unione Sovietica, ma dalle diffidenze e
dalle recriminazioni reciproche fra gli stessi europei occidentali.
Assicurando la difesa esterna dell'Europa occidentale si sarebbe permesso
alla coalizione euro-americana di esprimere al meglio il proprio potenziale
economico ed in tal modo di affrontare, in una chiara posizione di superiorità,
qualsiasi sfida si fosse presentata dall'esterno. Una logica sottostante alla NATO
indispensabile per comprenderne l'evoluzione e la trasformazione dopo la fine
della Guerra Fredda.
Sulla base del comune obiettivo di mantenere gli Americani in Europa
(occidentale), i Russi al di fuori di essa, e i Tedeschi sotto controllo, la NATO si è
evoluta progressivamente senza con ciò perdere la sua coesione di fondo.
7
L'Alleanza è andata trasformandosi in una “comunità di sicurezza”, democratica,
difensiva e pacifica – anche se non pacifista proprio perché fondata su un patto
politico-militare. Nel corso degli anni, le sono stati apportati adattamenti e
modifiche importanti sia dal punto di vista geografico che da quello dei suoi
membri, ben prima della fine della Guerra Fredda. In base all'articolo 10 del
Trattato
8
, i Paesi alleati sono passati da 12
9
a 16, con le successive adesioni di
6
Definizione tratta da “L'Enciclopedia – Atlante Storico”, DeAgostini SpA, Novara 2004, vol. 31,
p. 554
7
“NATO is for keeping Americans in, the Soviets out, and the Germans down”, sarebbe dovuta
essere questa, nelle parole del primo Segretario Generale dell'Alleanza, il britannico Lord Ismay,
la funzione della NATO.
8
L'art. 10 stabilisce che : “Le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire a questo
Trattato ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo del presente Trattato e di
contribuire alla sicurezza della regione dell'Atlantico settentrionale.”
6
Grecia e Turchia il 18 febbraio 1952, Germania occidentale il 6 maggio 1955,
Spagna il 30 maggio 1982. “Allargamenti che hanno tutti coinvolto paesi che
avevano scelto con decisione di stare dalla parte occidentale della linea che allora
divideva l'Europa.”
10
2. La prima espansione post Guerra Fredda
Negli anni '90, l'allargamento della NATO divenne uno dei pilastri della
politica estera degli USA. Esso avrebbe dovuto permettere di fare per la parte
orientale dell'Europa, ciò che l'Alleanza era riuscita a fare per la sua parte
occidentale: dispiegare un “ombrello di sicurezza” per rafforzare la democrazia e
favorirne l'integrazione. Questo duplice scopo darà luogo ad alcuni dei più
profondi cambiamenti nella riflessione degli USA sull'Europa e sulla NATO: pur
conservando il suo impegno in materia di difesa collettiva, gli Stati Uniti spinsero
l'Alleanza Atlantica ad adottare un nuovo concetto strategico che privilegiasse la
difesa dei valori e degli interessi occidentali, al di là delle sue frontiere originarie.
Nella visione di molti dei sostenitori americani del progetto, esso avrebbe
permesso di raggiungere un obiettivo ancora più ambizioso: trasformare
l'Alleanza in modo da permetterle di affrontare le nuove minacce del dopo Guerra
Fredda, comprese quelle che sarebbero sorte “out of area”. L'obiettivo era dunque
quello di forgiare una nuova Alleanza in grado di affrontare le minacce dei
cinquant'anni a venire, come essa aveva già fatto nei cinquant'anni di Guerra
Fredda appena trascorsi.
Nel corso di tre importanti summit della NATO – Bruxelles 1994,
Madrid 1997 e Washington 1999 – l'Alleanza cercò di trasformarsi in uno
9
Gli iniziali 12 Paesi firmatari del Patto Atlantico nel 1949 erano: Belgio, Canada, Danimarca,
Francia, Gran Bretagna, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Portogallo e Stati Uniti.
10
Terzuolo R. Eric, “L'allargamento della NATO: passato, presente e futuro”, in Massimo de
Leonardis (a cura di), La nuova NATO: i membri, le strutture, i compiti, Il Mulino, Bologna, 2001,
p.161
7
strumento destinato a consolidare la pace e la sicurezza, dal Baltico al Mar del
Nord, e a stabilire una relazione di cooperazione con Mosca, l'avversario di un
tempo.
11
Gli Stati Uniti, dal canto loro, propagandarono l'allargamento della
NATO come parte di un processo più ampio mirante ad abbattere quelle divisioni
dell'Europa, che ripetutamente, nel corso della storia, avevano richiesto il loro
intervento politico, militare ed economico nel continente.
12
La forza dell'impegno
americano a favore dell'apertura della NATO fu confermata dalla vittoria per
l'Amministrazione Clinton, nella primavera del 1998, attraverso la ratifica
dell'allargamento dell'Alleanza da parte del Senato.
La vittoria riportata nel Kosovo dagli Alleati rafforzò la consapevolezza
che l'Alleanza avrebbe dovuto affrontare delle minacce incombenti sulla sicurezza
europea, ma che provenivano dall'esterno del suo territorio.
2.1. La difficile sfida chiamata “allargamento”
Il fatto che otto lunghi ed impegnativi anni siano trascorsi tra la caduta
del muro di Berlino e la ratifica dei primi protocolli di adesione alla NATO da
parte di ex membri del Patto di Varsavia evidenzia quanto delicato e complesso
sia il processo di allargamento.
La metamorfosi della NATO avvenne lasciando inalterato (se escludiamo
le modifiche resesi necessarie in seguito all'ingresso della Turchia e
all'indipendenza dell'Algeria) il Trattato del 1949, che si rivelò essere uno
strumento altamente flessibile ed utilizzabile, alterandone leggermente il senso,
anche in un contesto internazionale sostanzialmente diverso da quello di allora.
Ad esempio, la possibilità concessa all'Alleanza nel preambolo di intervenire per
“salvaguardare la libertà dei popoli, il loro comune retaggio e la loro civiltà,
11
Asmus D. Ronald, “L'élargissement de l'OTAN: passé, présent, futur.”, Politique étrangère,
2/2002, pp. 353-354
12
Terzuolo R. Eric, op. cit., p.157
8
fondati sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza
del diritto” e l'aspirazione “a promuovere il benessere e la stabilità nella regione
dell'Atlantico settentrionale”, ed in parte l'art. 2, hanno permesso di giustificare il
ruolo di gendarme armato che gli Stati Uniti vorrebbero assegnare alla NATO.
Così come l'art. 4 (“le parti si consulteranno ogni volta che, nell'opinione di una di
esse, l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti
fosse minacciata”) ha permesso, nella fase di ampliamento dell'Alleanza, di
aggirare l'ostacolo ed i limiti geografici imposti dall'art. 6
13
. Infine, l'art. 10 ha
permesso di aprire la porta dell'allargamento a “ogni altro Stato europeo”, o, in
verità anche extraeuropeo, visto che già la Turchia, quasi interamente asiatica, fu
ammessa nel 1952.
14
Il Segretario di Stato per gli Affari Europei e Canadesi, Marc Grossman,
riuscì ad evidenziare in maniera chiara quelle che sarebbero state le sfide poste in
essere dall'allargamento: “l'allargamento deve essere equo per gli odierni membri,
in modo da affrontare la questione del costo in maniera efficace, e in modo tale da
assicurare anche il proseguimento da parte dell'Alleanza del suo processo di
adattamento interno; deve essere giusto per i Paesi invitati, assicurando che questi
prendano il loro posto come creatori e non solo come consumatori di sicurezza;
deve essere giusto per coloro che aspirano a divenire membri e che ancora non
hanno ricevuto l'invito, ossia la porta agli aspiranti membri deve rimanere aperta,
e il rapporto tra la NATO e questi Paesi non deve essere messo in dubbio; infine
l'allargamento deve essere giusto anche riguardo ai rapporti che la NATO
mantiene con la Russia e l'Ucraina.”
15
13
L'art.6 propone una visione restrittiva del concetto d'“Europa”, elencando tra i territori da
proteggere, oltre a “Europa e Nord America”, “i dipartimenti algerini della Francia... il territorio
della Turchia... le isole sotto la giurisdizione di una qualsiasi delle parti dell'area del Nord
Atlantico a nord del Tropico del Cancro... [e] il Mar Mediterraneo...” La Turchia veniva, per
definizione, definita parte dell'Occidente, ma non parte d'Europa; Malta e Cipro erano inclusi non
come paesi europei, ma come basi per le forze militari alleate nel Mediterraneo.
14
Massimo de Leonardis, “La NATO ieri ed oggi”, in Giovagnoli Agostino e Tosi Luciano, Un
ponte sull'Atlantico. L'alleanza occidentale 1949-1999, Guerini e Associati, Milano, 2003, p.375
15
Dichiarazione alla Commissione Relazioni Estere della Camera dei Rappresentanti, 29 ottobre
1997
9
E' comunque difficile negare che il ruolo ed i compiti dell'Alleanza,
come originariamente previsti dal Trattato istitutivo, non siano affatto stati
modificati né che, nel corso dei suoi 50 anni di attività, non abbiano subito una
vera e propria trasformazione. I dubbi e le perplessità non possono di certo essere
liquidati con la volgarità della Albright, che in occasione del Consiglio Atlantico
di Bruxelles del dicembre 1998, aveva risposto a quanti sollevavano dei dubbi
sullo stravolgimento dei compiti originari dell'alleanza: “this is hogwash”
(“questa è una risciacquatura di piatti per maiali”).
Una simile brutalità di linguaggio è rivelatrice dell'insofferenza
americana nei confronti dell'opinione europea. Un disprezzo che non può essere
giustificato storicamente adducendo come scusante gli interventi “disinteressati”
degli Americani nelle vicende europee del 1917, 1941 e 1949, dal momento che
accanto ad essi occorrerebbe prendere in considerazione anche il fatto che, come
affermato dallo stesso presidente George Bush, in un documento ufficiale del
1990, “per buona parte di questo secolo gli Stati Uniti hanno ritenuto di vitale
interesse impedire a qualsiasi potenza ostile o gruppo di potenze il dominio sulla
massa eurasiatica.”
16
16
Massimo de Leonardis, op. cit., p. 376