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economico-quantitative, ed altri sono meno tangibili, come ad esempio
gli aspetti socio-culturali. L’ingresso dei nuovi membri include dieci
nuove lingue e culture. Soprattutto, include dieci nuovi governi e
visioni politiche, che potrebbero appesantire il processo decisionale e
legislativo comunitario.
Questi aspetti sono senz’altro interessanti, ma il tema principale
di questo rapporto sono le economie dei nuovi membri e la loro
evoluzione dalla caduta del muro di Berlino (1989) fino all’ingresso
ufficiale nella UE (2004), con alcune previsioni per il futuro.
La grande maggioranza di essi è caratterizzata da un passato
peculiare; testimoniano, infatti, il definitivo tramonto - in Europa - dei
governi totalitaristi di impronta socialista-comunista (Polonia,
Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania e
Slovenia) ed anche delle economie pianificate di tipo centralizzato.
Cipro e Malta hanno vissuto invece un passato più in linea con i
modelli politici ed economici occidentali.
In particolare, l’attenzione sarà rivolta solo verso alcuni dei
nuovi Stati membri della UE. L’analisi economica, infatti, verterà
principalmente sui quattro nuovi membri dalle dimensioni geografiche
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ed economiche più rilevanti: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e
Slovacchia.
Il rapporto è strutturato in tre capitoli.
Il primo capitolo riguarda il passaggio dei paesi ex-socialisti da
una economia di tipo centralizzato ad una economia di mercato. La
prima parte del capitolo offre un’analisi delle misure di transizione e di
stabilizzazione adottate dai governi, che sono state sostanzialmente le
stesse in tutti i paesi in questione.
La differenza principale risiedeva nella velocità e nella
tempistica con cui le misure sono state adottate. I due principali
modelli di politica economica che si delinearono erano la “shock
therapy” e il “gradualismo”. La parte finale del capitolo offre un
resoconto generale dei risultati delle misure di stabilizzazione e della
situazione economica dei paesi alla vigilia delle negoziazioni per
l’ingresso nella UE.
Il secondo capitolo consiste in una descrizione del processo di
avvicinamento - e poi di adesione - dei paesi ex-socialisti alla Unione
Europea. Vengono discusse le tappe e le condizioni di accesso, per poi
passare ad una analisi economica in senso stretto, concentrando
l’attenzione sull’impatto che l’adesione alla UE potrebbe avere sui
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nuovi membri. In particolare, sono presi in considerazione i costi che la
UE ed i nuovi membri hanno dovuto e devono sostenere, i problemi ed i
possibili benefici derivanti dall’allargamento, sempre in termini
economici. Il capitolo si conclude con un ritratto generale delle
dinamiche macroeconomiche di questi paesi negli anni precedenti
all’ingresso nella UE, considerando Prodotto Interno Lordo, crescita,
inflazione e disoccupazione.
Il terzo ed ultimo capitolo è dedicato al caso della Polonia, il
paese più grande tra i nuovi membri, con una popolazione di circa
trentotto milioni di abitanti.
Nonostante sia ancora presto per tirare delle conclusioni
definitive, è interessante tentare un’analisi di ciò che si è verificato in
questo paese dopo il primo maggio 2004, confrontando i fatti con le
previsioni offerte da politici ed economisti alla vigilia
dell’allargamento. Alcuni dei vari aspetti dell’economia polacca, come
la crescita, l’inflazione, il commercio estero, i settori industriali ed il
mercato del lavoro sono i temi centrali del capitolo. Grazie a recenti
dati statistici è possibile verificare se ci sia stato o meno un visibile
cambiamento dopo il 2004, ed anche argomentare su cosa ci si aspetta
nel decennio seguente all’adesione della Polonia alla Unione Europea.
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L’interesse al tema dell’allargamento (in particolare alla Polonia)
nasce in seguito all’esperienza di un anno di studio che ho vissuto a
Cracovia nell’ambito del progetto Erasmus. La partecipazione a diversi
corsi universitari riguardanti la transizione economica, le politiche
comunitarie e l’economia polacca, hanno stimolato il mio interesse per
queste tematiche. Ho deciso, pertanto, di dedicare questo rapporto
finale a tali argomenti.
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Conclusioni
Il processo di integrazione europea ha raggiunto una dimensione
notevole. Nel maggio 2004 abbiamo assistito all’allargamento che conta
il più alto numero di paesi nella storia dell’Unione Europea (ben dieci),
comportando un lavoro istituzionale e diplomatico intenso ed
impegnativo sia per le istituzioni comunitarie sia per i singoli paesi
membri.
Sin dai primi anni Novanta, c’è stato un impegno concreto da
parte della maggior parte dei paesi dell’Europa per raggiungere
l’ingresso nella UE. Ben dieci di loro sono riusciti nel loro intento,
dimostrando che l’appartenenza alla UE è uno status ambito, in quanto
fornisce la possibilità di avere voce in capitolo nelle decisioni che
concernono importanti accordi a livello continentale ed internazionale,
capaci di influenzare le politiche interne.
Ma l’aspetto più interessante dell’appartenenza alla UE è la
stabilità economica e la possibilità di crescere economicamente, grazie
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ad iniziative volte a promuovere la produttività ed il commercio
internazionale. In questo contesto, i paesi ex-socialisti (ora nuovi
membri) hanno intrapreso un impegnativo percorso di trasformazione e
stabilizzazione economica, durato circa un decennio, che si è concluso
con la decisione - da parte dell’UE - di accogliere i paesi che
soddisfacevano i criteri politici ed economici di ammissione.
Dal 2000, poi, è iniziato un programma di supporto economico
diretto verso i nuovi membri, con l’obiettivo di uno sviluppo equilibrato
ed armonioso, fino a raggiungere (si presume in un arco di tempo di
quindici anni) livelli di ricchezza vicini a quelli dei paesi occidentali. Il
supporto continuerà anche dopo il maggio 2004, con gli aiuti di “post-
accesso”, fino alla fine del 2006, dopodiché i nuovi membri potranno
inserirsi in pieno nell’attività comunitaria, utilizzando i fondi delle
politiche regionale, di coesione ed agricola.
E’ troppo presto per effettuare una stima accurata dei pro e
contro dell’ingresso dei nuovi membri nella UE. Un resoconto degli
effetti che l’adesione a questa comunità ha comportato nelle economie
di questi paesi sarà possibile solo nel lungo periodo, presumibilmente
tra un decennio.
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Tuttavia, sono già riscontrabili alcuni cambiamenti, imputabili
all’allargamento. Essi riguardano essenzialmente il commercio estero
(in particolare, prodotti agro-alimentari), spinto dall’apertura alla
libera circolazione dei beni e dei servizi, due delle quattro libertà
tipiche del mercato unico europeo. La progressiva eliminazione di dazi
e quote stimolano le importazioni e le esportazioni intra-comunitarie e
la libera circolazione delle persone potrebbe dar luogo ad una re-
distribuzione della forza lavoro a livello comunitario.
Tra i nuovi Stati membri, il paese che desta più curiosità è la
Polonia, per la sua rilevanza geografica ed economica. Essa, infatti, con
i suoi trentotto milioni di abitanti, è un mercato decisamente appetibile
sia per i venditori sia per gli investitori.
Nonostante, siano passati solo sedici mesi dalla data di adesione,
è possibile affermare che il bilancio dell’appartenenza della Polonia
alla UE è positivo. Questa affermazione è giustificata da una maggiore
dinamicità commerciale e dai crescenti investimenti ma soprattutto
dalla considerevole crescita economica, pari al 5,4% nel 2004 (il tasso
più alto dal 1997).
I punti deboli dell’economia continuano ad essere, nonostante
l’ingresso nella UE, l’alto tasso di disoccupazione (19,4% nel febbraio
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2005, il più alto in Europa) e gli squilibri regionali tra Ovest (più ricco,
grazie anche alla vicinanza con la Germania) ed Est (meno sviluppato).
La politica regionale e di coesione comunitaria saranno sicuramente
d’aiuto per migliorare questa situazione in Polonia, ma anche negli
altri nuovi Stati membri.
Il processo di integrazione europea è destinato a continuare.
L’allargamento futuro più vicino è quello che vedrà l’adesione alla UE
da parte della Romania e della Bulgaria. Le negoziazioni per l’ingresso
saranno completate entro la fine del 2005 e l’entrata ufficiale è prevista
per il 2007. Il processo di avvicinamento alla UE della Turchia appare
invece più complesso. La Turchia ha presentato la domanda di
candidatura nel 1989, ed è stata poi accettata. Nel 2004 i criteri di
ammissione (vedi paragrafo 2.1) sono stati soddisfatti, superando
l’inadempienza del paese riguardo al rispetto dei diritti fondamentali
dell’uomo. Le negoziazioni inizieranno durante il 2005, ma
l’opposizione politica di paesi del calibro di Francia, Germania ed
Austria renderà il processo lungo e difficoltoso. Anche la Croazia
inizierà quest’anno le negoziazioni. Per gli altri paesi dell’ex Jugoslavia
occorrerà attendere ancora.
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Per quanto riguarda i paesi esaminati in questo lavoro, i punti
interrogativi per il futuro sono principalmente due: l’ingresso nella
cosiddetta “area Schengen” e l’entrata nell’Unione Economica e
Monetaria, con l’adozione dell’Euro come unica valuta. L’eliminazione
totale dei controlli alle frontiere avverrà non prima del 2009, cioè dopo
un periodo di transizione di cinque anni.
L’ingresso nell’UEM sarà possibile dopo due anni di adesione
(con successo) al meccanismo del tasso di cambio (Exchange Rate
Mechanism), che consiste nel mantenere il tasso di cambio tra le valute
dei nuovi membri e l’Euro in una fascia di oscillazione del ±15%.
Inoltre, sarà necessario soddisfare tutti i criteri di convergenza di
Maastricht. La Polonia è candidata ad entrare nella “zona Euro”, ma
non prima del 2007. Questi paesi avranno il vantaggio di prendere
esempio dai membri che utilizzano già la moneta unica, con la
possibilità di ridurre il peso di alcuni effetti collaterali derivanti
dall’introduzione dell’Euro, come ad esempio la speculazione sui prezzi
al dettaglio.