6
In particolare, come oggetto del nostro studio sono state scelte due
puntate della trasmissione, appartenenti alla programmazione della
stagione televisiva 2004: la puntata intitolata “Coppie: letti separati
per restare insieme?”, andata in onda il 19/11/2004, e la puntata
“Taglio delle tasse: facciamo i conti” del 30/11/2004.
Le due puntate si distinguono tra loro per i temi trattati e per gli ospiti
intervenuti: il tema della prima puntata è un argomento “di costume” e
gli ospiti sono personaggi del mondo dello spettacolo ed “esperti”, in
particolare uno psicologo, un avvocato matrimonialista e un
sociologo; la seconda puntata è invece una puntata di
approfondimento politico, al quale partecipano quattro deputati di
entrambi gli schieramenti politici e due giornalisti.
Queste differenze sostanziali hanno permesso al nostro studio di
comparare e quantificare due livelli di conversazione diversi, uno più
informale l’altro più tecnico e professionale, in riferimento soprattutto
ai fenomeni paralinguistici e ai tratti neo-standard e sub-standard
rilevati.
Il lavoro svolto si sviluppa in sei capitoli.
Il Capitolo 1 consiste in una descrizione delle caratteristiche della
varietà parlata in contrapposizione a quella scritta, in un’esposizione
delle problematiche e dello stato attuale degli studi, infine in un elenco
dei tratti linguistici dell’italiano parlato.
Il Capitolo 2 è finalizzato invece alla presentazione del concetto di
italiano parlato trasmesso, alla descrizione del nostro corpus di analisi
e dei criteri e problemi relativi la trascrizione.
Nel Capitolo 3 si sono esposte le modalità di codifica in XML-TEI del
nostro corpus e i tag set da noi approntati e utilizzati per la marcatura
dei fenomeni paralinguistici.
7
Il Capitolo 4 è stato dedicato alla descrizione del funzionamento del
motore di ricerca XCDE da noi utilizzato per effettuare le ricerche
relative ai fenomeni paralinguistici, precedentemente marcati,
all’interno del corpus di analisi.
Nei Capitolo 5 e 6, infine, si sono analizzati e sintetizzati i risultati
riguardo i fenomeni paralinguistici e morfosintattici. In particolare, nel
Capitolo 5 si sono trattati i fenomeni paralinguistici, con l’esposizione
dei risultati ottenuti interrogando il motore di ricerca e nel Capitolo 6 i
fenomeni morfosintattici, con la schedatura dei tratti dell’italiano neo-
standard e sub-standard presenti nelle due puntate del corpus, con
particolare attenzione nei riguardi delle differenze tra le due.
Di seguito si sono infine riportate delle considerazioni conclusive e
ipotesi per sviluppi di studio futuri e auspicabili.
In chiusura si sono riportate in appendice le codifiche in XML-TEI
delle due puntate di Porta a porta oggetto del presente studio.
8
1. IL PARLATO
1.1. Parlare e scrivere
1.1.1. La variazione diamesica
Le lingue storico-naturali si realizzano in forme diverse a seconda
delle varie modalità con cui vengono usate, in relazione alla natura del
messaggio, alle sue finalità e alle situazioni nelle quali si attua la
comunicazione.
Si distinguono quindi delle varietà, che insieme vanno a formare il
“repertorio” di una determinata lingua, e che sono individuate in base
ad alcuni criteri, detti “parametri” o “assi di variazione”.
I principali parametri di variazione sono cinque: la diamesia, legata al
canale di trasmissione usato; la diastratia, legata alla condizione
sociale e culturale dell’utente; la diafasia, dipendente dalla situazione
comunicativa; la diacronia e la diatopia, connessa la prima con
l’evoluzione della lingua nel tempo e la seconda con i suoi mutamenti
nello spazio.
La variabile diamesica
1
, nostro oggetto di analisi, distingue quindi le
due fondamentali varietà del parlato e dello scritto. A seconda del
canale usato per la diffusione del messaggio verbale, si hanno le due
1
Dal greco diá- ‘attraverso’ e mesós ‘mezzo’
9
differenti realizzazioni: nel primo caso il messaggio si realizza
mediante suoni, nel secondo caso mediante segni grafici.
Non tutte le lingue del mondo dispongono di entrambe le varietà:
molte sono solo parlate, pochissime sono soltanto scritte. Mentre nel
caso di lingue sia scritte che parlate, esistono categorie sociali che si
servono esclusivamente, o prevalentemente, della varietà parlata: è il
caso degli analfabeti e dei semianalfabeti.
Un parlante medio di qualsiasi lingua che possegga le due varietà è in
grado di cogliere le principali differenze tra le due e, almeno per
quanto riguarda la tradizione occidentale, si può parlare di una
consapevolezza metalinguistica ingenua, che non solo distingue
parlato e scritto, ma attribuisce maggior importanza allo scritto
(Bazzanella 1994: 7).
Alla semplice distinzione tra scritto e parlato si è aggiunto poi nello
scorso secolo, grazie al progresso tecnologico, il “trasmesso”.
Attraverso il telefono, il fax, la radio, la televisione, internet, sia la
lingua parlata che la lingua scritta hanno avuto la possibilità di essere
trasmesse a distanza e eventualmente registrate, assumendo quindi
tratti innovativi e peculiari.
In più, di recente, si è sostituita la netta contrapposizione tra le due
varietà con il concetto di continuum, che prevede tra i due opposti poli
di "parlato-parlato" e di "scritto-scritto"
2
una serie di realizzazioni
intermedie con diversi gradi di formalità. In questo senso sono da
considerare quei casi in cui un testo è recepito attraverso un canale
diverso da quello della sua produzione: è il caso di testi letti ad alta
voce o recitati, oppure di testi scritti sotto dettatura o dei verbali.
2
Le etichette di “parlato-parlato” e “scritto-scritto” designano l’oralità e la scrittura nelle loro
modalità più genuine, rispettivamente il parlato del libero scambio conversazionale e la scrittura
non legata in alcun modo al parlato (Masini 2003: 17)
10
1.1.2. Caratteristiche del testo parlato
Halliday (1985: 113-139) individua una prima distinzione immediata
tra testo scritto e testo orale: il primo ha una maggiore “densità
lessicale”, cioè una maggiore quantità di nomi, verbi e sostantivi,
mentre il secondo una maggiore complessità grammaticale, si realizza
cioè con un intrico di particelle, connettivi, voci indeclinabili come
preposizioni, avverbi, congiunzioni, termini generici, che lo rendono
frastagliato e all’apparenza più ambiguo semanticamente.
Questi tratti linguistici dipendono dalle condizioni in cui si realizza il
testo parlato; tali condizioni, che possiamo definire come “tratti
situazionali” (Bazzanella 1994), possono essere così sintetizzate
(Bernardelli – Pellerey 1999: 55-57):
a) Elaborazione in tempo reale. Il testo orale è improvvisato,
continuamente modificato rispetto al progetto iniziale, adeguato ai
feed-back dell'interlocutore/i.
b) Compresenza. Parlante e interlocutore/i si trovano nello stesso
posto e nello stesso tempo (Bazzanella 1994: 18), quindi in uno stesso
contesto e con un insieme di conoscenze condivise che rendono
possibile la deissi
3
e il ricorso all'ellissi e all’implicitezza; inoltre
potendosi vedere hanno la possibilità di accompagnare la voce con i
gesti.
c) Adeguatezza specifica. Il testo orale è prodotto per uno specifico
destinatario, in uno specifico contesto, per una specifica motivazione.
d) Immediatezza e unicità di consumo. Non c'è distanza tra tempo di
codifica e tempo di ricezione (Voghera 1992: 277). Il testo orale è
prodotto per essere utilizzato immediatamente e una sola volta.
3
dal greco deîxis ‘indicazione’
11
e) Evanescenza del testo. Il testo orale si consuma nell'attimo in cui è
prodotto, serve per quella particolare situazione e non può essere
riutilizzato successivamente, a meno che non venga registrato.
f) Irreversibilità. Il testo orale non può essere cancellato o modificato,
è possibile solo la ritrattazione.
g) Frammentazione testuale e metamorfosi sintattica. Il contenuto del
testo orale è in continua evoluzione e nella conversazione è
caratterizzato da esitazioni, interruzioni, variazioni di costruzione
sintattica, false partenze, presenza di enunciati incompiuti e
riformulati (Berretta 1994: 244-245). L'organizzazione sintattica può
variare durante l'enunciazione, si possono manifestare delle
irregolarità, come ad esempio il mancato accordo tra soggetto e verbo.
h) Linearità. La linearità è la produzione progressiva della catena
fonica del locutore (Bazzanella 1994: 15).
i) Ordine e tempi di ascolto obbligati. E' il parlante che decide l'ordine
degli argomenti, i tempi e il ritmo dell'esposizione. Gli interlocutori,
in conseguenza alla linearità, non possono far altro che accettarne le
condizioni, non possono, come accade con una pagina scritta,
accelerare la lettura o saltare subito alle conclusioni.
j) Impossibilità dell'ascoltatore di tornare indietro. L'ascoltatore non
può fermare il parlante e tornare indietro per riascoltare, come farebbe
per un libro o un discorso registrato.
k) Irripetibilità. Un testo scritto non potrà mai essere ripetuto
esattamente identico. Anche se non ci fossero variazioni nelle parole
pronunciate, cambierebbero gli elementi prosodici e paralinguistici.
In conclusione, la lingua parlata, rispetto alla lingua scritta utilizza
processi diversi per la costruzione del senso, diverse strategie. La
lingua scritta, rispetto alla lingua parlata, rappresenta gli enunciati e le
12
parole come prodotti, oggetti fisici, che si possono vedere e toccare,
mentre la lingua parlata li struttura come eventi (Ong 1982).
1.1.3. Tipi di testo parlato: la conversazione
La differenziazione tra i vari tipi di testo parlato, pur meno ricca che
nello scritto, è in grado di determinare strutture linguistiche
differenziate.
La principale distinzione è quella tra testi “monologici” e testi
“dialogici”.
I primi sono testi che hanno generalmente uno spiccato contenuto
informativo, in parte, o spesso completamente, sono programmati, si
basano su un testo scritto, o in forma integrale o come semplice
scaletta, quindi sono meno spontanei e più sorvegliati
linguisticamente. Richiedono più implicitezza e spesso una esecuzione
più lenta.
I testi dialogici rappresentano invece la forma primaria e più tipica
dell’oralità. Sono testi dialogici le conversazioni faccia a faccia, sia le
“chiacchierate informali” nelle quali c’è un continuo scambio tra
emittente e ricevente in una condizione di parità, che i dialoghi più
formali e ritualizzati, come l’esame universitario, il colloquio di
lavoro o le richieste d’informazioni, nelle quali gli interlocutori hanno
ruoli diversi.
Altro tipo di testo dialogico è la discussione conflittuale in pubblico,
che comprende i casi in cui gli interlocutori conversano di fronte ad un
pubblico, in presenza quindi di un doppio destinatario: è il caso del
talk-show, nostro campione di analisi, di cui parleremo in seguito (v.
Capitolo 2).
13
La conversazione si realizza secondo procedure che ora andremo ad
elencare (Bernardelli, Pellerey 1999: 64 – 67).
a) I turni di parola. La caratteristica primaria delle conversazioni è
l’avvicendamento dei turni di parola. I partecipanti alla conversazione
prendono la parola, la cedono e la riprendono secondo modalità che
variano in dipendenza dei parlanti e della situazione. Sacks, Schegloff,
Jefferson (1974) individuano tre principali regole di selezione per il
cambio del parlante: il parlante seleziona il suo successore, qualcuno
si autoseleziona, il parlante decide di mantenere il turno. Sono stati
identificati anche particolari segnali con cui il parlante indica di aver
terminato il turno: meccanismi intonativi e prosodici, fenomeni
lessicali e sintattici come l’uso di marcatori o sintagmi particolari,
gesti o posizioni del corpo.
b) Le sovrapposizioni. Durante la conversazione può capitare che due
o più parlanti si sovrappongano, per esempio in un momento
concitato, rompendo quindi le regole di separazione dei turni.
c) Le interruzioni. L’interlocutore può interrompere il turno di parola
del parlante prima che questo abbia concluso. Si distinguono
generalmente due tipi di interruzioni, quelle di supporto a chi sta
parlando, come i suggerimenti, e quelle competitive, destinate a farlo
smettere (Bazzanella 1994: 175 – 205).
d) Coppie adiacenti e sequenze inserite. Spesso i turni di
conversazione si strutturano secondo “coppie adiacenti” del tipo
domanda/risposta, richiesta/accettazione o richiesta/rifiuto. Altra
struttura molto frequente è quella delle “sequenze inserite”, che si
sviluppano al loro interno o sviluppano a parte un argomento
connesso, come nel seguente esempio:
“Ci vai tu a comprare il pane?” (inizio prima sequenza)
14
“Devo comprare anche il latte?” (inizio sequenza inserita)
“No, solo il pane” (fine sequenza inserita)
“Va bene, vado subito” (fine prima sequenza)
e) Le chiusure (closings). La conversazione viene chiusa quando alla
conclusione di un turno non ne segue un altro e gli interlocutori si
scambiano formule di saluto o di passaggio ad un’altra situazione.
f) Approssimazioni. Le approssimazioni servono a superare un
momento di incertezza o esitazione con una imprecisione, in genere di
tipo lessicale, che però consente di proseguire il discorso, lasciando il
turno di parola a chi sta parlando.
g) Incertezze, esitazioni, termini prolungati, pause sospese, intercalari
riempitivi, formule stereotipate (“vedi”, “capisci”). Sono forme che
vengono utilizzate nei momenti di difficoltà, per prendere tempo e
riorganizzare il discorso, mantenendo il turno di parola.
h) Regole di cooperazione discorsiva. Sono norme implicite di
organizzazione del dialogo che comprendono varie regole per lo
scambio dei turni e per il buon accordo tra i partecipanti. Includono le
regole di cortesia e tutto ciò che permette la buona riuscita della
conversazione.
i) Riparazioni. Sono comportamenti, enunciati, che rimediano a
possibili conflitti o infrazioni alle regole della cooperazione. Si
distinguono le riparazioni auto-realizzate, cioè le auto-correzioni,
spesso sotto forma di “false partenze”, e le riparazioni realizzate
invece dall’interlocutore.
j) “Code-switching”. E’ il cambio da parte di un parlante da una
lingua a un’altra o da una varietà ad un’altra della stessa lingua: ad
esempio, quando ci sono inserti di dialetto, gergo, forestierismi,
tecnicismi.
15
k) Intercalare fàtico e discorsivo. Durante le conversazione è
frequente l’uso di interiezioni e segnali discorsivi che sono usati sia in
funzione fàtica che di riempitivi.
La presenza di queste strutture e strategie di discorso caratterizza la
conversazione autentica: le conversazioni fittizie, ad esempio quelle
della narrativa o dei copioni di cinema o teatro, ne sono prive.
1.2. L'italiano parlato
1.2.1. Problemi di analisi dell'italiano parlato e stato
presente degli studi
L’analisi dell’italiano parlato pone dei problemi particolari, in primo
luogo a causa della variazione diatopica che svolge nella dimensione
orale un ruolo fondamentale, perciò è difficile riconoscere nei vari
italiani regionali tratti non appartenenti allo standard scritto
tradizionale e comuni a tutta la nazione. In seconda battuta, la
dimensione diamesica rischia di essere sovrapposta a quella diafasica,
dal momento che nel parlato compaiono tratti riconosciuti come tipici
dell’italiano “dell’uso medio” (Sabatini 1985) o del “neo-standard”
(Berruto 1987). In realtà la variazione diamesica attraversa tutte le
altre dimensioni, in quanto il parlato comprende varietà di lingua
diverse, legate alla situazione comunicativa, allo status sociale di
appartenenza dei parlanti, al loro grado di istruzione e alla loro
provenienza regionale.
16
Gli studi sull’italiano parlato sono relativamente recenti, iniziati con
ampio ritardo rispetto a quanto è avvenuto per altre lingue
4
.
I primi e più importanti lavori sono opera di romanisti di lingua
tedesca, come il corpus di “parlato-scritto” letterario approntato da
Leo Spitzer nel 1922 o il corpus di fiorentino parlato registrato da
Harro Stammerjohann nel 1970. In Italia le prime riflessioni sulla
natura della lingua parlata sono ascrivibili a Tullio De Mauro, con il
suo studio intitolato Tra Thamus e Theuth. Uso scritto e parlato dei
segni linguistici, del 1970, e a Rosanna Sornicola e alla sua
monografia Sul parlato, del 1981.
In seguito è notevolmente aumentato l’interesse dei linguisti nei
confronti dell’italiano parlato, sia come conseguenza di una più
generale riflessione sullo stato della lingua nazionale nelle sue
molteplici manifestazioni geografiche e sociali (Voghera 1992: 53);
sia di una presa di coscienza riguardo la priorità della varietà parlata
sulla varietà scritta (Bazzanella 1994: 9).
Lo studio del parlato è stato anche favorito dall’innovazione
tecnologica, che ha reso disponibili strumenti per la raccolta e l’analisi
dei dati sempre più sofisticati e veloci.
Negli anni Novanta è stato realizzato da De Mauro e altri il Lessico di
Frequenza dell’italiano parlato (LIP), un ampio corpus comprendente
500.000 occorrenze, pari a 57 ore circa di registrazione.
A questo si sono poi aggiunti altri corpora di italiano parlato e
trasmesso
5
.
4
cfr. per un ampio panorama degli studi sull’italiano parlato Berretta (1994: 239)
5
Una lista dei corpora più importanti di italiano parlato pubblicati dal 1965 a oggi è consultabile in
internet all’indirizzo http://languageserver.uni-graz.at/badip/badip/75_corpora_xml.php
17
1.2.2. Tratti dell’italiano parlato
Per anni gli studiosi si sono interrogati sull’esistenza o meno di una
“grammatica del parlato”, una grammatica cioè specifica della lingua
parlata, diversa da quella che regola la lingua scritta. La risposta è
stata tendenzialmente negativa. Scrive Berruto (1985: 146-47):
La grammatica del parlato non è un’altra grammatica. E’ bensì, semmai, una
grammatica riveduta e ‘liberalizzata’, focalizzata sul parlante più che sul sistema e
sulla sua esplicitazione a fondo; grazie anche, e ovviamente, alla possibilità di
larga integrazione contestuale delle regole della grammatica. Una grammatica in
fondo più libera e agile, se mi passano aggettivi antropomorfici per un’entità così
arida e astratta come una grammatica.
Questo sia perché c’è una buona corrispondenza tra scrittura e
pronuncia, sia perché a livello morfosintattico le differenze tra
l’italiano scritto e l’italiano parlato consistono nella maggiore o
minore frequenza di certi tratti piuttosto che nell’esistenza di regole
realmente diverse.
Scopo del presente lavoro è ora quello di descrivere in linea generale
alcuni di questi tratti
6
, che forniranno, insieme alle considerazioni
sopra esposte riguardo i testi parlati e la conversazione, la base teorica
per l’analisi più specifica sul corpus di italiano parlato televisivo.
1.2.2.1. Fonologia
Tralasciando i fenomeni ascrivibili alla variazione diatopica, si
possono indicare come tratti propri dell’italiano parlato alcuni
fenomeni di metatesi (Areoplano) e la tendenza alla ritrattazione
6
Per i tratti dell’italiano parlato qui descritti si è considerata la selezione fatta da Masini (2003: 37
– 53).
18
dell’accento sulla terzultima sillaba in una fitta serie di voci: èdile,
persuàdere, mòllica, rùbrica, sàlubre ecc.
Frequenti sono anche fenomeni detti di “allegro”: esecuzioni cioè più
trascurate o veloci che investono la catena parlata: le apocopi
postconsonantiche (Son venuta presto, Non far finta di niente ecc.) e
le forme con aferesi sillabica: bastanza per ‘abbastanza’, spetta per
‘aspetta’, somma per ‘insomma’, scolta per ‘ascolta’ e il
frequentissimo sto per ‘questo’.
1.2.2.2. Morfologia
I fenomeni più rilevanti a livello morfologico riguardano il sistema
verbale e il sistema dei pronomi personali.
L’italiano parlato semplifica il sistema dei modi e dei tempi verbali.
Il presente indicativo sostituisce il passato (“presente storico vivace”:
Si mette lì in fila, e chi si trova davanti?) e spesso anche il futuro
(Stasera danno un film giallo), che rimane comunque vitale, specie
con valore epistemico (Sarà anche vero).
Il passato prossimo si usa al posto sia del passato remoto (Dieci anni
fa sono andata a Londra) che del futuro anteriore (Quando ho finito
l’università vado a Londra).
E’ in espansione la forma perifrastica stare + gerundio con valore
progressivo (Sta piovendo).
L’imperfetto sostituisce il congiuntivo e il condizionale nel periodo
ipotetico della irrealtà nel passato (Era meglio se venivi di persona) o
assume un valore attenuativo (Volevo dirti un’altra cosa).
Il congiuntivo presente, nelle dipendenti completive, viene
tendenzialmente sostituito con l’indicativo, presente o futuro (Penso
che viene, o Penso che verrà).
19
Raro è l’uso del passivo, sostituito da costrutti come la dislocazione a
sinistra dell’oggetto (Il caffè l’ha comprato Maria) o, in assenza
dell’agente, la terza persona plurale generica (Hanno aumentato le
tasse) o il “si passivante” (Si fanno tante sciocchezze).
I pronomi personali sono più usati nel parlato che nello scritto, questo
per il loro valore deittico e di enfasi.
Il pronome di prima persona io compare spesso e così quello di
seconda persona, di frequente però nella forma te che sostituisce il tu.
Alla terza persona lui e lei sostituiscono egli e ella e si estendono
anche agli inanimati al posto di esso e essa; lo stesso al plurale, essi è
sostituito da loro. A noi e voi si affiancano le forme aggreganti
noialtri e voialtri in particolari situazioni.
Per quanto riguarda i clitici, gli è usato anche al femminile al posto di
le, e soprattutto al plurale al posto di loro. Il locativo vi è di uso
rarissimo, al contrario di ci, diffuso anche come semplice
attualizzante, specie in dipendenza di alcuni verbi, dove tende a
lessicalizzarsi: esserci (=esistere, stare), averci (=avere, possedere),
volerci (=essere opportuno), entrarci (=essere pertinente), tenerci
(=avere a cuore). Il pronome ne per il moto a luogo è raro, mentre è
molto usato con valore di argomento (Ne ho parlato io) o di partitivo
(Ne ho visti tre).
I dimostrativi sono spesso usati con valore vicino a quello degli
articoli e rafforzati con avverbi per aumentarne il valore deittico
(Questo libro qui). Codesto è usato solo in area toscana.
1.2.2.3. Sintassi di frase
Nella sintassi della frase il parlato tende a usare un ordine delle parole
diverso da quello non marcato dell’italiano standard, ovvero la
struttura SVO (Soggetto – Verbo – Oggetto). In particolare si