Introduzione 2
Come si evince dal grafico (relativo alla città di Milano), questa crescita nella pro-
duzione di rifiuti, particolarmente rapida, segue una tendenza ben leggibile nei dati
disponibili.
In tutto il dopoguerra è registrabile una crescita della produzione pro capite di rifiu-
ti, ma la crescita si è visibilmente accentuata nel corso degli anni ‘80. Nel corso
degli anni ‘60 (1961-1970) il tasso di crescita era stato del 23,8 %; negli anni ‘70
(1971-1980), segnati da una fase di crisi economica, la crescita era stata contenu-
ta a circa il 5 %; infine nel corso degli anni ‘80 (1981-1990) si è avuta una esplo-
sione nella produzione di rifiuti con un incremento del 44 %.
Questa crescita vertiginosa nella produzione di rifiuti è stata, probabilmente, in-
fluenzata da variabili di tipo economico e sociale:
ξ l’aumento del reddito medio pro capite che ha prodotto un tenore di vita più alto
e quindi una crescita dei consumi di merci e generi di vario tipo;
ξ la diffusione di famiglie mononucleari, che ha comportato un incremento della
quantità di rifiuto generato;
ξ l’andamento dei processi di terziarizzazione, che nello scorso decennio è stato
sicuramente un moltiplicatore della produzione di rifiuti e che non dovrebbe co-
noscere analoghi tassi di crescita;
ξ l’andamento del rapporto tra quantità di imballaggio e unità di prodotto, che nel
corso degli anni ‘80 ha subito un’impennata nel senso che le quantità di imbal-
laggi utilizzate erano molto elevate e ciò ha provocato un considerevole aumen-
to di rifiuti.
Questa crescita è proseguita anche nel corso dei primi anni ‘90, anche se con ritmi
meno incalzanti; i dati di produzione pro capite sono i seguenti:
ξ 1991: 445 kg/ab/anno
ξ 1992: 460 Kg/ab/anno
2
ξ 1993: 475 Kg/ab/anno
ξ 1994: 486 Kg/ab/anno
ξ 1995: 467 Kg/ab/anno
3
2
Provincia di Milano - Assessorato all’Ambiente - Settore Ecologia “PIANO DI SMALTIMENTO DEI
RIFIUTI SOLIDI URBANI E ASSIMILABILI - VOLUME F” - Marzo 1995.
3
Provincia di Milano - Assessorato all’Ambiente - Settore Ecologia “ANDAMENTO DELLA RAC-
COLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI DELLA PROVINCIA DI MILANO 1993-
1995” - Giugno 1996.
Introduzione 3
Il rallentamento e l’inversione di tendenza che si è avuta nel 1995 dipende princi-
palmente da una serie di scelte a livello politico sulla gestione del problema che è
stato affrontato con validi strumenti legislativi solo a partire dai primi anni ‘90.
Oltre a queste scelte gestionali per la riduzione della produzione di rifiuti va anche
segnalata la nascita, a livello del singolo cittadino, di una certa coscienza ecologi-
ca che ha portato ogni singolo individuo a rendersi conto della gravità del proble-
ma e, quindi, a fare di tutto per far funzionare al meglio gli strumenti, come la rac-
colta differenziata, studiati per risolvere la questione.
Va anche segnalato che anche molte aziende produttrici di diversi beni di consu-
mo hanno adottato una politica tesa alla riduzione della produzione di rifiuti, in par-
ticolare alcune grandi multinazionali in Germania e Olanda hanno avviato una poli-
tica di contenimento degli imballaggi delle merci che, come è stato detto prima,
costituiscono una grossa frazione di rifiuti solidi urbani da smaltire.
Allargando l’indagine a tutta la Regione Lombardia si possono prendere in consi-
derazione le produzioni specifiche giornaliere per abitante di rifiuti solidi urbani; per
l’anno 1995 esse sono le seguenti:
Provincia Produzione RSU totale
(tonnellate/anno)
Produzione RSU pro capite
(Kg/abitante/giorno)
Bergamo (BG) 225.573 0,67
Brescia (BS) 354.192 0,91
Como (CO) 143.607 0,74
Cremona (CR) 106.936 0,89
Lecco (LC) 84.840 0,77
Lodi (LO) 59.757 0,83
Mantova (MN) 127.397 0,94
Milano (MI) 1.304.437 0,95
Pavia (PV) 190.998 1,06
Sondrio (SO) 46.589 0,72
Varese (VA) 239.633 0,81
Totale/Media 2.883.960 0,88
4
4
G. Bressi “ANNUARIO DELL’AMBIENTE - LOMBARDIA 1997 - SEZIONE RIFIUTI” - Gennaio
1998.
Introduzione 4
I valori indicati in tabella si riferiscono a rifiuti raccolti in maniera indifferenziata e
non sono compresi quelli che sono dichiarati raccolti come flusso separato.
0
200000
400000
600000
800000
1000000
1200000
1400000
BG BS CO CR LC LO MN MI PV SO VA
tonn/anno
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
BG BS CO CR LC LO MN MI PV SO VA
Kg/ab/die
Il valore medio di produzione pro capite giornaliero è di 0,88 Kg/ab/giorno; per ge-
stire meglio e con più facilità, da un punto di vista aritmetico e statistico, il proble-
Grafico 2: Produzione totale di RSU (tonnellate/anno) nelle province lombarde nel 1995
Grafico 3: Produzione specifica di RSU (Kg/ab/die) nelle province lombarde nel 1995
Introduzione 5
ma si opererà una approssimazione per eccesso di tale valore e lo si considererà
pari a 1 Kg/ab/giorno. Quindi verrà considerato che ogni abitante della Lombardia
produce, giornalmente, 1 Kg di rifiuto raccolto in maniera indifferenziata.
Aspetti qualitativi e composizione merceologica del rifiuto
Per quanto concerne le caratteristiche qualitative dei rifiuti solidi urbani i dati più
recenti disponibili sono quelli relativi all’anno 1994 e si riferiscono all’intero territo-
rio della Regione Lombardia.
I dati riportati sono appesantiti da un inevitabile grado di approssimazione dovuto
al fatto che i rifiuti solidi urbani sono una matrice troppo composita per ottenere
valori attendibili di analisi merceologiche fatte su campioni scelti casualmente.
Le stime riportate, a carattere regionale, derivano dai dati a livello provinciale che
ogni singola amministrazione deve fornire ricavandoli dai piani di smaltimento. In-
fatti le analisi merceologiche sulla composizione qualitativa di rifiuti solidi urbani
sono da fare a cura di ogni amministrazione provinciale e i valori riportati a livello
regionale sono una media dei precedenti.
Bisogna però tenere in considerazione che spesso le classi merceologiche sono
variabili; per esempio nella categoria “sottovaglio e vari” sono comprese, oltre al
sottovaglio vero e proprio, tutte quelle frazioni di rifiuto che non possono essere
aggregate in nessuna delle classi merceologiche omogenee, sia per la loro etero-
genea composizione, sia per l’esiguità dei dati disponibili.
Tessili e Legno
5 %
Metalli
4 %
Vetro
4 % Sostanza Organica
32 %
Sottovaglio
16 %
Carta
27 %
Plastica
11 %
Grafico 4: Composizione merceologica dei rifiuti solidi urbani (Lombardia 1994)
Introduzione 6
Organizzazione della gestione dei rifiuti
Come è stato detto in precedenza, nel corso degli anni si è avuta una crescita
molto forte nella produzione di rifiuti che, solo ultimamente, ha subito un lieve ral-
lentamento, ma è comunque ferma su valori molto elevati (in Lombardia nel 1995
sono state prodotte quasi tre milioni di tonnellate di RSU di cui quasi la metà solo
nella Provincia di Milano).
Risulta quindi ovvio che lo smaltimento di una così grossa quantità è un problema
che richiede un’accurata pianificazione sotto diversi punti di vista.
A livello economico è necessario trovare le vie meno onerose e che, eventualmen-
te, creino profitti, anche finanziari, sfruttando (tramite riutilizzo, riciclo o valorizza-
zione energetica) i materiali contenuti nei rifiuti.
Dal punto di vista ambientale e logistico bisogna affrontare il problema delle disca-
riche che, fino a pochi anni fa, erano l’unica via adottata per lo smaltimento e ac-
coglievano rifiuti indifferenziati di tutti i tipi esclusi quelli pericolosi o tossico-nocivi
(DPR 915/82).
Secondo i nuovi criteri gestionali introdotti dalle leggi regionali (LR 21/93) e nazio-
nali (DLgs 22/97) il rifiuto urbano non viene più visto come un qualcosa di omoge-
neo e quindi di non separabile, non è più un unico flusso di materiale di cui è ne-
cessario sbarazzarsi, stoccandolo in discariche costruite senza presidi, con il mi-
nor costo possibile senza considerare gli eventuali danni arrecati all’ambiente (in-
filtrazioni nelle falde sottostanti di percolati, effluvi odorigeni, ecc). Come si evince
dalle analisi merceologiche dei rifiuti solidi urbani prodotti in Lombardia (vedi grafi-
co 4) ci si trova davanti ad una serie di diversi materiali alcuni dei quali possono
essere riciclati, riutilizzato o recuperato. In base a queste considerazioni si è deci-
sa l’adozione di un sistema di gestione basato sulla raccolta differenziata in modo
da ottenere differenti flussi di materiali con un grado di purezza tale da consentire
il riciclaggio per il vetro, la plastica e la carta, la valorizzazione agronomica per il
materiale organico e la valorizzazione energetica per tutti gli altri. In sintesi tali cri-
teri di pianificazione (previsti dalla LR 21/93) includono, oltre alla raccolta differen-
ziata, altre priorità come il contenimento dei costi di smaltimento e la riduzione
progressiva di smaltimento di rifiuto indifferenziato.
Dal punto di vista sociale una scelta di tale portata va accuratamente pianificata
(soprattutto a livello di amministrazioni comunali e provinciali) in modo da coinvol-
gere in pieno i cittadini, esaltando la loro coscienza ecologica ed ambientalista,
poichè l’ottenimento di frazioni differenziate con una elevata purezza merceologica
Introduzione 7
dipende soprattutto dall’impegno profuso dalle utenze domestiche nella separa-
zione del loro rifiuto all’origine.
Inquadramento del problema della Stabilizzazione Biologica Aerobica (SBA)
Tra le varie modalità di smaltimento delle diverse frazioni di rifiuto raccolte tramite
un sistema differenziato ci si occuperà in particolare della frazione organica o rifiu-
to umido.
Questa parte del rifiuto è particolarmente problematica da trattare e smaltire a
causa del fatto che, essendo di natura organica, tende a marcire e, soprattutto per
quei rifiuti di origine alimentare, causa problemi molto seri relativi agli odori che
sviluppano anche dopo poco tempo.
Inoltre, uno stoccaggio in discarica di rifiuto umido tal quale porterebbe alla forma-
zione di vaste zone di anossia che provocherebbero processi di tipo anaerobico
con successiva formazione di composti maleodoranti (H
2
S, ecc), infiammabili
(CH
4
, ecc), che possono dare luogo a cattivi odori e provocare conseguenze dan-
nose all’ambiente circostante e agli abitanti delle zone limitrofe.
Lo smaltimento del rifiuto umido necessita un trattamento che faccia perdere al-
meno una parte dell’umidità contenuta e quindi del potenziale di putrescibilità in
modo da ottenere una frazione organica più stabile e meno reattiva dal punto di
vista biochimico che, una volta messa in discarica, non dia luogo ai problemi so-
pracitati.
Tra i diversi scopi della stabilizzazione della frazione umida vi può anche essere
quello della valorizzazione agronomica del rifiuto stabilizzato; ovviamente vanno
rispettati una serie di accorgimenti sia nella selezione delle matrici organiche, sia
nella gestione del processo. L’ottenimento di un prodotto qualitativamente accet-
tabile per il suo riutilizzo in campo agronomico dipende dall’uso di matrici organi-
che di qualità elevata, senza contaminazioni di microinquinanti metallici o inorga-
nici e di macroinquinanti come plastiche o vetro; la gestione del processo invece
deve essere condotta in modo tale da ottenere il massimo grado di stabilizzazione
e di humificazione della biomassa.
Percorso della tesi:
Nel presente lavoro si tenterà di stabilire, tramite prove di tipo analitico, la qualità
di due differenti tipologie di materiali stabilizzati biologicamente. Si tratteranno
compost derivanti da una raccolta differenziata (impianto Cassiopea) e derivanti
Introduzione 8
da una separazione meccanica post-raccolta del rifiuto tal quale (impianto Pega-
so).
Per stabilire la qualità di queste biomasse si procederà con indagini analitiche di
diverso tipo:
ξ agronomico: umidità, sostanza organica, pH, salinità, forme di azoto, potassio e
fosforo, cationi (Ca
2+
, Mg
2+
, Na
+
), anioni (Cl
-
). L’azoto si è determinato mediante
titolazione di un estratto posto in digestore Kjeldahl, il fosforo mediante spettro-
fotometro a 650 nm, i cationi mediante spettrofotometro ad assorbimento ato-
mico e gli anioni mediante titolazione e colorimetro;
ξ tossicologico: metalli pesanti mediante spettroscopia ad assorbimento atomico
(cadmio, zinco, rame, nichel, arsenico, cromo, piombo);
ξ respirometrico: indice biologico di stabilità tramite una metodica messa a punto
dalla Regione Piemonte e adattata al presente caso di studio;
ξ fisico e idrologico: densità apparente e reale, porosità e curva di ritenzione idri-
ca.
I risultati delle analisi saranno confrontati con i valori guida dettati dalle normative
in vigore a livello regionale (Piemonte DGR 63-8317 29/04/1997) e a livello nazio-
nale (DPR 915/82 norme tecniche e LN 748/84); inoltre si faranno comparazioni
tra i limiti stabiliti a livello europeo per le “ecolabel” e analisi fatte su tipologie di
materiali stabilizzati provenienti da altri impianti.
Questi riscontri permetteranno quindi di valutare la qualità e la compatibilità am-
bientale del materiale in modo da poter indicarne il destino finale.
In conclusione ci saranno considerazioni sullo sfuttamento migliore di queste bio-
masse in relazione alla loro qualità.
Nel caso di standard ambientali elevati si analizzerà la situazione, a livello della
Provincia di Milano, della richiesta di fertilizzanti per diversi scopi (agricoltura tradi-
zionale di pieno campo, agricoltura biologica, verde ornamentale ed in contenitore)
e l’eventuale ritorno, a livello economico, di un mercato di compost di qualità;
Nel caso di frazioni stabilizzate con bassi livelli qualitativi si tratteranno gli eventua-
li usi di queste come materiali per la ricopertura delle discariche o per il risana-
mento di aree degradate (cave, ex aree dismesse, ecc) e si individueranno i siti
potenzialmente disponibili ad accogliere questo materiale nella Provincia di Mila-
no. In conclusione si propone il cammino che verrà seguito nel corso di questo
studio:
Introduzione 9
Parametri microbiologici
Distinzioni qualitative
DEFINIZIONI DI
STABILIZZAZIONE
BIOLOGICA AEROBICA Rassegna materiali
trattabili biologicamente
Sistemi impiantistici:
classificazione e rassegna
dei sistemi tecnologici
Provinciali e Regionali
(Lombardia e Piemonte)
Nazionali
NORMATIVE (DPR 915, LN 748, DLgs 22)
Europee
Ecolabel di qualità
Differenti tipologie di
raccolta differenziata
CRITERI ORGANIZZATIVI DI
RACCOLTA DIFFERENZIATA Esperienze di raccolta in
E PIANO DI SMALTIMENTO corso in Italia: verde,
DELLA PROVINCIA DI MILANO carta e secco-umido
Necessità e criteri di raccolta
Introduzione 10
TIPOLOGIE E CONDIZIONI
PROCESSISTICHE DEGLI IMPIANTI
“PEGASO” e “CASSIOPEA”
METODICHE UTILIZZATE PER
LE INDAGINI ANALITICHE
DISCUSSIONE DEI RISULTATI E
CONFRONTO CON I PARAMETRI DI
LEGGE, CON ECOLABEL E CON
BIOMASSE PROVENIENTI DA
ALTRI IMPIANTI ANALOGHI
INDIVIDUAZIONE DELLA QUALITÀ
DELLE BIOMASSE STABILIZZATE
ALTA QUALITÀ BASSA QUALITÀ
(LN 748/84) (DPR 915/82)
COMPOST F.O.S.
ANALISI DIMENSIONALE DI EVENTUALI POTENZIALITÀ
UN MERCATO POTENZIALE DI ASSORBIMENTO,
DEL COMPOST DI QUALITÀ MODALITÀ DI UTILIZZO E
IN PROVINCIA DI MILANO LOCALIZZAZIONE DI SITI
IDONEI PER L’IMPIEGO DI
F.O.S. IN PROVINCIA
DI MILANO
1.1. I PROCESSI DI STABILIZZAZIONE AEROBICA E IL COMPOSTAGGIO
Tra le possibili utilizzazioni della frazione organica, di diversa provenienza, dei ri-
fiuti solidi urbani (RSU) c’è quella di trasformarla in compost, un terriccio nero suf-
ficientemente stabilizzato da poter essere manipolato, conservato ed utilizzato,
secondo le sue caratteristiche agronomiche o tossicologiche, in agricoltura come
ammendante, in floricoltura e vivaistica come substrato per la crescita delle piante,
nei recuperi ambientali e paesaggistici come terreno di ricopertura di siti degradati
o contaminati (discariche, cave dismesse, ecc).
Il ritorno ai terreni coltivati di sostanza organica è un‘esigenza particolarmente
pressante, soprattutto nei paesi del bacino del Mar Mediterraneo, poiché è nota la
cronica carenza di fertilizzanti naturali che vengono spesso sostituiti con prodotti
sintetici.
I materiali che possono essere utilizzati per la produzione di compost sono princi-
palmente:
ξ frazione umida dei rifiuti solidi urbani;
ξ frazione derivante dagli scarti di manutenzione del verde pubblico e privato;
ξ fanghi derivanti da impianti di depurazione civile;
ξ fanghi derivanti da industrie agroalimentari;
ξ deiezioni da impianti zootecnici con paglie e materiali lignici;
ξ frazione derivanti dagli scarti di macellazione.
CAPITOLO 1
DEFINIZIONE DEI SISTEMI DI STABILIZZAZIONE
BIOLOGICA AEROBICA (S.B.A.): GENERALITÀ,
TECNOLOGIE ED IPOTESI DI APPLICAZIONE
Definizione di SBA ed ipotesi di applicazione 12
La maggior parte del materiale stabilizzato biologicamente deriva da rifiuti solidi
urbani (RSU) o da verde e le altre frazioni organiche sono sovente unite a queste
in percentuali variabili.
1.1.1. Definizioni e specificità operative della stabilizzazione biologica
aerobica
Il processo che consente di ottenere il compost è la stabilizzazione biologica ae-
robica (SBA); questa viene effettuata da microrganismi, in aerobiosi, che si trova-
no naturalmente associati al substrato organico ed operano una bioconversione
delle diverse macromolecole presenti trasformandole in composti che perdono la
loro putrescibilità iniziale.
Durante le diverse fasi del compostaggio si assiste a demolizione di proteine e
carboidrati ad amminoacidi e zuccheri utilizzati dai batteri come substrato di cre-
scita per la sintesi di nuovi costituenti cellulari o come materiale da metabolizzare
per ottenere energia. In parallelo avvengono anche processi di umificazione che
hanno luogo con la demolizione delle grosse molecole polimeriche: in ordine suc-
cessivo vengono attaccate prima la cellulosa, poi le emicellulose ed infine la ligni-
na; si ottengono, inizialmente, acidi fulvici dai quali, per condensazione, si formano
acidi umici (costituiti prevalentemente da nuclei aromatici). Gli acidi umici a più e-
levato peso molecolare svolgono un ruolo importante sia per la stabilità dei com-
plessi humus-argilla, sia per l’efficienza nutrizionale nei confronti delle radici delle
piante.
Oltre a mineralizzare le componenti organiche maggiormente putrescibili e degra-
dabili la stabilizzazione biologica opera un processo di igienizzazione, per pasto-
rizzazione, della biomassa trattata.
Questa consente di debellare i microrganismi patogeni presenti nelle biomasse di
partenza, impedendo che il compost ne diventi vettore. Tutto questo avviene prin-
cipalmente per due serie di motivi: il primo riguarda la pastorizzazione termica in
quanto, durante il processo di maturazione, vengono raggiunte temperature pros-
sime ai 70° C che sono letali per i batteri patogeni. In secondo luogo, si ha una
perdita successiva e graduale delle caratteristiche biochimiche più adatte a questo
tipo di batteri che quindi non ritrovano un ambiente in grado di fornire loro i sub-
strati di crescita.
Di seguito si propone uno schema che illustra la decomposizione e l’umificazione
dei residui organici (Pauli, 1967)
Definizione di SBA ed ipotesi di applicazione 13
CARBOIDRATI AMMINOCOMPOSTI LIGNINE
Decomposizione microbica Demolizione ossidativa
(aerobiosi esotermica) (polifenolossidasi)
Costituenti ligninici e relativi
prodotti di ossidazione:
acido vanillico, acido
Zuccheri e prodotti Amminoacidi ferulico, p-ossi-benzaldeide
di scissione e ammoniaca
Reazioni di condensazione
∆-ossi-o-chinone
Sintesi microbiche
abbassamento temperatura
Costituenti cellulari Composti umici
(vedi pagina seguente) (vedi pagina seguente)
Definizione di SBA ed ipotesi di applicazione 14
Costituenti cellulari:
ξ Composti amminici
ξ Muco-composti
ξ Polisaccaridi
ξ Poliuronidi
ξ Metaboliti chinonici
Composti umici:
ξ Eteropolicondensati a vario stadio di polimerizzazione e di peso
variabile con gruppi chimicamente attivi che conferiscono loro po-
tere assorbente caratteristico e proprietà chelanti.
1.1.2. Parametri microbiologici nelle diverse fasi di biostabilizzazione:
Dal punto di vista microbiologico, la trasformazione di scarti di diversa provenienza
in compost avviene per fasi successive in ciascuna delle quali si assiste a modifi-
cazioni della composizione del “pool” batterico operante e a modificazioni delle
condizioni ambientali.
La prima fase è quella detta mesofila; qui avviene la crescita di tutta la microflora,
compresi i microrganismi patogeni, in particolare enterobatteri ed enterobatteri
fermentanti; Si trovano anche gli azotofissatori. Questo sviluppo massiccio è da
imputarsi alla grande quantità di sostanze organiche presenti nel substrato che
vengono demolite grazie a processi aerobici. Queste sono reazioni di tipo esoter-
mico e quindi sviluppano calore, provocando un certo aumento della temperatura.
Si assiste anche ad una diminuzione del pH determinata dalla produzione di acidi
organici liberati dalla degradazione delle sostanze metabolizzate.
Successivamente si giunge alla fase termofila; In questo stadio si arriva a rag-
giungere temperature dell’ordine di 70° C. In questa fase si assiste
all’igienizzazione della biomassa e si ha la scomparsa delle forme batteriche pato-
gene (zoopatogeni e fitopatogeni) e dei semi delle piante infestanti. Si sviluppano
forme di batteri ammonificanti (che portano ad un aumento del pH) e aerobi spori-
geni; gli azotofissatori diminuiscono.
L’ultima fase è quella del raffreddamento o maturazione; si assiste ad una diminu-
zione della temperatura che si porta a valori prossimi a quella ambientale. Ciò av-
Definizione di SBA ed ipotesi di applicazione 15
viene per la riduzione dell’attività microbica, fattore da cui si può far derivare una
diminuzione dell’umidità che arriva intorno al 25 %; un valore più elevato farebbe
continuare l’attività di degradazione microbica. Verso la fine della fase termofila si
ha l’inizio del processo di umificazione che si completa alla fine della fase di raf-
freddamento; in ordine successivo vengono attaccate prima la cellulosa, poi le e-
micellulose ed infine la lignina.
Le più importanti specie microbiche coinvolte sono:
1) Per la degradazione della cellulosa:
ξ eumiceti cellulosolitici termofili (Mucor, Chaetomium, Humicola, Sporo-
thricum, Thermoascus);
ξ eumiceti cellulosolitici mesofili: sia basidiomiceti che deuteromiceti (Armil-
laria, Coprinus, Aspergillus, Cladosporium, Scopulariopsis, Trichoderma,
Verticillium, Geiomastix, Cephalophora, Pleurotus).
2) Per la degradazione delle emicellulose (processo che avviene più velocemente
rispetto alla cellulosa):
ξ schizomiceti, attinomiceti, funghi (questi ultimi con un ruolo nettamente
prevalente).
3) Per la degradazione della lignina che avviene più lentamente e che è stretta-
mente legata a quella della cellulosa:
ξ basidomiceti (Coprinus, Polystictus, Fomes, Polyporus, Lentinus, Pleuro-
tus)
I Funghi, quando i cumuli non sono sufficientemente rivoltati e aerati, possono svi-
luppare non solo forme vegetative, ma anche sporocarpi sulla superficie. La loro
crescita è indice di non corretta gestione del processo di biostabilizzazione.
La degradazione della lignina può portare alla formazione di acidi fenolici che ag-
grediscono l’apparato radicale delle piante e possono anche distruggerlo.
1.2. DISTINZIONE QUALITATIVA DEI DIVERSI MATERIALI STABILIZZATI
La scelta del materiale da sottoporre a stabilizzazione biologica è vincolante per
quanto riguarda la qualità del prodotto finale e quindi la sua destinazione ultima.
Risulta essere molto importante la purezza merceologica delle biomasse da tratta-
re, infatti solo da materiali selezionati è possibile ottenere un prodotto con caratte-
ristiche tali da essere esplicitamente rivolto al recupero e alla valorizzazione agro-
nomica.