II
definitivamente consolidato e ampliato competenze e ruoli;
l’aspetto più rilevante di siffatta innovazione riguarda il recupero
dell’originario carattere della rappresentatività degli organi delle
Camere, una sorta di ritorno alle origini di tali istituzioni, com’è
noto nate dalla società economica e che ad essa progressivamente
sono restituite dalla riforma della legge suddetta,
2
la quale
dichiarata imminente già nel 1944 ha dovuto attendere ben
quarantanove anni per vedere la luce.
Intervenendo dopo circa sessanta anni dal vecchio testo unico,
questo nuovo ordinamento legislativo rappresenta un serio sforzo
di sistemazione degli enti camerali, dotati di una lunga e ricca
tradizione ma venuti crescendo specialmente negli ultimi decenni
di storia repubblicana, in modo caotico e disordinato.
3
Un altro aspetto importante della legge di riforma è costituito
dall’istituzione del nuovo registro delle imprese; non minore
rilevanza riveste inoltre il riconoscimento dell’autonomia
statuaria
4
in capo ai nuovi enti camerali; tale previsione
normativa costituisce la naturale conseguenza dell’esperienza
varata con la legge 142/90
5
di riforma degli enti locali territoriali.
2
Cosi G. ARMAO, Il nuovo ordinamento delle Camere di Commercio, Palermo, 1996, 6
ss; sul tema v. CASSESE, La nuova Costituzione economica, 10-11. Più in generale sui
rapporti tra diritto e mercato ed in particolare, tra regolazione pubblica e mercato,
FERRARESE, Diritto e mercato, Torino, 1992.
3
Cosi A. MONTESANO (Pro rettore Università Bocconi), in FERRARI, Le Camere di
Commercio e le innovazioni normative di cui alla L.580/1993, Milano, 1997.
4
Art. 3 legge 580/1993; inoltre l’autonomia statuaria trova riconoscimento anche nell’art.
12, quinto comma, della suddetta legge, che consente ai consigli di optare per la
designazione dei propri membri tra un sistema elettivo diretto ed il mantenimento di quello
vigente in base al quale i consiglieri designati dalla diversa categoria sono poi nominati dal
Presidente della Giunta regionale; sul punto v. ARMAO, op. cit., 43 ss..
5
Legge 8 giugno 1990 n. 142, Ordinamento delle autonomie locali – Occorre in merito
ricordare, ad esempio, l’art. 27 della suddetta legge (confluito ora nell’art. 34 D. LGS. 18-
III
Con la legge di riordino, infatti, le Camere di commercio - fatto
fondamentale - hanno acquisito autonomia istituzionale,
statuaria, organizzativa, finanziaria.
D’altro canto la tendenza al decentramento e al rafforzamento
delle autonomie nasce dall’opportunità di applicare anche
all’operato degli enti pubblici il principio di sussidiarietà,
enunciato nel trattato di Maastricht; esso, in breve, statuisce la
necessità di attribuire compiti alle autorità centrali superiori solo
ove quelle periferiche non siano dotate degli strumenti necessari
per il loro effettivo svolgimento. Inoltre accanto alla sussidiarietà
verticale (intesa sostanzialmente come distribuzione di
competenze fra i livelli territoriali di governo), a partire
soprattutto dalla Legge 59 del 1997
6
si è inserito
nell’ordinamento italiano un concetto più ampio di sussidiarietà:
un concetto che le Camere, attraverso il processo di
riorganizzazione seguito alla riforma, avevano in qualche modo
anticipato. Si tratta di una sussidiarietà che legittima anche i
soggetti che non siano espressione di governi territoriali, ma che
abbiano comunque specifiche competenze e siano dotati di una
8-2000, n. 267 con il quale è stato approvato il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento
degli enti locali), espressamente richiamato dall’art. 2, comma 3 della l. 580/1993, che
inserisce le Camere di commercio fra gli enti ammessi a partecipare agli Accordi di
programma.
6
Legge delega 15 marzo 1997 n. 59 (Bassanini 1) concernente il nuovo conferimento di
funzioni e compiti statali alle Regioni e agli enti locali. L’art. 1, comma quarto, lettera d, ha
previsto che fossero esclusi dal conferimento “i compiti esercitati localmente in regime di
autonomia funzionale dalle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura e
dalle Università degli studi”. Contemporaneamente l’art. 3, comma primo, lettera b, ha
previsto che funzioni e compiti nuovi potessero essere conferiti, “osservando il principio di
sussidiarietà di cui all’art.4, comma terzo, lettera a”, oltre che agli enti locali territoriali,
anche agli enti locali funzionali.
IV
legittimazione di carattere generale per lo svolgimento in
autonomia di compiti e funzioni.
7
Con la legge 59 si è data la possibilità perciò anche agli enti
dotati di cosiddetta autonomia funzionale – quali le Camere di
Commercio – di concorrere assieme alle autonomie territoriali al
disegno complessivo di ridistribuzione delle competenze
all’interno dell’ordinamento amministrativo pubblico.
L’autonomia funzionale delle Camere è andata poi ulteriormente
definendosi tanto con i decreti di attuazione della legge
Bassanini (in particolare il n. 112/1998),
8
che, con tutta una serie
di altri importanti interventi legislativi (quali ad esempio la
riforma dei ministeri).
Tutto questo processo di trasformazione dell’operato della
pubblica amministrazione deve essere visto nell’ottica di una
riconversione della cultura legalistica della stessa, il cui punto di
partenza è da ricollegarsi all’emanazione della legge 241/90
9
sul
procedimento amministrativo e il cui sviluppo è stato segnato da
una serie di provvedimenti legislativi, che si sono susseguiti nel
tempo, tra i quali emerge il decreto legislativo 29/93, cosi come
modificato ed integrato.
Oggi il pubblico potere non è più visto come una roccaforte
inoppugnabile, ma come luogo accessibile nel quale devono
7
Cosi GIORGIO PASTORI, Significato e portata della configurazione delle Camere di
Commercio come autonomie funzionali, Roma, 2000.
8
Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 112, Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della
legge 15 marzo 1997, n. 59. In merito ricorda l’art. 37 comma 1 ha sancito l’abrogazione
degli atti di controllo sugli statuti delle Camere e l’art. 38 che conserva però allo Stato
l’approvazione dello Statuto dell’unione italiana delle Camere di commercio.
9
Legge 7 agosto1990 n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo di
diritto di accesso ai documenti amministrativi.
V
trovare soddisfazione le esigenze dell’utente; quest’ultimo viene
ad assumere una posizione sempre più vicina a quella della
pubblica amministrazione, e ciò è testimoniato, nell’ambito delle
Camere di Commercio, dallo stesso rinnovato meccanismo
d’elezione degli organi camerali; il potere di determinarne la
composizione viene, infatti, sottratto allo Stato e lasciato
all’imprenditoria locale.
10
Oggi la Camera di Commercio si configura come Ente pubblico
autonomo ed elettivo. E`un’istituzione aperta, vicina alle attività
economiche del territorio, di cui interpreta voci e valori, di cui
promuove lo sviluppo attraverso l’offerta di servizi reali
interagendo con altri organismi e istituzioni nazionali; collabora
con le associazioni di categoria e sostiene le attività economiche
del territorio, interpretandone voci e valori, promovendone lo
sviluppo attraverso l’offerta di servizi, la concessione di
finanziamenti, il potenziamento delle infrastrutture, la
partecipazione ai Consorzi. La Camera di commercio si pone nei
confronti delle imprese come porta d’accesso alla pubblica
amministrazione, punto di confluenza fra attività produttive e
Stato.
11
I più importanti campi d’intervento delle Camere di commercio
sono quelli dell’internazionalizzazione, della formazione,
dell’innovazione tecnologica, della certificazione di qualità,
10
Cosi M. E. TEATINI, Il nuovo ordinamento delle Camere di Commercio, Padova, 1997
11
Frutto di questo nuovo orientamento è anche le guide ai servizi camerali, pubblicate
dalle varie Camere di commercio, una per tutte: CAMERA DI COMMERCIO DI
VERONA, Guida ai servizi camerali – Come orientarsi in Camera di commercio, Verona,
gennaio 2002, può essere richiesta anche via e-mail ed è recapitata gratuitamente
all’indirizzo indicato.
VI
dell’arbitrato e dello sviluppo di servizi avanzati alle imprese,
specialmente piccole e medie.
Per raggiungere questi obiettivi le Camere di commercio possono
realizzare e gestire direttamente strutture e infrastrutture, sia a
livello locale sia nazionale, partecipare a enti, associazioni,
consorzi o società e costituire aziende speciali, come hanno già
fatto numerose Camere per gestire o erogare servizi specifici con
modalità particolarmente snelle.
12
Nell’ambito dell’attività camerale è opportuno distinguere tra le
attività istituzionali o obbligate e le attività promozionali o
discrezionali. Questa dicotomia già presente nella fase anteriore
alla legge di riforma, è stata ora rafforzata dal legislatore che
riconosce all’Ente camerale, sia una preminente funzione
amministrativa istituzionale, collegata alla gestione del Registro
delle Imprese, sia poteri di stimolo e sostegno dell’economia
della provincia.
Sono attività istituzionali, le quali rappresentano il nucleo storico
delle attività camerali, quelle previste da precise norme
legislative: la tenuta del Registro delle imprese, la gestione di
albi, ruoli ed elenchi; la pubblicazione di listini prezzi; il rilascio
di certificazioni, licenze e autorizzazioni per attività di varia
natura in Italia e all’estero, la pubblicazione degli elenchi dei
protesti cambiari.
Le attività promozionali e di supporto alle imprese invece sono
caratterizzate dalla discrezionalità.
12
Cosi in www.tn.cam.com.it/cosaèunacciaa.html, sito web della Camera di commercio
della Provincia autonoma di Trento, all’interno del quale è possibile trovare una descrizione
sintetica ma precisa dell’intero sistema camerale nazionale.
VII
Agli organi elettivi camerali è lasciata la valutazione
sull’opportunità, la convenienza e l’adeguatezza delle iniziative
da avviare. Rientrano fra le attività promozionali gli interventi a
sostegno delle attività delle imprese (servizio nuova impresa,
sportello per l’internazionalizzazione, ecc.), l’assistenza a varie
categorie di operatori, i servizi di informazione economia, di
formazione, di studi e ricerche di settore e in generale le
iniziative che tendono a stimolare e sostenere la crescita
economica e sociale della provincia.
L’attività più visibile è però costituita dal “Registro delle
imprese”,
13
che, per effetto della legge di riordino delle Camere
di commercio, sostituisce il “Registro delle Ditte” e rende unica
la funzione di “anagrafe” delle imprese, prima condivisa dalle
stesse Camere con le Cancellerie commerciali dei Tribunali.
Come per la collettività dei cittadini, “l’anagrafe” delle imprese
rappresenta uno strumento di riconoscibilità, di trasparenza e di
governo. Il supporto operativo della rete informatica Cerved
rende i dati di ogni Camera di Commercio disponibili in tempo
reale su tutto il territorio nazionale. L’istituzione del registro
delle imprese
14
e la tenuta dello stesso, mediante sistemi
informatici costituisce l’attuazione dell’art. 2188 del codice
13
Cfr. BOCCHINI, Finalmente istituito il registro delle imprese, Corr. giur., 1994, 137 ss.;
Cfr. DIEGO PINTO, Il travagliato iter del registro delle imprese, atti del convegno “Dal
registro delle imprese al registro delle imprese organizzato dalla Camera di commercio di
Chieti il 27 ottobre 1995, in “Osservatorio economico” della provincia di Chieti, dicembre
1995; Cfr. FERRERO PAOLA, Spunti problematici di una prima applicazione della legge,
Giornata di studio sul tema Il registro delle imprese al debutto, Torino, 20 febbraio 1995;
Bocchini, Voce Registro delle imprese, in”Enciclopedia del Diritto”, 525 ss.
14
V. D.P.R. 7 dicembre 1995, n.581, Regolamento di attuazione dell’art. 8 della l. 29
dicembre 1993, n. 580 in materia di istituzione del registro delle imprese di cui all’art.2188
del codice civile.
VIII
civile (“è istituito il Registro delle imprese per le iscrizioni
previste dalla legge”), che era rimasto lettera morta per più di
cinquanta anni ed era sostituito da un meccanismo cartaceo di
pubblicità legale facente capo alla cancelleria commerciale del
Tribunale, comunque inadeguato a garantire le finalità
istituzionali del sistema di pubblicità commerciale.
1
INTRODUZIONE
La presente tesi affronta lo studio delle Camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, enti autonomi, dotati di
personalità giuridica di diritto pubblico, deputati a svolgere,
nell’ambito della loro circoscrizione competenza, funzioni
d’interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo
sviluppo nell’ambito dell’economia locale; la tesi inoltre affronta
lo studio delle Camere di commercio italiane all’estero,
associazioni di natura privata, non aventi fini di lucro, costituite
secondo la normativa del Paese in cui hanno sede, indipendenti
da qualsiasi istituzione pubblica, italiana, o locale e riconosciute
dal Ministro del commercio estero ai sensi della legge 518 del
1970. Con la loro fondazione avvenne la costituzione all’interno
di un sistema camerale a forte connotazione pubblicistica di una
sovrastruttura che viceversa seguiva il modello anglosassone
fondato sulla volontarietà dell’adesione.
Il primo obiettivo è stato quello di inquadrare l’ente nella sua
evoluzione storica e nella propria natura giuridica, descrivendo
altresì gli organi interni e le funzioni attribuite a questi enti.
Questo primo approccio ha comportato un’analisi della
legislazione in materia e in special modo della legge n. 580 del
1993 di riordino degli enti camerali.
Dall’analisi condotta è emerso che le Camere di commercio sono
enti alquanto snelli e flessibili. Ciò dipende da vari fattori, infatti,
dispongono d’autonomia normativa, perché possono definire i
loro statuti e regolamenti interni, inoltre il controllo su questi enti
si va affievolendo, infatti, recentemente sono stati aboliti i
controlli eseguiti sui loro atti dal ministero competente, lasciando
2
alle Regioni compiti relativi alla vigilanza sugli organi; e
oltretutto i componenti del loro organo d’indirizzo politico sono
nominati dallo stesso tessuto economico locale.
È indubbio che la legge di riordino del 1993, avendo trasferito la
gestione del registro delle imprese alle Camere di commercio e
stabilendo come funzioni fondamentali, oltre alle funzioni
amministrative ed economiche relative al sistema delle imprese,
le funzioni di supporto e di promozione degli interessi generali
delle imprese, ha ridato vigore all’ente camerale, che
specialmente negli ultimi anni appare molto attivo e può offrire
notevoli possibilità di sviluppo dell’economia locale.
Cosi come fatto per le Camere di commercio in Italia, anche per
quelle con sede all’estero, il primo passo è stato quello di
collocare l’ente nelle sua evoluzione storica. Nel ripercorrere
l’origine di alcune di queste Camere di commercio all’estero si è
avuto modo di costatare come le cause che hanno spinto alla loro
fondazione non sono state sempre le stesse, ma le più diverse:
dalla presenza di una numerosa e operosa comunità italiana sul
luogo alle pressioni da parte del governo italiano a tal fine.
Successivamente all’esame storico, si è proceduto all’analisi
della natura giuridica, degli organi camerali, dei servizi e delle
attività svolte dalle Camere all’estero.
Il volto delle Comunità italiane all’estero è mutato enormemente
in questi ultimi decenni. Da una fase caratterizzata dalla
sopravvivenza e dal bisogno sono passate ad una situazione che
presenta caratteri di maggiore stabilità, inserimento e diverse
forme d’aggregazione, anche se permangono ancora situazioni di
disagio e di bisogno accentuate in alcuni paesi. Le Comunità
italiane si ripropongono alla società e allo Stato italiano come
3
una nuova potenzialità di valori culturali, economici e sociali da
favorire ed incrementare: questo è quanto emerge. Il mezzo
principale per sfruttare quest’enorme potenzialità economica non
può che essere l’utilizzo della già collaudata presenza delle
Camere di commercio italiane all’estero.
Per ultimo si è proceduto all’analisi di tre Camere di commercio
italiane all’estero: quella di Parigi, quella di Londra e quella di
New York. La scelta naturalmente non è stata fatta a caso, queste
tre Camere sono tra le più antiche e ricche di storia, inoltre
rappresentano tre culture, tre ambienti e tre tipi di comunità
italiane all’estero per moltissimi aspetti diversi.
4
CENNI STORICI
1. LE ORIGINI
Penso che costituisca un criterio metodologico di sicura validità
ed utilità nella ricerca giuridica, quello di verificare l’analisi
storica degli istituti, poiché anche per il diritto è vero il detto
“historia magistra vitae”. Mi sembra perciò corretto prima di
continuare l’analisi del mondo delle Camere di commercio fare
una breve disamina storica di questi organismi dalle origini molto
antiche.
Le Camere di commercio
1
sono, infatti, organismi d’antica
istituzione, sorti allorché i mercanti hanno cominciato ad
avvertire il bisogno di un luogo nel quale affrontare problemi che
travalicavano l’interesse dei singoli e per il tramite del quale
presentarsi al dialogo con il potere pubblico.
2
Esse affondano le loro origini in quelle associazioni d’artigiani e
d’imprenditori, riconosciute dallo Stato e aventi diritti corporativi
nei confronti degli associati, già presenti addirittura nella civiltà
egizia e nell’ordinamento dell’antica Roma, sin dal periodo della
Repubblica, col nome di collegia opificum mercatorum,
3
1
L’espressione Camera di commercio compare per la prima volta in un testo legislativo
soltanto nel 1701, in Francia
2
Cosi UNIONE ITALIANA DELLE CAMERE DI COMMERCIO INDUSTRIA ED
AGRICOLTURA–Camere di commercio dell’unione europea 1999, Unioncamere sede di
Bruxelles; coordinamento: Vittorio Machitella; a cura di Veronica Manfredi (S.l. 1999)
3
Vedi MARIANI, Camere di commercio, Napoli, Ottobre 2001
5
istituzioni che, salvo qualche eccezione, sarebbero scomparse
con le invasioni barbariche.
4
I collegia opficum mercatorum, per l’assetto stesso
dell’ordinamento giuridico romano, non ricoprirono un ruolo
fondamentale nell’organizzazione politico-istituzionale romana;
questo perché il centro degli interessi economici e sociali,
nell’antica Roma, era rappresentato dal diritto di proprietà sulla
terra e sugli strumenti per coltivarla, proprietà che era
completamente in mano dei Patrizi. Il commercio invece era
un’attività, che per definizione era svolta dalla Plebe, l’unica che
necessitava del lavoro per vivere.
La forma attuale delle camere di commercio è comunque molto
diversa da quella dei collegia
5
romani, mentre si avvicina
maggiormente alla struttura degli enti camerali che nacquero nel
XVII secolo in Francia e nel XVIII secolo in Italia.
6
Dopo il crollo dell’Impero Romano, assistiamo ad una chiusura
dei sistemi di produzione e ad un ritorno ad un’economia di
sussistenza, a causa delle condizioni d’incertezza politica ed alla
scomparsa della moneta come mezzo di scambio.
4
Vedi FRICANO, Le camere di commercio in Italia, Milano 1997, 17 ss.; sul punto v.
inoltre GUZZARDO, Le nuove Camere di Commercio, Bari, 1995, 9.
5
Per un esame più approfondito dei precedenti storici delle Camere di commercio v. F.
MOLTENI, Camere di commercio, industria e agricoltura, in Enc. dir., MILANO, 1959,
958 ss.; MARINO, Il centenario delle Camere di commercio, in Nuova Rass., 1962, 1742
ss.; BELLI, Camere di commercio, industria e agricoltura, in Nov.mo dig.it., II, Torino,
1958, 768ss.; nonché AMORTH, Le Camere di commercio dall’Unità d’Italia alla riforma
regionale: assetto istituzionale e ruolo, in GIANOLIO (a cura di), Le Camere di
commercio fra Stato e Regioni, MILANO, 1979, 29 ss.; PERTEMPI, Le camere di
commercio industria e agricoltura, a cura della CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA
E AGRICOLTURA DI ROMA, 3ª edizione riv., Roma, stampa 1966
6
V. MARIA ELENA TEATINI, op. cit., 19.
6
2. L’EPOCA DEI COMUNI E LE CORPORAZIONI
Si assiste ad una rinascita del commercio e degli scambi, solo nel
momento in cui si avvia l’epoca dei Comuni, che prende avvio in
Italia, soprattutto nelle città.
La presenza di forme d’organizzazione delle comunità artigiane,
mercantili e finanziarie, nei centri urbani del Nord e dell’Italia
centrale ed in misura inferiore anche del Sud, costituisce parte
integrante della storia delle città italiane dal medioevo fino all’età
moderna. Si tratta delle corporazioni di arti e mestieri,
7
rappresentative delle varie categorie produttive, nate
dall’associazione d’esercenti una stessa arte o una stessa
professione, variamente strutturate e diversamente definite nelle
diverse città e nei successivi periodi storici. Tali corporazioni
erano essenzialmente libere associazioni di tutela degli interessi
commerciali regolate da propri statuti e aventi funzioni
giurisdizionali e politiche di controllo e di regolazione del
mercato. Dai suddetti statuti si ricavano le funzioni di carattere
politico, esecutivo e giudiziario che esse svolgevano nell’ambito
dell’economia.
8
Dal punto di vista politico rivestivano particolare importanza le
funzioni di protezione della sicurezza delle strade commerciali e
dei mercati; sotto il profilo esecutivo è da segnalare la vigilanza,
7
Per più approfondite considerazioni si rimanda a BIDISCHINI, Nota storica, in
BIDISCHINI, MUSCI, Guida agli archivi storici delle Camere di commercio, Union
camere – Pubb. Archivio di Stato, Min. Beni culturali e amb., Roma, 1996; v. inoltre
GALGANO, Storia del diritto commerciale, Bologna, 1976.
8
In merito v. MARIA ELENA TEATINI, op. cit., 20; PALETTA, Repubblica dei mercati
e Stato moderno:profilo storico della Camera, in Impresa e Stato, marzo 1994, 50 ss., ma
già ID, Repubblica dei mercanti e Stato moderno: rappresentanza degli interessi
commerciali a Milano, in Ann. di storia dell’impresa, n.5-6, (1989-1990), pp. 129-208
7
che era effettuata da parte delle corporazioni sui prezzi e sulle
misure e la tutela dei marchi; da ultimo, ma non per ordine di
importanza, emergono tra le funzioni giudiziarie il giudizio nelle
controversie fra mercanti e l’esecuzione delle sentenze.
Alcune di queste corporazioni divennero tanto importanti da
raggiungere la conquista del potere pubblico.
Dalle funzioni svolte dalle corporazioni medioevali è facile
intuire perché sono considerate gli antenati dei “nostri” enti
camerali: le loro funzioni sono sorprendentemente moderne e
molto simili se non, a volte, identiche a quelle svolte dalle attuali
Camere di Commercio.
Nel 1300 le singoli corporazioni, nell’intento di rafforzare il
proprio ruolo politico-economico, fondarono le c.d. “Università
mercantili”, risultanti dalla confederazioni tra le corporazioni
stesse (una….Unioncamere ante litteram!).
9
La giurisdizione
delle Università, coesistente con quella delle singole
Corporazioni e con quella ordinaria del Comune, si estrinsecò
soprattutto nelle controversie tra mercanti e non solo tra gli
appartenenti all’Università, ma anche nei riguardi degli estranei.
Le Università ebbero delle funzioni pubblicistiche ancora più
rilevanti di quelle esercitate dalle singole Corporazioni.
Ma dopo un periodo di fiorente sviluppo culminato nei secoli
XIV e XV, le corporazioni videro successivamente venir meno il
loro ruolo, in conseguenza delle mutate condizioni politiche,
tanto che nel XVIII secolo si arrivò in molti Paesi alla loro legale
soppressione. Le cause della crisi possono essere riscontrate
nella scoperta dell’America, con tutti i mutamenti intervenuti in
seguito ad essa, soprattutto a livello economico, ma la causa
9
Cosi MARIANI op. cit., 5