7
tantissime piccole etichette discografiche indipendenti, la cui
motivazione principale è quella di fare qualcosa che risponde non
tanto a ragioni economiche, ma soprattutto a delle ambizioni
creative ed artistiche. Proprio per questo, da sempre, le etichette
discografiche indipendenti hanno lanciato stili e generi musicali
alternativi, rappresentando così la parte più innovativa dell’industria
musicale e della musica stessa. Lo scopo di questo lavoro è proprio
quello di effettuare una analisi del mercato discografico
indipendente. Alla base di questa scelta sta proprio la grande
importanza che il raggruppamento delle case discografiche
indipendenti ha nel settore discografico. Un settore che ricopre un
ruolo fondamentale nell’industria dell’entertainment a livello
mondiale, anche viste le prospettive date dalle nuove tecnologie e
dall’avvento della multimedialità. Il continuo sviluppo tecnologico
offre sempre maggiori possibilità di rinnovamento e cambiamento
rispetto alle tradizionali tecniche di produzione, distribuzione e
promozione.
Il livello di analisi adottato è quello settoriale, utilizzando in
particolare il contributo di Porter per comprendere le strategie e le
organizzazioni delle imprese discografiche indipendenti. Il lavoro è
organizzato nel modo che segue.
Il primo capitolo nasce da alcune considerazioni in merito al valore
della musica nella società odierna, facendosi portavoce di
tradizionali teorie e pensieri di illustri sociologi e filosofi, cercando di
dare lustro alla sociologia della comunicazione musicale, che in
questo momento di forte spinta evolutiva del settore discografico,
pare abbia ritrovato nuova linfa vitale.
Il secondo capitolo di questo studio tratta la storia
dell’industrializzazione della musica dalla scoperta e successiva
coomercializzazione del fonografo, all’attuale struttura del mercato
discografico, evidenziando anche i percorsi storici che hanno
contraddistinto le aziende majors e le indipendenti.
8
Nel terzo capitolo l’analisi si focalizza in particolare sulle etichette
discografiche che assumono il ruolo di imprese centrali all’interno
dei sistemi di relazioni che realizzano una produzione discografica.
La ricerca intende evidenzare soprattutto le caratteristiche e le
diversità nelle strategie competitive dei concorrenti, mettendo in
risalto le differenze sostanziali che esistono compagnie indipendenti
e compagnie multinazionali (majors).
Nel quarto capitolo, invece si utilizza il concetto di sistema del
valore (Porter) per individuare le distinte fasi di realizzazione di un
prodotto discografico e gli attori coinvolti in tale processo,
nell’intento di comprendere quali siano i ruoli strategici all’interno
del settore. Inoltre, attraverso lo strumento della catena del valore
(Porter) sono stare disaggregate le varie attività di una etichetta
indipendente per comprendene così l’organizzazione.
Nel quinto capitolo si analizzano le strategie competitive dei
concorrenti nel settore delle etichette indipendenti. L’analisi
considera il raggruppamento indipendente altamente frazionato e le
strategie che le diverse imprese possono adottare per fronteggiare
questa particolare situazione, in relazione con risorse, competenze
ed obiettivi delle diverse imprese.
Nel 6 capitolo, infine, gli elementi teorici elaborati sono utilizzati per
l’analisi di due casi concreti, quello della Irma records di Bologna,
l’exemplum per le etichette indies italiane, e la Homesleep Records
di Bologna, una delle etichette discografiche indipendenti oggi più
importanti in Europa.
Parte prima: Musicologia e
musica di consumo.
10
Capitolo 1
Messaggio musicale e industria dei media.Il
contesto socio-culturale.
1 I “Cultural studies” applicati alla musica.
Non si può capire la musica senza capire la società; ma
soprattutto, non si può capire la società senza capirne la
musica, senza una musicologia della cultura. Non è ora
di provarci?
Fabbri, F.
1
A questo invito sembra finalmente rispondere oggi la «nuova»
sociologia della musica
2
che, a dispetto della precedente, se ne
1
Fabbri Franco (1996) pag. 11.1 “Il suono in cui viviamo. Inventare, produrre e
diffondere musica”. Milano, Feltrinelli.
2
Il libro L'Esperienza Estetica - Fondamenti Psicofisiologici per un'educazione
estetica, 1996 Armando editore, Roma, scritto dal professor Vezio Ruggieri;
propone un'interessante ipotesi secondo la quale l'emozione estetica sarebbe un
prodotto della corporalità umana. L'enfasi sull'importanza dei processi fisiologici
percettivi, e sul ruolo del corpo nel determinare una base emotiva-concettuale
nel contatto con l'opera d'arte, rende la teoria un tassello molto importante nello
sviluppo delle terapie che utilizzano l'arte. L'aspetto nodale della teoria del
Professor Ruggieri è che "l'esperienza artistica nasce dall'incontro di una figura-
stimolo (sia essa visiva, sonora, etc.) con un osservatore" (op.cit p. 10).
Insomma, l'arte esiste perché esiste il corpo del soggetto e il suo vasto processo
11
distingue per la rinnovata percezione e consapevolezza della
musica come oggetto sociale e culturale a pieno effetto, attorno al
quale si possono leggere e si legano tutti gli altri fenomeni di cui si
occupa solitamente la ricerca sociale. Se prima, infatti, la sociologia
della musica veniva in generale percepita e bollata come una
disciplina strutturalmente debole, confusa o dai confini incerti,
(soprattutto se messa a confronto con temi “seri” e accademici
come la politica, la mobilità sociale o l’economia), negli ultimi
tempi, alla luce di questa ritrovata consapevolezza, essa ha
acquisito nuova vita, soprattutto all’interno del recente campo degli
“studi culturali” di cui la musica è evidentemente parte. La sua
produzione, la sua distribuzione, il suo consumo, la sua ricezione e
la sua stessa struttura, sono solo alcuni degli argomenti che
progressivamente sono venuti ad acquistare una posizione centrale
all’interno della (nuova) sociologia della cultura. La musica non più
considerata semplice ornamento, ma ingrediente attivo e
fondamentale nella costituzione stessa dell’esperienza sociale
diviene, in questo modo, un oggetto culturale a senso pieno,
provvisto di specifici meccanismi generativi, produttivi e
trasformativi che possono, legittimamente, sottoporsi allo sguardo
analitico del sociologo.
permanente d'elaborazione degli stimoli che permette la ricostruzione del reale
come immagine interna. Il soggetto, anche inconsapevolmente, secondo il
professor Ruggieri, cercherebbe di mimare con il corpo i segnali provenienti
dall'opera artistica con la quale entra in contatto. L'autore realizza un percorso
analitico che parte dell'esame delle diverse componenti di questa decodificazione
imitativa fino ad arrivare ad uno stadio detto protomentale. Questo stadio
protomentale sarebbe costituito dall'insieme di rilevamenti ottenuti dai sensi
organizzati in un livello primario di consapevolezza per formare l'immagine del sé
(segue) del soggetto e la sua rappresentazione del reale. L'autore ritiene la
Musica "una delle più interessanti esperienze protomentali" ed afferma che
l'esperienza musicale "rappresenta se stessa". "Essa" -dice Ruggieri- "ha la sua
logica in se stessa e non in rapporto ad "altro" come invece si verifica nel
pensiero verbale. Qui il significante ed il significato coincidono esattamente"(op.
cit p.35). È un'affermazione troppo categorica riguardo ad una questione
complessa sulla quale si è molto polemizzato fin dall'inizio del '900.
12
Nella prospettiva storica, le prime ricerche empiriche sulla popular
music contemporanea prendono avvio negli anni Cinquanta, in
coincidenza con il crescente interesse verso il mondo giovanile dato
dalla comparsa sulle scene della figura del teenager, concetto
coniato dal marketing per identificare il nuovo target di
consumatori. Si viene così a costituire un solido legame tra giovani
e musica: «nel momento in cui, per la prima volta nella storia, i
giovani si presentano come soggetti autonomi di consumo
incontrano sonorità, ritmiche, coreografie di uno stile musicale che
rappresenta una netta rottura rispetto alle tradizioni, offrendosi
come fertile territorio simbolico che fornisce stimoli e risposte per i
bisogni di identificazione e appartenenza e per agire con le diverse
componenti del conflitto intergenerazionale»
3
. Il medium musicale
è, infatti, per i giovani uno strumento di contrapposizione e di
differenziazione dal mondo adulto e, allo stesso tempo, integra il
loro stile di vita definendone gli ambiti di appartenenza simbolica e
culturale. Emerge dunque come il legame tra i giovani e la musica
sia profondo e come quest’ultima rappresenti «un vero e proprio
agente di socializzazione in quanto produce e veicola specifiche
cornici di rappresentazione della realtà, di archetipi valoriali e
culturali, di modelli di interazione tra individuo e società e fra
individuo e individuo»
4
Dal rapporto fra popular music e socializzazione giovanile,
investigato attraverso la dimensione dominante del consumo, si
sviluppa la prospettiva del mio studio che arriva ad analizzare come
tramite connessioni di stile di vita, musica, età, classe sociale e
specifiche circostanze storiche, nascano e si formino dei nuovi
modelli di consumo che creano diversi comportamenti di risposta
dell’acquirente.
3
Cfr.(Middleton Robert, 2001, 34)
4
Cfr.(Adorno Theodor W. 2002, 24)
13
1.1 Pratiche del consumo culturale
Il consumo è considerato dai sociologi come una particolare forma
di linguaggio, con il quale si comunica in continuazione ed
attraverso cui si compongono e si trasmettono messaggi, con la
funzione sia di definire appartenenze di gruppo che di distinguere
un gruppo dall’altro. I consumatori scelgono i prodotti come un
mezzo per comunicare agli altri le loro relazioni con insiemi
complessi di attributi e valori sociali. Questa direzione di indagine
porta a considerare il consumo come parte di un più generale stile
di vita; con questa espressione si intende un insieme coerente e
distinto di scelte di consumo, ma anche di modi in cui si consuma:
fanno parte di uno stile di vita anche le regole da seguire a tavola o
i modi di dividere il proprio tempo in attività di tipo diverso.
Per il ricercatore di mercato, mosso unicamente dalla volontà di
identificare i potenziali acquirenti di servizi, gli stili di vita
rappresentano tipi diversi di consumo di cultura e di beni.
Utilizzando indicatori differenti come le caratteristiche
demografiche, la collocazione geografica ed i tratti della
personalità, egli tenta di analizzare modelli di consumo, nel senso
che il consumo di certi prodotti è associato al consumo di altri. Non
è quindi visto come un processo unitario ma come riflettente un
modello di comportamento che incorpora acquisti ed azioni
analoghe. Per il sociologo, che mira a descrivere il potere culturale
e la riproduzione sociale, questi modelli di scelta di beni materiali e
di attività di svago suggeriscono invece una identificazione con
significati simbolici che definiscono l’identità personale in nuovi
modi; ciascun stile di vita viene a rappresentare così un modo di
vivere basato su valori, credenze, abitudini e punti di vista specifici.
Questo significa che non si può comprendere, né dunque spiegare,
il comportamento nei consumi attraverso un semplice sistema di
14
bisogni statisticamente tracciato; ciò che si deve cercare sono i
significati, a volte inconsci, che gli individui danno alla sua pratica.
Come sostiene Moores, portando ad esempio il consumo dei media,
per comprendere appropriatamente i significati della sua ricezione i
sociologi dovrebbero contestualizzare le reazioni del pubblico
mettendole in relazione con tutta una serie di altre attività sociali,
di artefatti e di interpretazioni, poiché «è giunto il momento di
cominciare ad indagare non soltanto i modi in cui la radio e la
televisione e i new media vengono usati e dotati di senso dai
consumatori, ma anche gli abiti che essi scelgono di indossare, o i
cibi che mangiano o la musica che ascoltano e via dicendo
5
».
La musica è un fenomeno intertestuale ed intermediale che rivela il
suo potere comunicativo modificando il linguaggio a seconda dei
contesti sociali e mediali in cui appare; per quanto sembri essere
evidente questa onnipresenza della musica nel viver quotidiano, il
linguaggio musicale rimane tuttavia un ambito poco studiato.
Nonostante un bagaglio culturale sviluppato in quasi mezzo secolo
di esistenza e l’evidente impatto sociale, i contributi di analisi socio-
scientifici alla comprensione della musica sono dispersivi,
concentrati su aspetti specifici ma trascuranti il concetto-codice
comunicativo musicale. Se da un lato veniamo quasi oppressi da
messaggi musicali, obbligati al consumo, anche senza possedere un
disco; basta infatti collegarsi ai media “vecchi” e “nuovi”, o
passeggiare per strada, entrare in un negozio, ed ecco che, il
sottofondo all’ultimo spot o servizio giornalistico ed il jingle delle
VELINE, il tutto ci coinvolge in un messaggio-sonoro; dall’altro è
evidente un silenzio ingiustificato, ovvero della musica in quanto
tale si parla pochissimo. Le parole diffuse dai media raccontano
soprattutto di gossip e di costume; parole si sprecano sui
quotidiani, dove imperano le analisi di sociologia spicciola. C’è poi il
silenzio scientifico, che diviene impagabile quanto più si pensa alla
5
Cfr.( Shoum Moores, 1998, 38)
15
capacità comunicativa custodita dal “Suono”. E’ da questo
disaccordo che partiremo nella parte prima di questo lavoro,
affinchè siano posti in essere i problemi socio-economico-culturali
che interessano il messaggio-sonoro, in modo tale da trovare nel
compesso nuove soluzioni per un mercato, quello discografico, che
in questi anni, causa una maturazione del mercato stesso e di una
evoluzione nell’uso e nel consumo di musica, si è ritrovato vittima
di una forte crisi.
La relazione tra musica e società è stata indagata sin dalle origini
della riflessione teorica sulla musica. Al pari delle altre arti, anche
la musica incorpora una dimensione sociale presente a molteplici
livelli di indagine: i livelli più ovvi ed esperibili, ad esempio
l’esecuzione in pubblico di un brano intesa come atto
evidentemente sociale in quanto coinvolge una molteplicità di
individui, gli spettatori, legati tra loro da dinamiche sociali più o
meno complesse; livelli meno ovvi e diretti, come ad esempio
l’influenza delle contingenze storico-sociali nell’organizzazione del
materiale musicale ad opera di un dato compositore in un dato
periodo storico. Il filone degli studi su musica e società, soprattutto
nella sua fase moderna, che ha inizio con la fondazione della
sociologia della musica di impronta positivistica (tra la fine dell‘800
e l‘inizio del ‘900), si è manifestato come un territorio multi-
disciplinare posto alla confluenza di discipline e paradigmi di
indagine tra di loro anche molto eterogenei: metodi di indagine di
tipo statistico mutuati dalle scienze sociali, l’indagine storiografica,
pur orientata in senso storico-sociale e la critica del testo musicale,
l’una e l’altra proprie della tradizione di studi più puramente
musicologica. Da un lato il prevalere di un orientamento
“esternista”, che considera la musica come un oggetto qualsiasi
della riflessione sociologica, dimensione che a ben vedere prescinde
dal testo musicale, dalla sua storicità e dalla sua esteticità, con un
baricentro saldamente fissato sulle esigenze di ricerca della
16
sociologia generale. D’altro lato una prospettiva di ricerca
“internista” incentrata sul testo musicale, sulla sua esteticità e sulla
sua storicità, in un ambito di studi nel quale le implicazioni sociali
appaiono un appendice a riflessioni di tipo critico, estetico,
ermeneutico, assai più consuete per quella disciplina - la
musicologia - che fa della musica, e non della società, il suo
obiettivo di ricerca.
La prospettiva internista e quella esternista appaiono poli estremi
di una congerie di studi caratterizzati sovente da varietà
intermedie, in un prospettiva stimolante per la naturale apertura
multidisciplinare, sebbene esposta inevitabilmente ai rischi di
metodi d’indagine sincretici, e per questo talvolta considerati
epistemologicamente malsicuri. Negli ultimi anni l’auge di alcune
tendenze culturali come il post-modernismo, i cultural studies, e di
una generale tendenza alla multi-disciplinarietà riguardante le
scienze umane, sembrano dare nuovo vigore a ricerche di carattere
socio-musicale, tanto più che al di fuori di un ambito strettamente
accademico appare rilevante ed in crescita la richiesta di ricerche
ad usum dell’operatività gestionale di strutture produttive musicali
(l’industria musicale ma anche le strutture di produzione musicale
dal vivo).
In tale prospettiva il terreno di cultura viene favorito dal
sopraggiungere, anche in Italia, di un interesse per temi di ricerca
musicologia, che vadano al di là di una sfera di indagine puramente
e troppo settorialmente musicale, superando così una matrice
culturale di tipo idealistico-crociana, per lungo tempo nel nostro
paese dominante, per un’apertura a temi sociali, politici ed
economici.
17
2 L’opera d’arte nell’epoca del consumismo, una
“pre-visione” di Benjamin
La letteratura, le arti visive, la musica, il teatro, ed in generale
qualsiasi forma di espressione artistica, sono dei fenomeni
comunicativi. Esse usano i linguaggi della comunicazione
quotidiana, come le parole i suoni o le immagini, per produrre dei
messaggi che hanno, o cui viene attribuito, un valore estetico. Che
cosa sia esattamente questo valore estetico, poi, e se appunto esso
sia una
qualificazione che noi destinatari attribuiamo ad un oggetto (fisico
o virtuale che sia), o piuttosto un alcunché di oggettivamente
esistente, è tema di discussione secolare tra artisti, filosofi e
studiosi. Ma nelle prossime pagine non di questo ci occuperemo,
non direttamente almeno. Ciò che invece cercheremo di mettere in
evidenza è che, se consideriamo l'arte (anche) un fenomeno
comunicativo, allora ci possiamo attendere che le trasformazioni
nei mezzi tecnici e nei modi della comunicazione interessino anche
la comunicazione artistica ed il suo mercato di riferimento. Non a
caso il soggetto di questo lavoro richiama e "attualizza" quello di un
fondamentale saggio scritto dal filosofo e critico letterario (ma
queste etichette non rendono certo ragione della ricchezza
intellettuale della sua opera); Walter Benjamin, nel 1936 con
L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica.
In questo scritto Benjamin si pone a ragionare proprio sul rapporto
tra arte e tecnologie comunicative. Naturalmente lo fa prendendo
in considerazione quelli che al suo tempo erano i nuovi media
comunicativi, la fotografia ed il cinema, la musica. Sulla base di
questa analisi Benjamin si rende conto di come la comparsa sulla
scena, a far data dalla metà dell'ottocento, di nuove e sempre più
18
raffinate tecnologie di rappresentazione e comunicazione stava
modificando tanto il modo di fare arte quanto la concezione stessa
di che cosa sia l'arte ed il suo ruolo nella società. L'intera storia
dell'arte e della letteratura del nostro secolo, caratterizzata da un
susseguirsi di avanguardie e di successivi ritorni all'ordine, si può
interpretare alla luce di questo rapporto. Non ci possiamo
addentrare fino in fondo nei meandri del pensiero benjaminiano, né
intendiamo affrontare un compiuto discorso teorico sui problemi del
fare artistico; piuttosto, assumendo come spunto le intuizioni del
grande pensatore tedesco, cercheremo di gettare uno sguardo su
quanto oggi sta avvenendo nell'ambito della ricerca artistica
(laddove "arte" va inteso nel senso più esteso del termine) quando
questa entra in contatto con le nuove tecnologie digitali della
comunicazione. Infatti, la "digitalizzazione dell'arte" sotto molti
punti di vista porta a delle estreme conseguenze; molti dei processi
innescati dalla produzione e riproduzione meccanica dell'arte sono
stati studiati da Benjamin.
L'uso dei nuovi media nel campo dei beni culturali, infatti, è un
settore che in questi anni sta destando grande attenzione sia da
parte dei soggetti tradizionalmente interessati alla conservazione
del patrimonio culturale, sia da parte delle istituzioni nazionali e
sovranazionali, che da parte di importanti gruppi del mondo
imprenditoriale. Tanto interesse, oltre che da irrinunciabili
motivazioni culturali, è sollecitato anche dal fatto che proprio nel
nesso tra beni culturali e nuove tecnologie sono riposte grandi
aspettative di crescita economica. Soprattutto nel momento in cui
l'industria delle comunicazioni sta realizzando un sistema di
comunicazione globale e capillare, il problema di cosa mettere
dentro questa poderosa infrastruttura comunicativa diventa
pressante: e sono in molti a credere che il patrimonio culturale sarà
parte importante dei contenuti delle nuove reti della comunicazione
globale. Ne consegue che dall'incontro tra beni culturali e
19
tecnologie potranno nascere molte opportunità di sviluppo
economico, e dunque di lavoro e di qualificazione nel prossimo
futuro.
In questo contesto, un paese come l'Italia, che conserva tra i suoi
confini il settanta per cento del patrimonio culturale dell'umanità,
potrà giocare un ruolo centrale. Ma potrebbe anche correre il
rischio di divenire terra di conquista: per evitare questa evenienza,
un ruolo centrale sarà svolto dalla formazione di una nuova figura
intellettuale, a cavallo tra la formazione umanistica, la conoscenza
dei testi e delle arti, la formazione tecnologica e scientifica, la
conoscenza dei computer e dei nuovi media. Proprio con questo
spirito abbiamo cercato di progettare e realizzare questo elaborato.
Il rapporto con la tecnologia ha avuto sempre un ruolo importante
nello sviluppo dell'attività artistica. Nel corso dei secoli tuttavia, sia
la forma di questo rapporto che la consapevolezza che di esso
hanno avuto i protagonisti della ricerca artistica, hanno avuto un
alterno andamento. Se ad esempio nel Rinascimento moltissimi
grandi artisti erano anche valenti "tecnologi" (basti pensare alla
figura paradigmatica di Leonardo da Vinci), nei secoli successivi la
separazione tra sapere tecnico-scientifico e sapere artistico si è
andata sempre più divaricando, fino ad arrivare alla netta scissione
tra questi due domini delle attività umane sancita dal
romanticismo. Tuttavia, proprio nel momento in cui il movimento
romantico giunge al suo culmine lo sviluppo della tecnologia
subisce un'accelerazione drammatica, con l'avvento della società
industriale da un lato e la comparsa dei primi strumenti tecnici di
comunicazione e di rappresentazione dall'altro. Di fronte a questi
cambiamenti l'ideale della natura "assoluta" e "separata" dell'arte,
propugnata dai romantici, entra in crisi. In parte questa crisi è
determinata dalla urgenza di rappresentare la nuova realtà sociale,
squassata da profonde trasformazioni e da aspri conflitti; una
20
realtà che si impone come oggetto del fare artistico e letterario,
dando inizio alla stagione del realismo.
Ben presto, gli intelletti più acuti si rendono conto che il
cambiamento è assai più profondo di quanto non fosse avvenuto
nei secoli precedenti. Lo sviluppo tecnico, infatti, inizia ad investire
anche i mezzi di produzione e riproduzione della comunicazione e
della rappresentazione, dando vita a nuove forme di produzione e
diffusione del lavoro intellettuale ed artistico. La fotografia,
l'industria editoriale, con la conseguente nascita della cultura di
massa, la riproduzione meccanica del suono, ne sono degli esempi
tipici. In questo nuovo contesto sia la funzione sociale dell'artista,
dello scrittore e dell'intellettuale, che il loro modo di "lavorare",
sono messi in questione; in definitiva ad essere messa in questione
è la natura e la funzione stessa dell'arte nella nascente società
industriale. La consapevolezza di questa crisi, naturalmente, non
viene conseguita subito e da tutti i protagonisti della vita
intellettuale. Ma ben presto si delineano le due risposte di fondo
che ad essa si è cercato di dare: alcuni artisti ed intellettuali
esprimono uno sdegnoso rifiuto della tecnologia e dell'intera
modernità, e scelgono la strada dell'irrazionalismo o dell'idealismo.
Altri invece, specialmente a partire dal primo decennio del nostro
secolo, ne sono profondamente attratti, assumendo la tecnologia
nell'immaginario artistico, e spingendosi in molti casi fino ad
utilizzare le macchine stesse nella sperimentazione di nuove forme
di espressione. Un ruolo centrale nel dibattito sul rapporto tra arte
e tecnologie. Non a caso le tecnologie della comunicazione sono
state al centro di una lunga controversia circa la loro natura
"artistica". Pochi anni dopo l'introduzione della fotografia, nella
metà del secolo scorso, il grande poeta francese Charles
Baudelaire, che era anche un valente critico e teorico dell'arte,
scrive: "Se alla fotografia si permetterà di integrare l'arte in alcune
delle sue funzioni, quest'ultima verrà ben presto soppiantata e