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le varietà dialettali si sono notevolmente modificate, l’una sotto
l’influsso dell’altra; man mano che si è passati dalla situazione di
diglossia italiano / dialetto alla situazione odierna, i fenomeni di
contatto tra le due varietà sono stati talmente profondi da lasciare il
segno sia nell’italiano, sia nei dialetti di oggi.
In uno studio sul contatto tra lingua e dialetto, Berruto (1985)
individua quattro classi di fenomeni, parzialmente sovrapposti, sulle
quali agiscono in senso opposto l’influsso dell’italiano sul dialetto, da
un lato, e l’influsso del dialetto sull’italiano, dall’altro.
Grafico 1
Italiano
Dialetto
Questo influsso reciproco tra lingua e dialetto non porta ad una
convergenza delle due varietà linguistiche, come si potrebbe
facilmente supporre, ma determina, anzi, un ampliamento della
gamma di varietà a disposizione dei parlanti.
Per quanto riguarda l’influsso esercitato dai dialetti sull’italiano, si
nota l’affermazione di varietà di italiano regionale popolare, che
tuttavia non costituiscono una nuova norma italiana, non intaccano la
varietà standard, che invece si va rinormativizzando per conto proprio.
In sostanza, l’influenza dei dialetti sull’italiano affianca alla varietà
colta, standard delle lingua italiana, nuove varietà regionali
dialettalizzate, senza toccare il modello normativo.
D’altra parte, anche i dialetti subiscono l’interferenza dell’italiano,
soprattutto dal punto di vista lessicale, e si vengono a costituire in tal
modo varietà dialettali italianizzate, che tuttavia non hanno ancora
sostituito totalmente le varietà dialettali arcaiche, tuttora vitali in
alcune zone d’Italia.
Tornando al grafico 1, si concentri l’attenzione sulla prima classe
di fenomeni di contatto, la dialettizzazione dell’italiano. Si tratta di
interferenze di vario genere del dialetto sull’italiano usato da parlanti
incolti o che hanno come loro codice usuale il dialetto. Questo
ibridazione
dialettizzazione
italianizzazione
koineizzazione
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fenomeno determina il cosiddetto “italiano regionale popolare”, che
reca elementi dialettali nell’italiano, a vari livelli.
A livello fonologico si riscontrano numerosi casi di fonetica
segmentale e soprasegmentale trasportati dal dialetto all’italiano (es.
pronuncia retroflessa del nesso -tr nel catanese : (“Ho perso il
treno”).
A livello morfosintattico, si rintracciamo tratti morfologici e sintattici
tipici del dialetto, trapiantati nella varietà italianizzante (es. “Malato
sono” per “Sono malato” in cui si nota la dislocazione tipicamente
siciliana del verbo alla fine della frase).
Dal punto di vista semantico-lessicale, si rileva l’uso di parole
italiane con significato dialettale (es. acido per acidità di stomaco) e
di parole dialettali italianizzate (es. mellone per anguria dal sic.
muluni). Proseguendo ancora con questa tendenza si arriva agli
ibridismi
40
, forme per le quali è difficile stabilire l’appartenenza al
dialetto o all’italiano, perché costruite con materiali e regole di
entrambi i codici, al punto di offuscarne i criteri di demarcazione.
Sul versante opposto si trovano, invece, i fenomeni di contatto che
derivano dall’influsso esercitato dall’italiano sul dialetto. Al primo
livello compare l’italianizzazione dei dialetti, che si contrappone alla
dialettizzazione. Anche questo fenomeno interessa tutti i livelli del
sistema. A livello semantico-lessicale, si trovano parole italianeggianti
che vengono adoperate sempre più spesso in sostituzione di termini
dialettali in crescente disuso (es. grembiuli per fadali, lugliu per
giugnettu.) A livello morfologico, si ricordino i casi della sostituzione
delle desinenze dialettali -àu e -ìu del passato remoto, con quelle
italianeggianti (es. manciàu > manciò, partìu > partì). A livello
sintattico, si menzionano, come esempio, la progressiva scomparsa
dell’imperativo negativo preceduto da senza (es. senza cùrriri > non
cùrriri).
Con il termine koineizzazione
41
si è soliti indicare la formazione di
varietà dialettali di raggio regionale o subregionale. La koinè è sempre
relativa ad un gruppo dialettale regionale specifico (es. koinè siciliana)
e comprende i tratti del dialetto siciliano non marcati geograficamente
e comuni a tutte le aree della regione.
In conclusione, non sembra del tutto corretto parlare di
convergenza linguistica dell’italiano e del dialetto. “A rigore,
convergenza implica l’avvicinamento reciproco dei due sistemi”
(Berruto 1985: 118) mentre nel nostro caso è soprattutto il dialetto a
40
Per la definizione di ibridismo cfr. Berruto (1985: 109) e Berruto (1993: 31).
41
Per la definizione di koneizzazione cfr. Berruto (1985: 110)
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tendere verso l’italiano. Per rendere più chiara questo concetto,
possiamo visualizzare un grafico proposto da Berruto (1985: 118):
Grafico 2
Dal grafico 2 risulta evidente che fra italiano e dialetto esiste un
rapporto di scambio reciproco, ma l’italiano si evolve verso una
direzione propria, verso la quale si dirige parzialmente anche il
dialetto. Il comando della situazione, ovviamente, è in mano ai
parlanti i quali hanno molte varietà a disposizione che tuttavia non
sono uguali per tutti (ad esempio, il dialetto arcaico è patrimonio solo
di persone anziane, l’italiano standard solo di persone di una cultura
elevata ecc.). Inoltre spesso i parlanti hanno competenze discontinue e
alternano diverse varietà di lingua, e addirittura diversi codici, in
funzione di fattori come il contesto, lo stato d’animo, il canale ecc.
2.2 Definizioni
42
Nel repertorio linguistico italiano, in cui sono presenti varietà di
lingua e di dialetti, la maggior parte dei parlanti è di norma bilingue,
cioè usa quotidianamente sia l’italiano che il dialetto, a seconda degli
scopi e degli interlocutori.
Vi sono diversi gradi di bilinguismo. Il parlante bilingue può avere
una competenza attiva di un codice e passiva dell’altro, oppure attivo
dell’uno e parzialmente attivo dell’altro, o limitato dell’uno e ampio
dell’altro ecc.
42
Per le definizioni esposte in questo paragrafo cfr. Grassi-Sobrero-Telmon (2003),
Alfonzetti (1992).
sistema 1
sistema 2
italiano
dialetto
‘ vera’ convergenza
situazione italiana
50
Inoltre lo stesso parlante può essere bilingue in diversi modi, si
può, cioè, trovare in diversi punti di un continuum di situazioni che
vanno da un colloquio con un monolingue (es. italofono), che induce
il parlante ad usare lo stesso codice dell’interlocutore, a un colloquio
con un bilingue che condivide gli stessi codici e induce entrambi i
parlanti ad alternare le due varietà di lingua, anche all’interno della
stessa frase.
2.2.1 Alternanza di codice
Il parlante bilingue, in genere, alterna italiano e dialetto in
funzione di fattori extralinguistici, quali soprattutto i domini: es. usa
l’italiano sul posto di lavoro, con gli insegnanti, con gli estranei, ma
adopera il dialetto con i familiari, con gli amici ecc.
Questo fenomeno è stato definito alternanza di codice.
L’alternanza di codice non riguarda solo il repertorio linguistico
italiano, ma ricorre in tutte le comunità bilingui, ed è particolarmente
frequente nelle comunità emigrate, che alternano la lingua del loro
paese d’origine, il relativo dialetto e la lingua del paese straniero, in
relazione ai diversi domini.
2.2.2. Commutazione di codice
Ancora più frequente dell’alternanza è la commutazione di codice.
Si verifica quando una conversazione si apre con una lingua base, ma,
nel corso dell’interazione stessa, il parlante passa da un codice
all’altro, anche ripetutamente. All’interno del cambio di codice
distinguiamo tre tipi di commutazione: code switching, code mixing e
prestito. Bisogna, tuttavia, ricordare che non esistono regole sempre
valide e universali, ma è possibile descrivere e studiare quei
comportamenti linguistici che ricorrono con maggiore frequenza.
2.2.3. Code switching
Con questo termine si indica il passaggio da un codice
linguistico ad un altro (nel nostro caso dalla lingua al dialetto e
viceversa) all’interno di uno stesso evento comunicativo. Dal punto di
vista sintattico il code switching è prevalentemente interfrasale, in
quanto la commutazione avviene quasi sempre al confine tra una frase
e l’altra. Dal punto di vista della funzionalità, il code switching è
connesso a diverse funzioni che variano da caso a caso. Essendo
qualsiasi elenco delle funzioni sempre parziale e relativo solo a
determinate situazioni, è impossibile compilarne uno che sia valido
come punto di riferimento e che comprenda tutte le funzioni cui il
code switching può essere correlato. Pertanto si dà qui di seguito una
51
lista di alcune funzioni ricorrenti cui il passaggio di codice risulta
spesso connesso:
- rimediare a una competenza sbilanciata: il parlante dopo aver
iniziato in un codice passa a quello che padroneggia meglio;
- segnalare il cambio dell’interlocutore: il parlante passa da un codice
a quello privilegiato dall’interlocutore, per fargli capire che si sta
rivolgendo proprio a lui;
- segnalare il disaccordo con l’interlocutore;
- segnalare il cambio di argomento;
- segnalare il tipo di discorso: conversazione informale, lezione
universitaria, colloquio di lavoro ecc.;
- autocorrezione:
- inizio o fine di un racconto;
- esprimere un giudizio, un commento, una valutazione;
- allocutivi;
- saluti;
- espressioni di cortesia;
- interiezioni;
- intercalari e riempitivi;
- citazioni;
- enfasi.
2.2.4. Code mixing
Il termine indica il passaggio da un codice linguistico ad un altro
all’interno della stessa frase. Dal punto di vista sintattico è detto
intrafrasale e dà luogo a enunciati mistilingui di italiano-dialetto.
A differenza del code switching, il code mixing di norma non è
intenzionale e non ha una specifica funzione comunicativa.
Tuttavia, la differenza tra code mixing e code switching è molto
sottile dal punto di vista funzionale, le due definizioni tendono
piuttosto a sovrapporsi. Adoperando il criterio sintattico e il criterio
funzionale per distinguere i due tipi di commutazione linguistica, si
dovrebbero considerare code switching tutte le commutazioni
interfrasali e funzionali, e code mixing tutte le commutazioni
intrafrasali e non funzionali. Ma questa distinzione, molto rigida e
schematica, non rispecchia fedelmente la realtà. Infatti in alcuni casi il
code mixing può avere una specifica funzionalità comunicativa.
Per evitare ogni possibile ambiguità, nell’analisi sintattica dei
fenomeni di contatto linguistico riscontrati nel corpus, sarà adottata la
seguente distinzione:
• code-switching interfrasale:
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es: “E l’aiuto può venire da entrambe le parti...però dipenni
sempri di cui aj vicinu”
• code switching intrafrasale
es: “Ti talia in manera strana chi tu...in manera tali chi
tu...muori perché dici -Oddio... che cosa sta succedendo...-”
• tag switching o code switching extrafrasale
Interessa tutti i segmenti (allocutivi, interiezioni, riempitivi,
intercalari) che sono meno strettamente legati con il resto della frase.
es: “Carù, l’avete portato i soldi? Domani c’è il compleanno di
G."
2.2.5. Prestito
Si tratta di quei casi in cui il parlante prende una parola dall’altro
codice e la inserisce nel suo discorso, per lo più adattandola
fonologicamente e morfologicamente al codice che sta usando. In
genere, il parlante introduce un prestito quando non trova, nel suo
codice, un termine altrettanto adatto.
Non sempre però, il prestito viene adattato fonologicamente e
morfologicamente alla lingua che lo “prende in prestito”; in certi casi,
viene trasferito nell’altro codice nella sua veste fonetica e morfologica
originaria, come nel seguente esempio:
es: “Quella dei pignatuna, quando c’era M. e lo voleva
fotografare.”
In questo caso, pignatuna è un termine dialettale barrese che indica
una festa tradizionale del paese in occasione del carnevale; non
essendoci un corrispettivo adatto nella lingua italiana, il parlante deve
obbligatoriamente ricorrere al prestito.
2.3 Metodo d’indagine
43
L’analisi del comportamento linguistico degli studenti presi in
considerazione si basa principalmente sull’esame di un corpus di
parlato registrato, comprendente diverse situazioni comunicative con
differenti gradi di formalità.
Il corpus, costituito da un totale di 82 minuti di registrazione, è
stato raccolto presso la scuola media “Giovanni Verga” di
Barrafranca, e comprende situazioni che vanno dal grado più alto di
43
L’esposizione del corpus di parlato registrato si basa sulla composizione e sulle
tecniche di raccolta adottate da Alfonzetti (1992)