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con una veste grafica nuova fatta di fotografie, infografici e
sommari.
Sullo sfondo ci sono le elezioni e il governo di Antonio
Bassolino, un’esperienza lunga quasi sette anni, così intensa e
fertile da far parlare di sé ai quattro angoli del mondo, un
lavoro di amministrazione faticoso e entusiasmante costruito
con sagacia politica e cementato dallo sforzo di restituire alla
città la dignità perduta. È la “stagione dei sindaci”, con una
prima fase caratterizzata dalla politica dei «piccoli passi» e una
seconda fase, forse più lenta, finalizzata al consolidamento
della nuova mentalità collettiva. È un passaggio fondamentale
nella storia più recente d’Italia, uno stadio di enorme rilievo
nazionale. L’osmosi tra piano locale e piano statale è notevole,
in molti sperano che proprio nella «repubblica delle città»
possa avere inizio quel rinnovamento politico nazionale
necessario per riacquistare prestigio e credibilità. Ma il saldo è
negativo. L’attribuzione di poteri smisurati al primo cittadino
aumenta il grado di governabilità dei comuni, ma favorisce
anche decisionismo e personalizzazione della politica,
assestando il colpo di grazia al sistema dei partiti già
profondamente in crisi. A livello nazionale, poi, le fasce
tricolori non riescono a esportare i propri modelli vincenti e a
ricreare quella sinergia di intenti che ne aveva sancito il trionfo
sul piano locale. Dodici anni dopo, quindi, chi traccia un
bilancio sugli effetti della legge n. 81/93 non può non
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riconoscere che la riforma elettorale ha comportato non una
rivoluzione, ma una semplice ristrutturazione interna, lasciando
aperti e irrisolti tutti i problemi che il sistema politico italiano si
trascina dal secondo dopoguerra: una moltitudine di partiti e
partitini e la difficoltà cronica ad articolare il sistema in destra e
sinistra, sia perché nella tradizione politica del Belpaese sono
assenti un vero partito conservatore e un vero partito
progressista, sia perché la struttura storica con una forte
convergenza verso il centro impedisce l’organizzazione diadica
del sistema.
Questo lavoro vuole dimostrare come la riforma elettorale,
l’elezione diretta del sindaco e la spettacolarizzazione della
politica siano stati fattori decisivi nell’evoluzione del linguaggio
giornalistico nella cronaca politica cittadina de “Il Mattino”.
Nei sette anni di governo Bassolino, infatti, il quotidiano di via
Chiatamone ha conosciuto una metamorfosi importante che
ne ha stravolto i contenuti e le impostazioni. Con il dilagare
delle televisioni pubbliche e private, del resto, tutti i giornali
hanno perso il ruolo primario di informatori e non hanno
potuto fare altro che rinnovare il modo di scrivere gli articoli e
il cliché con il quale li si presenta. Lo scopo principale, ora, è
approfondire le notizie, curarle dal punto di vista testuale e
demandare alla multiforme infografica il compito di introdurre
l’evento, raccontare l’accaduto o riassumere la storia.
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La ricostruzione è divisa in cinque capitoli. Nel primo, sono
tracciate le linee guida che hanno segnato la trasformazione
della testata leader del Mezzogiorno, premesse indispensabili
per comprendere la nuova era del linguaggio giornalistico, e
sono analizzate le elezioni dell’estate 1987. Il secondo capitolo
è dedicato alla lunga e avvincente campagna elettorale di
Napoli del 1993, la prima a suffragio diretto, con la sfida tra
Bassolino e la Mussolini studiata nel dettaglio delle pagine de
“Il Mattino”. Nel terzo capitolo sono affrontati gli aspetti più
caratteristici dell’amministrazione di Bassolino, le sue strategie,
i suoi successi e le sue sconfitte. Il quarto capitolo è riservato
alla rielezione plebiscitaria del sindaco originario di Afragola,
con un approfondimento sul gossip e sulle nuove fonti di
informazione del giornalista. Infine, nel quinto capitolo, sono
descritti gli ultimi anni del governo Bassolino, con la parentesi
romana al ministero del Lavoro e l’annuncio choc delle
dimissioni.
La ricerca è stata effettuata attraverso l’integrazione dello
scarso materiale bibliografico esistente sul tema con l’analisi
diretta delle diverse annate de “Il Mattino” e con le
testimonianze dei protagonisti che hanno partecipato alle
vicende politiche di quegli anni contribuendo in maniera
significativa all’evoluzione del linguaggio giornalistico.
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1. LA RIVOLUZIONE DEL 1993
1.1 La svolta de “Il Mattino”
«Attenta, se fai così ti spacchi la testa». Vestito nuovo e capello
grigio fresco di coiffeur, Antonio Bassolino prova a tenere a
bada Alessandra Mussolini sul palcoscenico di “Milano, Italia”,
davanti alle telecamere di Raitre. Lei non ci sta, tenta di
metterlo in imbarazzo dicendogli «amore mio» mentre cerca la
rissa, graffia, morde. Poi attacca: «A Bassoli’, è inutile che ti
sbatti, i voti dei cattolici saranno i miei». Lui sta sulla battuta,
incalza, ripete: «Stai buona» sfidando la sua stessa balbuzie. Lei
gli fa le corna, gli dà dello jettatore e lo accusa di aver fatto
precipitare la lira. È la campagna elettorale per il sindaco di
Napoli, è il duello più avvincente dell’autunno 1993: Antonio
Bassolino e Alessandra Mussolini uno contro l’altro. Con lo
stesso obiettivo: la poltrona più ambita di Palazzo San
Giacomo, la poltrona del primo cittadino. È la nuova era della
politica, rivoluzionata dalla legge n. 81/93, che riforma il
sistema elettorale e introduce l’elezione diretta del sindaco, e
caratterizzata da una coesistenza difficile tra bipolarismo e
frantumazione partitica e da spinte sempre più forti verso la
spettacolarizzazione e la personalizzazione della leadership. Si
afferma un mix di populismo e di politica simbolica, la piazza
televisiva diventa il ring scintillante e incandescente, la sfida tra
Bassolino e la Mussolini fa irruzione nelle case di tutti i
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napoletani. È una campagna elettorale destinata a passare alla
storia, e non certo per la pregnanza di conflitto ideologico. Mai
come alla prima prova partenopea dell’elezione diretta della
fascia tricolore si sono visti tanto mischiati sondaggi e analisi
scientifiche, divinazioni e malocchi, colpi bassi e linguaggi da
sceneggiata. Mai come nell’ultimo trimestre del 1993 «Napoli si
è così accesa sotto i riflettori di una politica spettacolo esaltata
dalla contrapposizione personale, a tratti simile a una farsa
scarpettiana, ma poi via via capace di rivelare identità, essenze
politiche, talenti veri o millantati. Fin dall’inizio lo scontro si
delinea e si combatte senza esclusioni di colpi. Con Bassolino
impegnato prima a cimentarsi contro la sua immagine di uomo
di apparato, poi ad usarla per cavarne fuori un codice di
affidabilità e rigore; con la Mussolini a vellicare la platea
lavorando di mandibola e orbite e aria di famiglia, a “bucare”
lo schermo perfezionando un personaggio che mischia
populismo e intemperanze da giovanilismo irriverente. Il
mezzo diventa definitivamente il messaggio, e se la qualità
politica delle proposte può apparire alquanto desolante, in
compenso il piano spettacolare se ne giova».
1
È un mutamento
radicale. E i quotidiani, come sempre accade, rispecchiano la
realtà. Incalzato dal proliferare di telegiornali sulle tivù private
2
,
il linguaggio giornalistico conosce una nuova era: niente più
1
T. Marrone, Il sindaco, Milano 1996, pp. 113-114.
2
Il 15 gennaio 1991, in concomitanza con lo scoppio della Guerra del Golfo, va in
onda su Italia1 Studio Aperto, il primo dei telegiornali Fininvest. Il 13 gennaio 1992
nasce il Tg5, il 1 giugno 1992 è la volta del Tg4.
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titoli anonimi, niente più pastoni, niente più grigie colate di
piombo senza foto, grafici o sommari. Le pagine della cronaca
politica cittadina de “Il Mattino” ne sono testimonianza fedele.
L’austerità che aveva contraddistinto i primi cento anni di vita
del quotidiano di via Chiatamone, in edicola per la prima volta
il 16 marzo 1892 con la direzione di Edoardo Scarfoglio, viene
messa da parte. È il trionfo del sensazionalismo, la scrittura
letteraria diventa prevalente rispetto all’informazione, la stesura
oggettiva viene accantonata, rimpiazzata da quella soggettiva.
Campeggiano titoli forti, fotografie, curiosità e biografie,
autorizzate e non. La vita personale dei candidati finisce in
prima pagina, “lookologi” e analisti giudicano gli abbigliamenti
e gli atteggiamenti, tutto fa spettacolo. E audience. Tanto che,
il giorno dopo l’infuocato confronto tra Bassolino e la
Mussolini davanti alle telecamere di “Milano, Italia”, Rino
Mele, professore di Storia del teatro all’università di Salerno,
analizza con fare psicologico le espressioni facciali e il
linguaggio dei due aspiranti sindaci: «I protagonisti sanno di
giocarsi tutto e non solo per quello che dicono, quanto per
come appaiono. Ed essi parlano, sentendosi nello sguardo
dello spettatore, sapendo che quello sguardo alla fine
escluderà la loro immagine o quella dell’avversario. Allora,
infantilmente, ognuno di essi cerca di suggerire il giudizio e la
scelta, cancellando chi, nel fragile duello, sta di fronte. Nella
cornice televisiva appaiono aggressivi per troppa paura, da
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soli, senza la mediazione, nemmeno simbolica, dei partiti. E
viene fuori una cruda asprezza di rapporti, un dialogo
frammentato, (fatto di assalti e strategie aggressive) che
miniaturizza gli stessi personaggi». E ancora: «Era chiaro che
a Bassolino non faceva piacere duellare con la Mussolini: si
sentiva a disagio e la rintuzzava, la rimbeccava, con una
violenza didattica spiacevole. L’altra lo guardava e lo
aggrediva con tutta la puntigliosità e la velenosità di cui era
capace. Bassolino le gettava addosso tutto il suo disappunto
nel combattere alla pari con una donna, una dilettante fino a
qualche mese fa, e faceva la faccia feroce che gli si affilava
come un’accetta. Lei si riaggiustava i capelli e, guardando
verso la telecamera, sorrideva dell’irritarsi del rivale,
irritandolo di più. Una situazione asimmetrica che spesso si è
risolta a danno di chi aveva una maggiore conoscenza dei
problemi. Bassolino fa politica da sempre, è stato un quadro
importante del Partito comunista, lo è nel suo attuale partito,
e pure non ha retto bene di fronte all’aggressività forse
sprovveduta ma anche allegra della Mussolini. Ha avuto più di
lei paura dello sguardo dello spettatore, il vero protagonista (è
lui che tira i fili del teatrino di fantasmi serali, di ombre, di
eroi e di marionette). L’arbitro, Gianni Riotta, sembrava
gridare “break”, ma non per richiamare i contendenti, quanto
per apostrofare il rumoroso pubblico. Sul largo palco
sembravano diventati tutti più piccoli». (fig. 1.1).
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Fig. 1.1 “Il Mattino”, martedì 23 novembre 1993, pag. 5
Se “Il Mattino” sposa questa nuova impostazione e dà ampio
spazio alle indagini e alle notizie di colore, lo stesso fanno gli
altri grandi giornali italiani. Dalle colonne de “L’Espresso”, lo
scrittore Domenico Rea traccia un profilo inedito della
Mussolini. La tratta come un personaggio letterario, la
trasfigura in una descrizione che la rende somigliante alla
Miluzza di “Ninfa plebea”, il romanzo che fa vincere a Rea il
premio Strega: «Con quella bocca a ventose purpuree può dire
ciò che vuole. Io l’ho sentita. Ha una parlantina melodiosa.
Sta tra la moglie del macellaio arricchito e la vasciaiòla.
Quando parla non ammoscia. È una vera pizzaiola. Pappona,
butirrosa, starebbe bene su un palcoscenico del teatro
dialettale specialmente se sapesse fare bene la mossa. Che poi
altro non è se non uno scuotimento frenetico di natiche e
poppe».
3
La rivoluzione del linguaggio giornalistico è realtà. Il
21 ottobre 1993, ad un mese dalle elezioni, “Il Mattino” lancia
l’allarme: «Campagna elettorale a rischio show» (fig. 1.2). E
all’interno, commentando il confronto incrociato tra i quattro
3
T. Marrone, op. cit., p. 124.
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candidati a sindaco di Napoli sul palco di “Milano, Italia”,
Vittorio Del Tufo scrive: «L’impressione è che – più che sui
programmi – questa campagna elettorale si stia giocando sugli
slogan, sulle risse e sulle etichette. […] Che spettacolo. Già,
ma i programmi? E la città, dov’è la città? Complessivamente,
uno squallore perfetto. Un disagio totale. Un pugno nello
stomaco. Tutta colpa della tivù?».
Fig. 1.2 “Il Mattino”, giovedì 21 ottobre 1993, pag. 29
No di certo. È cambiata la politica, sono cambiate le regole
del voto, sono cambiate le strategie elettorali. E i quotidiani si
sono adeguati. È una svolta epocale. Non c’è nulla in comune
tra i pezzi che introducono le elezioni municipali di Napoli del
14 giugno 1987 e quelli che raccontano l’infuocato duello del
1993. Nulla.